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Correlati cognitivi, motivazionali e sociali delle Communities On-line.  

Un contributo di ricerca

Laura Giuseppina Maria Messina 

 

PREFAZIONE

La rapida crescita di Internet ha portato all’aumento di interesse nei confronti del fenomeno delle Comunità Virtuali: comunità che sono sostenute, quasi totalmente, dall’utilizzo della computer-mediated-comunication (CMC). Come è noto, la CMC nasce tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta sulla base di alcuni esperimenti di teleconferenza condotti da Murray Turoff per conto dell’U.S.A Institute for Defense Analysis. Inizialmente, il progetto era destinato a fini di difesa e militari, solo in un secondo momento alcuni gruppi sociali ristretti, costituiti da studiosi di informatica, tecnici e ricercatori collegati alle prime reti di comunicazione telematica, iniziarono ad utilizzarla nelle università e negli istituti di ricerca. Successivamente, dal 1980 in poi, si sono formati gruppi più estesi di utenti, costituiti da giovani che si dedicavano al computer per hobby, da sperimentatori o da veri e propri fanatici della cultura tecnologica. La CMC ha dato vita a tecnologie innovative che hanno un peso determinante sullo sviluppo della socialità. Il suo impatto culturale, sia sui singoli che sulle collettività è di gran lunga superiore anche rispetto ai tradizionali mezzi di comunicazione di massa, come la radio o la televisione. Il costo relativamente basso, la facilità d’uso, la possibilità di interagire attivamente, sono tutti elementi che esercitano una forte attrazione. La comunicazione mediante computer, basata sostanzialmente su testi scritti, ha delle caratteristiche particolari:

@      La sua immediatezza, anche conversazionale, manca di alcuni elementi di feedback (gesti, toni di voce, espressioni facciali) che possono creare non pochi problemi di coordinamento.

@      La comunicazione avviene in un “vuoto” sociale in cui le parole sono l’unica realtà di riferimento.

@      Le parole non sono soltanto informazione, ma anche “azione”; la stessa identità dei soggetti è totalmente dipendente dalla descrizione verbale.

@      La comunicazione è fondamentalmente anonima.

@      Genere, aspetto fisico, identità etnica, status sociale e ogni altro indicatore o coordinata sociale non sono più immediatamente evidenti e possono essere adeguatamente nascosti.

@      La comunicazione elettronica digitalizza le relazioni sociali e annulla, potenzialmente, le differenze nella gerarchia sociale e organizzativa. Questo permette una maggiore possibilità di partecipazione, una generale “democratizzazione” delle relazioni sociali.

La CMC è caratterizzata da attori capaci di creare dei “personaggi” attraverso l’utilizzo del linguaggio e di farli muovere in uno spazio sociale virtuale, obbedendo, però, sostanzialmente, alle stesse regole della comunicazione e dell’interazione sociale nello spazio reale. Il fatto che tutto ciò avvenga sulla base di comunicazioni testuali rende solo più manifesta la funzione “posizionale” di molti atti linguistici, che servono a collocare socialmente se stessi rispetto agli altri e che vengono letti e interpretati come rafforzativi della propria immagine e della propria identità (Poster, 1997, 201-218). La CMC si è presentata, già dai suoi primi esordi, come una comunicazione non gerarchizzata, reticolare, frammentata, decentrata. La distanza, anche formale, tra individui, gruppi ed istituzioni, si riduce a favore di una comunicazione orizzontale. Caratteristiche come classe, razza, genere, età, modo di vestire possono avere un effetto determinante sulla qualità di un’interazione faccia a faccia, ma nella CMC tutto ciò è assente o ininfluente. L’interazione avviene solo sulla base di ciò che gli utenti scrivono. La mancanza di barriere sociali rende potenzialmente più facile lo sviluppo di relazioni personalizzate che vanno anche oltre la sfera dell’intimità (Galimberti, 1992). Nel senso comune, la rete si presenta come uno strumento di comunicazione globale, che supera le distanze fisiche e le barriere nazionali. I concetti di “spazio” e di “territorio” non sono affatto estranei all’idea di comunità virtuale, anzi ne sono una caratteristica distintiva. Per la maggior parte delle persone lo spazio è un luogo fisico, un territorio, in cui agire: muoversi, parlare, afferrare oggetti, spostarli da una parte all’altra, utilizzarli per costruire altri oggetti. Il territorio è uno spazio fisico, una superficie abbastanza ampia delimitata da confini. Ma lo spazio è un concetto più ampio, non si limita alle esperienze strettamente sensoriali, può essere legato a delle coordinate puramente mentali. Lo spazio, allora, è un ambiente (Levy, 1997). Nella CMC il territorio, nei termini di distanza, apparentemente non è una nozione essenziale. Non lo è per la comunicazione telefonica, non si vede perché dovrebbe esserlo per la comunicazione tramite computer. La distanza non rappresenta un limite per la comunicazione. Con la CMC è nata e si è sviluppata, infatti, una nuova nozione di spazio: il cyberspazio. Il cyberspazio, dal punto di vista fisico, è generato da componenti materiali (chip, circuiti elettrici, cavi, memorie magnetiche) che non hanno nulla a che fare con lo spazio e non hanno alcuna contiguità. È la sua rappresentazione che è strutturata intorno a metafore spaziali, e dipende strettamente dalla sua qualità d’immaginario condiviso. Il cyberspazio è un “flusso elettronico di informazioni” che ne incrementa la velocità di trasmissione, l’accesso e la manipolazione; pertanto è una “costruzione linguistica”, un “testo” che viene costruito da coloro che partecipano alla conversazione ai vari livelli, dai programmatori agli utenti. Gli eventi nel cyberspazio sono “atti linguistici”. Le comunità che si formano nel cyberspazio, per descrivere se stesse, devono far uso di una qualche proprietà che determini una similitudine con le aggregazioni sociali già note: tutte le comunità presenti nel cyberspazio sono delimitate da un confine. Il territorio e la localizzazione non hanno, di per sé, nulla a che vedere con le consuete differenze nazionali, etniche o linguistiche. Il territorio di una comunità virtuale è una struttura simbolica che è altrettanto identificabile quanto lo è un territorio fisico: sono le pagine web, le loro immagini, i paesaggi, le città, gli ambienti rappresentati in forma grafica o i testi scritti che li descrivono. Il territorio comune è spesso (ma non sempre) esplorabile dai visitatori, ma non è modificabile se non attraverso una password che delimita il confine tra chi fa parte della comunità e chi la frequenta solo come ospite. Il senso di appartenenza è rafforzato da unità organizzative che all’interno della comunità definiscono compiti e responsabilità. La leadership non è, comunque, gerarchica ma mira, principalmente, al coordinamento e all’incentivazione della creatività. L’aggregazione sociale è costruita al fine di perdurare nel tempo e, idealmente, non è legata a persone specifiche puntando a trascendere i limiti individuali. L’interazione sociale che avviene in CMC, a mio parere, è un’interazione “reale”. Il termine virtuale non deve trarre in errore. Ciò che gli utenti della rete fanno ogni giorno nel cyberspazio non è diverso da quello che gli stessi utenti fanno nell’interazione face-to-face: discutono, anche animatamente, litigano a volte, si insultano, cercano e trovano un accordo. La conversazione è la loro attività principale. Nella rete si scambiano solo parole, ma gran parte dell’interazione sociale è conversazione e costruzione di testi. La nostra stessa identità viene costruita attraverso la narrazione e per mezzo di testi (Turkle, 1995).


CAPITOLO PRIMO

L’organizzazione del cyberspazio: aspetti tecno-istituzionali delle Comunità Virtuali

 

La rete è luogo di innumerevoli interazioni sociali. La struttura globale della rete è articolata in regioni digitali, o micromondi, che si distinguono per determinate caratteristiche fondamentali, dipositivi tecnologici e persino regole sociali. Per capire meglio le varie forme di CMC che possono dare vita ad una comunità virtuale è bene, prima di tutto, ricordare che queste si dividono secondo due direttrici fondamentali: il tipo di Relazione e il tipo di Interazione. La relazione può essere sincrona o asincrona, mentre l’interazione può essere one-to-one o many-to-many. La tabella 1 mostra quali comunicazioni e strumenti siano possibili a seconda dell’incrocio delle due direttrici.

 

 

SINCRONA

 

ASINCRONA

      ONE-TO-ONE

 

Instant Messenger

Chat (Private)

 

IM Asincrono

Messaggeria

MANY-TO-MANY

 

Chat

M.U.D.

 

Forum

Newsgroup

                                                                                                                                    Tabella 1

 

Ai fini del mio contributo sarà sufficiente approfondire solo gli strumenti compresi nei rettangoli in basso: è, infatti, solo dall’interazione di molti che può nascere una comunità virtuale.

 

1.1 I Newsgroup o Bacheche elettroniche

I Newsgroup sono aree di discussione pubblica che ricordano, nella funzione, le bacheche di una Università. L’idea di base è semplice, ed è stata sperimentata per anni dai sistemi telematici amatoriali, i cosiddetti BBS (Bulletin Board System): offrire a tutti gli interessati uno spazio, in genere dedicato ad un argomento specifico, in cui scrivere messaggi. A differenza dei messaggi postali, quelli inviati ad una conferenza non hanno un vero e proprio destinatario: sono semplicemente “affissi” su una bacheca virtuale. Chi è interessato all’argomento può leggerli, commentarli, rispondere. Naturalmente il tutto avviene in maniera elettronica: per consultare una bacheca dobbiamo conoscere il suo nome e fornirlo ad un programma capace di muoversi per noi, andando a recuperare, in rete, la lista dei messaggi che vi sono contenuti. Partendo da questa lista è possibile leggere i messaggi che ci interessano e naturalmente potremo, in ogni momento, inserirne dei nostri. Per motivi storici (questo tipo di scambio di informazioni si è sviluppato inizialmente in una sottorete di internet denominata Usenix Network) i newsgroup sono spesso chiamati gruppi Usenet, o conferenze Usenet. Usenet è una rete indipendente che utilizza un proprio insieme di protocolli, distinta dal Web, inizialmente pensata come collegamento tra macchine Unix, ma attualmente possibile anche con altre piattaforme. In altri termini Usenet è una rete parallela, le cui porte di ingresso (gateway) sono garantite dai nostri provider. È dunque possibile accedere ai newsgroup tramite il classico collegamento ad Internet e un software adatto, ma è anche possibile utilizzare i Newsgroup attraverso siti web che periodicamente pubblicano in forma di ipertesto i messaggi provenienti dalla rete Usenet. Gli argomenti discussi all’interno dei Newsgroup sono i più disparati e i Newsgroup esistenti sono migliaia. Per non perire sotto il peso di questo sviluppo, i Newsgroup sono stati divisi per aree, tematiche prima e geografiche poi. Si è quindi assistito alla nascita di migliaia di gruppi su tematiche specifiche. La diffusione di Internet al di fuori degli Stati Uniti ha reso necessaria un’ulteriore divisione dei Newsgroup in base alla lingua adottata. Si è così giunti alla attuale gerarchia dei Newsgroup, che vede i gruppi italiani contrassegnati dal suffisso “.it”, quelli tedeschi da “.de”, quelli giapponesi da “.jp”, etc… Il nome di un Newsgroup è quindi organizzato in maniera gerarchica: è composto da più pezzi separati l’uno dall’altro da un punto. La prima sezione del nome è la più generale e indica la lingua utilizzata, la seconda la categoria alla quale appartiene il gruppo, la terza è un po’ più specifica e individua una sottocategoria. Questo meccanismo prosegue fino all’ultima sezione del nome. I newsgroup possono essere facilmente confusi con i forum, ma sono qualcosa di completamente diverso. Infatti i newsgroup hanno un carattere decentrato, per permetterne la fruizione da parte di un numero molto elevato di utenti. Gli articoli non risiedono tutti su un solo server: esistono migliaia di news server in tutto il mondo che distribuiscono ognuno un certo numero di gerarchie.

 

1.2 I Forum o Conferenze

Accanto ai veri e propri Newsgroup, negli ultimi anni si è ampiamente diffuso in rete un altro strumento di discussione basato sulla metafora della “bacheca elettronica”: le cosiddette conferenze o forum su Web. Si tratta di siti internet, o meglio di un gruppo di pagine all’interno di un sito, che permettono, appunto, di visualizzare un elenco di messaggi, di leggere i singoli messaggi “affissi” in bacheca e di scriverne di nuovi, sia in risposta a quelli precedenti, sia su argomenti completamente nuovi. Se per le liste e i gruppi Usenet esistono elenchi e cataloghi, per quanto parziali, una rassegna completa delle conferenze via Web è impossibile: non esiste infatti alcuna risorsa centralizzata alla quale tali conferenze facciano capo, e la loro apertura o chiusura è totalmente affidata all’iniziativa dei gestori dei rispettivi siti. Ognuna delle conferenze è aperta da una pagina di presentazione che ne introduce il tema e propone alcuni spunti per il dibattito. Al termine della presentazione, si trovano i pulsanti necessari a leggere i messaggi già inviati e a spedirne di nuovi. Conferenze diverse possono avere un’apparenza grafica anche molto diversa, possono essere “moderate” oppure no (in caso affermativo, prima di essere “affisso” sulla pagina Web della conferenza il messaggio viene letto e approvato dal moderatore), possono essere aperte alla partecipazione di chiunque o solo degli iscritti. Vi sono addirittura siti che permettono a chiunque di creare una propria conferenza sull’argomento preferito. Fra gli argomenti più diffusi nelle conferenze su Web, oltre all’attualità (moltissimi siti di giornali, riviste, radio e stazioni televisive ospitano forum aperti alla partecipazione del pubblico) vi è l’educazione: le conferenze in rete si sono infatti dimostrate uno strumento validissimo per mantenere in contatto, fra loro e con i docenti, una comunità di studenti, in particolare nel caso di progetti di educazione a distanza.

 

1.3 Le Chat 

La chat nasce nel 1988 ad opera del finlandese Jarkko Oikarinen che ha creato il primo programma di I.R.C. (Internet Relay Chat) per chiacchierare in rete. I.R.C. è un sistema di comunicazione sincronica multiutente, cioè un sistema che permette ad una serie di utenti di parlare contemporaneamente. La comunicazione avviene in tempo reale, attraverso la scrittura di messaggi che tutti gli utenti, collegati nello stesso momento, sono in grado di leggere. Per partecipare alla discussione basta scegliere un soprannome (nickname), entrare in una “stanza” (chiamata anche canale) ed interagire con le persone che vi si trovano iscritte. I canali sono denominati in base all’argomento delle discussioni che si svolgono. Si possono trovare quindi stanze di discussioni generali, in cui si parla di tutto, così come stanze ad argomenti particolari. In ogni caso, in tutte le chat, ognuno può creare una propria stanza mettendola a disposizione degli altri e proponendo argomenti ritenuti interessanti. Chi per la prima volta entra in una stanza di chat può trovarsi, senza dubbio, spaesato. Si trova di fronte a una serie di messaggi che scorrono, senza lasciare, spesso, il tempo di leggere e capire tutto quello che succede. Il disagio, però, dura solo pochi minuti: il tempo necessario per comprendere che si è davanti al fluire delle conversazioni di tutti gli utenti presenti nel canale. Solitamente c’è sempre qualcuno in ogni canale disposto a dare una mano ai newbies, i novellini. Non è difficile ottenere aiuto dagli utenti più esperti. Se poi il canale pubblico è troppo affollato e caotico è possibile scambiare due battute in modalità privata con un altro utente. La vera vita del canale è comunque nell’area pubblica, basata su una struttura a finestre tipica di Windows; in ogni finestra viene mostrata una stanza, o più in generale, uno spazio di conversazione. Quello della stanza principale contiene anche l’elenco degli utenti presenti, mentre le conversazioni private sono visualizzate in normali finestre. Nel corso degli anni tutti i programmi che sono stati sviluppati hanno più o meno attinto all’impostazione di queste applicazioni, in particolare da mIRC, per realizzare sia i controlli sia le interfacce utente.

 

1.4 I MUD e le Comunità Virtuali Ludiche

La forma più ambiziosa e avanzata di comunità virtuale è rappresentata dai MUD (un acronimo che sta per Multi-User Dimension o Multi-user Dungeon) con i quali si identificano i programmi di comunicazione multi-utente che creano degli ambienti testuali o grafici. Diversamente dai canali IRC, i canali MUD sono collegati tra loro con “porte” attraverso le quali è possibile entrare ed uscire. La metafora della stanza dell’IRC (diverse persone che conversano in un ambiente comune) diventa facilmente la metafora spaziale della casa, del castello o del sotterraneo (da cui Multi-User Dungeon). Il collegamento tra una stanza e l’altra avviene in modo che il tutto si configuri come una planimetria, con quattro punti cardinali (Nord, Sud, Ovest, Est) che aiutano il visitatore ad orientarsi, e magari anche un sopra e un sotto (Up, Down) che conferiscono alla struttura una tridimensionalità. Il complesso delle “stanze” costituisce, così, un universo chiuso nel quale l’utente può immaginare di “camminare”, soffermandosi di quando in quando a chiacchierare con gli altri utenti che incontra nelle stanze da lui attraversate. In questo ambiente gli utenti, infatti, possono “chattare” come in un IRC, ma, data la sua struttura spaziale, possono anche interagire con l’ambiente virtuale e con gli altri utenti collegati. Per farlo è sufficiente che le “locazioni” siano descritte in un certo modo, una diversa dall’altra, e che il programma permetta agli utenti di manovrare degli “oggetti” (anelli, spade, pergamene), per immaginare che l’universo virtuale dei MUD diventi uno spazio condiviso, nel quale compiere avventure fantastiche. In un MUD l’utente dispone di un personaggio, che rappresenta il “corpo” che si muove nello spazio fisico simulato, utilizzando dei comandi del tipo “Go North” per dire “vai a Nord” oppure “W” per dire “Go West”, vai a Ovest. Nei MUD con interfaccia grafica il corpo viene rappresentato attraverso degli Avatar : immagini di vario genere (mostri, maghi, personaggi fumettistici) ai quali, nei sistemi più avanzati, è possibile perfino cambiare l’espressione del viso a seconda della situazione nella quale ci si viene a trovare. Ogni MUD ha i suoi comandi specifici, ma tutti devono avere almeno i comandi di movimento e alcuni comandi fondamentali come “Get” (prendi), “Drop” (lascia),”Say” (parla), “Inventory” (inventario), “Score” (punteggio), “Help” (istruzioni d’aiuto) e “Quit” (esci dal MUD). La maggior parte dei MUD appartiene alla famiglia dei giochi di ruolo. Esistono, comunque, applicazioni dei MUD anche in campo educativo, di ricerca e di socializzazione in generale. Tra queste applicazioni vi sono i colleges e i campus virtuali, quelli dedicati a discussioni ed esperimenti tra specialisti oppure quelli dedicati all’educazione e formazione degli studenti disabili.


CAPITOLO SECONDO

ASPETTI TECNO–PSICOLOGICI DELLE COMMUNITIES ON-LINE

 

Molti osservatori hanno considerato con scetticismo la possibilità di trovare gruppi veramente uniti in un ambiente in cui la comunicazione è mediata dal computer: la mancanza dei momenti usuali di socialità e la natura transitoria di molte interazioni che avvengono on-line rendono, secondo alcuni, poco probabile lo sviluppo di gruppi coesi. Tuttavia, nonostante la natura fragile ed effimera di molti ambienti presenti nella rete, in Internet sembra esistere un senso di “appartenenza al gruppo” forte e costante. Korenman e Wyatt (1996) hanno indagato il legame che, a giudizio di ogni partecipante, teneva insieme il gruppo, e quanto fosse sviluppato il senso di gruppalità. I ricercatori hanno chiesto ai partecipanti di svariate comunità on-line quale caratteristica del gruppo sia più apprezzata e utile. La risposta più frequente è stata “Fare informazione”, mentre altri hanno riferito di percepire un “senso di appartenenza” o di avere la possibilità di “discutere esperienze personali”. Sembra quindi che i membri del gruppo abbiano trovato un ambiente idoneo e gradito per affrontare tematiche molto personali, richiamandosi a quel senso di “gruppalità” a volte così effimero, altre così reale. E’ possibile, infatti, che tra compagni di gruppo on-line si creino legami molto forti, a volte anche più profondi di quelli che si instaurano all’interno dei gruppi nella vita reale: le persone imparano ad amare il gruppo e vi si affidano, però possono conservare sentimenti ambivalenti a riguardo, e qualche volta fanno un passo indietro per riconsiderare la stranezza dell’esperienza (P. Wallace, 1999). “Interazione” e “Influsso” sono due termini molto utili per comprendere la natura dei gruppi on-line e confrontarli con i gruppi reali. Secondo Mandel (1997), un controverso partecipante ad uno dei primi esperimenti di comunità on-line (The Well), le persone che interagiscono in Internet si influenzano a vicenda, a volte anche in modo molto pesante. Le modalità con  cui si presentano questi processi sono diverse da quelle della vita reale, ragion per cui non deve sorprendere il riscontro di sentimenti di ambivalenza riguardo il significato di appartenere ad un “gruppo virtuale”. Mandel descrive come si manifestano questi influssi nel corso di interazioni nella vita reale e nel mondo on-line, facendo riferimento a studi sul conformismo, un termine in apparenza fuori luogo se riferito alle interazioni in Internet ma che rappresenta un elemento chiave per alcuni gruppi virtuali, specialmente quelli che rimangono confinati nella sola esistenza via etere. Come i gruppi della vita reale, anche i gruppi virtuali possono essere molto vari e diversi tra loro. Alcuni sono formati principalmente da persone che si conoscono e che si servono della rete semplicemente come un mezzo per tenersi in contatto e per scambiarsi idee tra un incontro e l’altro (pensiamo, ad esempio, ad alcuni tipi di mailing list appositamente creati); altri gruppi virtuali raccolgono via Internet persone che hanno interessi comuni, ma che non si conoscono nella vita reale. Tempo e circostanze permettendo, queste persone potrebbero anche decidere di darsi un appuntamento “reale” per un incontro formale, una riunione o un raduno sociale. Esistono infine quei gruppi virtuali i cui membri non hanno alcuna prospettiva di incontrarsi nella vita reale sebbene condividano interessi e idee. Questi, secondo Patricia Wallace (ibidem), sono i gruppi in cui il senso di appartenenza, la gruppalità, può emergere soltanto attraverso le dinamiche della comunicazione on-line, ammesso che emerga. Sapersi muovere tra gli ambienti virtuali ed imparare a mediare gli aspetti psicologici che ne derivano sono elementi che influiscono sul nostro comportamento anche quando siamo on-line. Un punto estremamente importante a riguardo è il livello di anonimato, che dipende moltissimo dal luogo della rete in cui ci si trova e dall’attività che si sta svolgendo on-line. I risultati delle ricerche presenti in letteratura suggeriscono che il livello di anonimato influisce pesantemente sul comportamento umano e porta ad una maggiore disinibizione, allentando i vincoli sociali consueti. Non si tratta di tutto o nulla, ma il fatto di sentirsi più o meno protetti dall’anonimato durante la navigazione in Internet influisce sul comportamento. Altro esempio di variabile di mediazione consiste nella presenza o nell’assenza di un’autorità locale, come il moderatore di gruppo, che ha il potere di risolvere le dispute, di rinforzare le scelte politiche, di estromettere i disturbatori. Tuttavia la variabile che influenza maggiormente il comportamento in questi diversi ambiti di Internet è lo scopo in base al quale le persone li visitano (o li creano), in altre parole le “nicchie motivazionali” di ciascun utente. Se l’appartenenza etnica è poco rilevante per la formazione di questi gruppi, al contrario lo scopo per cui si formano gioca un ruolo decisamente più importante nell’influenzare il comportamento. Una persona può appartenere a più gruppi e può cambiare atteggiamento quando passa da uno all’altro proprio come cambia il modo di comportarsi tra una riunione di lavoro e una cena tra amici. Persino il linguaggio scritto, pane quotidiano di Internet, cambia a seconda dell’ambiente e della motivazione per cui viene utilizzato: gli utenti ne modificano deliberatamente alcune regole di base, giocano con esso e a volte lo storpiano per esprimere al meglio sé stessi. Date le differenze tra gli ambienti appena descritti, ritengo importante approfondire lo studio degli strumenti trattati nel primo capitolo (Newsgroup, Forum, Chat, MUD) e analizzarne per ciascuno i seguenti aspetti:

  1. Bisogni, legami, strategie e modalità comunicative: Cosa porta i soggetti coinvolti ad ambientarsi all’interno di gruppi più o meno ampi? Come riescono a stabilire legami che esitano in un senso di appartenenza tipico per ogni ambiente internet?

  2. Tipologie di utenti e loro nicchie motivazionali: Chi abita la community? Quali motivazioni lo spingono? Uno studio sugli abitanti delle comunità virtuali che ne definiscono natura, funzioni e scopi.

 

2.1  Aspetti tecno-psicologici dei Newsgroup e dei Forum

I Newsgroup e i Forum, indiscussi strumenti comunicativi, sono finalizzati allo svolgimento di specifici compiti e, come ho già descritto, aggregano persone che si scambiano opinioni e idee su specifici temi di interesse.

Il collante delle comunità in cui gli utenti si servono dei Newsgroup e dei Forum è costituito da un’emozione condivisa, un interesse collettivo, una passione contingente, un bisogno di vivere un’esperienza in comune. Il vantaggio dell’anonimato, il fatto di poter accomodare la propria realtà, di proteggersi grazie a un livello di “presenza sociale” molto basso, porta i soggetti coinvolti a soddisfare quei bisogni di ambientazione, di appartenenza e di condivisione, tipici della vita off-line, all’interno di gruppi in rete che abbiano in comune gli stessi interessi.

 

2.1.1  Bisogni, legami, strategie e modalità comunicative

La psicologia dei legami che si stringono all’interno di un Newsgroup o di un Forum è anomala e interessante: questo tipo di strumenti, ricordiamo, è caratterizzato da una forma di comunicazione asincrona, pertanto l’assenza di immediatezza rende alquanto arduo lo stabilire relazioni tra gli utenti di questo tipo di comunità. È ovvio che, chi legge i messaggi nell’ambito di un Forum o di un Newsgroup specifico, ha già fatto una scelta di categoria sulle persone che frequentano il medesimo sito, tuttavia essi spesso sono a conoscenza solo dell’indirizzo di posta elettronica del proprio interlocutore, e ciò immancabilmente contribuisce, a torto o a ragione, a farsi un’idea su chi l’ha preceduto in una discussione o ha risposto a un suo messaggio. Un “primo filtro” alla relazione è quindi definito dal nome che appare nell’email.  Avendo a disposizione così poco materiale, anche le informazioni più immediate, come il sesso o l’età del proprio interlocutore, sono piuttosto difficili da ottenere; generalmente, è più facile indovinare il sesso che non l’età, poiché chiunque firma i propri messaggi o utilizza pseudonimi in modo da lasciare intendere se chi ha scritto è uomo o donna. È qui che agisce il “secondo filtro” alla relazione on-line. Solo in un secondo momento, se la discussione ha buon esito e superati i primi due filtri, si approfondirà la conoscenza indagando sull’attività svolta, nazionalità o razza dell’interlocutore (terzo filtro). A livello comunicativo, i Forum e i Newsgroup mostrano una forma di linguaggio elettronico che si rivela molto simile allo stile  del linguaggio parlato nelle interviste. Ciò è stato dimostrato da Milena Collott e Nancy Belmore nel 1998 dopo una ricerca su più di 2000 messaggi raccolti nel corso di discussioni on-line di gruppo sugli argomenti più vari. Dallo studio delle due ricercatrici è emerso che quando i partecipanti rispondono ai messaggi di posta e discutono degli argomenti, sembra che si rivolgano a un singolo interlocutore, anche se sono consapevoli di avere una platea ben più vasta. Anche questo è un argomento ricco di tematiche interessanti: ogni messaggio inviato ad un Newsgroup o ad un Forum di discussione arriverà a tutti coloro che vi sono iscritti. Ora, se è possibile conoscere il numero dei destinatari interrogando il server, non è possibile però sapere quante persone lo cancelleranno. Ciò può contribuire ad amplificare la propria percezione delle dimensioni del pubblico e pertanto accrescere la gratificazione data dall’attenzione su di sé. Nell’analisi delle differenze tra le caratteristiche della vita off-line e di quella on-line per gli utenti dei Newsgroup e dei Forum di discussione, mi pare interessante affrontare l’argomento dell’ altruismo (Patricia Wallace, 1999) in rete, tradizione ormai antica per gli internauti che tuttavia pare non si riscontri nella vita reale. Gli utenti della rete sono molto disponibili ad aiutarsi a vicenda, per questioni semplici o per problemi più importanti. Proprio questa grande disponibilità ad aiutare il prossimo è uno dei motivi principali per cui si partecipa ai forum di discussione e ai newsgroup: è ormai noto come una persona che invia una qualsiasi richiesta a una bacheca elettronica riceva fiumi di risposte nella sua casella di posta elettronica per almeno una settimana. Alcuni degli esempi più belli di altruismo in Internet provengono dai forum di assistenza emotiva. Ma perché questo altruismo? Nella vita reale, un elemento che contribuisce ad influenzare il comportamento di assistenza verso uno sconosciuto è il numero di persone presenti: quando si è in tanti è meno probabile che qualcuno offra aiuto. Latané e Dabbs hanno dimostrato questo fenomeno nel 1975 con la legge dell’effetto numero. Secondo i ricercatori il numero dei presenti influisce sulla probabilità che una persona bisognosa riceva aiuto perché man mano che la dimensione del gruppo aumenta, ogni singolo individuo sente meno la responsabilità di fornire assistenza. Internet, ora, è un luogo visitato da milioni di utenti. Il villaggio globale è già affollatissimo e, dato l’effetto numero appena descritto, si potrebbe pensare che una richiesta di aiuto passi completamente inosservata in un contesto dove ci sono così tante persone. Gli appelli d’aiuto invece, su Internet, non passano inosservati perché il numero di persone presenti ha un ruolo del tutto differente in base all’ambiente della rete in cui si trova: possiamo raccogliere richieste di aiuto ma non possiamo sapere quante altre persone le riceveranno. Questo innalza quel senso di responsabilità che la consapevolezza della dimensione del gruppo faceva precipitare negli esperimenti di Latané e Dabbs.

2.1.2  Tipologie di utenti e loro nicchie motivazionali

Da un sondaggio pubblicato su www.psiconline.it sembra che gli utenti di Newsgroup e Forum si servano dello strumento principalmente per le seguenti motivazioni: Rilassarsi (12.43%); Conoscere cose nuove (47.15%); Conoscere persone nuove (9.47%); Comunicare meglio (4.14%); Iniziare nuovi rapporti (4.73%); Isolarsi dal mondo (8,06%); Vivere momenti diversi (13.02%). Il grafico 1 descrive in dettaglio i dati appena descritti. Come si evince, la nicchia motivazionale “Conoscere nuove cose”, ovvero l’aspetto informativo dello strumento, sta alla base degli interessi degli utenti di questo tipo di comunità. Un utente intervistato dal portale di psiconline fornisce la seguente motivazione, in aggiunta ai dati forniti nel sondaggio di cui sopra: “I Newsgropup e i forum mi aiutano a comunicare con gli altri. Seduto davanti al monitor posso finalmente rivelare i miei pensieri, le mie valutazioni sugli argomenti affrontati senza correre il rischio di essere giudicato o deriso, osservato o valutato per le mie caratteristiche fisiche o le mie idee. Posso stabilire un rapporto e poi concluderlo, posso esserci e dopo un click, non esserci più, posso aprirmi o chiudermi secondo le mie sensazioni del giorno o del momento […] ”. Un’altra ricerca (Sproull e Kiesler, 1991) ha dimostrato che, tra i regolari utenti di Forum e Newsgroup, sembra sia favorita la comunicazione disinibita e incentivata la partecipazione. Da questo studio è anche emerso come le donne ed altri gruppi che si percepiscono oppressi nella società siano più inclini ad esprimersi apertamente tramite tali strumenti, grazie alla protezione che il mezzo elettronico offre, anche se dobbiamo ricordare che fino al 1999 la popolazione femminile era una minoranza tra gli utenti. Sembra quasi che il simbolismo del potere radicato nella comunicazione vis-à-vis non abbia ancora trovato il linguaggio per esprimersi nella nuova CMC. A causa della novità storica del mezzo e del relativo miglioramento della condizione di potere dei gruppi tradizionalmente subordinati, la CMC potrebbe quindi offrire la possibilità di ribaltare, nel processo di comunicazione, i consueti giochi di potere tipici della vita quotidiana fuori dalla rete.

2.2  Aspetti tecno-psicologici delle Chat

La Chat è certamente uno degli strumenti che maggiormente sembra aver colpito l'immaginario collettivo rispetto al mondo di Internet. Comunque si voglia vivere questo strano mondo e qualunque cosa se ne pensi, nessuno può più ignorarne l'esistenza ed il ruolo che sempre di più va assumendo nelle comunità virtuali e nella vita quotidiana. Un interessante filone di ricerca si sta occupando, già da tempo, di un tentativo di analisi profonda dei meccanismi psichici che l'individuo mette in atto quando si trova in un gruppo virtuale come la Chat. Si è visto che la gruppalità virtuale, come già detto, ha in sé le caratteristiche del gruppo reale ma, dobbiamo ipotizzare, anche qualcosa in più, qualche peculiarità sua propria che il mezzo on-line trascina con sé. Queste ricerche fanno capo, tra gli altri, ai lavori della Young, all'ormai storico articolo di Normad Holland “Internet regression”, a Sherry Turkle, a John Suler, solo per citarne alcuni. Proprio rispetto alle riflessioni sulla gruppalità, un filone di studio a latere è quello portato avanti dalla Turkle (1995), che ha per oggetto soprattutto l'identità. Secondo l’autrice Internet è diventato un significativo laboratorio sociale per fare esperienza di quelle costruzioni e ricostruzioni del Sé che caratterizzano la vita postmoderna. E si domanda: “È sempre il Sé reale quello che comunemente si incontra?” Con un certo ottimismo, Turkle ritiene che l'individuo, ora come mai in precedenza, in rete ha l'opportunità di esplorare nuove dimensioni di sé, attraverso la molteplicità di identità che la frequentazione del virtuale può offrire (“virtual personae are objects-to-think-with”).

2.2.1  Bisogni, legami, strategie e modalità comunicative

Le Chat muovono da un bisogno di socialità, rappresentando una forma di interazione orientata alla costruzione di forti relazioni interpersonali. Si è molto discusso se Internet rappresenti il luogo ideale per creare e mantenere relazioni stabili anche di tipo affettivo. Nonostante le difficoltà della conversazione attraverso uno strumento prevalentemente testuale, con gli inconvenienti legati alla comunicazione di cui si discute continuamente, non è raro il caso di relazioni di amicizia e d’amore che si formano on-line. Le caratteristiche di artificiosità dell’ambiente digitale farebbero pensare ad una assoluta impossibilità per una persona di creare qualsiasi tipo di relazione, anche solo amichevole, in assenza dei “cue” sociali in cui è quotidianamente immersa. La ricerca, invece, sta rilevando come le relazioni on-line possano essere, almeno per coloro che sono coinvolti, ben più profonde di quanto gli osservatori con pregiudizio possano aspettarsi (Presti, 2001). Alcune indagini su soggetti disabili, ad esempio, hanno dimostrato che la condizione on-line può servire da catalizzatore per superare barriere che, altrimenti, avrebbero richiesto un maggiore impegno e forse sarebbero state perennemente insormontabili (ibidem). Le Chat e le forme di comunicazione sincrone offrono quindi la possibilità di creare legami sociali anche a persone che, altrimenti, vivrebbero vite sociali più limitate (Castells, 2002). Da un punto di vista percettivo, le Chat sono caratterizzate da un sovraccarico informativo e da un “rumore di fondo” generato dal continuo apparire sullo schermo del computer dei messaggi testuali scambiati tra gli utenti. L’esperienza percettiva vissuta all’interno delle Chat è pertanto assimilabile alla tradizionale situazione sociale del coktail-party, quando, a causa del brusio generato da tante conversazioni simultanee, gli invitati non riescono più a sentire che cosa dicono i propri interlocutori e devono sforzare la propria attenzione selettiva. (Cherry, 1953). A differenza delle chiacchierate off-line che impegnano il canale uditivo, nelle Chat il canale fondamentale è quello visivo, dato che per comunicare viene usato il linguaggio testuale. Sul piano attenzionale, l’ esperienza di coktail-party prodotta dalle Chat room  non è del tutto dissimile da quelle off-line: gli utenti infatti non sono esenti dal rischio di distrazione o di affaticamento da sovraccarico cognitivo. Essi perdono frequentemente il filo  del discorso, immersi come sono in un ambiente in cui la conversazione è totalmente disorganizzata. A livello comunicativo i sistemi di Chat on-line mostrano tanto caratteristiche della conversazione vis-à-vis quanto della conversazione telefonica, per le loro qualità di immediatezza e sincronicità. Il mezzo della Chat influisce sul registro linguistico in molti modi, spingendolo verso un uso altamente economico del linguaggio, nel difficile tentativo di emulare una conversazione vis-à-vis. Si utilizzano in abbondanza acronimi, si abbrevia tutto ciò che può essere abbreviato, si usano le emoticons. Werry (1996) ipotizza che gli utenti delle Chat stiano sperimentando nuove strategie linguistiche attraverso la creazione di registri comunicativi diversi e adatti ai limiti del mezzo. Come è già stato affermato, anche lo pseudonimo con cui si sceglie di presentarsi è uno dei modi che si hanno a disposizione per gestire la propria immagine. Nelle Chat i partecipanti scelgono gli pseudonimi (nickname) con molta cura e si convincono di “avere” quel nome, almeno in quell’angolo del cyberspazio (Wallace, 1999). Ogni volta che un utente scrive un testo, partecipando così alla conversazione in corso, il suo nickname appare tra virgolette e diventa un attributo costantemente legato a tutte le sue espressioni. A questo proposito Bechar-Israeli (1996) ha anche notato che gli utenti cambiano raramente il proprio nickname, nonostante la semplicità dell’operazione; scelgono la propria identità on-line e poi si dedicano assiduamente alla costruzione della relativa immagine, piuttosto che continuare a saltare da un’identità all’altra. A prova di ciò basta assistere alla reazione di un furto di pseudonimo: è sempre forte e immediata, tanto da parte di chi subisce il furto quanto dalla parte dei suoi amici on-line.

2.2.2  Tipologie di utenti e loro nicchie motivazionali

Da un recente sondaggio Datamedia pubblicato sul mensile specializzato “Internet News” emerge che il 16% degli utenti di Internet frequentano quotidianamente le Chat, il 57% ci va almeno una volta alla settimana e il 27% più raramente. Alle Chat di tipo "one to one" vengono preferite dal 64.3% degli intervistati quelle collettive, in cui si può discutere con più persone contemporaneamente. Le donne (62,8%) escono più facilmente allo scoperto degli uomini (37,2%), in particolar modo le ragazze tra i 18 ed i 24 anni. Una sorta di timore, o semplicemente di gioco di ruolo, appare evidente anche dai dati relativi alla propria identità: addirittura il 68% sceglie di non svelarla mai, contro il 32% che invece si lancia a capofitto scoprendo quasi tutto di se stesso. Ma quali sono le nicchie motivazionali degli abituali utenti delle Chat? Dai dati raccolti sembra che le motivazioni rivelate con più frequenza dagli intervistati siano le seguenti:

  1. Solitudine (per il 22,6% degli intervistati)

  2. Curiosità (per il 13,1% degli intervistati)

  3. Perché si tratta di uno strumento libero e non controllabile. Ciò è affermato dal 64.3% di coloro che vi si recano abitualmente. Qualcuno vi scopre il lato erotico e senza inibizioni, qualcun altro ne condanna la volgarità, ma in linea di massima la Chat è ormai diventata un passaggio d'obbligo per qualsiasi amante di Internet e navigatore, sia esso alle prime armi o già provato dalle lunghe “autostrade informatiche”.

La psicologia ha cercato di spiegare il successo delle Chat line ed anche i misteri che si celano dietro le scelte di negazione della propria identità o la ricerca di legami affettivi e di amicizia in rete. Secondo Gabriella Pravettoni (2000) rimanendo seduti davanti ad una schermata di Chat in scorrimento ci si emoziona, si attende con trepidazione che la risposta che ci riguarda appaia, ci si colloca in uno stato passionale che coinvolge il proprio corpo oltre lo schermo. Quando si digita, si inscrive nel testo un mondo emotivo in grado di far circolare l’affetto nel discorso, e che viene provato dall’individuo ricevente il messaggio. “Noi non digitiamo per comunicare, ma comunichiamo per digitare, per esistere oltre la tastiera, per essere reali oltre lo schermo. Questo perché vogliamo soddisfare un bisogno […] di legami sociali ” (ibidem). La Chat diviene così uno strumento per potenziare le proprie capacità e scoprirne di nuove anche servendosi del gioco della falsa identità e della scelta di un'ambiguità sessuale o morale. Al di là dei timori che lo strumento di comunicazione aveva sollevato in un primo momento, ci si è accorti che la realtà virtuale non è un mondo spaventoso in cui perdersi ma un sistema che scorre parallelo alle nostre esistenze e che può aiutarci a vivere meglio con noi stessi e con il prossimo.

2.3  Aspetti tecno-psicologici dei MUD

Internet, quindi, è un elemento della cultura informatica che ha contribuito a pensare l'identità come molteplicità di identità possibili, idea già presente in diversi indirizzi di studi psicologici e in parecchi contributi di ricerca. La rete è divenuta un laboratorio sociale significativo per sperimentare la costruzione e la ricostruzione del sé: ci si modella e ci si ricrea all'interno della realtà virtuale (Serpentelli, 1993). Le caratteristiche del mondo on-line offrono un grandissimo assortimento di Giochi di ruolo, personaggi, simulazioni, mezze verità, eccessi, resi possibili da questi aspetti di anonimato e di assenza di connotazione visiva e uditiva che mettono al riparo da qualsiasi conseguenza. Nei MUD si ha l'opportunità di creare un personaggio, un ambiente, e in più vivere all'interno della situazione di gioco. Un MUD può diventare lo sfondo ideale per scoprire ciò che si è o ciò che si desidera essere: ed è così che i giochi diventano laboratori dove si costruisce la propria l'identità (Sempsey, 1995).

2.3.1  Bisogni, legami, strategie e modalità comunicative

Come è noto, i MUD e le comunità virtuali ludiche muovono da un bisogno prettamente ricreativo: i partecipanti sono infatti impegnati in giochi di simulazione a carattere fantastico. Ciò tenta di dare una motivazione a quella brama di isolarsi dal mondo reale, a quel desiderio di rifugiarsi in un ambiente fantastico che rende leciti tanto l’uso disinibito dell’immaginazione quanto le simulazioni tipiche della vita on-line. Per molti partecipanti al gioco, mettere in scena il proprio personaggio e vivere nei MUD diventa una parte importante della vita di tutti i giorni. È difficile partecipare solo in modo parziale, perché gran parte del piacere del gioco dipende dai rapporti personali e dall'essere parte attiva in una comunità MUD, dove vengono portate avanti tutta una serie di politiche e di progetti locali. Non a caso l'assuefazione è un tema spesso discusso tra i giocatori. (Bruckman, 1992). I MUD forniscono mondi per l'interazione sociale anonima, nei quali si può assumere un ruolo vicino o lontano dal sé reale, secondo le proprie imperscrutabili scelte. L’anonimato dentro molti MUD (si è conosciuti solo con il nome dato al personaggio) fornisce un ampio spazio per esprimere parti inesplorate dalla propria soggettività, per la messa in scena e l'elaborazione di questa (Bruckman, 1992; Sempsey, 1995). Un giocatore di MUD afferma: “Puoi essere chiunque tu voglia essere. Se vuoi, puoi ridefinire completamente te stesso. Puoi anche cambiare sesso”. Il tipo di socializzazione che ha luogo nei MUD è la più semplice e usuale delle interazioni umane: parlare. Ciò che è interessante riguardo la vita nei MUD è che gli utenti sembrano a volte dimenticare che tutto ciò che accade ha luogo senza la controparte fisica. Quindi per via della distanza e della natura diretta ed immediata degli scambi verbali nei MUD, i giocatori sono più socievoli che nelle discussioni faccia a faccia. Ad essi sono offerti più stimoli, vi è libertà di opinione e vi è meno pressione a conformarsi alle norme di una discussione virtuale. Molte ricerche hanno dimostrato che gli individui sono meno inibiti quando interagiscono in un MUD di quanto lo siano nella vita di tutti i giorni (Reid, 1994; Bruckman, 1992; Curtis, 1993; Roush, 1993), ed è evidente che questa è una caratteristica generale della CMC (Turkle, 1995; Serpentelli, 1993). Ora, alcuni ricercatori hanno attribuito questo fenomeno all'anonimato e all'immunità da conseguenze fisiche del medium (Serpentelli, 1993; Rheingold, 1993); mentre, secondo altri esperti di CMC (Sproull e Kiesler, 1991), la radice di questi effetti sarebbe da ricercare nella mancanza o debolezza di norme che regolano il contesto sociale (linguaggio del corpo, tono della voce, ecc.): l’assenza di queste norme può essere riletta come un oscuramento dei confini che delineano le forme di comportamento accettabili ed inaccettabili. Secondo Sproull e Kiesler, (1991) i MUD, come in generale la CMC, spingerebbero le persone ad aprirsi grazie al fatto che le isolerebbe dai contesti sociali. Secondo questa prospettiva, la comunicazione elettronica creerebbe una situazione in cui l'identità personale degli emittenti e degli eventuali riceventi tenderebbe a sfumare fino a quasi svanire, lasciando spazio ad una condizione di de-individualizzazione in cui le persone perderebbero il senso delle loro responsabilità personali e del rispetto dovuto alle norme sociali. Elisabeth Reid (1994) sottolinea che i giocatori di MUD sperimentano un basso livello di inibizione, non un annullamento totale di essa: sono gli stessi giocatori che con l'evolversi del mondo decidono le regole dell'interazione. Gli studi, in sintesi, sottolineano i vantaggi della comunità virtuale: gli utenti sembrano essere più disinibiti, e sperimentano con successo la possibilità di assumere una nuova personalità o nuove personalità. Talvolta modificano la propria identità sessuale e questo potrebbe essere un modo per conoscere meglio l'altro sesso “mettendosi nei panni” altrui. Si muovono in un mondo ideale senza regole o dove le regole vengono stabilite di comune accordo. A livello comunicativo i MUD offrono una nuova e irresistibile esperienza linguistica. Sul piano del linguaggio, come su quello delle relazioni sociali, i MUD permettono alle persone di esprimersi in un mondo da loro moderato. Gli utenti infatti possono controllare cosa essi leggono del mondo virtuale e cosa il mondo virtuale legge di loro. I MUD permettono alla scrittura di sostituire una funzione ritenuta prerogativa del parlato: la comunicazione in tempo reale tra due persone. Mentre scrive, la stessa persona usa una sintassi e delle parole differenti da quando comunica verbalmente lo stesso concetto. Ciò è confermato da una ricerca sulla computer conference fatta al M.I.T. (Massachusetts Institute of Tecnology): l'equivalente scritto del linguaggio tende ad essere meglio organizzato e meglio pensato rispetto ad una conversazione vocale faccia a faccia. Questo perché i partecipanti hanno più tempo per pensare, per elaborare l'idea in modo tale che possa essere presentata nel miglior modo possibile (Bruckman, 1992). Vediamo ora, avendo come punti di riferimento i lavori di Tajfel, Lai, Mantovani, Salvini e Goffman, come sia possibile comprendere meglio e rileggere in modo diverso l'esperienza virtuale. Contrariamente a quanto avviene nella realtà, i giocatori di MUD hanno il completo controllo su come si presentano nel mondo virtuale. Usando il comando "describe as" (descriviti come…) l'utente può definire se stesso. Non ci sono schemi o griglie su come ciò debba essere fatto. Nei MUD i giocatori creano un sé virtuale, o un personaggio, che si muove nel mondo virtuale. Questo sé è sotto il controllo completo del giocatore che può cambiarlo o modificarlo in un qualsiasi momento lo desideri. Il sociologo Jay Chaskes del college di Rowan ha condotto una ricerca riguardo la "reinvenzione del sé" nei MUD. Egli ha trovato che è una pratica comune per i partecipanti assumere identità, ruoli e nomi diversi da quelli "veri" e che questi vengono impiegati per fini differenziati nel mondo virtuale. Nei MUD i personaggi dialogano, si scambiano gesti, esprimono emozioni, vincono o perdono soldi virtuali, salgono e scendono nella scala sociale, in un contesto di libertà irreale. Come ha sottolineato Curtis, ricercatore presso la Xerox Parc Corporation, il mondo virtuale dei MUD ha molti degli attributi sociali dei posti fisici. Il comportamento sociale dei membri è, in un certo senso, lo specchio immediato del comportamento della vita reale, con meccanismi talvolta identici a quelli reali. Talvolta, invece, i meccanismi sono del tutto nuovi e diversi, e affondano le radici nelle nuove opportunità che il MUD offre rispetto alla vita reale (Curtis, 1993).

 

2.3.2  Tipologie di utenti e loro nicchie motivazionali

Un fattore di particolare interesse, ma che complica le ricerche, a causa dell'anonimato del medium, è il sesso dei personaggi, dato che non si è mai sicuri dell'identità di genere di chi sta dall'altra parte dello schermo. Amy Bruckman (1994) ha studiato il fenomeno, confrontando il sesso dichiarato e le statistiche sugli utenti di Internet, che indicano una prevalenza di maschi. Si parla di “gender swapping” quando un individuo assume l'identità del sesso opposto. Gli studiosi hanno trovato che soprattutto all’interno dei MUD è una pratica abbastanza comune, senza che essa sia indicativa di omosessualità o travestitismo nella vita reale. Una cosa interessante sta nel fatto che questa pratica sembra prettamente maschile; nelle donne questo comportamento difficilmente viene riportato. Ciò può essere dovuto al fatto che un personaggio femminile riceve più attenzioni di uno maschile, soprattutto quando si entra in un MUD per la prima volta (Serpentelli, 1992; Bruckmann, 1994; Rheingold, 1993). Il fenomeno del gender swapping sembra fortemente correlato a quello delle identità multiple. In questi mondi virtuali ci si può aspettare infatti che gli individui si concedano di provare ad essere delle persone differenti, alla luce del fatto che questi cambiamenti non sembrano avere delle ripercussioni nella vita reale (Turkle 1995). Capita quindi che un timido diciottenne si trasformi in un malvagio assassino, o che una emancipata donna quarantenne diventi una sensibile fata bambina, quasi che l’ambientazione serva da “camera di compensazione” alla propria personalità. Altra caratteristica altamente coinvolgente di questo ambiente è l’emergere di una particolare cultura, con regole molto precise circa la modalità per partecipare al gioco, sostenere la finzione e uscirne al momento desiderato. I giocatori devono infatti rispettare la rappresentazione ed evitare ogni riferimento al fatto che l’azione sia solo un gioco. La “conservazione dell’illusione” (Holly Griffin, 1984) deve quindi essere mantenuta: eventuali osservazioni fuori del personaggio irritano gli altri giocatori perché interrompono la fantasia e ne riducono l’effetto. All’interno di un qualsivoglia MUD tutti i messaggi che non hanno attinenza con il gioco devono essere preceduti dall’acronimo OT (off topic) per non interrompere la scena ludica, e anche l’eventuale uscita deve essere programmata in base all’azione che si sta svolgendo, almeno per quanto consente la propria immaginazione. Richard Bartle, creatore e amministratore di giochi MUD, ha individuato alcune variabili psicologiche che influenzano l’ambiente e gli utenti di questi giochi interattivi. Basandosi sulla propria esperienza, Bartle ha indicato quattro nicchie motivazionali dei partecipanti e ha cercato di spiegare il perché la maggioranza di tali giocatori favorisce una di queste quattro nicchie rispetto alle altre.

  1. Arrampicatori: Questo tipo di giocatore persegue gli obiettivi del gioco: l’accumulo di tesori o l’acquisizione di meriti. Un tipico arrampicatore entra nel gioco tentando di risolvere difficili questioni o di vincere un mostro particolarmente feroce.

  2. Esploratori: Sembrano divertirsi di più nel disegnare mappe dalla topologia dei giochi, nello scoprirne i segreti più oscuri e nell’acquisire una conoscenza esoterica sul suo funzionamento.

  3. Socializzatori: Sono giocatori che si interessano al MUD principalmente per avere contatti con altre persone. il fine delle interazioni può essere il gioco stesso ma possono anche subentrare obiettivi personali non correlati al gioco, in particolare quando i giocatori approfondiscono la conoscenza reciproca.

  4. Assassini: Molti giochi MUD attraggono persone, per fortuna poche, che si divertono nel molestare gli altri, deviando le risorse del gioco stesso.

Le tensioni intergruppali si sviluppano quasi sempre tra giocatori guidati da motivazioni diverse: i socializzatori e gli assassini non vanno assolutamente d’accordo perché le nicchie motivazionali che li spingono a partecipare al gioco sono esattamente opposte. Tale presenza di tensione tra i gruppi e la prevalenza di un tipo di popolazione piuttosto che un altro possono, secondo Bartle, modificare velocemente le caratteristiche di un gioco MUD e persino decretarne la fine.

2.4             L’altra faccia della medaglia: Le Caratteristiche di Internet che danno dipendenza

Alcune caratteristiche del mondo psicologico di Internet possono essere talmente affascinanti da assorbire completamente e indurre a farne un uso eccessivo, qualcosa di paragonabile addirittura ad un abuso coatto. A metà degli anni novanta la notizia che Internet poteva causare una “sindrome da dipendenza” fu accolta con grande scetticismo e ironia. Tuttavia, man mano che i casi di dipendenza venivano alla luce, attraverso racconti aneddotici o studi in materia, e sempre più persone cercavano aiuto psicologico per questo problema, molti incominciarono a preoccuparsene. Come già esposto, alcuni ambienti di Internet hanno caratteristiche tali da renderli particolarmente adatti allo sviluppo delle modalità di comportamento descritte: alcuni spazi sembrano veramente irresistibili dal punto di vista psicologico; nessuna condizione difficile della vita reale può reggere il confronto con un mondo simile, soprattutto per chi ha problemi di scarsa autostima, noia, mancanza di contatti sociali e insoddisfazione nelle relazioni interpersonali. Secondo Patricia Wallace (1999) dinamiche simili al condizionamento operante starebbero alla base dell’enorme perdita di tempo per molte persone che si connettono a Internet, e dell’attrazione che comportano le Chat room e i giochi MUD. Sebbene la ricompensa qui sia di altro tipo, esistono questioni come il tempo di latenza della risposta o il programma a rapporto variabile. Nei giochi MUD di avventura la ricompensa immediata è data dalla scarica di adrenalina che sperimenta il giocatore che sconfigge in duello un terribile drago dopo un imprecisato numero di colpi ben assestati. A differenza dei giochi per computer per un solo utente e dei videogiochi, questi giochi sono interattivi e la loro grande attrattiva è data dalla possibilità di avere un riconoscimento sociale come ricompensa. Un mago potente di un gioco MUD può essere gratificato dal rispetto, dall’ammirazione, e anche dalla paura che gli altri giocatori, di livello inferiore e ancora impegnati a fare punti e rispondere alle domande, nutrono nei suoi confronti. Nella vita reale difficilmente si arriva a ricevere tanti onori e ricompense sociali, ma nei MUD chiunque può sentirsi un re, basta che passi sufficiente tempo giocando attivamente per acquisire dignità come personaggio. I programmatori del gioco, sicuramente consapevoli dei principi psicologici che attraggono i giocatori, favoriscono questi comportamenti studiando attentamente programmi di rinforzo sempre più efficaci. Per esempio, raggiungere il livello superiore è un’impresa relativamente semplice per i nuovi arrivati, ma diventa progressivamente più impegnativa man mano che il giocatore sale di livello; ciò significa che la ricompensa per i nuovi arrivati, il cui comportamento non è ancora ben condizionato, è più pronta e veloce. Inoltre spingono i giocatori a dedicare sempre più tempo al gioco promettendo ricompense particolari per chi raggiunge punteggi elevati e menzionando i giocatori migliori in articoli speciali. Per avere punteggi alti è più importante il tempo trascorso, anziché l’abilità; eppure i giocatori rivolgono ai più bravi ammirazione e deferenza. Ma i MUD e le Chat non sono gli unici ambienti in cui i tempi di latenza e la natura della ricompensa possono sviluppare condotte di abuso. Per esempio le aste on-line, diversissime da Chat e MUD, hanno caratteristiche simili per la tensione che generano negli ultimi minuti di una vendita in cui l’offerta più veloce vince e la ricompensa è gratificante quanto quella ottenibile dai siti interattivi. Anche i metamondi presentano molte se non tutte queste caratteristiche. Nel suo libro The Psychology of Addiction (1994), Mary Mc Murran afferma che comportamenti di dipendenza non hanno necessariamente  un andamento progressivo, anzi sono frequenti fluttuazioni ed incostanze. Queste affermazioni sono valide anche nel caso dell’uso eccessivo di Internet. Le persone che si sentono “prese dalla rete” possono sentirsi perse, specialmente quando riconoscono di avere un problema e cercano il modo di risolverlo. Alcune persone particolarmente inclini agli eccessi anche in altri ambiti della vita hanno sicuramente maggiori difficoltà a controllare l’uso eccessivo di Internet, soprattutto se vengono irretite dagli ambienti interattivi delle Chat, dei giochi MUD e dei metamondi. In base ai casi riportati in letteratura, non si può certo negare che l’eccessivo coinvolgimento psicologico nella rete possa causare conseguenze negative sulla vita di alcune persone. Per esempio, gli studenti che passano tante ore nelle Chat room, nei giochi MUD e nei metamondi, hanno poco tempo per studiare, per le attività sociali e anche per dormire. Saltano le lezioni, stanno svegli tutta la notte, e di conseguenza le loro prestazioni scolastiche e i voti di profitto si abbassano drasticamente. Internet, non dorme mai, naturalmente, e ci sono sempre draghi da combattere, Chat room da visitare, anche in piena notte. Non mancano gli aneddoti su persone il cui coniuge è stato irretito da Internet; questi racconti sono sempre più numerosi e colpiscono soprattutto quando narrano cyberstorie d’amore. In molti casi probabilmente si tratta di comportamenti tesi all’autogratificazione e dettati da scarso autocontrollo. Alcune aree di Internet quindi sono particolarmente attraenti dal punto di vista psicologico. Ciò probabilmente a causa del forte senso di appartenenza che gli utenti di queste aree sviluppano nei confronti delle comunità che frequentano. Inoltre, esse sono capaci di divorare il nostro tempo, se solo lo permettiamo, e stiamo iniziando anche a capire in che modo.

CAPITOLO TERZO

UN’INDAGINE EMPIRICA SUL SENSO DI APPARTENENZA

Alla luce degli scenari esposti nei precedenti capitoli, proporrò adesso un’indagine empirica on-line con l’obiettivo di ottenere informazioni relative al senso di appartenenza alle comunità virtuali manifestato dagli utenti della rete. Dall’analisi effettuata, è stato possibile ricavare una serie di dati molto interessanti riguardo a questo fenomeno tanto dibattuto.

3.1           Il Senso Soggettivo di Appartenenza: Definizione, Funzioni e Componenti

La capacità di percepire un sentimento di appartenenza ad un gruppo sociale è una delle principali funzioni della personalità (Livesley, Lang, 2000). Il senso soggettivo d’appartenenza si basa sulla credenza di condividere qualcosa con gli altri membri del gruppo: scopi, valori, interessi, piaceri, esperienze, ricordi. Questo fa sentire l’individuo parte di un gruppo nel quale può riconoscersi attraverso la messa in comune di tali aspetti. Baumeister e Leary (1995) intendono l’appartenenza come un bisogno fondamentale dell’individuo di sentirsi legato agli altri. La durata e la stabilità di tale legame nel tempo, inoltre, garantisce il formarsi di costruzioni affettive necessarie al suo benessere. La percezione del senso di appartenenza è spontaneamente ricercata dagli individui. Essa motiva universalmente a costituire e mantenere un numero sufficiente di rapporti interpersonali significativi con altre persone (Baumeister e Leary, 1995). Le componenti su cui si fonda la “percezione soggettiva di appartenenza” (Dimaggio, Procacci, Semerari, 1999) sono descritte, in maniera non gerarchica, dai seguenti tre versanti:

  1. Cognitivo e Metacognitivo: per cogliere l’appartenenza occorre una rappresentazione dei propri stati mentali e della mente degli altri. L'individuo deve disporre contemporaneamente di una rappresentazione di valori, credenze, interessi, piaceri propri ed altrui e comprendere quanto vi è di comune. L'esperienza di appartenenza e condivisione presuppone perciò l'esistenza di abilità metacognitive, ovvero la percezione cosciente di avere una rappresentazione della propria mente e della mente altrui e porle a confronto (Carcione, Falcone, 1999; Procacci e Semerari, 1998, Procacci et al., 2000). La mancanza di tali abilità peserà nella percezione dell'appartenenza e della condivisione, rendendola, nei casi più deficitari, assente.

  2. Sociale: il soggetto che prova un senso di appartenenza si percepisce all'interno di un legame con più persone. Tale legame ha generalmente una connotazione di tipo sociale: interesse e partecipazioni a gruppi, aspettative sugli altri o sulle proprie capacità sociali.  Attese negative, o la mancanza delle abilità sopra menzionate, possono impedire o gravemente ostacolare le interazioni sociali necessarie all’inserirsi in un gruppo e a costruire esperienze condivise con altri esseri umani.

  3. Emozionale: come tutte le esperienze umane fondamentali, anche Il senso di appartenenza è connotato da specifiche emozioni. In particolare, se esso viene consapevolmente e positivamente avvertito dall’individuo, questi proverà emozioni di orgoglio, accettazione, autocompiacimento; se ciò non accade, avvertirà emozioni dolorose, quali impaccio o ansia.

Come ho già descritto, anche all’interno della rete Internet sembra esistere un senso di appartenenza forte e costante, e l’opportunità di indagare gli aspetti psicologici che ne derivano potrebbe rivelarsi un lavoro interessante. Alla luce di quanto appena esposto, nei paragrafi che seguono farò convergere il mio contributo sul tema del senso di appartenenza alle comunità virtuali, attraverso un’indagine svolta all’interno di quattro diverse communities on-line. L’indagine, a carattere pilota, è stata condotta secondo le modalità esposte nei seguenti paragrafi.

 

3.2           Metodologia di Ricerca Utilizzata: On-line Research

La metodologia scelta per raccogliere ed elaborare i dati necessari all’indagine è stata quella della ricerca on-line (On-line Research: OLR). Questo tipo di studi non è discorde, nella sua essenza, dalla ricerca psicologica tradizionale: entrambe muovono da ipotesi, selezionano le metodiche appropriate, preparano gli strumenti per l’indagine ed infine si occupano di raccogliere ed analizzare i dati. Tuttavia, sotto altri aspetti, l’OLR si differenzia dalla ricerca tradizionale per alcune peculiarità:

@     Il rapporto tra sperimentatore e soggetto è sottratto ad ogni forma di comunicazione faccia a faccia;

@     Viene a mancare l’ambiente tipico di ogni ricerca: il “laboratorio” (se questa è di tipo sperimentale), o il contesto ecologico (se la ricerca è sul campo);

@     L’ambientazione dell’OLR è “asincrona”: sparisce il “qui ed ora” della ricerca tradizionale e il laboratorio perde la centralità di luogo privilegiato della ricerca; non è più il soggetto a recarsi in laboratorio ma, in un certo senso, è “il laboratorio a recarsi dal soggetto” (Birnbaum, 2000);

@     Vi è completa libertà di esecuzione del compito e di conseguenza nessun vincolo di continuità impedisce la sua interruzione. Questo a vantaggio di una maggiore veridicità poiché le risposte sono meno influenzabili dalla “desiderabilità sociale” o dall’assunzione di un ruolo subordinato nei confronti dello sperimentatore.

Tuttavia non pochi problemi derivano dalla trasposizione della ricerca psicologica tradizionale su un campo di indagine che è “virtuale” e pertanto, forse, molto meno controllabile:

@     Non è possibile, ad esempio, usare i consueti canoni metodologici e procedurali per tenere sotto controllo le variabili dell’osservazione: il ricercatore, infatti, non è in grado di valutare la comprensione delle consegne, l’autenticità del materiale o le motivazioni all’eventuale drop-out;

@     Il campionamento è autoselettivo e legato alle motivazioni personali;

@     La rete non fornisce dei validi campioni di riferimento pertanto non è possibile la generalizzabilità dei dati ottenuti.

Nonostante tali problemi, ampiamente trattati in letteratura, cominciano a comparire le prime conferme circa l’attendibilità e la validità di indagini eseguite on-line (Krantz, Dalal, 2000), fondate generalmente su confronti fra i risultati della stessa ricerca condotta sia nel laboratorio tradizionale (off-line) sia in rete. Ciò motiva i ricercatori ad incrementare gli studi trovando i parametri e gli ambiti di intervento più opportuni entro i quali operare. A tal fine gli addetti ai lavori hanno evidenziato alcuni importanti criteri:

@     Costruire strumenti interattivi e facilmente utilizzabili attraverso procedure fast and frugal per la raccolta e l’elaborazione dei dati (Cardaci et al., 2001);

@     Proporre items facilmente leggibili e chiaramente comprensibili per consentire al soggetto di rispondere semplicemente puntando la risposta e cliccandovi sopra (procedura point and click);

@     La procedura point and click, grazie alla sua praticità d’impiego permette inoltre di evitare i tradizionali errori di compilazione tipici dei questionari “carta e matita” facilitando le eventuali correzioni.

@     I dati, codificati come una stringa di testo, sono automaticamente ricevuti dal ricercatore e caricati su database opportunamente predisposti. La velocità e la maneggevolezza dell’intera fase di acquisizione dei risultati contribuiscono così a diminuire i costi dell’intera ricerca (Reips, 2000).

 

3.3  Il Questionario

Fra i questionari già presenti in letteratura, nessuno sembra esplorare in maniera esclusiva il senso di appartenenza alle communities online. Sulla base di queste considerazioni ho ripreso alcuni items da più scale e li ho riformulati al fine di esplorare questo fenomeno in modo più approfondito. Il Q-S.A.C.O. (Questionario sul Senso di Appartenenza alle Communities On-line) si compone di 47 item, e mira a mettere in evidenza le seguenti dimensioni:

  1. Qualità dell’utenza, modi e tempi di utilizzo dei servizi all’interno delle communities;

  2. Senso di appartenenza alla community on-line di cui si fa parte;

  3. Senso di appartenenza a eventuali gruppi off-line di cui si fa parte.

Il questionario è stato pubblicato on-line grazie al prezioso contributo dei coordinatori delle quattro comunità, i quali si sono resi disponibili a pubblicizzare la ricerca attraverso un link navigabile direttamente dalle homepages delle communities. Il sistema per la somministrazione del questionario era, infatti, piuttosto semplice: il link corrispondente alla pagina del test veniva aperto, ciccandovi sopra, dagli utenti durante normali sessioni di navigazione on-line. In questo modo essi potevano facilmente compilare il questionario e inviare i dati ad una matrice.

 

3.3.1   Qualità dell’Utenza, Modi e Tempi di Utilizzo dei Servizi all’Interno delle Communities

Il questionario è stato somministrato ad una popolazione di  100 soggetti, composta da 58 uomini e 42 donne. Sul piano demografico, l’indagine, che non ha nessuna pretesa di campionamento, ha studiato la popolazione nelle variabili: sesso, età, occupazione e area geografica di appartenenza. Fra gli utenti che hanno risposto vi è una lieve prevalenza maschile, sebbene non ci sia una discrepanza così notevole tra i sessi; ciò testimonia l’avvicinamento sempre più forte delle donne alla tecnologia. Per quanto riguarda l’età degli utenti, il gruppo più numeroso è rappresentato dai soggetti di età compresa tra i 26 e i 30 anni per il 35% degli intervistati, a conferma del dato che sono soprattutto i giovani ad utilizzare i servizi delle community. Nonostante ciò, anche altre classi di età presentano una percentuale rilevante: il 22% per gli utenti di età compresa tra i 20 e i 25 anni, il 17% per gli utenti tra i 31 e i 35, il 12% per la classe di età tra i 36 e i 40 anni, l’11% per gli utenti tra i 41 e i 50 anni. Scarsamente rappresentati sono, invece, gli utenti che superano i 50 anni. La categoria maggiormente rappresentata, per ciò che attiene all’occupazione degli utenti delle comunità, risulta essere quella degli studenti (62%), seguita dalla categoria degli impiegati (29%) e dei liberi professionisti (7%). Molto meno rappresentata la categoria “Disoccupati” (2%). La zona geografica di provenienza della maggior parte degli utenti è risultata essere il Nord (67%). Il Sud ed il Centro Italia sono scarsamente rappresentati, confermando alle regioni del Nord il primato di utilizzo della rete. Altri dati di notevole interesse riguardano la frequenza di utilizzo del servizio. Attraverso le domande del questionario, ho cercato, infatti, di mettere in luce l’effettiva quantità di tempo che gli utenti passano all’interno delle comunità virtuali, tanto in termini di accessi medi quanto in termini di messaggi inviati (per quanto concerne i Newsgroup e i Forum). I dati sono sorprendenti: il 57% degli appartenenti alle comunità vi accedono tutti i giorni o quasi, e di questi, ben il 73% rimane connesso per  tre ore o più. Questo rende evidente come l’impegno con le comunità sia alto e i processi, al loro interno, risultino estremamente coinvolgenti. La presenza, all’interno della popolazione, di utenti “anziani” (leader/frequentatore assiduo), è alta. Il 23% dei frequentatori si dichiara un leader della comunità e il 40% se ne considera un assiduo frequentatore. Da questa analisi si possono trarre alcune conclusioni interessanti: la partecipazione degli utenti persiste anche lungo gli anni. Il potere di fidelizzazione delle comunità virtuali è, dunque, alto e, nonostante la continua presenza di frequentatori non assidui e di Newbies (novellini), coloro che frequentano la comunità da molto tempo rimangono assidui negli anni, costituendo il “carattere forte” delle comunità, in maniera più evidente persino dei leaders.

 

3.3.2  Il Senso di Appartenenza alle Communities On-line

Gli aspetti che definiscono una variabile complessa come quella della percezione comunitaria sono molti e difficilmente identificabili. Al fine di giungere ad un’analisi più completa possibile, ho cercato di mettere in luce le caratteristiche a mio parere più salienti:

  1. Le motivazioni che spingono l’individuo ad entrare a far parte della comunità;

  2. Le motivazioni che lo inducono a rimanerne parte;

  3. Le norme condivise e gli aspetti cognitivi.

Riguardo al primo punto, dall’analisi dei dati è emerso che l’interesse per le comunità virtuali nasce da un bisogno di socialità (53%), dalla curiosità per lo strumento (27%) e da un interesse ludico (20%). Il bisogno di socialità in particolare ha evidenziato un desiderio di conoscere persone nuove per il 28% degli intervistati, e una volontà a rapportarsi con gli altri per il restante 25%. Riguardo a quest’ultimo aspetto, la maggioranza degli utenti ritiene semplice entrare in contatto con le altre persone on-line: anche i rapporti di amicizia che nascono sono valutati come molto importanti e duraturi nel tempo. L’aspetto ludico e di gruppo si qualificano quindi come il collante di maggior rilievo delle comunità analizzate. Il diagramma 1 spiega in modo schematico i dati appena descritti.

 

Motivazioni che spingono l’individuo ad entrare

in una comunità on-line

Bisogno di socialità

53%

 

Conoscere persone nuove

28%

Interesse ludico

20%

Rapportarsi con gli altri

25%

Curiosità

27%

Diagramma 1

 

Per ciò che concerne il secondo aspetto indagato, la motivazione a restare, è noto dagli studi presenti in letteratura come la mortalità dell’interesse nei confronti dei sevizi offerti dalle comunità virtuali è molto bassa. Questo implica che i membri delle comunità trovano soddisfatte le proprie aspettative o, perlomeno, pensano di poterle soddisfare. Ritroviamo quindi anche in questa sezione il bisogno di rapportarsi con gli altri. Ma come in tutte le comunità, anche (e soprattutto) in quelle virtuali ciò che permette la vita di gruppo, subordinata proprio a questo bisogno di socialità, è la fiducia. Questo aspetto nelle comunità virtuali è tanto pregnante quanto controverso. È evidente come i membri delle comunità indagate si dividano tra chi è più prudente e non si fida quasi mai  e chi, invece, è più propenso al rischio e si fida spesso. Se non avessi mai fatto parte di una comunità virtuale considererei questi ultimi come degli incoscienti. Ma la mia esperienza, e le risposte palesemente positive al test testimoniano come, al contrario di quanto si può credere, le persone siano generalmente sincere e propense a riferire finanche informazioni personali, svelando un grado di intimità non indifferente. Il diagramma 2 chiarisce i concetti appena descritti.

 

Motivazioni che spingono l’individuo a restare nelle comunità on-line

aspettative

 Soddisfatte

45%

Rapportarsi con

gli Altri

55%

Fiducia

Intimità

Diagramma 2

 

Questi dati evidenziano come gli utenti delle comunità on-line, sostanzialmente, percepiscano il proprio appartenere ad una comunità virtuale come una qualsiasi altra attività all’interno della loro vita. Alcuni la considerano come un modo più freddo di interagire, altri come un modo più stimolante, ma in sostanza vi prendono parte con lo stesso spirito con cui si può partecipare ad un gioco di gruppo. Chi è membro di una comunità, dunque, impara a capire che dietro alle frasi scambiate, dietro alle sequenze di parole e immagini ci sono delle persone, in carne ed ossa, con i loro problemi, le loro esperienze, con il loro bagaglio di vita vissuta. Anche le domande relative alle norme condivise e agli aspetti cognitivi hanno evidenziato un forte senso di appartenenza dei membri alla comunità: il 62% degli intervistati ha risposto in maniera positiva alle domande sul senso di condivisione delle norme e degli scopi istituzionali delle communities di cui fanno parte, e il 67% dichiara di fissare a lungo la propria attenzione o memorizzare meglio le attività all’interno delle comunità on-line.

 

3.3.3    Il Senso di Appartenenza alle Comunità Off-line

La terza sezione del questionario, composta da 15 items, aggiunge un confronto con le dimensioni off-line sul senso di appartenenza. Gli utenti che hanno risposto a questa sezione  sono 45, 24 uomini e 21 donne, di cui 28 leader, 11 frequentatori assidui e 6 non assidui. I dati in percentuale da qui in poi proposti sono riferiti a questa porzione di utenti. La verifica ha messo in luce diverse associazioni significative tra le risposte fornite alla seconda sezione e le risposte fornite alla terza. In particolare, tra gli aspetti indagati e poi dimostrati nella parte relativa alle communities online è emersa una forte corrispondenza con la terza nei seguenti ambiti:

  1. Motivazioni che inducono l’individuo a entrare/rimanere parte della comunità/gruppo off-line;

  2. Rapporto con gli altri membri;

  3. Norme condivise.

Di seguito tenterò di evidenziare e discutere tali confronti.

Riguardo alle motivazioni che inducono l’individuo ad entrare e poi rimanere parte delle comunità/gruppi off-line, allo stesso modo delle comunità virtuali, anche in questo ambito l’interesse sembra emergere da un bisogno di socialità. Tale bisogno ha evidenziato:

@     Un desiderio di conoscere persone nuove;

@     Una volontà a rapportarsi con gli altri;

@     Una motivazione al confronto;

@     Una ricerca di ascolto e comprensione.

I dati appena esposti sono descritti indicativamente nel diagramma 3, e dimostrano come il bisogno di socialità e l’aspetto ludico si qualifichino, anche in questo ambito, due degli aspetti “adesivi” per la popolazione.

Motivazioni che spingono l’individuo ad entrare/rimanere

in una comunità/gruppo off-line

Bisogno di socialità

54%

Leadership

46%

Interesse ludico

20%

Conoscere persone nuove

23%

Rapportarsi con gli altri

20%

Confronto

35%

Ascolto e comprensione

22%

Diagramma 3

 

Le domande relative alle norme condivise hanno evidenziato un forte senso di appartenenza dei membri alla comunità: il 62% degli intervistati ha risposto in maniera positiva alle domande sul senso di condivisione delle norme e degli scopi istituzionali dei gruppi di cui sono membri. Un discorso a parte merita il senso della leadership che si evince in questa sezione del questionario. Alla domanda “E’ piacevole ed importante avere la sensazione di prevalere”, il 47% degli intervistati ha risposto “Moltissimo”. Questo dato va interpretato tenendo presente che le stesse persone hanno risposto negativamente alla medesima domanda riguardo alle communities on-line. Sembrerebbe quindi che la presenza di contatto fisico renda, a livello off-line, i comportamenti dei partecipanti al gruppo più inclini alla leadership e al mettersi in evidenza.

CONCLUSIONI

Cercare di trarre conclusioni su un fenomeno in costante evoluzione è un arduo compito, tanto più lo diventa se si cerca di essere obiettivi e ci si trova nella condizione di esserne coinvolti. Le comunità virtuali rappresentano un mondo nuovo ed ancora poco conosciuto di vivere un’esperienza di collettivo. Il passaggio dall’individuo, al gruppo, al collettivo assume caratteristiche diverse rispetto alle comunità tradizionali. Il passaggio è sostanzialmente diretto tra l’individuo e la collettività e il loro rapporto rimane sempre aperto. Mentre nelle comunità tradizionali l’individuo, per poter appartenere ad una comunità, deve attraversare fasi critiche e dolorose della socializzazione, nel virtuale questi passaggi sono attenuati dalle caratteristiche stesse delle infrastrutture che reggono le comunità. L’individuo, infatti, essendo sempre in grado di “staccare la spina del computer”, si sente, sostanzialmente, padrone di poter tornare, in ogni momento al livello individuale e avverte meno la paura del confronto e del conflitto. La socializzazione è dunque facilitata dalla possibilità di sfruttare contemporaneamente le risorse del “collettivo” e le sicurezze dell’ ”individuale”. La paura del confronto e del conflitto è anche limitata dalla tradizione e dalla storia della rete che si rispecchia nelle comunità virtuali, fortemente ispirata ad una visione individualista ed anarchica. Certamente le comunità virtuali rappresentano un modo nuovo di socializzare a livello di collettivo ed è per questo che chi si avvicina al mondo delle comunità virtuali è spinto anche dalla curiosità come avviene per tutte le cose nuove. C’è chi, dopo averne fatto esperienza, ne rimane deluso, percependo un senso di freddezza e irrealtà e c’è chi, invece, ne rimane affascinato. Che cosa colpisce di questo fenomeno e che cosa spinge gli individui a decidere di fare parte di una comunità virtuale sono gli aspetti che ho voluto indagare in questo contributo. I risultati della ricerca mettono in luce un’esigenza di socialità e un bisogno ludico che non nascono nella rete ma che trovano qui un canale espressivo molto forte. Dall’analisi dei dati è emerso un senso di gruppalità molto sentito: questo risulta ancora più sorprendente se si considera che le amicizie on-line sono percepite da chi le vive come esattamente sovrapponibili a quelle off-line. La partecipazione alle comunità virtuali è quindi ritenuta dalla maggioranza degli utenti che le frequentano come un aspetto che si integra, in maniera normale, a tutte le altre attività della propria vita. Questo bisogno sociale, il senso di appartenenza, di solidarietà e di fiducia nelle comunità nascono da un’esperienza piacevole condivisa insieme e sono rafforzati dalla frequentazione assidua e duratura. Non è certo facile comprendere, per chi non ha mai fatto parte di una comunità virtuale, come sia possibile considerare “amici” delle persone che non si sono mai viste, magari di cui non si sono, neanche, mai sentite le voci. Eppure, chi fa parte dell’ambiente ne è a conoscenza, col tempo si finisce con l’affezionarsi, con il condividere momenti insieme, anche se si è distanti fisicamente. Ci si consola per una sconfitta, si gioisce di un avvenimento felice, si sdrammatizzano i momenti più duri. Da queste condivisioni, da questo sentirsi parte di un gruppo coeso, nascono i legami in rete, percepiti come duraturi e forti. A convalida dei risultati, l’indagine di appartenenza ai gruppi off-line ha dimostrato significative correlazioni con la precedente, distinguendosi solo nella percezione al senso di leadership, significativamente superiore nei gruppi off-line. Alla luce di quanto detto possono emergere molte osservazioni in merito ai comportamenti analizzati che, esulando dal tema trattato, possono creare le basi per nuovi spunti di studio e di ricerca.

 

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