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MIO MARITO E' UN TRAVESTITO ... MA IO L'AMO...

anonima

 

Mio marito ha 47 anni, io 46. Stiamo insieme da 31 anni, sposati da 17, senza figli.La mia è una famiglia con molti problemi, i miei si sono separati malamente quando avevo 10 anni.Per superare il dolore delle mie esperienze familiari ho ricorso a terapie psicoanalitiche (dolorose ma proficue) e all’auto-aiuto. Da ogni esperienza ho cercato di trarre ciò che poteva aiutarmi.Nel mio processo di crescita, lento e faticoso, mi sono appoggiata anche a mio marito.Circa 14 anni fa, io e mio marito abbiamo cominciato a cercare un figlio e io ho iniziato a riflettere su me stessa: ho riconosciuto che il mio amore era legato alla stabilità affettiva che mio marito mi ha sempre garantito. Ho avuto bisogno di un <<luogo sicuro>> dove poter crescere e, forse, anche sopravvivere e l’ho trovato anche in lui.Durante un breve ciclo di psicoterapia, terminato da pochi mesi, mi sono liberata dei miei vecchi <<malori>> e ho potuto concentrare le mie energie su me stessa, mi sono chiesta se è ancora mio marito l’uomo col quale voglio stare. Soprattutto mi sono chiesta se è lui che desidero come padre dei miei figli.Ammettere i miei errori non è stato né piacevole né facile: forse l’ho compreso e capito poco, ma vorrei provarci ora, che forse sono in grado di farlo con serenità e disponibilità consapevole.Insieme abbiamo deciso di provare a dare una svolta alla nostra storia; di smettere di pensare solo al passato; di ricominciare con un rapporto senza <<dipendenze>> che ci impediscono di amarci e di esprimerci.Così, insieme, abbiamo scritto questa lettera: io l’ho fatta e mio marito l’ha ricorretta.Adesso mio marito mi ha confessato seri problemi che si porta dentro da quando era bambino, ed è per lui che ora stiamo scrivendo: lui è deciso ad affrontare i <<suoi nodi>> in psicoterapia. Questo mi spaventa perchè potrebbe <<portarlo lontano da me>>; renderlo consapevole di ciò che potrebbe essere (omosessuale? bisessuale? cosa?); potrebbe scoprire di non volere più me, di non avermi mai amata completamente. Ma voglio lo stesso che conosca se stesso: poi potrò tentare di riconquistarlo, per come sono ora, per come sarà lui, se ci piaceremo ancora.Malgrado tutte le sue confessioni mi abbiano <<stordita>>, lui esercita su di me un fascino incredibile ed è per questo che sto tentando di capire cosa ci è successo e cosa potremo ancora fare. Per riuscirci credo che dovrò accettare <<verità scomode e dolorose >>, ma la mia ultima psicoterapia è finita con la domanda: <<Lasciarmi vivere in una specie di limbo oppure affrontare tutta la realtà?>>. Il quesito è stato così duro che vorrei che la terapista non me l’avesse mai posto, ma conoscendomi sapeva che la risposta sarebbe stata una sola: io non voglio limbi, per quanto difficili da riconoscere e abbandonare.                                                            

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Noi abitiamo e siamo nati in una piccola cittadina, borghese e formale. Tutti conoscono e sanno tutto di tutti.

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Mio marito Alessandro, dunque è nato nell’appartamento condiviso con zii e cugine. Il negozio di famiglia era sotto casa e in quel momento richiedeva molte energie.Mia suocera desiderava una femmina, anche se già aveva in casa le due nipoti. Alessandro è stato attaccato al seno fino a 3 anni o più, e già da tempo mia suocera non aveva più latte: lei racconta ancora con tenerezza che lui, per addormentarsi, le mordicchiava il seno e le faceva male con i dentini.A 4 anni lui provò ad andare all’asilo, ma ci rimase solo per pochi giorni.Dell’infanzia mio marito racconta spesso alcuni episodi: sua madre gli comprò un completo con due fiori ricamati, uno sul giacchetto e un altro sul pantaloncino. Lui non voleva assolutamente indossarli, perché con quei ricami si sentiva in imbarazzo. Lo obbligarono lo stesso a metterli e lo portarono a messa. Lì c’era una bambina vestita con lo stesso completino. Alessandro rimase per tutto il tempo con le gambe strettamente accavallate, con una mano a coprire il fiore del giacchetto e l’altra a coprire il fiore del pantalone. Ancora oggi, ogni tanto, si siede in quella posizione.Dell’infanzia, Alessandro ricorda anche un paio di pattini, che utilizzava per i corridoi di casa: suo padre gli legò un cuscino al sedere, per aiutarlo ad imparare.Poi ricorda che, quando giocava nel cortile di casa, aveva il continuo controllo di suo padre, che lo osservava da dietro le vetrine del negozio. Ciò è continuato anche per gran parte dell’adolescenza e dice che, per lui, era molto più difficile degli altri ragazzi, che <<non avevano tutto quel continuo controllo>> - parole sue. Quando andava a casa dei suoi amici li invidiava, perché gli sembrava che gli altri genitori li lasciassero più <<liberi e tranquilli>> - parole sue.Alessandro iniziò a frequentare più assiduamente il cugino Cesare e il figlio di un intimo amico di famiglia: entrambi avevano tre anni più di lui. Furono loro due che, quando Alessandro aveva tra gli 8 e i 9 anni, lo iniziarono alla masturbazione. Fin da quel momento lui ha avuto la percezione dell’imminenza eiaculatoria, ma gli bastarono pochissimi secondi (al max 15/20) per finire.Al mare, quando  aveva tra i 9 e i 10 anni, ha avuto la sua prima fidanzatina e ha dato il suo primo bacio. Lei aveva un anno più di lui, era stata già fidanzata col cugino Cesare, ed era carina, con il seno già pronunciato (dopo qualche anno fece un’operazione di riduzione, perché il seno era sproporzionato alla colonna vertebrale).In città, sempre verso i 10 anni, una notte vide i suoi genitori fare l’amore. Lui si era alzato per andare in bagno e sentì dei gemiti. Lipperlì non capì cosa succedeva, e si girò verso la camera dei suoi: la porta era socchiusa e poté vederli, anche se loro erano sotto le coperte. Dice che rimase male, che non se lo aspettava, ma capì subito cosa stava succedendo, perché gli amici gli avevano già spiegato come funzionavano queste cose.

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Quando Alessandro aveva circa11 anni compare il primo <<problema>> poi cronicizzato, che ha confessato solo a me, da pochi giorni.Ebbe gli orecchioni e rimase in casa per circa un mese. Era arrabbiato, perché così non poteva rivedere una ragazzina che gli piaceva, anche questa di un anno più grande di lui (ha avuto un filarino con lei appena guarito: gli piaceva perché era una persona <<diversa>>, più simpatica, più aperta, con la quale poteva parlare – anni  fa lei è morta di AIDS, dopo una lunga tossicodipendenza, ma all’epoca in cui uscì con Alessandro, non aveva ancora iniziato e nessuno avrebbe mai immaginato il suo futuro).Tornando agli orecchioni di Alessandro, i suoi genitori gli spiegarono che potevano essere pericolosi per la sua mascolinità (però lui non ricorda esattamente se glielo dissero prima o dopo guarito). Dopo che fu guarito, sia i suoi genitori che un vecchio cliente/amico di famiglia, gli chiesero di controllare la funzionalità del pene.Un pomeriggio di quella convalescenza sua madre andò a fare spesa e lui rimase solo nel letto dei suoi genitori (nella sua cameretta non c’era la TV e, durante il giorno, stava nella camera dei suoi).Si annoiava e fu attratto dall’armadio e dagli angoli che ne formano le cornici: iniziò a contarli e continuò per tutto il pomeriggio. Oltre agli angoli degli sportelli, iniziò a contare il più velocemente possibile fino a 4. Da quel giorno non ha più smesso e, nel corso degli anni, questa pratica ha invaso ogni suo momento, è diventata automatica e incontrollabile (dice che scatta senza che lui lo voglia e che se ne accorga), si è arricchita di <<nuove tecniche>>.Ora <<conta>> praticamente di continuo: con la gente quando parla e ascolta, o durante i momenti di silenzio (dice che è come se il suo cervello fosse diviso in due settori, quello che conta e quello che pone attenzione all’esterno); durante lo svolgimento di qualsiasi attività (quando lavora, guida, mangia, cammina, nuota, legge, guarda la partita allo stadio o al bar, al cinema, se ascolta musica, etc); quando pensa (dopo pochissimi minuti, a prescindere da ciò che sta pensando, inizia a contare e perde concentrazione). In particolare, gli è difficile mantenere attenzione e concentrazione per più di pochi minuti e questo succede anche se deve riflettere, o se sta parlando di qualcosa di molto importante.Non c’è differenza di stato emotivo: conta quando è triste, quando è felice, quando soffre, quando gioisce etc.Le tecniche e le cose che conta sono diverse: in genere viene attratto da ciò che è geometrico e ne conta gli angoli.Se è in macchina e sta guidando, moltiplica il numero degli angoli di un catarifrangente (cioè 8) per tutti i catarifrangenti che riesce a contare in un lasso di tempo definito. Oppure conta gli angoli delle porte, dei quadri, dei mobili, dei soprammobili, dei soffitti. Succede in qualsiasi ambiente, sia casa nostra che altrove: conta spesso gli stessi oggetti.Oppure <<conta i visi>> delle persone: cioè fa 2 per gli occhi, 2 per naso e bocca, 2 per le orecchie, 2 per i baffi  e 2 per le basette (se ci sono), 2 o più per gli orecchini che lo attraggono in maniera particolare, poi fa la somma. Utilizza questo metodo sia con chi conosce (spesso anche me, dice di farlo <<quando mi osserva>>), che con chi non conosce o incontra casualmente.Oppure conta gli angoli del collo delle camice, o ne conta i bottoni, moltiplicando i 4 fori di ogni bottone per il numero dei bottoni che riesce a vedere. Conta le collane, se ci sono angoli nei ciondoli etc.Non fa conti mentali degli oggetti, non li immagina: per poterli contare deve vederli. Se non ha stimoli visivi, utilizza altre tecniche: sbatte i denti per 20 volte e poi torna indietro fino allo zero.A volte mi prende la mano, ci poggia la sua facendo corrispondere le nostre dita (di solito davanti alla TV), poi inizia a contare, muovendo le sue e le mie in contemporanea. In questo modo, in genere, conta fino a 10, ma a volte <<conta una squadra di calcio>>, cioè fino a 11 e poi torna indietro fino allo zero.Se sta contando in questi due modi, fino a che non ha finito non risponde nemmeno se nel frattempo gli è stata fatta una domanda: prima deve finire di contare e poi risponde.Spesso trova il modo di moltiplicare per 4 (i 4 fori dei bottoni, i 4 angoli di uno sportello, le 4 ruote delle automobili etc.).Nessuno si è mai accorto di niente, anche se a volte Alessandro diventa irritante, perché è improvvisamente lento e istupidito, totalmente disinteressato a ciò che gli altri dicono o fanno. I suoi occhi sono fissi e assenti, guarda senza vedere ed è come se fosse da un’altra parte.Ma non è affatto stupido e io lo so benissimo, però, ultimamente, le sue lentezze e le sue difficoltà di concentrazione sono aumentate a dismisura. Dice che, da quando mi ha confessato questo suo aspetto, cerca di fare caso ai momenti in cui <<scatta>>, e vorrebbe controllarlo perché pensa di non essere <<normale>>.Dice che per anni ha temuto di essere pazzo. Però dice anche che, secondo lui, sarà impossibile cambiare, perché adesso, quando se ne rende conto e si controlla, subito dopo inizia involontariamente a contare qualcos’altro e non può fermarsi prima di aver finito (anche se si è distolto dall’ascoltare, osservare, o fare qualcosa che lo interessava). 

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Alessandro per tutte le scuole medie (cioè il periodo che va dai 10 ai 12 anni), era ancora il più piccolo di età e il più basso, continuavano a prenderlo in giro per la sua statura. Riusciva a promuovere benino, malgrado l’età e le difficoltà di concentrazione e attenzione.

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Quando Alessandro aveva tra i 9 e i 10 anni, nella nostra città fu fondata una società di volley. Sua cugina Alessandra si iscrisse e, grazie al suo entusiasmo, volle iscriversi anche lui.A lui quello sport piaceva, però ricorda che nello spogliatoio si sentiva in imbarazzo, perché percepiva di avere un pene più piccolo degli altri (questa sua convinzione se l’è tenuta dentro fino a qualche mese fa, quando me l’ha confessata). In realtà anche in questo gruppo sportivo era il più piccolo di età e, quindi, di statura e corporatura.

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In quel periodo nacque suo fratello, Francesco. Credo che Francesco voglia molto bene a mio marito, anche se credo che mia suocera, di tanto in tanto, metta il suo <<zampino>> tra di loro, parlando male a Francesco di mio marito e di me.Anche mio marito vuole molto bene a suo fratello, ed è fiero di lui: di questo sono fiera anche io, perché ho aiutato molte volte mio marito a superare le incomprensioni che, per via di mia suocera, sono via via nate tra i due fratelli.Tornando al momento in cui gli è nato il fratellino, mio marito ricorda che i genitori gli spiegarono esattamente come si procrea e come nasce un figlio. Della gravidanza di sua madre ricorda che ebbe minacce d’aborto e che, anche per andare in ferie, lei si preparò una valigetta per l’ospedale: lui volle saperne il motivo.Alessandro racconta di non essere mai stato geloso di Francesco, e in proposito dice che, anzi, quella fu l’occasione in cui genitori lo responsabilizzarono e lo considerarono maturo, perché se dovevano uscire gli affidavano tranquillamente la custodia del fratellino.Oggi Francesco sta per laurearsi in Sociologia, sta per entrare a sua volta nel negozio di famiglia, gioca a volley, è fidanzato da circa otto anni con Monica, una compagna di banco delle superiori e di Università.E’ veramente un bravo ragazzo, brillante e intelligente, molto attaccato alla famiglia (per es. insieme ad Monica passa le ferie e molte feste con i suoi genitori, ci va a fare acquisti, al ristorante, in pizzeria; racconta loro tutto ciò che fa etc.).Forse Francesco è un po’ insicuro. Per es. a 12 anni partì per un buonissimo campus di volley di una settimana, ma dovemmo andare a riprenderlo dopo un giorno. A 18 anni andò in Grecia con gli amici, ma riprese la nave per l’Italia dopo 2 giorni. Lo scorso giugno è andato in Sardegna con Monica, ma nello stesso villaggio dove erano stati i suoi genitori 15 giorni prima. Francesco è anche <<pauroso>>  o per lo meno i familiari lo descrivono così: lui stesso dice di esserlo, ma non è riuscito a spiegarmi di <<cosa>> ha esattamente paura. Racconta un episodio: lui ed Monica trovarono delle zingare che uscivano furtivamente dalla casa di lei. Francesco dice: <<Me la sono fatta addosso e non sono riuscito a fare niente.>>. Mentre Monica reagì aggredendo una delle due zingare, correndo loro dietro e facendole arrestare.Francesco viene <<contrapposto>> a Alessandro: mio marito ne ha sempre sofferto e se ne è sempre chiesto il motivo. Molte volte ho dovuto faticare per far capire a mio marito che, della loro contrapposizione, nessuno di loro due è responsabile di questa situazione, quindi devono fidarsi l’uno dell’altro e non badare a ciò che gli altri dicono o pensano. Devono semplicemente volersi bene e dirsi direttamente ciò che pensano, senza permettere che qualcun altro, compresa mia suocera, rischi di rovinare il loro rapporto.Francesco è descritto dai suoi come un ragazzo maturo, bravo e realizzato. E’ attaccato alla famiglia, mai uno screzio, o una ribellione, o un problema: sempre amici giusti e per bene, preciso negli studi, futura <<colonna>> del negozio di famiglia. Viene descritto come l’emulo di zio Angelo e, per ciò, considerato come estroverso.Alessandro, all’opposto, dalla sua famiglia viene descritto come l’introverso; il più <<cattivo>> e distaccato dei due (se osa contraddire sua madre, lei gli dice che è matto, che con lui non è possibile parlare). A me pare che percepiscano e trattino Alessandro come quello <<meno dotato intellettualmente>>. A mio marito è rimasto impresso che, un giorno, lui fece un commento critico su Fini, ma sua madre lo bloccò immediatamente, dicendogli quasi sottovoce: <<Stai zitto, perché Francesco vota Fini.>>. Alessandro si bloccò e non ebbe il coraggio di dire altro. Mio marito dice che si sente trattato come <<il ragazzino>>: tempo fa mia suocera scese da lui in negozio e gli chiese di accompagnarla a fare spese. Alessandro aveva molto da fare e le rispose di farsi accompagnare da Francesco, ma lei esclamò: <<Ma Francesco non si può interrompere, sta studiando!>>. Mio marito ebbe il coraggio di rispondere: <<E io cosa sto facendo? Sto lavorando o mi sto divertendo?>>. Poi andò a finire che mio marito accompagnò lo stesso mia suocera. Alessandro viene percepito come il figlio più distaccato dalla famiglia: per es. Francesco telefona alla madre 3 o 4 volte al giorno, ovunque si trovi (in Facoltà o in giro con fidanzata o amici). Invece, Alessandro ha dovuto smettere di farlo in mia presenza (cioè negli <<unici momenti della sua vita>> in cui non è con i suoi genitori), perché era una cosa che mi dava fastidio e che anche mi imbarazzava di fronte ai nostri amici.Però, quando Alessandro non lavora e non è lui a telefonare alla madre, è lei a chiamarlo per chiedergli dov’è, cosa sta facendo etc. Ogni volta che ne ha occasione, sua madre ricorda a Alessandro che Francesco le telefona sempre.

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Tra i 10 e i 12 anni, a Alessandro successero, quasi contemporaneamente, due cose importanti. Iniziò a provare attrazione per gli indumenti intimi femminili: cominciò a frugare nei cassetti della biancheria a casa delle 2 cugine-sorelle (ogni tanto andava a dormirci o a mangiarci). Gli succedeva di frugare nei cassetti delle cugine sia nell’appartamento di città, che in quello del mare. Al mare, a volte, le due cugine ospitavano un’amichetta e Alessandro frugava anche tra le sue cose.Dice che ancora non sentiva il bisogno di infilarsi gli indumenti, provava piacere a prenderli in mano, a toccarli. Da quel momento non ha più smesso, lo ha fatto ogni volta che ne ha avuta l’occasione e, nel corso degli anni, la sua attrazione per gli indumenti femminili si è evoluta in vero travestitismo.Infatti, dopo qualche tempo, iniziò ad infilarsi la biancheria intima delle cugine.Dice che lo faceva in casa loro, non se l’è mai portata via. Però stava sempre molto attento ad essere completamente solo.Dice di non aver mai utilizzato gli indumenti di sua madre, di aver provato attrazione ad indossare quelli delle cugine, delle loro amiche e, in seguito, per i miei.Non ha mai provato ad acquistarne o a prenderne di altre, o in situazioni in cui potesse essere scoperto.                                                   

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Durante quell’inverno successe anche un fatto che lui ricorda benissimo: una sera tornò a casa da solo e trovò un ladro che frugava nel comò in camera dei suoi genitori. Lui urlò, il ladrò si spaventò e tentò di tappargli la bocca, ma Alessandro si divincolò e riuscì a scappare. Il ladro scappò a sua volta e non fece in tempo a rubare niente.Alessandro ricorda che, dopo, i suoi gli dissero di non preoccuparsi, perché non era successo niente e il pericolo era ormai passato.

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Alle superiori in classe con lui c’erano 3 soli ragazzi, il resto erano tutte femmine. I suoi voti erano accettabili e promosso sia in primo che in secondo.A 15 anni, durante il secondo superiore, c’è stato il suo fidanzamento più lungo (6/7 mesi): ricorda ancora che, quella ragazzina (della sua stessa età), non sapeva baciare (non <<tirava fuori la lingua>>), ma lui non ebbe mai il coraggio di dirglielo. Però provava piacere quando poteva toccarle il seno. Fu lui a lasciarla e dice che, se non l’avesse fatto, sarebbe arrivato <<al punto cruciale>>, cioè ci avrebbe sicuramente fatto l’amore, perché era già <<riuscito a toccarle il sesso>>. Si lasciarono quando mio marito andò al mare e conobbe un’altra ragazza.Sua madre sapeva sempre, esattamente, chi erano le ragazzine con cui usciva Alessandro e, ancora oggi, si ricorda la cronologia e ne conosce tutto. Alessandro dice che lui, in merito, non le raccontava mai niente; dice che quando sua madre gli faceva il <<terzo grado>> per sapere, lui stava zitto e si rifugiava in camera sua. A ciò la madre reagiva <<piagnucolando>> o dicendogli che era strano, o matto, o drogato. Poi lei <<indagava in giro>> e riusciva lo stesso a sapere tutto. Dopodiché, con Alessandro, invece di lamentarsi e piangere, commentava ciò che aveva saputo delle ragazzine da lui frequentate.

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In seguito sua madre prese l’abitudine ad accusarlo di essere un drogato: gli controllava sistematicamente le braccia e gli faceva il terzo grado ogni volta che usciva o entrava in casa. Alessandro non capiva il motivo del comportamento di sua madre e iniziò a soffrirne. Lei, durante le sue scenate, piangeva e soffriva e lui provava rabbia e sconcerto. Ma lui non sapeva mai né come farla smettere, né come sfogarsi.Suo padre non era mai presente a queste scene e non seppe mai niente per diverso tempo.I timori di mia suocera erano del tutto infondati: mio marito ha avuto la sua unica esperienza con <<sostanze proibite>> verso i 20 anni, quando ha fumato due spinelli. Non ha mai abusato nemmeno dell’alcool: l’ho visto eccedere 4 volte, solo per capodanno.

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Sempre in quel periodo, Alessandro ebbe un’altra fidanzatina, figlia di amici, conosciuta in settimana bianca. Però l’abbordò di nascosto, dopo essere tornati a casa, perché prima gli adulti ce lo prendevano in giro e lui se ne vergognava.Durò poco, perché non riuscivano a dirsi una parola.Poi ebbe altre storie brevissime, due con ragazze più grandi.In quarto superiore (cioè a 18 anni), si ritrovò ad essere l’unico maschio della classe, a parte due ragazzi polacchi, che ogni tanto frequentavano, anche se parlavano malissimo l’italiano. Alessandro continuava, comunque, ad avere i suoi voti accettabili. A primavera, durante la gita scolastica conobbe un diverso gruppo di amici, ed iniziò a frequentarli. Ma la madre glielo impedì: gli disse che voleva che lui tornasse a frequentare gli amici da lei conosciuti e <<alludeva>> che, nel nuovo gruppo, ci fossero rischi e problemi di droga.Così, ogni volta che Alessandro usciva o entrava in casa, lei piangeva, faceva scenate di sofferenza, si lamentava. Nel gruppo che mio marito voleva frequentare, non c’è stato nessuno con storie di tossicodipendenza: tutt’oggi sono persone a posto, con lavoro, moglie, figli etc. Quindi, Alessandro, non capiva il motivo del rifiuto della madre, perché lei non gli dava mai spiegazioni plausibili. Però lui si sentiva in colpa per il pianto e la sofferenza di sua madre. Quando Alessandro racconta l’atteggiamento di sua madre, dice che <<piagnucola>> e soffre sommessamente, che lo <<martella>>, fino a che lui non scoppia di rabbia e scappa via imprecando, oppure si sfoga con atti improvvisi (una volta ha spaccato un tavolo di marmo con un pugno, sempre con un pugno un’altra volta ha spaccato un piatto etc.). Dice anche che, dopo essersi sfogato così, si sente in colpa, perché <<sono atti che non si dovrebbero fare, sono atti da pazzo>> - parole sue. Ma dice che si sfoga con le cose per non prendere a pugni sua madre. E ci sta male. 

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In quegli anni, frequentando lo stesso gruppo, ci incontrammo.  In quel periodo, noi due praticamente ci ignoravamo: per me lui era troppo di buona famiglia, troppo <<per bene>> per potersi interessare a me, quindi lo rifiutavo. Per lui io ero troppo sicura di me, troppo estroversa ed esuberante.Mi ricordo Alessandro silenzioso, sempre un po’ in disparte dal resto del gruppo, assente dalle decisioni. Erano più quelli cui stava antipatico, che quelli con cui aveva un vero rapporto di amicizia.Dice di non aver mai avuto un vero amico, uno a cui confessare i <<fatti propri, perché i fatti propri si tengono per sé>> - parole sue.Racconta che si annoiava, perché con quel gruppo non faceva mai niente di interessante: passavano tutti i pomeriggi a montare e smontare motorini e a raccontare storielle.Lui avrebbe voluto andare in giro a <<pasturare ragazzine>>, ma gli altri erano o troppo timidi, o troppo brutti, o troppo imbranati per prendere questo genere d’iniziativa. Alessandro era ancora il più basso (anche di me) e continuavano a prenderlo in giro.

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Alessandro, all’epoca, rimaneva ancora al mare circa 2 mesi e mezzo e, durante il fine settimana, continuava a dormire con i genitori.Al mare frequentava il gruppo di amici del palazzo, anche in questo caso tutti più grandi di lui.Ogni volta che poteva, frugava tra la biancheria intima delle cugine e delle loro amiche e si travestiva.

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Dopo 3 mesi che ci conoscevamo, a giugno, uscimmo insieme per la prima volta.All’inizio non ero interessata a lui, volevo far ingelosire il suo amico col quale mi ero lasciata.Ci vedemmo per alcuni giorni, poi lo lasciai perché ero ancora invaghita dell’altro.Alessandro, da quel momento, non ha più voluto vivere senza di me e iniziò a starmi <<appiccicato>>: diventammo <<amici>>, anche se lui mi confessava di continuo il suo amore. Poi lui partì per il mare e ci rivedemmo a settembre. Quell’inverno ci fidanzammo.Praticamente, da quel momento, siamo stati sempre insieme: l’ho lasciato molte volte, ma sono sempre tornata con lui.Quando lo mollavo, lui non mi lasciava più in pace, si incaponiva e continuava a cercarmi di continuo: era molto dolce e tenero, mi piaceva sentirmi così amata e cercata, che alla fine ci tornavo insieme.Io lo lasciavo perché era troppo <<morboso>>, <<appiccicoso>> e mi sentivo soffocare; ero abituata a frequentare amici e anche gruppi diversi, ero sempre in attività, mi infilavo in ogni gruppo dove ci fosse qualcosa di interessante da fare (teatro, gruppi musicali, gruppi culturali, gruppi religiosi o politici etc.). Alessandro, invece, era talmente geloso ed <<esigente col mio tempo>> che, stando con lui, finivo per non fare più niente: effettivamente è successo che, con l’andar del tempo, ho finito per dedicarmi esclusivamente a noi due.Lui racconta che lasciarmi andare era come una sconfitta, non lo poteva permettere. Allora si impuntava, dava il meglio di se, mi circondava di attenzioni e affetto e riusciva di nuovo a sedurmi. Ma, dopo un po’, tutto tornava come prima e ricominciava a soffocarmi. Oggi fa lo stesso: se minaccio di lasciarlo, lui dà il meglio di sé per un po’, poi torna tutto come prima.

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Dopo circa 3 mesi  abbiamo fatto l’amore, la prima volta per tutti e due.Ed emerse l’altro problema che ancora si porta dietro.Lui, fin da quella prima volta, non ci riuscì: non riesce a controllarsi ed eiacula dopo pochissimi secondi (al max 15/20).Con le altre pratiche di stimolazione (orale o manuale – anche con la masturbazione da solo), è la stessa cosa: percepisce benissimo l’imminenza eiaculatoria, ma non riesce a controllarsi e finisce dopo pochi secondi.Con gli anni abbiamo imparato a sostituire il rapporto sessuale completo (troppo veloce e quindi insoddisfacente per me) con pratiche diverse. In questo modo io ho potuto raggiungere l’orgasmo, ma purtroppo, in pratica non abbiamo mai fatto l’amore nel vero senso della parola.Abbiamo avuto rapporti sessuali frequenti e soddisfacenti, ma abbiamo evitato rapporti completi. Per noi il rapporto completo rappresentava un’occasione speciale, di una o al max due volte l’anno, per dirci brevemente che ci amavamo.Abbiamo sempre fatto solo i preliminari, con una reciproca masturbazione per raggiungere l’orgasmo.Devo confessare che io ho di sicuro rafforzato il suo sintomo: all’inizio mi vergognavo, temevo di ferirlo, pensavo fosse timidezza che sarebbe passata col tempo, quindi evitavo di parlarne ed affrontare il problema. In seguito ho <<utilizzato>> la sua <<presunta eiaculazione precoce>> come se fosse un metodo contraccettivo.

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Dopo un anno e mezzo che stavamo insieme, mi portò in montagna a conoscere i suoi.A me fece piacere, mi sembrò di essere accolta in quella che, grazie ai racconti di Alessandro, consideravo una famiglia perfetta.Lui mi descriveva solo rapporti idilliaci, sia con i suoi genitori che con il resto della famiglia: nessuno aveva un difetto, nessuno aveva problemi, nessuno litigava mai, sempre tutti sorridenti, tranquilli, presenti e disponibili.Per me erano un sogno: l’opposto di ciò che succedeva nella mia famiglia.La famiglia di Alessandro per me rappresentava un modello a cui ispirarmi per il mio futuro: il mio obiettivo, fin da allora, era quello di formare una famiglia normale, stabile e calda, in cui allevare dei figli con amore.Però alcune cose iniziarono subito ad infastidirmi e a intimidirmi.Mia suocera prese l’abitudine a mandarmi dei vestiti. Li comprava per me, ma erano sempre di una taglia più grande, non era mai il mio genere, non mi chiedeva mai di andarli a scegliere personalmente.Poi me li mandava da Alessandro, che si offendeva perché io non li indossavo, o perché non mi piacevano o perché non era la mia taglia.Sua madre si offendeva a sua volta per lo stesso motivo. Allora iniziò a dare i suoi <<appuntamenti privati>> a Alessandro, questa volta per lamentarsi di me.Io mi sentivo umiliata: quando incontravo sua madre, lei, pur non criticandomi direttamente, criticava le persone che avevano il mio stesso stile: se avevo jeans, la volta dopo criticava la banalità di chi indossa jeans; se avevo gonne lunghe, la volta dopo criticava le zingare e il loro modo di abbigliarsi; se avevo camicie o maglioni larghi, la volta dopo criticava le femmine vestite da maschio; se avevo magliette attillate, la volta dopo criticava le <<donnacce che mettono in mostra>>, e così via.Mi sentivo aggredita, ma non ero mai certa di esserla stata e cominciai a dubitare di me stessa, sia del mio modo di essere che della mia percezione della realtà.Dopo un po’ non sapevo più come vestirmi e comportarmi, provavo ansia ogni volta che dovevo incontrare mia suocera, stavo delle ore a provarmi capi d’abbigliamento, chiedevo a mia sorella o alle mie amiche di prestarmene.Ma non passavo mai <<un esame>>: non ero mai vestita nel modo giusto.Poi, Alessandro, iniziò a comprarmi lui dei vestiti: quando c’era qualche occasione o ricorrenza, mi portava nei negozi che gli aveva consigliato sua madre e mi <<rivestiva>>.Così mi sentivo doppiamente umiliata, ma ormai mi ero convinta di non avere buongusto e di dover fare come voleva lui, anche per non fargli fare brutta figura con la sua famiglia, della quale sentivo raccontare meraviglie.Ricordo ancora un orrendo abito verde pisello, con enormi fioroni viola, con le maniche gonfie a sbuffo, la gonna enorme a ruota, completo di un giacchino fucsia e di scarpette senza tacco, di pelle lucida viola: questi furono gli acquisti che feci <<su consiglio>> di mio marito e di mia suocera che aveva visto l’abito qualche giorno prima. Ci dovetti andare al matrimonio di un loro lontano parente.Ero ridicola e veramente mascherata di cattivo gusto, ma ancora mia suocera guarda soddisfatta le foto e ricorda quel <<bellissimo>> abito.Passato il matrimonio, tinsi di nero il giacchino, riposi per sempre il vestito nell’armadio e utilizzai le scarpette viola solo con i jeans.Io sono cresciuta in ambienti dove è necessario e spontaneo avere buon gusto: mio padre mi ha abituata a frequentare persone per le quali l’eleganza e il saper associare forme, colori e dimensioni è importante. Mio padre mi ha insegnato due sole cose: il culto del bello e il rispetto per Mussolini. Per la seconda sono sempre stata reticente, ma la prima l’ho interiorizzata bene.Ma, all’epoca in cui conobbi la famiglia di Alessandro, frequentarli significava sentirmi sempre <<fuori luogo>>, sempre <<sbagliata>>, sempre senza buongusto.Ultimamente cerco di vestirmi come mi pare, ma ogni volta che devo incontrare mia suocera, i miei tempi nello scegliere gli abiti, si allungano vistosamente, finisco per essere sempre in ansia e in ritardo.

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Fin da quando conobbi i miei suoceri, se parlavo dei miei amici, o dei miei familiari, o delle mie esperienze (ero estroversa e, generalmente, riuscivo a comunicare bene con tutti), mia suocera dopo pochi secondi cambiava discorso, mi troncava le parole in bocca e iniziava a parlare di qualcun altro del paese. Come se tutti gli altri del paese fossero più interessanti di me e dei miei racconti.Pian piano iniziai a sentirmi quasi sbagliata e smisi di parlare: iniziai ad ascoltarli e tentai di interessarmi ai loro discorsi, anche se mi parevano vuoti e sbagliati, perché erano sempre critiche rivolte ad altre persone mai presenti.Non riuscire a parlare mi faceva male, non riuscire ad attrarre la loro attenzione per le cose che mi riguardavano era doloroso: col tempo ho pensato di essere noiosa e stupida, quindi ho provato a cambiare argomenti, anche tono di voce, ma non è servito.Appena inizio un discorso, dopo qualche minuto di silenzio in cui mi illudo di essere ascoltata, mia suocera ne inizia di punto in bianco un altro e, mio suocero, mio  marito e mio cognato, distolgono lo sguardo da me e ascoltano lei che parla di qualcun altro.Succede ogni volta che apro bocca, a meno che io tenti di raccontare qualche <<storiella inedita>> di qualcun altro: siccome, in genere, non ne conosco o ne ricordo male i particolari, spesso vengo <<ripresa>> per gli <<errori>> nel racconto (se sbaglio una data di nascita, se sbaglio un nome, se la <<storiella>> è <<già vecchia>> etc).A un certo punto pensai che fosse il loro modo di comunicare: pensai che tentassero di dare un’educazione ai figli in maniera indiretta, tramite le critiche che mia suocera rivolgeva al comportamento degli altri, sostenuta dai silenzi di mio suocero.Così tentai di capirli e di raccogliere quelle che credevo critiche rivolte specificamente a me.Non approvavano una signora, che va al mare nello stesso palazzo, perché si trucca troppo: allora cambiai genere di trucco.Non approvavano addirittura la nipote prediletta, Alessandra, perché continuava a frequentare amiche da sola, pur essendo fidanzata: allora abbandonai le mie amiche (ne sono pentita ancora oggi, perché in seguito le ho ricercate, ma non è più stata la stessa cosa).Non approvavano ragazze che frequentavano gruppi maschili, perché – parole di mia suocera: <<Una donna che frequenta uomini è una che ‘’sta cercando’’, probabilmente perché non le basta ‘’quello’’… che le fa sentire il marito>>. Non approvavano chi si interessa di politica, perché – parole loro: <<La politica non serve, sono tutti uguali, tutti ladri, la donna deve votare come vota il marito e stare a casa>>. Allora smisi di partecipare a qualsiasi gruppo e a qualsiasi attività (smisi di cantare, di recitare, di andare a incontri politici etc ).Non approvavano, addirittura, una coppia di carissimi amici, perché invece di andare in ferie in Hotel, vanno in giro col camper, perché – parole loro: <<Come fanno a girare come dei pezzenti? E’ roba da matti! E’ pericoloso, faticoso, noioso. La gente civile ha il suo bell’albergo tutto prenotato.>>. Allora, per adeguarmi, solo 2 volte in tanti anni, ho avuto il coraggio di proporre ciò che in realtà mi piace, cioè girare liberamente in macchina, fermarmi solo in città che mi sono più piaciute, senza obblighi. Le uniche due volte (bellissime), mio marito si è lagnato tutto il tempo, così per adattarmi, abbiamo sempre prenotato e siamo sempre stati fermi in qualche bella spiaggia, o chiusi in qualche bell’hotel.L’unica disapprovazione quasi diretta, riguardò la madre di un mio ex. A 12 anni avevo avuto con un ragazzo una breve storia (5 mesi). Dopo qualche anno lui morì in un incidente.Io iniziai ad andare a trovare sua madre, perché le ero ancora grata di come mi aveva accolta in uno dei momenti più difficili della mia vita. Per lei, le mie visite rappresentavano un modo per sentire che una parte di suo figlio sopravviveva nel ricordo degli amici.Ricordo ancora quanto mi sentii gelare, quando mia suocera parlò di questa signora. A cena raccontò di averla incontrata e di essere rimasta allibita per come era vestita, pronunciò: <<Una a cui è morto il figlio non si veste così. E’ una poco di buono. Gentaglia.>>.Sentii una tale rabbia, per me, per il mio sfortunato ex, per la sofferenza di sua madre, per la superficialità e la cattiveria di quelle parole. Ma erano state dette con tranquillità, non in tono offensivo e, nel silenzio generale, rimasi in silenzio anch’io.Allora, smisi di andare a trovare quella signora e, ancora oggi, mi manca e mi dispiace di non aver avuto il coraggio di continuare.Qui, però, incise anche la gelosia di mio marito, che mi disse che non gli faceva piacere che io andassi a trovare la madre di un mio ex, anche se era morto.

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Insomma, all’inizio io ero convinta che la famiglia di Alessandro fosse perfetta e che, a differenza dei miei e mia, <<sapessero tutto>>.Quindi, pian piano, mi sono adeguata a quelle che pensavo fossero le loro richieste, ma che, direttamente non mi avevano mai fatto.Ora non capisco più se me le hanno fatte o se sono stata io a immaginarle.Ho rinunciato a tanto, convinta che avrei migliorato i nostri rapporti, che mi avrebbero amata e che Alessandro ne sarebbe stato felice, invece niente è servito.Mia suocera ha continuato, imperterrita, i suoi <<incontri privati>> per commentare le mie mancanze, i miei errori, le mie lacune. 

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Così passarono i primi anni del nostro fidanzamento.Cambiai totalmente e mio marito ne fu felice: mi diceva che mi amava di più, perché per lui avevo saputo rinunciare a comportamenti sbagliati ed egoistici.Ero felice che mi approvasse, ero convinta che fosse giusto cambiare, pur di stare bene con lui.Però ero diventata insicura e tremavo ogni volta che dovevo incontrare sua madre, suo padre e tutti i suoi parenti.I nostri rapporti sessuali erano frequenti ma ci fermavamo alle reciproche masturbazioni e non facevamo mai l’amore.Lui continuava a <<contare>> e, quando poteva, a frugare nei comò della biancheria intima femminile e a travestirsi.

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Successivamente lasciammo definitivamente il vecchio gruppo di amici. Iniziammo a frequentare sua cugina Alessandra che, nel frattempo, si era fidanzata, e una sua amica (l’altra alla quale Alessandro frugava tra la biancheria nella casa del mare).La nostra vita diventò tranquilla: durante l’inverno uscivamo con questi quattro amici-parenti; i fine settimana estivi andavamo al mare dai miei suoceri.Era sottointeso e scontato che Alessandro passasse i week end al mare, per stare con sua madre. Una domenica pomeriggio, a casa mia, Alessandro andò in bagno: c’era un mio paio di scarpe (avevo lì la scarpiera) e se le infilò per la prima volta.Quando poteva rimanere da solo in casa mia, frugava nei miei cassetti e si travestiva.Dice che per circa 7/8 anni indossò quasi esclusivamente calze, mutandine e scarpe. Solo raramente si infilava anche gonne e camicette.Dice di non averlo mai fatto altrove: soltanto a casa mia, quando era solo (mia madre faceva la stagione al mare, io lavoravo e rimanevo in città, così lasciavo a mio marito la chiave del mio appartamento).Io non mi accorsi, assolutamente, di niente. Però avevo la sensazione che qualcosa non andasse, che l’amore di Alessandro per me fosse strano, che in lui ci fosse qualcosa che non andava.Però percepivo più <<l’infantilismo>> che permaneva malgrado il passare degli anni, che non le sue <<propensioni particolari>>.

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Successivamente entrò definitivamente in negozio con suo padre.Dice che tutti davano per scontato che lui sarebbe entrato in negozio: decise di farlo sia per questo,  sia perché gli piace quel lavoro.Alessandro passa più di 10 ore al giorno in negozio con suo padre, con 15 giorni di ferie l’anno.Da subito ha dedicato tutto il suo impegno per il lavoro: non è mai arrivato con un minuto di ritardo, non ha mai mancato un giorno, non ha mai smesso di migliorarsi e di migliorare anche l’azienda, non ha mai smesso di ascoltare gli insegnamenti di suo padre.Da negozio esce pochissimo, al limite per accompagnare sua madre in città a fare compere.Suo padre è soddisfatto di lui e, già da tempo, ha iniziato a lasciargli, anche se per brevi periodi, la quasi totale conduzione degli affari.A Alessandro piace quello che fa e suo padre lo ha sostenuto e stimolato.

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La casa in montagna dei miei suoceri, è il luogo dove ho notato con più intensità gli altri 3 problemi di mio marito: la sua incapacità di provare sentimenti ed emozioni; la sua incapacità di prendersi responsabilità e fare scelte autonome; la sua <<spinta a recitare una faccia diversa>>.Quello è il luogo dove, già da tempo, avevamo iniziato a litigare più spesso (tutt’ora è uguale):  non riuscivamo mai a stare soli e io mi sentivo oppressa e annoiata, circondata dalla sua famiglia, impossibilitata a stare con lui.Ciò che mi infastidiva di più, era dover tenere spalancata la porta della nostra camera da letto.Non c’era verso di chiuderla e io mi vergognavo, perché la camera dei miei suoceri è proprio di fronte a quella dove dormiamo noi, a un passo di distanza: lasciando aperte le due porte si vedono i rispettivi letti.Anche con le porte chiuse, che sono di plastica, i muri sono talmente sottili che si percepisce ogni cosa venga fatta o detta nell’altro ambiente.Mia suocera, quando di notte si alza per andare in bagno, fa capolino dentro la nostra camera e controlla che vada tutto bene. Poi, la mattina, ci dice l’ora in cui l’ha fatto e che, dopo averci visti dormire, è tornata tranquillamente a letto.Ogni tanto, di notte, io mi alzavo e andavo a chiudere la porta della nostra camera, ma mia suocera ogni volta si rialzava e la riapriva; veniva a controllare e poi tornava in camera sua.Ricordo con ansia una notte (avrò avuto 20 anni), io aprii gli occhi e mia suocera era in piedi, al buio, a fianco del mio letto che mi guardava. Urlai spaventata, ma lei mi disse di stare tranquilla, che era venuta solo a controllare se tutto andava bene.Questo è successo fino ad alcuni anni fa’, quando mi sono definitivamente ribellata e ho preteso di chiudere la nostra porta.Quella dei miei suoceri è sempre stata aperta, sempre spalancata, ancora oggi.Mio marito a volte provava a fare l’amore, ma io non ci riuscivo, perché quella porta aperta mi spaventava e mi intimidiva. Così finivamo per non farlo mai per colpa della mia vergogna.Mi irritava che Alessandro non si opponesse e rimanesse sempre in silenzio, anche quando io tentavo di spiegare che sarebbe stato più normale chiudere quella porta. Gliene parlavo e lui mi capiva, diceva di essere d’accordo con me, mi rassicurava, diceva che la volta dopo non sarebbe successo.Invece tutto era sempre uguale, quella porta non si poteva proprio chiudere.Mio marito non faceva niente, e io non capivo perché a me dicesse una cosa e poi il suo comportamento fosse l’opposto di ciò che mi aveva promesso.Non ho mai capito se Alessandro volesse o no chiudere quella porta e questo mi faceva più male di tutto.Durante l’estate, quando facevamo le ferie lì, oppure ci andavamo per il week end, noi due non riuscivamo mai a fare l’amore: di notte non era possibile per via delle <<porte aperte>>; se provavamo ad andare in casa di giorno, quando tutti erano usciti, d’improvviso tutti avevano bisogno di bere, di andare in bagno o di vedere la TV.

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Adesso Alessandro dice che gli dispiace non aver mai preso una posizione chiara in merito, ma non capiva i miei motivi e, anche se li avesse capiti, non aveva il coraggio di dire o fare niente.Mi ha confessato che, quando mi dava ragione, <<recitava>> la parte del bravo fidanzato, ma quando era con i suoi <<gli veniva naturale recitare>> la parte del bravo figlio.Dice che è bravissimo a fingere e che nessuno si è mai accorto di niente.Dice che, a volte, si è sentito in colpa nei miei confronti, sia per la sua <<recita>>, sia per l’atteggiamento ostile e sommersamente denigratorio di sua madre, ma dice che non ha proprio potuto opporsi.E mi ha spiegato – parole sue: <<Amore, se ti guardi indietro, vedrai che io non ti ho mai risposto. Quando mi chiedevi chiarimenti sulla situazione io ti davo sempre ragione, ma lo facevo per non farti arrabbiare. Tu hai sempre litigato da sola, io non ti ho mai risposto niente. Quando tu litigavi con me, io contavo, stavo in silenzio, ascoltavo e contavo, non riuscivo a fare altro.>>.Dice di non riuscire a provare emozioni o sentimenti, dice che è come se fosse <<superficiale>> (parola sua), prende tutto <<in superficie>>, sia le emozioni negative che quelle positive.Quindi non riusciva a capire me e la mia sofferenza, la mia rabbia, la mia solitudine e il mio bisogno di sentirlo vicino a me, quando ero circondata dalla sua famiglia.Mi ha raccontato che, da sempre, cerca di scaricare le responsabilità sugli altri, che è spaventato alla sola idea di doversene prendere.Per farmi capire questo suo malessere, e il conseguente modo di agire, mi ha raccontato un episodio:  circa 6 anni fa Francesco comprò uno stereo. Alessandro andò a provarlo e alzò il volume al massimo. Arrivò di corsa suo padre e disse di abbassarlo: Alessandro ribattè immediatamente <<Non sono stato io, è stato Francesco!>>.Mio marito ancora ricorda quest’episodio e la faccia stupita di Francesco e dice di utilizzare questa formula in continuazione, per ogni circostanza.Non riesce a prendersi responsabilità e allora cerca di addossarle a qualcun altro. Dice che lo fa con tutti, non solo con me.Dice anche che, se pensa <<bianco>> e qualunque altra persona del mondo gli dice <<nero>>, cambia immediatamente idea e diventa <<nero>>.Non riesce a fare diversamente, anche se ci sta male. Per es. al ristorante decide di prendere dei tortellini, ma il cameriere dice che sono buone le tagliatelle, Alessandro finisce col prendere le tagliatelle. Poi si ne pente, perché era entrato al ristorante pensando ai tortellini.Così, in quella casa in montagna, io mi ritrovai da sola, ad affrontare comportamenti che non capivo e a tentare di stare con mio marito.Tentai di ribellarmi, nel silenzio di Alessandro e nell’atteggiamento di disapprovazione dei suoi.Una sera  presi la decisione di chiudere la nostra porta a chiave. Il giorno dopo a pranzo, sua madre me ne chiese il motivo (dolcemente, perché non urla, non dimostra apertamente la rabbia, le si inumidiscono gli occhi e abbassa timidamente la testa): mi vergognai e non riuscii a dire niente, perché mio marito rimase in silenzio, a testa bassa.Mi sentii male, non riuscii a dire niente.Così mia suocera mi spiegò che dovevo tenerla aperta per il nostro bene, perché la camera è piccola e con la porta chiusa avremmo avuto troppo caldo.Mi fece sentire un’ingrata: lei lo faceva per il mio bene e io la contrariavo. Ma provavo rabbia e assoluto sconcerto per la naturalezza con cui mia suocera pretendeva di <<guardare>> ed <<intromettersi>> nella nostra intimità.Mi venne tenuto il muso per giorni, mentre mio marito faceva finta di niente, in silenzio assoluto,  continuava normalmente a tentare di fare l’amore con me, ma quella porta è rimasta aperta fino a poco tempo fa, quando non l’ho più tollerata io.Ancora oggi mia suocera, ogni tanto, ci chiede se non abbiamo troppo caldo con la porta chiusa.

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Quando eravamo in quella casa c’era un altro <<problema di porta>> che mi infastidiva: non c’era la chiave nella porta del bagno. Dopo un po’ ce la misi io: mi vergognavo, non ero tranquilla se non ero chiusa in bagno.Nel piccolo appartamento ci sono sempre altre persone, minimo 5 o 6 e un continuo via e vai di cugine, zii, amici etc.: c’è sempre il rischio che entri qualcuno.Mia suocera, una domenica a pranzo, mi riprese di fronte a tutti perché mi ero chiusa in bagno. Tentai di spiegare che, in quella situazione, era normale chiudersi, ma lei mi spiegò che era pericoloso, perché <<se mi fossi sentita male non avrebbe saputo come fare>>: quindi era per il mio bene che non dovevo più farlo e nessun altro doveva farlo.Questa volta osò contraddirla addirittura mio suocero, che spiegò che anche per lui era imbarazzante non potersi chiudere.Mio marito rimase in silenzio.Così la chiave del bagno, dopo anni, rimase al suo posto, ma, naturalmente, mia suocera me la fece pagare con piccole e stupide ripicche e con l’intensificarsi dei suoi <<appuntamenti privati>> per <<parlare>> di me con Alessandro.Ogni volta che dovevo tornare in quella casa avevo l’ansia di andare in bagno. La porta del bagno è  di fronte al divano della sala da pranzo: se rimango in bagno un minuto di più o uno di meno, esco e trovo minimo 4 persone, sedute sul divano che guardano verso il bagno e me ne chiedono il motivo, se mi sono truccata, se mi sono lavata, come era l’acqua, fanno commenti su come sono pettinata, abbigliata, truccata etc. etc.Allora ho preso l’abitudine a fingere di alzarmi tardissimo la mattina, dopo che tutti se ne sono andati e, da sola, vado in bagno.La sera, quando devo prepararmi per uscire, so che devo sottostare alla loro analisi e quindi limito i miei tempi e spesso finisco di prepararmi in macchina. 

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Un’altra cosa che fin da subito, in montagna, mi infastidì era che mio marito non mi prendeva la mano, non mi abbracciava, non mi carezzava e non scherzava con me, come era solito fare se eravamo da soli o con amici.Se mi teneva la mano e per caso arrivava qualcuno dei suoi parenti, subito me la lasciava e si allontanava da me; se mi stava abbracciando e arrivava qualcuno dei suoi, lui si irrigidiva e poi mi lasciava immediatamente.Mi dava la sensazione che il solo sfiorarmi di fronte ai suoi, fosse una cosa sbagliata, riprovevole.Lui, ora, mi dice che non può farne a meno, che si sente spinto a fare così per via di tutti <<gli occhi che ci stanno sempre addosso>>.Questi comportamenti mi facevano male: così, dopo qualche anno, ho cominciato a sentirmi <<un’intrusa>>, a vivere con malessere la mia voglia di tenere la mano di mio marito, la mia voglia di abbracciarlo, la mia voglia di stare con lui. Soprattutto ho perso spontaneità e sicurezza.Questo mi faceva rabbia e finivo per litigare con Alessandro.

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Un pomeriggio, mentre eravamo insieme, Alessandro si infilò le mie mutandine e mi chiese se mi piaceva vederlo così.Mi disgustò e glielo dissi.Ora mi ha confessato che soffrì molto del mio rifiuto, ma io, all’epoca, non immaginavo affatto tutto quello che c’era dietro e non sapevo come comportarmi.Mi spaventava e basta, perché non conoscevo la differenza tra travestitismo, omosessualità e tutto ciò che c’è di connesso.Soprattutto non avrei mai immaginato che, proprio lui, potesse avere questo genere di propensioni. Non lui, che per me rappresentava il non plus ultra della normalità e della stabilità.Non lui che immaginavo come padre dei miei figli.Così, dopo il mio rifiuto, si tolse le mie mutandine e per diversi anni non mi disse più niente.Continuò a travestirsi di nascosto.

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Ad un certo punto decisi di lasciarlo.Ero stanca di doverlo dividere con tutti questi parenti, ero annoiata della vita che facevamo, ero intristita dall’aver dovuto lasciare tutti i miei vecchi amici e spossata di dover stare solo con lui, che era diventato morbosamente geloso di ogni mio contatto esterno.Una cosa in particolare, non riuscivo più a sopportare (anche se sembra stupida): non riuscivo più a tollerare che lui mi riprendesse mentre parlavo con altre persone.Quando conversavo con chiunque, lui si metteva alle mie spalle e interrompeva continuamente i miei discorsi.Non partecipava mai direttamente alla conversazione, ma puntualizzava, precisava, correggeva i miei discorsi.Lo faceva con cose banali, ma l’ansia che lui mi riprendesse ogni volta, iniziò a rendermi difficile parlare con altre persone in sua presenza.Se dicevo che indossavo una maglietta nera, lui ribatteva <<No, la indossavi blu>>, se dicevo che avevo fatto 200 km, lui ribatteva <<No, ne hai fatti 180>>, se volevo nascondere qualche dettaglio e dicevo che avevo pagato 20.000 una camicia, lui ribatteva <<No, l’hai pagata 25.000>> e così via.Così, le persone con le quali stavamo conversando, finivano per non ascoltarmi. Non so se, a un certo punto, finissero anche per non credere più alle mie parole, visto che era lo stesso Alessandro a correggermi e riprendermi di continuo.Così cominciai ad isolarmi, per non dover più fare figuracce con altre persone. (Ora ha smesso, ma ci ho messo diversi anni per farglielo capire e per interrompere quest’abitudine).Dopo che lo lasciai, restammo divisi per circa un anno e fu terribile, perché io cercavo di staccarmi da lui, di farmi nuove amicizie e ricreare rapporti esterni. Lui, invece, continuava a non lasciarmi in pace: coinvolse le nostre famiglie in un continuo tentativo di riavermi.Contattava tutte le persone con le quali io tentavo di uscire: mi fece terra bruciata attorno, tutti quelli che tentavo di frequentare continuavano a parlarmi di lui che soffriva per me, di lui che mi amava e di lui che mi cercava e contattava chiunque mi conoscesse, senza sosta.Io riuscii ad uscire con un ragazzo e a conoscerne altri, ma mio marito era sempre presente, in ogni luogo dove io decidevo di andare o di lavorare.Era come un’ombra triste e dolente, che mi seguiva e mi faceva sentire in colpa per la mia capacità di saper vivere anche senza di lui.Per diversi anni mi ha rinfacciato che io, in quel periodo, ero piena di amici e attività, mentre lui si ritrovò solo e infelice.Tentò di uscire con altre donne, ma dopo il secondo appuntamento, le storie non andavano mai avanti.Una volta conobbe per telefono una donna che, due suoi vecchi amici, gli descrissero come <<disposta a darla subito>>. Alessandro le telefonò, la conobbe e ci prese un appuntamento, ma fu lui a non presentarsi mai.Capivo che c’era qualcosa di malato nel suo amore per me, e glielo dicevo.Però lo amavo per la sua dolcezza, la sua tenerezza, la sua dedizione e questo superava il senso di soffocamento e insicurezza che, insieme a lui, avevo iniziato a provare.So che in quel periodo gli <<appuntamenti privati>> di sua madre si intensificarono e gli argomenti, oltre ai commenti su di me e i miei errori, erano anche interrogatori sulla vita privata di Alessandro.Lui continuava ad ascoltarla in silenzio, e a scoppiare con improvvisi atti di rabbia (è in questo periodo che ha spaccato un tavolo e un piatto con un pugno).Suo padre era totalmente all’oscuro di ciò che succedeva tra Alessandro e sua madre.In questo periodo, Alessandro dice che non si è mai travestito, perché non ne ha mai avuta l’occasione. Però dice di non ricordare bene.

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Dopo un anno tornammo insieme.Fu difficile, perché sua madre si oppose con tutte le sue forze. Piangeva e faceva scenate ogni volta che vedeva Alessandro uscire, ogni volta lo implorava di lasciarmi.Questo stato di cose durò per circa un anno, in cui Alessandro era distrutto: voleva stare con me, ma ogni sera mi raccontava le scenate di sua madre.E ci stava male, ma poi non faceva niente per cambiare le cose.Continuava a stare con me, ma allo stesso tempo pretendeva che io tornassi ad essere quella di prima, cioè accondiscendente e tollerante con tutto quello che sua madre faceva e diceva.Così ricominciarono, esattamente come prima, gli inviti a cena dei miei suoceri, gli inviti-obbligo in montagna, e io ricominciai a sentirmi intrusa, umiliata e, soprattutto, sola. 

                                                                      * * *

Ad un certo punto decidemmo di sposarci, ma dopo qualche mese Alessandro non volle più farlo, perché sua madre si oppose, così rimandammo.Cominciammo lo stesso a cercare una casa in affitto, ma i suoi vollero che Alessandro ne avesse una nuova.Così per alcuni anni vedemmo crescere il nostro appartamento, dal progetto sulla carta alla realtà.Alessandro, col suo lavoro, aveva messo da parte una somma che era in grado di coprirne quasi tutte le spese.Eravamo felici e ci piaceva quello che stavamo facendo.Ma, quando l’appartamento era praticamente finito e rimaneva da metterci soltanto i mobili, i suoi ci vollero aiutare a comprare una casa più grande, che nel frattempo si era resa disponibile.Non potemmo opporci, perché la nuova casa era, oggettivamente, più grande e bella.Però dovemmo ricominciare tutto da capo e attendere altro tempo prima che fosse abitabile.In questi ulteriori due anni <<di cantiere>>, non facemmo altro che litigare per l’argomento <<casa+suoi genitori>>.Sua madre portava di nascosto le amiche e i parenti a visitare la casa (avrei voluto farlo io dopo sposati, ma poi, per ripicca, non l’ho fatto più per niente).Non sentivo mai <<nostre>> le decisioni che prendevamo, mai di <<noi due>>, c’era sempre qualcun altro e questa sensazione mi sfibrava.Per esempio, quando io e Alessandro decidevamo dove acquistare i mobili, lui ne discuteva con i suoi genitori, poi tornava da me con una nuova decisione.Quando mi opponevo o ne chiedevo il motivo, Alessandro mi chiedeva di soprassedere e di fare come volevano loro: per non fargli avere noie con sua madre e per non comportarmi da ingrata (visto che parte della casa ce l’avevano regalata loro, era giusto che prendessero parte alla sua costruzione).Questo mi convinse a fare come diceva lui.Così, alla fine, non ho più avuto la forza di fare battaglie per negozi e arredi. La mia casa è piena di  mobili acquistati nello stesso negozio dove si servono i miei suoceri, con mobili del tutto simili a quelli che hanno loro. Per sentirla più mia ho inserito anche oggetti completamente diversi dal loro stile e che a me piacciono.Il problema è che, a un certo punto, non sono più riuscita a sentire <<mia>> e <<nostra>> questa casa. Ora mi pesa che le scelte fondamentali (dove acquistare la cucina, il letto, gli armadi e i divani) siano state prese da mio marito insieme ai suoi genitori e non con me.Quando guardo gran parte dei miei mobili, mi pare di essere in casa dei miei suoceri e non nella mia.Io avrei fatto scelte completamente diverse, ma, per non offenderli e per non rendere la vita di mio marito un’inferno, mi sono adeguata alle loro.Solo che adesso ne pago il prezzo, perché non amo ciò che ho intorno.Ora, spesso, mi succede di sentirmi un’ospite in casa mia, una donna delle pulizie in casa d’altri.Non so più se mio marito ami questa casa, se l’abbia scelta <<con me e insieme a me>>, o <<con>> chi e <<per>> chi l’abbia scelta e costruita.A un certo punto, non ho più saputo nemmeno <<chi abbia copiato chi>>, perché, in seguito, loro hanno arredato la mansarda dove studia Francesco con oggetti e mobili identici ai miei, sia nel modello, che nei colori, che nei materiali.

                                                                  * * *

Comunque ad un certo punto ci siamo sposati.Del periodo di preparazione al matrimonio ricordo che dovevamo fare di tutto per tenere tranquilla mia suocera: era il nostro unico obiettivo, non dovevamo farla soffrire.Alessandro mi chiedeva in continuazione aiuto per non far star male sua madre, continuava a dirmi che altrimenti ci avrebbe rimesso lui, che se lei si fosse offesa, poi non lo avrebbe lasciato più in pace.La dovemmo coinvolgere in tutto: io dovetti mettermi in disparte ed escludere totalmente anche la mia famiglia, che prese parte soltanto alla scelta del mio abito da sposa.La cosa che mi sconvolge ancora, è che mia suocera fece e regalò, di nascosto, delle bomboniere diverse da quelle che avevamo scelto e acquistato io e Alessandro.Quando me ne accorsi, Alessandro mi chiese di nuovo di lasciarla stare, per non farla stare male.Così è mia suocera che ha scelto il negozio in cui fare la lista di nozze (un negozio non ho mai sopportato), è lei che ha scelto i nostri regali (ho tutta una serie di piatti, che non mi piacciono, ma sono uguali a quelli che ha lei).Scelse lei l’abito di Alessandro e il negozio in cui acquistarlo, io non ebbi voce in capitolo e non potei vederlo se non la mattina del matrimonio. Nello stesso negozio lei acquistò il suo: gonna e giacca blu, camicetta bianca e scarpette comode, piuttosto sciatto e poco consono alla sontuosità e all’eleganza degli altri ospiti.Lei pianse perché non le piaceva la meta del nostro viaggio di nozze (Stati Uniti): avrebbe voluto che andassimo a Disneyword in Francia (qui io non volli cedere, mentre mio marito rimase in silenzio).Mio suocero prenotò, senza che noi ne sapessimo niente, un ristorante che avevamo provato insieme, ma che a noi non era piaciuto. Poi lui si arrabbiò, perché dovette disdire e se ne vergognava. Voleva che, a quel punto, andassimo lì lo stesso.Ora non ricordo tutto quello che successe, so soltanto che i miei erano tranquilli, invece la famiglia di Alessandro sembrava entrata in corto circuito.Io mi sentivo sempre più un’intrusa e un’egoista a pretendere che mio marito fosse con me, vicino a me. Ogni scelta, ogni decisione erano fonte di sofferenza, dolore, litigi e distacchi.

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Col matrimonio mio marito è cambiato, ma non nel modo positivo che immaginavo: è diventato ancora più lento, più alienato, più assente.Ora Alessandro mi ha confessato che, dopo sposato, ha tentato di imitare suo padre: non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi e allora ne <<recitava>> il comportamento.Ma, in sostanza, Alessandro è riuscito ad assumere solo i comportamenti esteriori di mio suocero: l’espressione serafica del volto (che in Alessandro però è <<fissa>>, quasi una maschera); l’abitudine di fare un pisolino dopo pranzo; l’abitudine di addormentarsi la sera alle 22; il tentativo di mandare me alla casa in montagna, per raggiungermi nel week end.

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Appena sposati, andammo in ferie dai suoi genitori. Io ci rimasi per più tempo. Mio marito rimase a lavorare, mi raggiungeva per i week end e, poi, per le due settimane di ferie.Lui, a casa, si travestiva di nascosto con i miei abiti.La situazione, nella casa in montagna, era la solita: noi due mai da soli, mai vicini, non facevamo mai l’amore.

                                                                   * * *

E’ in quel periodo che mio marito  ha <<perfezionato>> il suo travestitismo. Lo ha potuto fare con più tranquillità e più <<materiale>> a disposizione.Io faccio la casalinga e i momenti in cui lui poteva rimanere solo in casa erano rari.Così lui ha iniziato a <<spingermi>> fuori da casa.Non è mai stato <<diretto>> nella sua richiesta di avere la casa libera, ma, se prima di sposarci non voleva mai staccarsi un giorno da me, dopo sposati ha iniziato a <<mandarmi>> in ferie con sua madre o con la mia, a <<spingermi>> ad andare ad accompagnare mio padre per lavoro, in giro con mia sorella, a cena fuori con vecchie amiche etc.Il suo atteggiamento era strano, ma non ne conoscevo il motivo: mi sentivo semplicemente <<spinta>> fuori dalla nostra casa.A un certo punto immaginai che ci fosse un’altra donna o un suo disinnamoramento per me.Il suo comportamento mi fece sentire la <<nostra casa sempre meno mia>>, un luogo dove, da ospite, ogni tanto venivo pregata di accomodarmi fuori.Provavo fortissima, e di nuovo, la sensazione di essere un’intrusa nella sua vita.E così mi <<accomodavo fuori casa>>, sempre più triste e insicura.Adesso lui mi ha spiegato che, semplicemente, cercava il modo di poter rimanere solo e travestirsi.Dice che, ultimamente, aveva iniziato a provare sensi di colpa, a promettersi di non rifarlo mai più, ma – parole sue: <<E’ come se una calamita lo attira verso gli abiti femminili>> e il travestitismo.Dice che a volte si masturba vestito da donna.Non si guarda allo specchio, ma ama la sensazione di sentire sul suo corpo gli abiti femminili.Dice che ultimamente aveva paura che io, trovando qualche abito femminile fuori posto, pensassi che lui mi avesse tradito con un’altra donna.

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Più o meno nello stesso periodo Alessandro, durante i rapporti sessuali, ha cominciato a dirmi di avere paura di <<essere un po’ omosessuale>>.Mi diceva: <<Mi piacerebbe avere un pene da baciare>>, prendeva un fallo di gomma che aveva comprato e se lo metteva in bocca.Mi diceva: <<Se fossi nato donna, sarei una grande zoccola>>.Aveva comprato un fallo di gomma, di quelli che si indossano e voleva che io lo indossassi per lui, perché così poteva mimare un suo <<ruolo passivo>> di fronte a una persona con il pene.A me non piaceva, mi spaventavano le sue richieste e mi sentivo obbligata a fare una cosa che era contro me stessa.Così, pian piano ho fatto in modo di accantonare quell’oggetto, però ho cercato di non fargli capire la mia sofferenza e il mio rifiuto, perché temevo che mi giudicasse bigotta e poco partecipe ai suoi <<giochi sessuali>>.Iniziò a chiedermi di potersi vestire da donna di fronte a me, durante i nostri rapporti.Io facevo finta di non aver capito, o ci ridevo sopra, facevo finta che lui avesse scherzato, oppure facevo direttamente finta di non aver voglia di fare l’amore.Così, per lunghi periodi (anche 2/3 mesi) finivamo per non fare più l’amore per la mia paura di dover di nuovo affrontare le sue strane richieste.Questi suoi atteggiamenti mi spaventavano, ma cercavo di fare finta di niente: ero convinta che, se io non li avessi approvati, lui li avrebbe smessi. Volevo dimenticarmene, facevo finta che non erano mai successi.

                                                                        * * *

Sempre in questi primi due anni di matrimonio, durante l’estate, litigavamo a ogni week end: lui continuava a volere andare dai suoi, per non scontentare sua madre e io volevo rimanere a casa nostra, per stare sola con lui.Finiva che andavamo dai suoi e poi, noi due, litigavamo per tutta la settimana successiva.Le prime due estati del mio matrimonio sono state un inferno.Durante l’inverno, mia suocera ci invitava a cena o a pranzo due volte la settimana. Soffrivo particolarmente la domenica: era un obbligo andarci a pranzo, altrimenti lei si offendeva.Così finiva che io e mio marito non riuscivamo mai a passare una domenica noi due, soli.Tutte le domeniche dei miei primi due anni di matrimonio sono state un inferno.Cominciai ad essere delusa: avevo immaginato una nostra vita, un nostro ritmo, dei nostri spazi: invece era tutto esattamente come prima.Per certi aspetti era anche peggio, perché i miei suoceri venivano a casa nostra più volte la settimana; ogni tanto mia suocera veniva anche da sola, di giorno e mi sommergeva di domande su cosa stavo facendo, su dove avevo fatto spesa, su cosa avrei cucinato, o faceva commenti su come ero vestita, su come stavo finendo di arredare la casa etc.Ero terrorizzata ogni volta che suonava il campanello: mi sentivo controllata e giudicata.Sapevo che, poi, mia suocera <<invitava Alessandro>> per criticare me e i nostri incontri in casa nostra.Alessandro, poi, mi raccontava a sua volta le critiche di sua madre e io finivo per non avere più voglia di fare niente.

                                                                   * * *

Così ad un certo punto ho imposto a mio marito di passare i week end da soli: niente inviti di nessuno, niente uscite a casa dei suoi.Il week end è il <<nostro momento>>, praticamente l’unico, e non voglio che nessuno si intrometta. Per anni ho cercato di far capire a mio marito che, almeno per me, è importante che il sabato pomeriggio e la domenica siano tutti per noi.Tutt’oggi sarebbe obbligatorio andare dai suoi ogni fine settimana estivo, altrimenti sua madre continua a piangere e a starci male.Così mio marito dice che, pur di non farla piangere, non ci costa niente passare un fine settimana ogni tanto con i suoi.Dice anche che, d’estate a casa, si annoia, preferisce andare in montagna, ed è sciocco avere una casa in montagna e rimanere in città.Quando chiedo di andare da qualche altra parte, lui si sente in colpa.Le rarissime volte che lo facciamo, dobbiamo inventare una marea di balle per non farlo sapere ai suoi, perché la prendono come un’offesa personale.Inevitabilmente quando ci stiamo rilassando, arriva la telefonata di sua madre, che gli chiede dov’è e cosa sta facendo: Alessandro, con le mani che tremano, risponde che non stiamo facendo niente, che siamo a casa nostra.Così mi fa sentire come se avessimo fatto qualcosa di brutto e sconveniente.Ma io voglio soltanto passare una domenica con mio marito, come fanno tutti. Ma me ne sento in colpa.Però sono riuscita a <<chiudere>> definitivamente la porta della nostra camera nella casa in montagna.Quando ci andiamo, noi due non stiamo mai <<insieme>>, non siamo mai soli, non facciamo mai l’amore, ma, perlomeno, adesso ci andiamo 2 o 3 week end in tutta l’estate e la nostra camera è chiusa.Dopo tante fatiche, sono riuscita a mantenere la chiave del bagno, anche se ho mantenuto l’abitudine di fingere di alzarmi tardi, per poter essere da sola quando ci vado.Mi dispiace, perché a me piace uscire la mattina presto, quando si può passeggiare liberamente. Questo lo faccio di nascosto, per esempio quest’estate che ci sono stata un mese con mia madre, mio marito mi raggiungeva durante i fine settimana.Lo faccio di nascosto, perché un giorno, passeggiando con mia suocera, incontrammo uno che correva e lei disse <<Guarda che scemo, tutto sudato! Ma come si fa a fare una cosa del genere?!>>; quando vedono correre qualcuno lo criticano perché dicono che è da matti correre e faticare in quel modo col caldo estivo, che fa male, che è pericoloso etc.Sempre da quell'anno ho anche cominciato a tenere un atteggiamento freddo e ostile con mia suocera, quando lei mi piombava in casa ad ogni ora e con ogni scusa. Però, i suoi <<appuntamenti privati>> con mio marito, non sono cessati e hanno cominciato a vertere sulla sua sofferenza per questo mio atteggiamento.

                                                                     * * *

Ad un certo punto Alessandro comprò una videocassetta con un trans. A me fece schifo, ma lui, di tanto in tanto, continuava a guardarla. E’ una delle videocassette che lui utilizzava per masturbarsi, quando era travestito da donna.Lui dice che, l’unica cosa che lo eccita in quel filmino, è quando il trans penetra una donna.                                                        

                                                                   * * *

Non riuscendo ad avere figli (in realtà non facevamo mai l’amore, solo una volta ogni tanto, mai tutti i mesi e mai calcolando i giorni fecondi), decidemmo di farci tutti gli esami per vedere se <<eravamo in regola>>.Gli esami sono tutti a posto, sia i suoi che i miei.Però decidemmo di fare delle inseminazioni artificiali. Ne facemmo 4, più un <<post coital test>>: non rimasi mai incinta, anche se la ginecologa, ogni volta, aveva ottime speranze, perché ce n’erano tutti i presupposti.                              

                                                                    * * *

In quel periodo ci fu un racconto di Alessandro che mi spaventò: mi raccontò che la notte precedente aveva avuto un incubo. Lui era vestito e truccato da donna, con una parrucca, io lo avevo portato fuori, tra la gente, e lui non voleva.Le mie paure aumentarono a dismisura e anche i miei dubbi, i miei sensi di colpa e le mie domande.

                                                                    * * *

L'anno successivo, la notte del nostro ultimo anniversario di matrimonio, lui mi fece una sorpresa: prenotò una camera nello stesso Hotel dove ci eravamo sposati.Ma niente fu come io avevo immaginato e il nostro anniversario si è trasformato nel momento in cui ho sentito crollare tutte le mie speranze, le mie prospettive, ciò che mi ero illusa fosse il nostro rapporto.Nello stesso albergo dove ci eravamo sposati, lui, dopo essersi travestito, volle essere penetrato dal fallo che dovevo indossare io.Fu terribile: lui continuava a confessarmi di essere <<un po’ omosessuale>>, continuava a dirmi che gli piacevo perché avevo <<un bel pene, più grosso del suo>>.Mentre dovevo penetrarlo lui raggiunse l’orgasmo e io vidi l’uomo che amavo trasformato in qualcuno che non conoscevo e che non mi piaceva.Stavo male, molto, e questo è quello che ricordo di più: un dolore profondo, grande, misto allo sconcerto, alla rabbia, allo stupore.Sono rimasta inebetita per giorni e giorni, mentre mio marito non si accorgeva del mio dolore e continuava tranquillo e pacato la sua vita, con l’espressione serafica e un sorrisetto di benessere incollato sempre alle labbra.

                                                                    * * *

Così cercai aiuto da una sessuologa, le scrissi alcune e-mail: la contattai per il travestitismo e per i dubbi sulla presunta omosessualità/bisessualità di mio marito; lui invece, quando poi la incontrammo, le chiese di risolvere l’eiaculazione precoce.Alessandro convinse prima la terapista e poi anche me, che aveva iniziato a pensare al travestimento da soli 3 o 4 anni, che lo faceva solo perché era convinto che a me facesse piacere, che lo utilizzava solo come trasgressione di coppia, solo per ravvivare il nostro menage.In un colloquio singolo, mio marito persuase la sessuologa che il suo <<unico>> problema era l’eiaculazione precoce, forse dovuta soltanto a miei comportamenti castranti.Poi le negò totalmente il <<problema>> del travestitismo, e lo addusse solo a un mio presunto gradimento di tali pratiche.La convinse che non aveva mai avuto problemi, che si sentiva e si era sempre sentito bene e che non c’erano, assolutamente, motivi dei miei dubbi e preoccupazioni.Le descrisse la sua famiglia come perfetta, sana, accudente, del tutto protettiva anche nei miei confronti. Le disse che sua madre mi aveva sempre accolta, difesa e amata totalmente.Le descrisse il nostro matrimonio come buonissimo, senza segreti e senza problemi, a parte l’eiaculazione precoce.Io mi fidavo della terapista e lei mi aiutò ad accettare lo stato di cose descrittele da mio marito.Così tentai di mettermi in discussione io, per aiutare mio marito a <<liberarsi>> dei miei <<condizionamenti>>.Tirai fuori gli ultimi <<rospi>>, legati alla mia infanzia, che ancora tenevo nascosti. In terapia mi convinsi che fossero stati proprio questi ad aver determinato un mio comportamento castrante e pericoloso per la mascolinità di mio marito.Non sapevo, e non lo sapeva nemmeno la terapista, che Alessandro stava fingendo e che tutti i suoi problemi (tutti) sono nati anni prima che noi due ci conoscessimo.Così, per tutto il tempo, con la terapista lavorammo sulle mie colpe: io tentai di cambiare e di tirare fuori tutto ciò che poteva minacciare il nostro matrimonio.Riguardo all’eiaculazione precoce speravamo che, con i tre mesi canonici di terapia ed esercizi, le cose si sarebbero risolte.Ma, dopo 8 mesi in cui la situazione da quel punto di vista non è cambiata, abbiamo smesso.Adesso Alessandro ha confessato che, durante gli incontri con la psicanalista, lui <<contava>>, gli <<rimbalzava>> tutto quello che veniva detto.Solo alla fine confessò sia di aver sempre avuto la percezione dell’imminenza eiaculatoria, sia la sua vera storia di travestitismo.Non provava nessun sentimento nei confronti della terapista, non si fidava di lei e <<recitava>> soltanto per <<apparire da bravo ragazzo>> - parole sue.Tra l’altro, alla terapista non ha mai detto nemmeno tutti gli altri problemi.Non le ha mai raccontato la vera storia del rapporto con sua madre, della rabbia e del dolore che continuamente lei gli provoca (le unica emozioni che lui dice di provare e che, però, non riesce a gestire).Non le ha mai detto di <<non riuscire a provare sentimenti ed emozioni>>, al di fuori della rabbia-dolore che ha sempre provato contro sua madre.Non le ha mai confessato la sua ossessione di <<contare>> continuamente, non le confessò che, per questo, ha sempre pensato di essere pazzo.Non le ha mai raccontato la sua difficoltà a prendere decisioni e responsabilità autonome.Non le ha mai detto di avere la sensazione di essere <<rimasto fermo a 18 anni>>, di avere la sensazione che il tempo non è passato.Così la sessuologa, sempre in base a ciò che Alessandro le aveva raccontato, mi chiese di tentare di non reprimerlo, di lasciarlo libero di esprimersi per ciò che voleva essere.Accettai e, per tentare di aiutarlo a tirare fuori i suoi malesseri (però non immaginavo che fossero così profondi e difficili), accettai che lui si travestisse completamente di fronte a me.Cercai di accettarlo anche scherzandoci, sdrammatizzandolo, tentai di inserirlo nel nostro rapporto di coppia, scevro dei dubbi  che mi faceva nascere.Sulle ali di questa libertà che gli concedevo, una domenica pomeriggio di un anno fa, mi chiese di vestirmi sensuale per lui.Dopo essermi truccata e preparata come so che gli piace (poi mi ha confessato che gli piaceva farmi vestire con gli abiti con cui si travestiva di nascosto), lui mi chiese di guardare delle foto in Internet.Aprì la pagina di un transessuale e poi, di punto in bianco, tenendomi stretta tra le sue braccia, mi disse: <<Comunque un trans sarà sempre più sexy di qualsiasi altra donna.>>.Fu come ricevere un pugno allo stomaco. Mi sentii ferita, umiliata e, soprattutto, rifiutata. Feci una terribile scenata (forse la prima da tanti anni, forse così male non avevo mai reagito).Lui rimase immobile a attonito, ad ascoltare le mie grida senza rispondermi e senza nemmeno cambiare l’espressione del volto: questo fece lievitare la mia collera.Lui, alla fine, mi chiese scusa e mi disse che si era semplicemente espresso male.

                                                                  * * *

Però, poi, Alessandro mi confessò che da molti anni ha il dubbio di essere omosessuale (o al limite bisessuale): ciò perché si è sempre domandato il significato del suo travestitismo.

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In montagna, iniziò a volersi far fotografare da travestito. Non so se si eccita riguardandosi, visto che allo specchio dice di non guardarsi mai (nemmeno quando non è travestito).Ma commentava le sue fotografie dicendo <<Però! Non sono per niente male! Mi piaccio!>> - parole sue.

                                                                   * * *

Poi, in un colloquio singolo, io confessai alla psicoterapista, che non sopportavo mio marito vestito da donna.La sessuologa, credendo che per Alessandro il travestitismo fosse solo un gioco innocente, privo di significati, gli chiese di interromperlo.Lui smise di farlo con me, ma continuò sempre a farlo di nascosto.

                                                                * * *

Così ci concentrammo solo sugli esercizi per l’eiaculazione precoce e, a Settembre, quando la sessuologa ci disse che potevamo iniziare ad avere <<rapporti completi liberi>> (e finalmente cominciammo a fare veramente l’amore, seppure con i soliti tempi brevissimi), io rimasi incinta.Non ci sembrava vero: io però avevo paura e, fino a che non avessi visto mio figlio sano e vegeto, non mi lasciavo andare a troppi sogni.Alessandro, invece, si lasciò andare subito ad immaginare il suo futuro con nostro figlio. Tentava di  parlargli attraverso la mia pancia, fantasticava su cosa ci avrebbe fatto, su cosa gli avrebbe detto.Alessandro desiderava una femmina, io non lo so, forse un maschio, ma per me era uguale.Mia suocera voleva una femmina, mio suocero un maschio.Ad ottobre, però, abortii.La mia gravidanza procedeva perfettamente, avevo tutti i valori giusti, non avevo né dolori, né contrazioni, né perdite. Il mio peso era ideale e il mio accrescimento rispecchiava perfettamente i valori richiesti.Ero serena, totalmente concentrata sul <<nostro>> benessere. Andammo a fare l' ecografia ed eravamo pronti a vedere nostro figlio tutto intero, a sentirne il rumore del cuore.Invece, lui si era spento. I medici hanno ipotizzato una grave malformazione genetica. Le analisi sulla placenta non hanno evidenziato niente di particolare, solo un invecchiamento, forse dovuto al fatto che l’embrione si era già spento .Alessandro, nello studio del ginecologo, quando se ne accorse, svenne di botto. Il giorno dopo scoppiò in un pianto dirotto e riuscì a sfogarsi.Io, lipperlì, non mi resi conto, ho vissuto come in una nebbia fino al momento del raschiamento e, forse, ancora per qualche altro giorno.Tutt’ora sento di non aver <<vissuto tutto il dolore fino in fondo>>, perché sento che se lo facessi, dovrei <<toccare>> tutta l’intensità dei miei sensi di colpa.Non stavamo più cercando un figlio, e io non avevo la più pallida idea di essere rimasta incinta: non c’eravamo riusciti con le 4 inseminazioni artificiali, quindi davo ormai per scontato che non sarei mai riuscita a diventare madre.Le due settimane precedenti il concepimento e per le due successive, per via del caldo mi si era riacutizzato il problema delle vene alle gambe, quindi io avevo preso compresse per la circolazione, controindicate in caso di gravidanza.Avevo utilizzato, come al mio solito, oli essenziali e integratori di vitamine, sempre probabilmente controindicati in caso di gravidanza.Non ero serena, ero totalmente spaventata da tutto quello che stava succedendo alla mia vita, a mio marito e al nostro matrimonio. Noi due litigavamo sempre, senza arrivare mai a un chiarimento. Mi sentivo sola e stupida: malgrado i miei sforzi per migliorarmi, percepivo che mio marito continuava ad avere i soliti problemi, ma lui me li negava, confondendomi ancora di più.Quindi, totalmente inconsapevole della mia gravidanza, ho ecceduto con sigarette, caffè, alcolici e mancanza di sonno.Credo che è stato questo mio coktail infernale ad aver reso impossibile la vita di mio figlio. Credo di esserne responsabile e, questo mio dolore, mi rimarrà impresso per sempre.

                                                                 * * * 

A novembre Alessandro perfezionò il suo travestitismo di fronte a me. Mi sconvolse e mi ferì in modo particolare quando lo vidi che si era messo lo smalto, sia alle mani che ai piedi, e del rossetto alle labbra.Ricordo ancora l’effetto di <<parodia triste>> che mi fece vedergli il rossetto sbavato e le unghie laccate.Fui io a spingerlo a non reprimersi, a fare quello che voleva: volevo capire chi fosse, volevo <<vederlo>> per tutto quello che era.Ma quello che vidi mi sconvolse: quello non era mio marito, non poteva esserlo.E mi sentii persa.

                                                                   * * *

Verso dicembre Alessandro confessò alla psicoanalista che aveva sempre avuto la percezione dell’imminenza eiaculatoria.

                                                                  * * *

Poi mise un annuncio con una sua foto da travestito.Volle che io lo aiutassi a farlo, perché lui non sa scrivere bene.Volle chiedere che un travestito accettasse di <<giocare con noi>>, insieme a noi due.Comprò una nuova scheda telefonica, per parlare con gli altri travestiti che avrebbero eventualmente risposto.In tutto questo, io fingevo di essere d’accordo, ma stavo male: perché volevo finalmente vedere fino a dove si sarebbe spinto mio marito, volevo finalmente capire chi diavolo fosse diventato.Finsi di assecondarlo in ogni mossa, perché speravo che prima o poi mi avrebbe detto: <<Basta! Non è vero! Io non voglio farlo! Non mi è mai interessato! Io non sono così! Mi fa’ schifo!>>.Ma lui non mi ha detto quello che io speravo, così stavo sempre più male: quando si è comprato la scheda per contattare gli altri travestiti mi sono sentita morire. Ero completamente persa.Per mia fortuna, al suo primo contatto con un travestito, ci fu un malinteso.Alessandro aveva mandato il suo nuovo numero di telefono a un tizio che aveva promesso di chiamarlo durante il pomeriggio: invece quello chiamò soltanto alle 22,30.Alessandro, invece, aveva atteso tutto il pomeriggio (al lavoro, dalle 14,30 alle 19) che l’altro gli telefonasse. Attese anche per parte della serata, fino alle 22, poi ha ceduto e ha staccato il telefonino (che aveva portato in camera nostra).Alessandro dice che ha sentito salire l’ansia dell’attesa pian piano, per tutto il pomeriggio, minuto dopo minuto; dice che pensava continuamente a quel telefonino in tasca, ma che, alla fine, non ce l’ha più fatta ad attendere. Sperava e temeva quella telefonata, ma alla fine l’ansia è stata troppo forte e ha voluto staccare.Non ha più risposto ad annunci anche se continuava a leggere quelli che gli venivano mandati e a commentare, con me, la qualità delle foto e delle parole.Continuavo ad osservarlo: soffrivo, perché lo vedevo eccitarsi ed interessarsi per un mondo che non ho mai chiesto nella mia vita.E se quel travestito gli avesse telefonato durante il pomeriggio, prima che Alessandro sentisse troppo forte l’ansia dell’attesa? Cosa sarebbe potuto succedere?Non lo saprò mai, non contano i <<se>>. Ma non posso nemmeno sapere se ancora mio marito desidera incontrare qualche travestito e se, ancora, pensa di volerci fare del sesso.Lui mi giura di no, ma adesso non riesco più a credere in niente di ciò che mi dice.

                                                                       * * *

Io chiesi di nuovo aiuto alla nostra sessuologa, le scrissi una lettera in cui le spiegavo cosa era successo.Così, Alessandro dovette confessare alla nostra sessuologa che il suo travestitismo risaliva a quando era bambino.La terapista ci disse che, a quel punto, doveva lavorare solo con lui e incontrare me solo di tanto in tanto, per sostenermi ed aiutarmi ad affrontare l’acquisizione di consapevolezza che Alessandro, probabilmente, raggiungerà.

                                                                       * * *

Alessandro non ha voluto continuare con lei e ha voluto cercare un’altra persona. Vuole farsi aiutare per capire il motivo del suo travestitismo (è stata la sua richiesta). Come un anno fa’ disse che tutti i suoi problemi nascevano dall’eiaculazione precoce e, risolvendo quella avrebbe risolto tutto, ora dice che, risolvendo il problema del travestitismo, tutto andrà a posto.Così, subito prima di Natale, abbiamo contattato una nuova psicoterapista e stiamo valutando se è il caso che lui continui proprio con lei.Io, invece, per il momento non ho intenzione di rimettermi in discussione: so quello che voglio e chi sono. Voglio un marito normale, un figlio normale, una famiglia normale. Voglio noi due in coppia sana e stabile, con nessuno che violi la nostra intimità.Per il momento ho bisogno solo di certezze e di risposte da lui, non da me stessa.

                                                                  * * *

In questo momento, dopo esserci fatti tante confessioni e aver tentato con la terapia e gli esercizi per l’eiaculazione precoce, è tutto uguale a prima. In più, adesso, io non riesco a rilassarmi e meno che mai a raggiungere l’orgasmo. Ogni rapporto completo (sempre brevissimo) per me rappresenta una sconfitta.Mi chiedo perché mio marito non riesca a <<rimanere dentro di me>>.Questo anche se lui dice che gli piace <<stare dentro di me>> e che, se rimane fermo, riesce a controllarsi.Poi, però, tutto torna come prima: esce velocissimo dal mio corpo e scappa in bagno a pulirsi.

                                                                  * * *

Lui, in questo momento, dice di non <<sentire l’esigenza>> di travestirsi e dice di voler capire perché è nata questa sua <<particolarità>>. Pensa che tutti i suoi problemi nascano da lì.Dice che vuole capirne il motivo, perché se non lo fa ha paura di ricaderci di nuovo, ha paura che gli <<abiti-calamita>> lo attraggano di nuovo.

                                                                   * * *

Lui giura di amarmi, però, poi, mi dimostra il contrario. Per es. circa due mesi fa’, dopo pranzo, gli stavo dicendo che la sera prima mi era piaciuto fare l’amore con lui, che era stato molto bello, che forse ci stavamo riavvicinando. La nostra sessuologa mi aveva chiesto di provare ad essere più espansiva e più aperta nell’esternare i miei sentimenti e le mie emozioni in merito al sesso. Così ho cercato di fare.Mio marito, mentre parlavo e cercavo di esprimergli quanto io fossi felice del nostro riavvicinamento, si è alzato da tavola, ha preso un depliant pubblicitario e si è messo a sfogliarlo, senza una parola, mentre continuavo a tentare di parlargli.Mi sono sentita ferita: sono abituata al disinteresse per le cose che dico, ma non mi ero mai resa conto che non fosse solo mia suocera a mozzarmi così bruscamente le parole in gola.Ho visto mio marito fare come fa’ sua madre e me ne sono spaventata: l’umiliazione che ho sentito è stata più intensa di quando lo fa lei, con mio marito è stata insopportabile.Stavo dicendo una cosa importante, stavo parlando delle emozioni  e delle sensazioni di una serata in cui ci eravamo riavvicinati e avevamo vissuto un bel momento, facendo finalmente l’amore dopo tanti anni.Non ho sopportato che mio marito mi dimostrasse tanto disinteresse, mettendosi a sfogliare un libro.Ora mi ha confessato che, in realtà, contava mentre tentava di ascoltarmi.

                                                              * * *

Ora lui cerca di prendersi responsabilità, ma, di fatto, non fa niente per dimostrarmi che è vero.Un mese e mezzo fa’, io (spinta da ciò che la sessuologa mi aveva detto sull’importanza che anche la donna prenda l’iniziativa) tentai di più volte di farci l’amore. Ma, malgrado le mie avances, lui per una decina di giorni mi respinse.Poi mi confessò che era un <<calo d’affetto>> nei miei confronti.La semplicità con cui mi confessò che <<per una decina di giorni non era stato innamorato di me>>, mi sconvolse.Per giustificarmi il suo rifiuto e il suo calo affettivo, mi disse anche che era tutta colpa dell’appuntamento conoscitivo con la nuova psicoterapista, che era preoccupato per quello che aveva da dirle e che per questo non riusciva a rilassarsi e ad aver voglia di fare l’amore con me.Mi sentii ulteriormente rifiutata: avevo tentato di dare il meglio di me stessa, avevo voglia di stare con lui, di sentirlo vicino, di ritrovare una nostra intimità. Ma i suoi rifiuti mi raggelarono.Dopo tutto questo, lui ha ricominciato come se non fosse successo niente, a cercare di fare l’amore, a dirmi ogni sera che mi vuole, a dirmi ogni sera che ha voglia di <<stare dentro di me>>.Così, qualche sera fa’ mi sentii pronta per riprovare, mi sembrava l’occasione adatta.Feci di nuovo delle avances e lui, dopo avermi dato qualche bacio e ad avermi dimostrato eccitazione (ha l’erezione con estrema facilità, gli basta uno stimolo sessuale qualsiasi per averla), d’improvviso si estraniò per qualche minuto, con le braccia incrociate dietro la testa, immobile, con lo sguardo fisso nel vuoto.Mi ha detto che ripensava ad una domanda che aveva posto alla nuova psicanalista: le aveva chiesto se, staccandosi da sua madre, avrebbe risolto il problema del travestitismo.La psicoanalista gli ha risposto che non è ancora, assolutamente, in grado di saperlo.Così sono rimasta di nuovo nuda e sola, a guardarlo mentre stava lontano da me, mi rifiutava di nuovo.Di nuovo con l’argomento <<sua madre>> a frapporsi tra noi due.Così, ora, sono io che non voglio fare l’amore con lui. Ho troppa paura che mi respinga di nuovo, di rimanere di nuovo ferita e umiliata.Non ci riesco ad affrontare, di nuovo, queste sensazioni.

                                                                   * * *

Lui dice di amarmi, dice che lo eccito, dice di voler risolvere i suoi problemi per migliorare il nostro rapporto.Soprattutto dice di non accettare l’idea di vivere senza di me, che, per questo, non mi concederà mai il divorzio.Allora gli ho chiesto di descrivere quali sono le cose di me che gli piacciono, i pregi che mi riconosce, ciò per cui si è innamorato ed è rimasto tutto questo tempo con me.Non ha saputo rispondermi: ci ha riflettuto sopra per un mese. Poi mi ha detto che, solo adesso, si è veramente innamorato di me, che solo adesso si rende conto di quel che io sono, che solo adesso capisce quanto sarebbe vuota la sua vita senza di me.E io mi chiedo cosa siano stati questi anni con lui, dove sono stata, cosa ho fatto, con chi e per chi ho vissuto.

                                                                 * * *

Adesso le domeniche invernali, noi due rimaniamo a casa nostra, oppure usciamo.Continuiamo ad andare a pranzo dai miei suoceri in tutte le occasioni speciali, le feste e le ricorrenze (in genere mi porto anche mia madre) e una domenica ogni tanto.Alessandro, quando io non ci sono, perché sono con mio padre per lavoro, o per qualsiasi altro motivo, va a pranzo dai suoi.Però mia suocera la fa pagare cara a Alessandro ogni giorno: ha via via intensificato i suoi <<appuntamenti privati>> in cui, piangendo e soffrendo, gli chiede perché non è andato a trovarla, gli rimarca i miei comportamenti ostili e distaccati o le mie presunte offese etc.E, quando non gli fa’ i suoi <<inviti solitari>>, gli tiene il muso, si comporta con astio e assume un atteggiamento profondamente sofferente.Alessandro continua a starci male, ad ascoltarla in silenzio, a provare rabbia inespressa e io continuo a non sapere cosa voglia mio marito.Per es. qualche mattina fa’ lei lo ha di nuovo <<invitato>> (ora mio marito me lo racconta immediatamente ogni volta che succede).Dopo averla ascoltata, mentre piangeva e gli diceva che io sono <<strafottente>>, <<maleducata>> e <<superiore>>, mio marito le ha finalmente chiesto il perché.Lei gli ha raccontato un episodio di alcune sere prima. Era venuta a prendere a casa nostra una scheda e, sedendosi, disse che avrebbe aspettato mio marito che sarebbe arrivato dopo pochi minuti.Mio marito, in realtà, sarebbe arrivato a casa dopo almeno un’ora, perché era andato a in un negozio ad accomodarmi un orologio. In quel negozio c’è un signore col quale avrebbe di sicuro anche parlato, per diverso tempo, di viaggi e di immersioni.Così io risposi che mio marito non sarebbe tornato prima di un’ora.Mia suocera ridisse che no, che lui sarebbe arrivato subito.Io dissi di nuovo che avrebbe ritardato.Mio suocero ripetè che mio marito sarebbe arrivato subito.A questo punto mi stufai e risposi: <<Ma lo saprò io a che ora torna mio marito? Mio marito torna tra almeno un’ora, perché è in giro per me!>>. Poi telefonai a mio marito e gli chiesi di tornare subito a casa, perché i suoi lo stavano aspettando.La sofferenza e le lacrime che hanno motivato quest’ultimo <<invito privato>> di mia suocera con Alessandro, è stata questa mia <<battuta>> (come l’ha definita lei) e il tono <<strafottente, maleducato e superiore>> con cui l’ho pronunciata (in realtà ero – mi scusi il termine – incazzata, di dover ogni volta ribadire che Alessandro è mio marito)Al racconto sofferente di sua madre, Alessandro rispose: <<Tutto qui??! E sarebbe strafottente per questo? Questo è il suo carattere, Chiara è fatta così. Prendere o lasciare>>.Sua madre ha continuato a lamentarsi.Così, lui, le ha finalmente detto che non capisce il  motivo per cui lo chiama, sempre in disparte, per parlargli così male di me.Poi le ha chiesto se lei mi abbia mai accettata. A quest’ultima domanda lei non ha risposto, ha cambiato discorso. Ma mio marito gliel’ha rifatta per tre volte (è stata la prima volta che è riuscito a non farsi distogliere dai suoi cambi di argomento).Lei non ha mai risposto, ha continuato a cambiare argomento. Allora mio marito, alla fine, le ha detto: <<Ora torno a lavorare, ma tu per tre volte non sei stata capace di rispondermi. Riflettici sopra.>>.Alcuni giorni dopo, Alessandro ha rifatto a sua madre la stessa domanda.Ora, io trascrivo, esattamente, le parole che mi ha riportato Alessandro, di quella loro conversazione (per la prima volta di fronte a mio suocero, che è rimasto in silenzio fino alla fine).

Questa volta, per non dover più dubitare di me stessa e della mia <<percezione della realtà>>, ho chiesto di poter registrare la conversazione tra me e mio marito.

 

Quindi trascrivo esattamente le nostre parole:

 

  Chiara: <<E’… riuscita a darti una risposta? Secondo te, il giudizio che… che questa donna da su di me… qual è?>>.

  Alessandro: <<Sì, è riuscita a darmi una risposta. Me l’ha detto stamattina.>>

  Chiara: <<Ok… e…. allora?>>.

  Alessandro: <<M’ha detto: ‘’Io l’ho accettata, certo che l’ho accettata’’, m’ha detto.>>.

  Chiara: <<Oh… Ok... E m’ha accettato…?>>.

  Alessandro: <<Le ho detto: ‘’Allora perché mi… mi chiami… mi… mi chiami e mi parli male di… di lei?’’, le ho detto…>>.

  Chiara: <<Eh… ok… e lei?…>>

  Alessandro: <<… ‘’E non glielo dici direttamente a… a… Chiara?’’ le ho detto>>.

  Chiara: <<E lei come ha risposto a tutto questo?>>.

  Alessandro: <<Mi ha detto: ‘’Perché lo voglio dire a te… che… che le… le… le cose che… che… non mi sta… che… che mi fa che non mi stanno bene… le devi sapere tu’’. Mi ha detto.>>.

  Chiara: <<E perché le devi sapere tu e non io?>>.

  Alessandro: <<Questo non lo so.>>.

  Chiara: <<Quindi non sappiano niente in realtà… E non le hai chiesto perché?>>.

  Alessandro: <<No, non gliel’ho chiesto.>>.

  Chiara (alterata): <<Ah, ma è normale?!!…>>.

  Alessandro: <<No, non è normale.>>.

  Chiara (alterata): <<Che cosa non è normale??>>.

  Alessandro (stesso tono di voce piatto): <<Che non le ho chiesto il motivo.>>

   (io, qui, intendevo se fosse normale che sua madre dicesse a lui e non a me, le cose per cui la faccio soffrire. Non intendevo quello che ha capito lui, non intendevo che non fosse normale il comportamento di mio marito, intendevo che non fosse normale il comportamento di mia suocera. Il mio tono di voce è alterato, mentre il tono di voce di Alessandro è piatto, non ha mai alterazioni).

  Chiara: <<Quindi tu non sai il motivo. Ah, perché t’ha detto… ripetimi un po’ che t’ha detto?! T’ha detto: ‘’Le cose… che la Chiara mi fa’ a me le devi sapere tu?!’’… tu Alessandro?!>>.

  Alessandro: <<Sì.>>.

  Chiara: <<… T’ha detto che cosa?! … Allora, avete iniziato dicendo… Tu le hai chiesto: ‘’Allora l’hai accettata la Chiara?…’’. Oppure c’è arrivata lei a questo discorso?>>.

  Alessandro: <<No, gliel’ho richiesto io… gliel’ho richiesto io.>>.

  Chiara: (alterata) <<Ok, allora… ok… c’era tuo padre?>>.

  Alessandro: <<Sì c’era mio padre.>>.

  (era la prima volta, in assoluto, che suo padre assisteva a tutto questo, lo ha voluto Alessandro. Suo padre, fino a quel momento, era totalmente all’oscuro di tutto).

  Chiara: <<Tuo padre, nel frattempo, in tutti questi discorsi, cosa faceva?>>.

  Alessandro: <<Stava ascoltando, stava, va bene? C’è sempre stato mio padre. Tranne che una volta, che è uscito un attimo fuori, ed è tornato qua, cinque minuti.>>.

  Chiara: <<Hm, ok, fatemi… fammi capire… raccontami per favore le parole… visto che parlavate di me ho diritto di saperlo… vai avanti.>>.

  Alessandro: <<Le ho detto (a sua madre) se ti ha mai accettata. Le ho detto: ‘’Ti avevo fatto anche questa domanda un’altra volta’’. Le ho detto: ‘’E non mi hai risposto’’. Le ho detto: ‘’L’hai mai accettata la Chiara?’’. M’ha detto: ‘’Certo che l’ho accettata.’’>>.

  Chiara: <<Ohh!>>

  Alessandro: <<…m’ha detto… Dice: ‘’Ho cercato di fare di tutto’’.>>.

  Chiara: <<Tipo? Che ha fatto?>>.

  Alessandro (contemporaneamente a me): <<Le ho detto: ‘’Tipo?’’>>.

  Chiara: <<Eh…>>.

Alessandro: <<Dice: ‘’Ha fatto quel che le ha parso su… in casa’’. (mia suocera si riferiva al fatto che io ho fatto quel che mi pare in casa mia, dopo sposata). Le ho detto: ‘’Scusa eh, ha fatto quel che le è parso in casa…’’. Le ho detto: ‘’Prima cosa…’’>>.

  Chiara (alterata): <<In quale casa?… in quale casa??!!>>.

  Alessandro: <<…le ho detto: ‘’Prima cosa…’’. Le ho detto: ‘’Prima cosa…’’>>.

  Chiara: <<In quale casa??!!>>.

  Alessandro: <<Nostra.>>

  Chiara (alterata): <<Cioè lei mi ha accettata perché…>>.

  Alessandro: <<Aspetta… Aspè… no…>>

  Chiara (alterata): <<Cioè LEI mi ha accettata perché IO ho potuto fare quel che mi pare in casa NOSTRA??!!>>.

  Alessandro: <<No… no… fammi… fammi parlare>>.

  Chiara (ironica, ridendo): <<… questo mi piace…>>.

  Alessandro: <<Fammi parlare Chiara per piacere prima. Le ho detto…>>.

  Chiara: <<hm, ok, dimmi>>.

  Alessandro: <<Le ho detto: ‘’Prima cosa quella è casa nostra. Quindi è lei è libera di fare e disfare quello che le pare’’… Le ho detto.>>

  Chiara (alterata): <<Ripetimi quello che ti ha detto tua madre… Lei ti ha detto: ‘’Ho fatto di tutto per accettarla…’’>>.

  Alessandro: <<Mi ha detto: ‘’Certo che l’ho accettata, l’ho sempre accettata, e le voglio bene’’. Mi ha detto.>>.

  Chiara: <<Oh, ok, andiamo avanti.>>.

Alessandro: <<Dice: ‘’Ti sembra che abbiamo messo il bastone tra… le… le ruote?’’. Mi ha detto. Dice: ‘’La… la casa l’ha… l’ha gestita come è parso a lei.’’… E, le ho detto: ‘’Eh… Eh Scusa eh… eh…’’… Le ho detto: ‘’Eh che dovevi venire giù tu a dirmi se andava bene o andava male?’’. Le ho detto: ‘’La casa è… è la nostra, non è mica la tua.’’ Le ho detto: ‘’Noi mica ti siamo mai venuti a sindacare, no quello non va bene, quello non va male in casa tua.’’. Le ho detto: ‘’Questi che discorsi sono?’’>>.

Pausa.

Chiara: <<Hm, e lei?>>.

Alessandro: <<Le ho detto.>>.

Pausa.

Chiara: <<E lei?>>.

Alessandro: <<Dopo lei mi ha cambiato discorso. Dice: ‘’L’ho accettata… l’ho accettata… ‘’. …Dice… ‘’Siete sempre andati via…’’. Dice: ‘’Non vi abbiamo mai detto niente’’. E le ho detto: ‘’Scusa… eh… ma… che mi devi venire a dire?… Scusa eh…’’>>.

Chiara (ridendo innervosita sopra le parole di Alessandro): <<Ommadonna… questo è un incubo>>.

Alessandro (in questo momento ha alterato il tono di voce): <<Le ho detto: ‘’Ma che mi devi venire a dire?’’. Le ho detto: ‘’Che mi devi venire a dire?… Che vado via? Se non ti sta bene io non devo andare via??’’>>.

Pausa.

Chiara: <<Continua, va avanti. Allora… Allora ha detto che mi ha accettata perché io, Chiara, a casa di Alessandro e Chiara ho fatto quello che mi pare. Poi mi ha accettata perché Alessandro e la Chiara sono sempre andati via e lei non ha mai detto niente. Poi mi ha accettata perché? Continua, vai avanti.>>.

Alessandro (è tornato con il tono di voce piatto): <<Ha cerco… Perché ha cercato di comportarsi meglio possibile verso di te.>>.

Chiara: <<In che modo?>>.

Alessandro: <<Eh… le ho detto: ‘’In che modo? Venendomi a parlare ma… a parlarmi male a… a… me di lei?’’. Le ho detto: ‘’Dopo lei              (Alessandro si riferisce a me) lo veniva a sapere e lei ci soffriva?’’. Le ho detto: ‘’E ci stava male? (si riferisce sempre a me)’’>>.

Chiara: <<Hm, e qui? Lei che ha detto?>>

Alessandro: <<Mi ha detto: ‘’Tu perché sei andato a dirglielo?’’>>. (mia suocera ha chiesto perché mio marito mi ha raccontato quello che lei gli diceva di me).

Chiara (ridendo ironica, ma mi veniva da piangere): <<Ommadonna!>>.

Alessandro: <<Le ho detto: ‘’Perché non glielo devo dire?’’. Le ho detto: ‘’E’ mia moglie.’’>>.

Chiara: <<Tuo padre in tutto questo?>>.

Alessandro: <<Stava in silenzio ad ascoltare.>>.

Alla fine della conversazione, suo padre ha chiesto a sua madre di lasciarci in pace e di farci vivere la nostra vita.In genere Alessandro non balbetta, ma a volte, d’improvviso (in alcuni periodi più di frequente), è come se si impuntasse e non riuscisse ad andare avanti.Molte volte mi sono chiesta se sono io il motivo delle sue difficoltà di linguaggio e di espressione. Forse è il mio comportamento e il mio modo di essere. Non l’ho ancora capito.

                                                                      * * *

Io e mio marito litighiamo spesso per via del telefono (tanto che ho iniziato ad odiarlo): io mi offendo che, quando stiamo facendo cose anche interessanti, oppure addirittura facendo l’amore, mio marito risponde al telefono e, quando sua madre gli chiede cosa stiamo facendo, lui dice:  <<Niente>>.La domenica mia suocera telefona e chiede a mio marito: <<Che facevi?>>. E lui risponde: <<Niente>>.Qualche anno fa mia suocera mi riprese (di fronte a mio suocero, a mio marito e a mio cognato), perché Alessandro non le aveva telefonato ogni giorno quando eravamo stati in ferie.Io non riuscii a spiegarle che era imbarazzante, per uno della sua età, dover chiamare ogni giorno sua madre. Ma lei mi spiegò che, quando noi siamo lontani, loro per stare tranquilli e sapere che il figlio sta bene, devono sentirlo ogni giorno.Mio marito non disse niente e io mi zittii.Ora, ogni volta che è possibile, viene ripetuta la richiesta di telefonate quotidiane e, per me, il telefonino di mio marito è diventato un oggetto persecutorio.Un mese fa, il primo giorno che noi due eravamo in settimana bianca, tra mia suocera, mio suocero e mio cognato gli telefonarono 4 volte: sempre per sapere come stavamo, dove eravamo, come era il tempo, cosa facevamo.Il giorno dopo, io e Alessandro, discutemmo l’intera giornata del mio malessere per queste continue ed inopportune intrusioni nei pochi momenti della nostra vita intima e privata.Alessandro disse di avermi compreso, mi diede ragione e mi promise, di nuovo, che qualcosa sarebbe cambiato.A fine pomeriggio io mi allontanai per andare in un negozio, ma lo trovai chiuso e tornai immediatamente da mio marito, che era rimasto seduto in una panchina.Gli arrivai alle spalle e lo trovai al telefono, che spiegava a sua madre tutto ciò che noi avevamo fatto durante la giornata, gli diceva cosa io avevo comprato, quanto avevo speso, dove eravamo stati e cosa avevamo visto e pensato.Mi sentii talmente male che non ebbi il coraggio di fermarlo, rimasi interdetta ad ascoltare la telefonata. Non mi era mai successo di sentirlo parlare così con sua madre, non in mia presenza almeno: lui mi ha sempre detto che, con sua madre, non si dice niente e invece le stava dicendo ogni nostra cosa, con tutti i dettagli e i particolari, anche quelli più intimi.Soprattutto lo stava facendo pochi minuti dopo che avevamo finito di discutere proprio di quello.Naturalmente non le disse che le sue continue e intrusive telefonate ci infastidivano. E io non ho ancora capito se, mio marito, le sente in questo modo, oppure se le gradisca.Quando lui si girò e mi vide, si scusò e mi disse che era stata lei a telefonargli e che, quindi, non aveva potuto non rispondere.Se devo dire la verità, è stata la prima volta che ho avuto veri dubbi su mio marito, oltre ad essermi sentita ferita e umiliata nel sentir raccontare la mia intimità a mia suocera

                                                                 * * *

Ancora oggi devo quasi <<combattere>> per poter avere diritto a qualche momento di intimità e vicinanza con mio marito.Quest’estate mi sono offesa perché, tornando da una passeggiata, appena arrivati in vista dei suoi parenti che ci osservavano (madre, zia, zio, fratello, cognata), mio marito mi lasciò d’improvviso la mano e si allontanò da me, (prima eravamo spalla a spalla).E’ difficile riuscire anche rimanere in disparte da soli.Per es., quest’estate io e mio marito siamo andati a fare il bagno, eravamo in acqua da qualche minuto, quando mio suocero chiamò Alessandro.Da lontano gli chiese di andare ad aiutarlo a spostare una barca di un suo conoscente.Mio suocero avrebbe potuto aspettare (non era una cosa urgente), oppure chiamare qualcun altro (la spiaggia era piena di gente, tutti amici di mio suocero, anche più muscolosi e grossi di mio marito che è magrissimo).Ma lui chiamò Alessandro, che mi lasciò la mano, mi chiese di aspettarlo lì e se ne andò immediatamente, lasciandomi completamente sola, per 20 minuti che mi sono sembrati eterni. Guardavo le altre coppie spontanee e felici ed ero imbarazzata degli sguardi di 3 uomini che stavano pescando telline.Così, per sfogare la rabbia, ho iniziato a nuotare fino ad arrivare lontano dalla nostra spiaggia.Mio marito mi ha cercato per almeno un’ora, durante la quale non ho fatto altro che nuotare rabbiosamente, senza farmi vedere né da lui, né da suo padre che ogni tanto andava sulla riva a controllare dove io fossi finita.

                                                                  * * *

Io non so più cosa stia succedendo.Ero convinta che i suoi silenzi fossero dovuti ad una sua capacità di autocontrollo e di riflessività, a un modo pacato e rilassato di prendere la vita; credevo che ascoltasse e che poi riflettesse tra sé e sé. Credevo che nel corso degli anni crescesse insieme a me.Invece, lui, semplicemente contava: contava e ricontava, senza rendersi conto del tempo che passava, senza sapere cosa io posso aver detto, o pensato, o vissuto, o gioito o sofferto in questi ventuno anni.Ora, non so più quante volte gli ho parlato, di cose che per me erano importanti, mentre lui, invece, <<non c’era>>, perché contava, non era capace di ascoltarmi.Provavo rabbia ai silenzi che mi dava in risposta alle mie domande e provocazioni: ma, poi, pensavo che fosse un suo modo di riflettere e di contenere, al contempo, la mia collera.Invece, semplicemente non venivo ascoltata né compresa.Ora ho la sensazione di aver buttato via, completamente, diversi anni della mia vita, la maggior parte della mia vita. Ho la sensazione di essere stata sola per la maggior parte della mia vita. Ed è terribile.Ora lui mi ha chiesto scusa e ha promesso di cambiare, ma a me rimane un senso di vuoto grande.E’ come se avessimo fatto due vite parallele, io a parlare con nessuno e lui a contare da solo.

                                                                 * * *

Ero convinta di eccitarlo ed attrarlo per come sono: invece, nei suoi pensieri, si eccitava all’immagine di una <<donna con il pene>>, o di un trans, o di un travestito, o di un uomo: di preciso non lo so.

                                                                * * *

Ero convinta che mi amasse: pensavo che la sua introversione e la sua difficoltà a dimostrarmelo fossero solo un guscio esteriore, ma che dentro avesse passione.Invece mi ha confessato che ha sempre sentito come un problema il fatto che, <<dentro>> di sé, non c’è mai stato niente capace di smuoverlo veramente: semplicemente non c’erano emozioni o sentimenti tanto intensi.

                                                               * * *

Ero convinta che fosse la persona più stabile, più normale, più sana che io avessi mai conosciuto:  invece ha tanti problemi, pesanti, e non me ne ero mai accorta.Come ho potuto essere cieca e stupida fino a questo punto?

                                                                * * *

Ero convinta di essere al fianco di un uomo maturo, responsabile, che avrebbe protetto la nostra famiglia come tento di fare io.Invece dice di non riuscire a prendere decisioni e responsabilità, di non essere mai riuscito a rinunciare al calore e alla protezione benevola dei suoi genitori, perché era quella la sua abitudine.Ora mi chiede scusa, e mi dice che, per tanti anni si è sempre sentito in colpa di come i suoi genitori mi hanno trattata, che si è sempre reso conto che mi hanno denigrata, umiliata, offesa e ferita, ma che non è proprio riuscito a fare altrimenti, perché quella era la sua vita e la sua normalità.Dice che non riusciva a capire e che non gli importava che io ci dovessi stare tanto male: per lui era tutto normale così, la sua normalità era quella.Mi aveva convinta che ero io ad immaginare gli <<attacchi sommersi>> di sua madre (forse appoggiata dai silenzi di suo padre), la loro invadenza, i loro tentativi di controllarci ed impedirci di crescere e vivere autonomamente e serenamente.Invece era tutto vero, solo che è stato anche mio marito a farlo insieme a loro.Ora me ne chiede continuamente scusa. Però io continuo a sentirmi intrusa e in colpa per ogni mia voglia di stargli accanto.

                                                                    * * *

Oltre agli <<attacchi>> soffro come <<intrusiva nella nostra intimità>> la presenza costante e morbosa di mia suocera.Io e mio marito non riusciamo ad avere una <<nostra intimità inviolabile>>. Chiudere la <<nostra porta della camera da letto>> è stato difficilissimo, e l’ho fatto solo io, senza capire, definitivamente, se mio marito lo voglia oppure no.Invece, lui e mia suocera, in questi anni si sono costruiti una <<loro intimità>>, durante <<gli inviti-incontro solitari di lei>> per parlare di me: da questi loro momenti dovevano essere esclusi tutti (per prima io, per secondo mio suocero).Il fatto è che sento violata la <<nostra intimità di coppia>>, come se ci fosse un’amante che, di nascosto, in incontri privati e solitari, cerca di far vedere a mio marito i miei lati negativi, cerca di sedurlo per farlo staccare da me, mettendo in dubbio me e il mio matrimonio.Ma, se ci fosse stata veramente un’amante, io avrei saputo come competere.In questo modo io non posso fare niente: io sono semplicemente una moglie e una compagna, non sono mica sua madre. E non ho intenzione di diventarlo solo per riconquistarlo.Però le <<intrusioni>> che io sento nella <<nostra camera da letto>> sono continue. Ci sono fatti che possono sembrare stupidi, ma che io soffro come intrusivi e disturbanti per la nostra intimità matrimoniale e sessuale.Per es. quest’anno, in settimana bianca, mia suocera ha voluto la stessa camera dove siamo stati io e mio marito l’anno scorso.Noi eravamo andati nell’Hotel dove vanno solitamente i miei suoceri, però io volli un tipo di camera diverso, una <<Suite Luna di Miele>>, che si differenzia nell’arredamento da quelle che hanno sempre utilizzato i miei suoceri.Ora mi ha fatto impressione sapere che, i miei suoceri, dopo tanti anni, hanno cambiato camera e sono andati in quella dove siamo stati io e mio marito.Oltretutto anche la coppia di vecchi amici che erano con loro, hanno cambiato camera e preso una <<Suite Luna di Miele>>.Poi ho saputo che, sia mio suocero che l’altro signore, si sono lamentati di questa <<novità>>. Non sopportavano la suntuosità dei letti e degli arredi e hanno preteso dalle mogli che, nelle prossime vacanze, torneranno nelle solite camere.E’ come se qualcuno, per forza, fosse voluto entrare in quella che è la mia vita matrimoniale nella camera d’albergo, durante le ferie (che per me sono <<sacre>>, visto che rappresentano l’unico momento in cui possiamo stare veramente soli insieme).

                                                                 * * *

Sono innamorata di mio marito, vorrei aiutarlo a superare le sue paure e le sue incertezze, ma a volte mi chiedo se io sia innamorata dell’immagine che mi ero fatta di lui: della sua tenerezza, della sua dolcezza, della sua forza morale e della sua tranquillità e calma. Ma ora ho scoperto che tutto questo, forse, erano semplicemente sintomi di suoi malesseri profondi.

Cosa posso fare?

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