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CORSO DI ADDESTRAMENTO ALLA COMUNICAZIONE ASSERTIVA

(come gestire i conflitti)

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I gruppi di auto aiuto: invio, facilitazione e sostegno al programma dei “12 Passi”;

il ruolo del professionista.

di Carlo Fornesi

 

   Introduzione

In questo lavoro non farò riferimento a tutte le organizzazioni ed associazioni di auto aiuto presenti sul territorio, ma centrerò l’attenzione su Alcoolisti Anonimi, una fratellanza che affronta il problema dell’alcoolismo nel mondo dal 1935 (Alcoholics Anonymous, 1976).

E’ importante che i professionisti che si occupano del trattamento dell’alcoolismo e svolgono ricerche su questo problema abbiano una chiara ed accurata comprensione della natura e dei principi di Alcoolisti Anonimi. Io non parlo a nome di Alcoolisti Anonimi e non la rappresento in alcun modo. Queste riflessioni sono basate sulla letteratura scientifica disponibile sull’argomento e sulla letteratura di Alcoolisti Anonimi stessa, oltre che sull’esperienza pratica della Associazione Arcadia di Genova (Filippis & Fornesi, 1996), che da anni si occupa di dipendenze secondo un approccio basato anche sui 12 Passi. Ringrazio Arcadia per tutto ciò che mi ha permesso di imparare e per le risorse umane e bibliografiche che ha messo a mia disposizione.

La valutazione

Quando una persona ritiene di avere un problema con l’alcool e decide di rivolgersi ad un servizio pubblico ha sempre delle aspettative. Come prima cosa è importante conoscere e valutare tali aspettative, che possono essere la terapia farmacologica, la psicoterapia, i “miracoli” e soprattutto il fallimento. Il compito dello psicologo è di approfondire e discriminare le idee (razionali e irrazionali) che sostengono tali aspettative, (Ellis, 1989) aiutando il cliente ad identificare 1) se esiste un problema con l’alcool; e 2) se è quello il problema che il cliente vuole affrontare.

E’ essenziale che questa procedura di valutazione venga svolta con cura in ogni caso, perché è quella che sostiene in maniera diretta la motivazione del cliente. In questo senso sono molto utili le tecniche del colloquio motivazionale (Motivational Interviewing) descritte da Miller & Rollnick (1991).

Anche Bill Wilson, co-fondatore degli Alcoolisti Anonimi, ha dato chiare indicazioni rispetto al “lavorare con gli altri” (Alcoholics Anonymous, 1976, cap. 7): “Se non vuole smettere di bere, non cercate di convincerlo. Potreste non avere un’altra opportunità. Se non vuole vedervi, non costringetelo a farlo. Abbiate cura di non identificarlo come alcoolista. Lasciate che sia lui ad arrivare alle sue conclusioni. Non dovrebbe sentirsi spinto o incitato da voi, da sua moglie o dai suoi amici.” Queste indicazioni, date da un alcoolista agli altri alcoolisti, hanno un grande valore anche per i professionisti, che non riescono quasi mai ad esercitare con successo qualsiasi tipo di coercizione. La spinta al recupero per l’alcoolista viene dall’essere “addolorato e stanco di essere addolorato e stanco”, e solo un ascolto empatico, riflessivo e il più possibile libero da giudizio può fare emergere questa consapevolezza.

L’invio in AA

Una volta che la persona ha riconosciuto l’alcool come problema ed è consapevole di avere bisogno di aiuto è responsabilità del professionista proporre una lista di possibili soluzioni e lasciare che sia il cliente a scegliere. (Miller & altri, 1992) Per questo è opportuno essere adeguatamente aggiornati rispetto a tutte le realtà territoriali, centri di trattamento, centri di ascolto e assistenza sociale, assistenza medica, gruppi di auto aiuto per alcoolisti e per familiari.

E’ opportuno fornire indicazioni scritte, con indirizzi, numeri di telefono e orari delle riunioni o delle attività, e pianificare chiaramente con il cliente dove intende andare e quando.

Se il cliente sceglie di provare una riunione AA, è utile descrivergli che cosa accadrà, come sono strutturate le riunioni, quanto durano e a che cosa servono.(NIAAA, 1992) Il modo migliore per potere fare questo è avere assistito a una o più riunioni AA. Esistono riunioni aperte a tutti, ed è a mio parere essenziale che i professionisti del campo le conoscano e le frequentino. Ciò permette di acquisire familiarità con il percorso di crescita e cambiamento che si sviluppa attraverso i suggerimenti contenuti nei 12 Passi, valutando correttamente le manifestazioni comportamentali, emotive, cognitive e spirituali che il cliente presenta nel corso del suo recupero. Secondo le osservazioni di Miller & Kurtz (1994), AA non è un programma di auto aiuto, ma un programma basato sull’aiuto di Dio. I 12 Passi sono un percorso di crescita individuale che avviene attraverso la frequenza alle riunioni, l’uso di uno sponsor, cioè un membro della fratellanza che sia in recupero da più tempo e svolga il ruolo di guida nel lavoro dei Passi, l’identificazione con altri alcoolisti in recupero, e la pratica quotidiana (Solo Per Oggi) di alcune semplici azioni (non prendere il primo bicchiere nelle prossime 24 ore, chiedere aiuto e accettarlo) e di alcuni principi “spirituali” (onestà, apertura mentale, buona volontà, umiltà, disponibilità, ecc).

Il terapeuta deve avere familiarità con i principi della sponsorizzazione e con l’uso del telefono come terapia: il cliente dovrebbe chiedere quanti più numeri di telefono possibile alle riunioni AA e usarli ogni volta che ha voglia di bere, ogni volta che qualcosa non va, dopo avere avuto una scivolata (il più presto possibile), quando si sente solo, arrabbiato o stanco, quando si sente soverchiato dai problemi della vita, quando si sente soddisfatto (o compiacente) nei confronti della sua sobrietà.

La terapia del telefono ha una lunga tradizione in AA. Assieme a “frequentare le riunioni” e “trovare uno sponsor”, usare il telefono è una delle pietre angolari del recupero. E’ utile rassicurare il paziente del fatto che i membri di AA si aspettano di dare i loro numeri di telefono e si aspettano di ricevere chiamate. Spesso non c'è neppure bisogno di spiegare il motivo della chiamata. I clienti dovrebbero essere preparati a sentirsi chiedere il loro numero di telefono.

Il ruolo dello psicologo

Il ruolo di uno psicologo o di uno psicoterapeuta in questa situazione può e deve essere di “facilitazione”, cioè principalmente non ostacolare il processo di recupero che si verifica in AA, supervisionando la frequenza ai gruppi nel rispetto dell’anonimato e della riservatezza degli altri membri, occupandosi di pianificare il modo in cui il cliente sceglie di rendersi attivo nella fratellanza, e aiutandolo a risolvere eventuali problemi specifici, dopo che una sobrietà stabile sia stata raggiunta. Il terapeuta non può e non deve sostituire l’aiuto che l’alcoolista può ricevere da un altro alcoolista in recupero, basato sulla condivisione delle esperienze, di ciò che ha funzionato per lui; non può essere uno “sponsor”, ma deve restare professionale nell’approccio ai singoli, problemi, offrendo supporto ai processi decisionali del cliente.

Attraverso il lavoro dei 12 Passi, gli elementi problematici, irrisolti, conflittuali o difettuali del cliente emergono spontaneamente, ciò su cui è utile lavorare in seduta è la motivazione a continuare il proprio recupero, o a ricominciare dopo una ricaduta, che può verificarsi e, di fatto, si verifica in molti casi.

Anche dopo periodi di sobrietà più o meno lunghi (alcuni mesi, a volte perfino anni), è possibile osservare i sintomi che precedono una ricaduta. Nel gruppo AA non si viene giudicati, valutati, ammoniti o rimproverati: l’unico requisito per essere membri è il desiderio di smettere di bere. Non ci sono tempi prestabiliti per fare i vari Passi, né per operare determinati cambiamenti nei comportamenti e negli atteggiamenti. Il compito di uno psicoterapeuta che lavora alla facilitazione dei 12 Passi è aiutare il cliente a riconoscere da solo i meccanismi che possono portare alla ricaduta, identificando persone , posti, luoghi, routine, emozioni e comportamenti che causano disequilibrio nella vita dell’alcoolista.

Quando si presenta il materiale sui Passi, l’atteggiamento terapeutico migliore è essere franchi e non giudicare. Il terapeuta deve credere nel modello dell’alcoolismo come malattia, e che l’alcoolismo è una malattia che colpisce il corpo, la mente e lo spirito. Il terapeuta deve essere preparato al fatto che il paziente farà resistenza a queste idee, come sottolinea chiaramente il “Grande Libro”. I pazienti possono criticare o svalutare AA e i 12 Passi, o possono tentare di trascinare il terapeuta in una discussione per chiarire se l’alcoolismo è realmente una malattia o se è possibile bere in maniera controllata. Possono tentare di modificare lo svolgimento di questo programma, provando ad esempio a trasformarlo in terapia della coppia o in psicoterapia psicodinamica. Si consiglia al terapeuta di non lasciarsi coinvolgere in tali dibattiti, di non reagire alle critiche in modo difensivo, e di non allontanarsi da questo programma. E’ utile tenere a mente i punti seguenti:

·  L’obbiettivo di questo programma è facilitare il coinvolgimento attivo del paziente in AA.

·  Il terapeuta non ha bisogno di difendere AA - funziona molto bene da solo, e continuerà a funzionare indipendentemente dal fatto che questo particolare cliente ci creda o no.

·  Credere nei 12 Passi o in un Potere Superiore può essere meno importante del semplice andare alle riunioni, che dovrebbe essere l’obbiettivo principale.

· L’alcoolismo è una malattia potente ed astuta, ed è facile che i clienti insistano a fare a modo loro, per il momento.

· Ogni giorno di sobrietà (e a volte anche ogni ora di sobrietà) è importante e dovrebbe essere riconosciuto. Ogni volta che ci si trova di fronte ad una ricaduta, è meglio pensare a quanti giorni (o ore) di sobrietà il cliente ha trascorso dopo l’ultimo appuntamento.

· L’alcoolismo è una malattia che colpisce la volontà e porta gli alcoolisti a regredire, diventando sempre più infantili (impulsivi, egocentrici), e con il tempo è sempre più difficile affrontare questi aspetti. Questa è la loro malattia al lavoro. E’ importante separare la malattia dalla persona che ne è colpita.

· Un paziente che si presenta ubriaco è un paziente che ha bisogno di sostegno sociale. Il terapeuta non può essere una rete di sostegno e neppure uno sponsor. Aiutate il paziente ad usare AA ogni volta che è possibile. Ad esempio, incoraggiatelo ad usare il telefono.

I terapeuti dovrebbero rendersi conto che, sebbene sia strutturato, questo programma di facilitazione non è inflessibile. Ci si può aspettare che il paziente interpreti i concetti di AA presentati qui alla luce della sua esperienza personale. Questo è coerente con l’approccio AA, che lascia ampio spazio alla interpretazione individuale all’interno di vaste linee guida. Per esempio, i 12 Passi fanno riferimento all’individualità nella concettualizzazione del Potere Superiore (“come noi possiamo concepirLo”). Allo stesso modo, ciò che per un paziente rappresenta l’ingovernabilità (Primo Passo), può non avere alcun significato per un altro. Non è importante che i paziente interpretino questi concetti allo stesso modo; ciò che conta è il risultato finale: l’attivo coinvolgimento nella fratellanza di AA.

Il terapeuta che lavora alla facilitazione dei 12 Passi ha familiarità con le tradizioni di base di AA e le presenta, assieme a diversi slogan, via via che questi sono appropriati al trattamento. Questi slogan (tempo al tempo, un giorno alla volta, lascia andare, fallo per finta finché non lo fai davvero, ecc.) acquistano maggiore utilità quando vengono messi in relazione alla vita reale del paziente. Un valido terapeuta dei 12 Passi usa gli slogan con giudizio, e dà loro significato mettendoli in relazione all’esperienza individuale del paziente.

Il terapeuta non dovrebbe avere solo familiarità con gli slogan di AA, ma dovrebbe usarli attivamente in terapia, per favorire il coinvolgimento in AA e aiutare i pazienti a gestire le situazioni difficili. Più il paziente riesce a comprendere il significato di ciascuno slogan, meglio riuscirà ad applicarlo su base quotidiana.

All’inizio di ogni seduta, nel processo di revisione della settimana precedente, possono venire alla luce aspetti rilevanti della vita del singolo paziente. Ai pazienti dovrebbe essere dato il tempo di strutturare i loro problemi e le loro preoccupazioni e di essere ascoltati dal terapeuta. Allo stesso tempo, è importante tenere a mente che la natura finalizzata di questo programma non permette al terapeuta di “seguire il paziente” completamente - in altre parole, non è possibile creare schemi terapeutici che ignorino i contenuti e gli obbiettivi del programma di facilitazione.

Alla luce di questo, è responsabilità del terapeuta mantenere le sedute centrate su ciò che ha a che fare con la sobrietà, e di evitare di uscire di strada con lunghe discussioni su altri argomenti (problemi di coppia, di lavoro o genitoriali). In questi casi, i terapeuti dovrebbero ricordarsi lo slogan “Prima Le Cose Più Importanti”: enfatizzate la necessità di centrarsi sulla sobrietà come fondamento per tutti gli altri cambiamenti e per la crescita. I benefici ottenuti con la sobrietà potranno avere effetto su molte altre aree della vita del paziente. Una risposta ai continui sforzi del paziente per spostare la discussione sulle relazioni, sul lavoro o sui problemi familiari, può essere assicurargli l’invio ad una terapia appropriata dopo il completamento del programma di facilitazione dei 12 Passi, qualora questi argomenti continuino ad essere una preoccupazione.

Conclusioni

Ritengo che gli psicologi e quanti operano nei servizi pubblici che hanno a che fare con i problemi correlati all’alcool dovrebbero conoscere AA come valida risorsa presente sul territorio. In alcuni casi è stato sufficiente dare al cliente gli indirizzi delle riunioni, in altri può essere necessario un intenso lavoro di sostegno e facilitazione, per permettere al cliente di dare ad AA una possibilità e rimanere sobrio un giorno alla volta.  

Bibliografia essenziale

ALCOHOLICS ANONYMOUS (1976) “The story of how many thousands of men and women have recovered from alcoholism” (The Big Book) AA world Services, New York

ALCOHOLICS ANONYMOUS (1981) “Twelve Steps and Twelve Traditions” AA World Services, New York

ELLIS, A. (1989) “Ragione ed emozione in psicoterapia” Astrolabio

FILIPPIS, G. & FORNESI, C. (1996) “Il Trattamento Terapeutico Arcadia” in “Dipendenze: i confini e l’orizzonte” 2° congresso nazionale SITD, Padova, 26-28/09/96, volume degli abstracts, Knoll S.p.A.

FILIPPIS, G. & FORNESI, C. (1997) “The Arcadia Method” in “Proceedings from the 3rd European Conference on Rehabilitation and Drug Policy - Europe Against Drug Abuse” Oslo, Norway, 01-05/06/97.

MILLER, W.R. & KURTZ, E. (1994) “Modelli di alcoolismo usati in trattamento: confronto tra AA e le altre prospettive con cui viene spesso confusa” Journal of studies on alcohol, 3/94, Trad. It. a cura della Associazione Arcadia

MILLER, W.R. & ROLLNICK, S. (1991) “Motivational Interviewing”, Guilford Press, New York

MILLER, W.R. & altri (1992) “Motivational Enhancement Therapy Manual” DHHS Publication, N° adm 92 - 1894 U.S.  Government, Washington

N.I.A.A.A. (1992) “Twelve Step Facilitation Therapy Manual” DHHS Publication, N° adm 92 - 1894 U.S. Government, Washington

 

La comunicazione assertiva
di Lanari Gianni, Calbi Nunziata - Ed. Finson

L'assertività o arte del rapporto interpersonale è, in Italia, una disciplina ancora misconosciuta. Essa descrive un modo di agire e uno stile relazionale in cui il rispetto dei propri desideri e bisogni riveste un ruolo di primo piano, mantenendo allo stesso tempo l'attenzione ai diritti e all'uguaglianza tra le persone. Il manuale guida il lettore lungo un percorso di crescita e auto-miglioramento che conduce all'equilibrio con se stessi e a una migliore interazione con gli altri...

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