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Imparare la felicità? E’ possibile

Qualità della vita e felicità

  Mariantonietta Fabbricatore

 

 

  Introduzione

Uno tra gli obiettivi più recenti della medicina moderna è quello di prevenire le patologie migliorando la qualità della vita sia nel soggetto sano, sia in individui affetti da patologie croniche quali ipertensione, artrosi, diabete. Partendo da questa base, si osserva che è entrato prepotentemente in campo un concetto nuovo in molte delle scienze che “curano” l’uomo: il concetto di qualità della vita (QdV). Le domande alle quali oggi si cerca di dare una risposta sono: di quali cose ha veramente bisogno l’uomo per stare bene? Quanti e quali parametri si devono misurare per valutare il grado di soddisfazione? Cos’ è la felicità e come si può raggiungere? Per dare una risposta a questi interrogativi, è necessario analizzare quello che è stato scritto dagli altri studiosi che si sono occupati dell’argomento e iniziare una ricerca che, per ovvi motivi, non può che essere limitata nel suo cammino a ritroso nel tempo. Questo perché sul tema sono state scritte molte parole, visto che come dice l’americano Fordyce, “…la felicità sembra esser lo scopo principale degli esseri umani: tutti la vogliono e cercano di raggiungerla”.A partire dai grandi filosofi greci dell’antichità Aristotele, Epicuro, i latini, i padri della chiesa, San Tommaso e poi teologi, filosofi e via via, a risalire nei secoli, la nostra ricerca partirà dalla concezione in voga nel periodo della prima fase d’industrializzazione della società occidentale e passerà a volo d’angelo per tutto il secolo appena trascorso fino ai nostri giorni. Così si riuscirà a coprire un arco di tempo più che sufficiente per capire nettamente come le risposte alle nostre domande siano variabili in funzione del periodo storico, del luogo e delle condizioni al contorno oltre che della percezione della singola persona inserita in quel contesto. Insomma vedremo come la felicità sia funzione del qui e adesso. Questa evidenza non va però interpretata come puro fatto contingente, il seguire una moda, ma come un trend che è l’esatto riflesso dell’evoluzione della specie, della razza umana, in senso culturale, sociale e quindi da ultimo anche in senso antropomorfo, oltre che della specifica evoluzione del singolo individuo.

 

Un rapido cambiamento da Marx ai giorni nostri: come mutano le cose!

Riusciamo ad immaginare cosa potesse dire essere felice per un egiziano 5000 anni fa: forse vivere alla corte del faraone? O semplicemente non essere uno schiavo addetto alla costruzione delle piramidi? E per un romano? Essere uscito vivo dall’ennesima campagna di guerra oppure esser libero? Che dire di uno che viveva nel medio evo, forse vivere sotto l’ala protettrice di un signore in un castello inespugnabile dai nemici rappresentava il massimo della felicità? E’ chiaro che mano a mano che l’umanità si arricchiva di conquiste tecnologiche e quindi sociali, pensiamo al diffondersi di un certo benessere a fasce sempre più ampie di popolazione, si allargava il campo delle possibilità e delle nuove esigenze. La precarietà della vita stessa, che nei secoli precedenti, diciamo fino alla rivoluzione francese, caratterizzava l’aspettativa dei più, a causa di indigenza, fame, carestie, malattie, epidemie, guerre, veniva sostituita da certezze. Innovazioni e conquiste tecnologiche iniziano a garantire condizioni di vita materiali su cui fondare in modo stabile il proprio futuro. E’ infatti nel XIX secolo che Carlo Marx introduce al mondo la sua teoria dei bisogni materiali con un approccio filosofico e nello stesso tempo economico e politico. L’uomo viene studiato come parte integrante del contesto in cui vive, quindi l’uomo parte di un collettivo, seppure stratificato in diverse classi sociali: nobiltà, borghesia, classe operaia e contadina. L’uomo come parte di una “massa”. Naturalmente nell’evoluzione di queste masse, portata avanti dai singoli individui, dai singoli  contributi, non ci si dimenticava di studiare e analizzare il singolo essere umano. Pensiamo alle esperienze dei famosi ospedali psichiatrici di Parigi e Londra dove già dal ‘700 in poi si studiavano casi clinici di schizofrenia, isteria, nevrosi, ansia, depressione. Ossia l’uomo “malato”. E’ sempre in questo filone, cioè la cura delle malattie nervose e mentali che nasce la psicoanalisi del dottor Sigmund Freud. Freud irrompe sulla scena e si impone all’attenzione generale per le sue teorie sull’inconscio. Ha il grande merito di portare al centro del dibattito la questione esistenziale, il singolo soggetto, l’individuo. E’ con Freud che nasce la psicologia, almeno la psicologia moderna, quella che ha come obiettivo diventare una “scienza” a tutti gli effetti, con enunciati, dimostrazioni e regole. Il delirio delle ideologie, che molto ha attinto dalle nuove correnti di pensiero antropocentriche, pensiamo in particolare alla teoria del superuomo di Nietsche, è stato il fondamento, l’humus, la preparazione psicologica da cui si è scatenata la follia della seconda guerra mondiale. Da quella grande tragedia è partito un periodo di relativa stabilità durante il quale sono fiorite le diverse scuole di psicologia. Tutte con metodiche e approcci diversi: Junghiani, Lacaniani, Gestalt, Cognitivi-Comportamentali, Esistenzialisti ed altri ancora. Tutte con molti punti di contatto e molte differenze. Gli elementi che sostanzialmente unificano le diverse scuole di pensiero sono:

- considerare l’uomo, nella sua interezza e complessità, come unico obiettivo della scienza psicologica;

- chiamare l’uomo a giudicare e misurare la soddisfazione delle proprie necessità e delle proprie condizioni di vita attraverso l’introduzione del concetto di Benessere Soggettivo (BS) e di metodi per la sua misura attraverso questionari e scale;

- costruire una scienza psicologica non più orientata solo alla cura dell’uomo malato ma anche rivolta all’ uomo “normale” e applicata al recupero e alla prevenzione di malattie psicosomatiche.

L’ambiente e le relazioni sociali sono considerati pertanto fattori determinanti per la salute e nella genesi di malattie. Lo stress psico-sociale trova spazio come fattore di disturbo e malattia. Nasce quindi la “psicologia positiva” con il proponimento di migliorare il benessere degli individui sani.

Definizione di Qualità della Vita

Gli anni ’50, ’60 e ’70 sono stati caratterizzati da un clima sociale ottimistico che ha portato alla creazione, almeno in occidente, del cosiddetto “Welfare State”. Gli stati si assumevano il carico di assicurare le condizioni di soddisfacimento di un certo numero di bisogni dei cittadini. Il boom economico creava le premesse sia per il finanziamento statale dei costi legati ai bisogni di salute, istruzione, partecipazione democratica che per un aumento progressivo del benessere e della qualità della vita dei singoli cittadini. L’abbandono delle campagne, il progressivo inurbamento nelle grandi città, il forte flusso migratorio dal sud verso il nord, sia in Italia che nel mondo, le catene di montaggio, le grandi battaglie operaie per l’emancipazione unite al boom demografico, creano in quegli anni le premesse per un nuovo tipo di malessere, non più fisico ma psichico. Nascono nuove tipologie di “fattori nocivi”, oggi ancora in parte attuali, quali: monotonia e ripetitività del lavoro, ritmi incalzanti, orari disagevoli, eccesso di responsabilità, rapporti gerarchici autoritari (mobbing), dequalificazione professionale, basso salario, precarietà del posto di lavoro. Le rivendicazioni operaie progressivamente si trasformano in movimenti di cittadini. Il cittadino e il lavoratore diventano la stessa cosa e la rivendicazione da sindacale si fa politica. Sono gli anni delle grandi conquiste sociali e delle grandi battaglie per i diritti civili fondamentali. Pensiamo all’interruzione della gravidanza, al divorzio, alle lotte dei movimenti femministi per la liberazione delle donne e la parità dei diritti. Il concetto di Qualità della vita subisce quindi, negli anni ‘50 ¸ ’70, un progressivo cambiamento in quanto si passa da aspetti quantitativi e puramente economici ad aspetti qualitativi di buona vita, dal consumo di beni materiali al benessere individuale, si passa dal considerare gli individui come parti di un mercato a soggetti partecipi della vita sociale e delle decisioni collettive e si è più attenti ai bisogni soggettivi.

Tutto bene allora? No

C’è un semplice travaso dalle problematiche collettive a quelle individuali. Anche perché il modello del “Welfare State” entra in crisi per una serie di motivi:

-       la crisi delle risorse (crisi petrolifera-1972), non illimitate e comunque a forte impatto ambientale;

-       la crescita delle frustrazioni individuali legata alla crescita economica, al più alto tenore di vita e quindi alle aspettative di tipo sempre più elevato che il “semplice” apparato statale non sa più nè soddisfare nè “progettare”;

-       l’incapacità di gestire fenomeni di massa legati alle nuove forme di emarginazione, all’ immigrazione (nord-sud, est-ovest) e al degrado socio-ambientale tipico di alcune zone importanti del paese

-       la crisi finanziaria di un “welfare state” sempre più burocratico che consuma risorse per autoalimentarsi ma senza produrre risultati.

In questa ottica di rapida variabilità del concetto di qualità della vita abbiamo l’obbligo di tentare di definirla secondo una serie di indicatori, riportati in letteratura, che possiamo dividere in due classi, fattori oggettivi e soggettivi, dei quali quest’ultimi più legati alla valutazione e percezione del singolo individuo.

Tra gli aspetti oggettivi della QdV sono annoverati:

  • la casa

  • il lavoro

  • il reddito e il livello economico

  • il tempo libero e la sua gestione

  • l’ambiente ecologico

  • le relazioni sociali

  • il livello d’istruzione

  • lo stato di salute e il funzionamento dei servizi sanitari

  • la sicurezza e l’ordine pubblico

  • le pari opportunità per tutti

  • le tutele per le categorie più deboli quali quelle dei pensionati, minori, disoccupati, handicappati

  • il rispetto delle minoranze e delle diversità

  • il livello di libertà, la giustizia e la democraticità di un paese.

 

Gli Aspetti soggettivi della QdV comprendono:

  • l’esperienza del proprio benessere sia a livello psicologico che fisico e sociale

  • la percezione del proprio esistere

  • la realizzazione delle proprie aspirazioni

  • la valutazione positiva della propria realizzazione nel sistema individuale di valori (famiglia, lavoro, sessualità, amicizie, salute, hobbies, etc)

  • l’autostima.

 Sulla base di questi parametri molti Autori hanno studiato la correlazione tra QdV e la felicità ed alcuni hanno provato a darne una definizione Ma la definizione più bella è quella del prof. Gian Franco Goldwurm che afferma “… il cuore della QdV è il suo aspetto soggettivo, è un sentimento di gioia che fa parte della sfera affettiva, è un giudizio di soddisfazione per la propria vita che fa parte della sfera cognitiva. E questo benessere soggettivo può essere sinonimo di felicità. A produrlo concorrono naturalmente aspetti oggettivi della nostra vita come la salute, i soldi, la cultura, le relazioni sociali, fattori che fanno parte della QdV, ma che acquistano valore nella misura in cui vengono percepiti, confrontati e valutati psicologicamente, determinando alfine il nostro livello di felicità individuale… Pertanto è vero, QdV e felicità non si possono identificare completamente ma sono però strettamente connessi e noi possiamo dire che la nostra QdV è buona quando ne siamo soddisfatti e in definitiva quando ci sentiamo felici.”.

 

I fattori che incidono maggiormente sulla QdV.

Tre sono gli aspetti che più incidono sulla valutazione della QdV di un individuo:

-         l’ educazione

-         lo stile di vita economico, sociale e politico

-         la promozione della salute fisica e mentale.

Gli elementi e gli eventi che costituiscono gli aspetti oggettivi della vita, influiscono nel determinare lo stato di benessere di un individuo. A sua volta lo stato di benessere influisce notevolmente sull’andamento in positivo degli eventi. Più salute genera più sicurezza in se, più fiducia e quindi ne deriva una migliore gestione della propria vita e delle proprie scelte con migliori risultati e più soddisfazione. Si arriva così alla sensazione di un benessere, se ne ha la percezione soggettiva. Si entra così in un “loop” virtuoso, positivo, di continua espansione e crescita. All’opposto si ha l’avvitamento con ricaduta all’indietro nel circolo vizioso del malessere, della insoddisfazione, dei risultati scadenti o percepiti tali, della sfiducia, dell’insicurezza e alla fine della malattia psicosomatica e/o cronica.Una adeguata educazione e formazione in senso comportamentale e cognitivo può modellare le caratteristiche del carattere e determinare cambiamenti nella persona portando costruzione di un individuo riuscito, sano, funzionale per se e per la società. Infatti è solo attraverso la conoscenza di sé che si avranno soggetti capaci di agire in autonomia, con senso critico secondo le proprie capacità, interessi e desideri.Tra i più importanti elementi che incidono sulla cognizione della propria QdV, ci sono gli aspetti cosiddetti esterni, sociologici e storici, o condizioni al contorno.Naturalmente le stesse condizioni al contorno valgono per milioni d’individui ed hanno una diversa valenza per ciascun individuo. Sicuramente queste variabili, quelle che Veenhoven chiama “Life Chances”, possibilità di vita, incidono sul destino dei singoli.

Parametri quali:

-         capacità d’adattamento

-         temperamento

-         sensibilità

-         intelligenza

-         memoria

-         età,

sono più strettamente correlate al singolo individuo. Tutte queste sono caratteristiche innate e stabili della personalità e che comunque possono essere migliorate con training cognitivo-comportamentali per migliorare la QdV e il benessere soggettivo (BS).

Altri parametri quali:

-         etnicità

-         ricchezza del paese d’origine

-         sistema politico

-         classe sociale

-         religione,

hanno radici nella storia della società e influenzano notevolmente l’individuo dal momento della sua nascita. Sono il suo punto di partenza e daranno impatti ai suoi sviluppi futuri. Essi incideranno in termini di:

-         istruzione

-         lavoro

-         reddito

-         matrimonio e famiglia

-         classe sociale

-         tempo libero e hobbies

-         aspettative di vita.

Rimandiamo a studi specifici per le relazioni tra QdV e gli aspetti citati (Goldwurm et al.).

Circa il rapporto tra QdV e salute, è ormai a tutti noto come la depressione psichica abbassi le difese immunitarie e come depressione e pessimismo incidono sulla percezione soggettiva di malessere. Lo stress è una vera e propria patologia che se negativo (esiste infatti anche quello positivo), alla fine predispone all’insorgenza di tutte le malattie psicosomatiche e croniche. D’altro canto è dimostrato come pensieri positivi e ottimismo migliorino la salute e allunghino la vita. Feist ed altri hanno osservato che le persone felici mettono in atto una serie di comportamenti che promuovono la salute e inoltre le persone in salute si sentono soggettivamente meglio sia perché raggiungono i loro obiettivi, i loro desideri, sia perché sono molto più attive fisicamente e socialmente.E’ importante sottolineare come lo stato di salute si riflette in una gradevolezza estetica, di colorito, di lucentezza dei capelli, di silhouette, di portamento armonico che attrae gli altri, determinando un ulteriore predisposizione alle relazioni sociali e al successo. Il legame certo tra azioni/eventi aventi un effetto positivo sull’umore delle persone, il buon umore, la gioia, induce a pensare che azioni quali:

-         fare sport

-         frequentare amici

-         iscriversi a gruppi/corsi

-         fare sesso con chi si ama

-         ascoltare musica e ballare

-         essere innamorati

-         ammirare la bellezza della natura

-         viaggiare per piacere

-         etc. etc.,

svolgono un ruolo decisivo sulla QDV, soddisfano bisogni primari, aumentano la propria autostima e la percezione di BS.

 

Come aumentare la QdV

Tutto quanto descritto finora fa da prologo ad un metodo cognitivo-comportamentale messo a punto da Goldwurm che condensa e sintetizza i concetti finora espressi.  Si basa sull’opera di Fordyce che fin dagli anni ’60 si è interessato all’argomento felicità.

In estrema sintesi Fordyce afferma che:

-       la felicità sembra rappresentare lo scopo prioritario degli esseri umani: tutti la desiderano e vogliono raggiungerla;

-       definire la felicità è uno dei compiti più ardui in quanto spesso le cause vengono confuse con gli effetti e spesso si usano dei sinonimi.

-       la felicità è “un’esperienza interna” che ha sede nel cervello umano. E’ pertanto uno stato mentale cosciente e consapevole. Si può intendere come un’emozione piacevole, di benessere e contentezza. Le persone normali tendono verso la ricerca continua della felicità, delle emozioni positive e al tempo stesso sono proiettate ad evitare le sensazioni negative. Le emozioni tuttavia sono importanti per la vita dell’uomo, aiutano a valutare l’ambiente e rappresentano le fondamenta del processo decisionale. La felicità, a differenza delle emozioni, ha la funzione di fornire un giudizio globale sulla propria esistenza;

-       gli studi sulla felicità hanno prodotto risultati sovrapponibili in ogni parte del mondo dando prova di validità e affidabilità di tali ricerche seppur condotte con metodi e tecniche differenti;

-       la felicità è vista come umore felice, ossia un’emozione positiva di breve durata. In questa fase le persone si sentono meglio fisicamente, manifestano più energia e consapevolezza, dimostrano maggiore efficienza sul lavoro, hanno una visione positiva di ciò che li circonda, sono più socievoli e possono essere eccitate e/o estremamente tranquille e rilassate. Esiste un numero consistente di situazioni che porta le persone a sentirsi felici quali la crescita individuale, la realizzazione di sé, il successo, la soluzione di problemi, gli eventi speciali (matrimonio, laurea, nascite), sorprese piacevoli, contatto con la natura, l’interazione sociale (amicizia e amore), stimoli interni fisici (sport, diete, ormoni) e mentali (sogni, pensieri, desideri). L’umore felice può essere sia causa che effetto;

-       le persone felici sono quelle che sono di umore felice per la maggior parte del tempo. Fordyce la definisce “Teoria dell’equilibrio” della felicità: più tempo si passa ad essere felici, meno tempo si è infelici. Vanno quindi minimizzate le fonti di emozioni negative, di delusioni, le situazioni stressanti, o che possono produrre guai, etc.. Al contrario vanno massimizzate le cose che risultano gradevoli e positive.

-       le persone felici sono quelle che vivono attivamente la loro vita, la vivono intensamente, interessandosi a ciò che li circonda, sia per quanto riguarda il lavoro che la vita privata, si lasciano coinvolgere intensamente nelle relazioni: “ le persone felici ricevono molto dalla vita, perché danno molto alla vita”.

-       le donne e gli uomini sono risultati mediamente uguali per quanto riguarda il livello di felicità anche se differiscono nelle manifestazioni. Grande importanza ha sia il fare attività divertenti che rendere divertenti le attività.

-         Sono state individuate otto leggi che regolano la felicità umana:

1)      Legge delle questioni personali: ciò che rende le persone felici afferisce più alle proprie esperienze e non a quelle delle persone più intime, meno ancora influisce la comunità e/o il paese. Fatti economici e influenzano pochissimo il grado di felicità, a parte la guerra il cui impatto sui destini è quasi sempre nefasto.

2)    Legge delle situazioni permanenti: sono le situazioni permanenti e non le provvisorie ad influenzare la felicità.

3)    Legge degli eventi recenti: gli eventi passati tendono ad incidere meno di quanto facciano le condizioni presenti. L’infelicità del passato non è determinante per il futuro

4)    Legge degli aspetti basilari: non tutti gli aspetti hanno lo stesso peso, alcune cose (salute,matrimonio, lavoro, amici) sono più importanti di altre (sport, cultura, hobbies)

5)    Legge degli effetti cumulativi:La felicità è semplicemente la somma cumulata di tutte le fonti di felicità combinata.

6)    Legge dei rendimenti decrescenti: la legge precedente è valida fino ad un certo punto asintotico oltre al il quale non si può andare.

7)    Legge dell’equilibrio: “una vita equilibrata è una vita felice”, ossia le persone che si impegnano in tante cose e ottengono buoni risultati nei settori più importanti della loro vita, sono più degli individui che si impegnano in pochi ambiti.

8)    Legge della soggettività: non è importante ciò che si ha ma come lo si valuta. O meglio, è importante ciò che si ha, ma più importante ancora è come lo si valuta.

 

-      Le persone felici sono quindi quelle che riescono ad ottenere ciò che vogliono. Questo elemento rappresenta la vera differenza tra gli individui felici e quelli che non lo sono.

-       Le persone felici risultano democratiche, poco rigide e dogmatiche, tendono a rispettare il parere degli altri, dimostrano una certa apertura mentale e hanno una buona competenza.

 

I 14 aspetti  fondamentali

I “14 fondamentali” della felicità indicano le caratteristiche tipiche delle persone felici, rappresentano gli aspetti che si devono apprendere per migliorare il proprio benessere soggettivo.

1)    Essere più attivi e tenersi occupati

2)    Passare più tempo socializzando

3)    Essere produttivi svolgendo attività che abbiano significato

4)    Organizzarsi meglio e pianificare le cose

5)    Smettere di preoccuparsi

6)    Ridimensionare le proprie aspettative e aspirazioni

7)    Sviluppare pensieri ottimistici e positivi

8)    Essere orientati al presente

9)    Lavorare ad una sana personalità

10) Sviluppare una personalità socievole

11) Essere se stessi

12) Eliminare sentimenti negativi e problemi

13) I rapporti intimi sono la fonte principale di felicità

14) Considerare la felicità la priorità numero 1.

Alcuni di questi aspetti sono intuitivi, su altri è bene dare una spiegazione.

1. Essere più attivi e tenersi occupati. Si basa sulla caratteristica riscontrata sulle persone felici: hanno uno stile di vita molto attivo, si investono, hanno energia. Si coinvolgono hanno un ruolo da protagonisti a differenza degli infelici che a cui la vita scorre addosso, diventano quasi spettatori della loro vita. I primi hanno entusiasmo, vitalità, energia. Gli infelici sono più cauti, diffidenti, passivi, apatici e annoiati. Le attività che producono maggiore felicità sono di cinque tipi:

§     Piacevoli, ed è ovvio come le cose piacevoli generino più felicità delle routine e degli stress;

§     Eccitanti, che magari richiedono sforzo fisico e mentale ma generano più piacere delle attività sedentarie e tranquille;

§      Non abituali, novità; pensiamo la conoscenza di un nuovo amico, cenare in un nuovo ristorante, provare un nuovo sport o un nuovo passatempo, visitare una città sconosciuta. La curiosità è un tratto distintivo dell’essere umano. Occorre aprirsi a nuovi apprendimenti

§      Sociali, molto più divertenti di quelle solitarie. Sappiamo che c’è un forte legame tra estroversia e benessere psicologico soggettivo.

§     Significative, il tempo va speso essenzialmente per cose significative.

2.Passare più tempo socializzando. L’uomo è l’essere più sociale tra gli esseri che popolano la terra e socializzare è essenziale alla sua sopravvivenza. Possiamo dividere le interazioni con gli altri in due tipi: formali e organizzate, lavoro, scuola, etc., e informali non organizzate. Le persone infelici trascorrono poco tempo insieme agli altri, hanno pochi amici, sono timide e soffrono di ansia sociale. Naturalmente non tutte le relazioni ci influenzano allo stesso modo, più sono profonde e intime più impattano sulla felicità, nel bene e nel male.

3.Essere produttivi svolgendo attività che abbiano significato. La felicità che viene dal divertimento è importante ma effimera, non sufficiente. Per essere veramente felici occorre fare di più, essere produttivi, svolgendo attività che abbiano un senso, importanti per se e per gli altri. Occorre sentire di fare dei progressi per raggiungere mete importanti e per lo sviluppo personale. Si ha necessità di fare una continua espansione evolutiva, è nella  natura umana, si deve e si può fare di più. Soprattutto per la propria crescita individuale, la cosiddetta “carriera esistenziale”. Anche un lavoro di volontariato sociale è importante e rilevante a condizione che la persona che lo svolge non perda mai di vista se stesso, non si annulli totalmente per gli altri e soprattutto sia ben preparata al compito avendo raggiunto prima un livello di riuscita esistenziale tale da consentirgli di avere un buon margine di risorse da donare agli altri.

4.Organizzarsi meglio e pianificare le cose. Non rimandare gli impegni  e se possibile agire subito, organizzazione, efficienza, pianificazione a breve e medio termine, sembrano concetti ovvi ma sono molto utili e tipici delle persone felici che sanno cosa vogliono e dove vogliono andare. Sia a breve termine che per raggiungere i grandi obiettivi della vita.

5. Smettere di preoccuparsi. La preoccupazione e il rimuginìo sono tra gli atteggiamenti disfunzionali che minacciano maggiormente la felicità. La previsione negativa di eventi futuri,  l’ansia, la paura sono sintomi di irrazionalità.

6. Ridimensionare le proprie aspettative e aspirazioni. I risultati di ricerche mostrano che le persone felici tendono ad avere aspettative ed aspirazioni moderate, mentre le persone infelici hanno aspettative e mete molto alte.

7. Sviluppare pensieri ottimistici e positivi. Essere positivi e ottimisti è forse il tratto che più caratterizza le persone felici. Tutti gli eventi della vita sono sempre interpretati attraverso il proprio personalissimo filtro. L’ottimismo è l’ interpretazione positiva sui fatti del presente che  è al  tempo stesso  pieno di speranze per il futuro.Infatti la persona che  pensa di riuscire a realizzare i suoi sogni è motivato a darsi da fare. Questo aumenta le probabilità di successo.

8. Essere orientati al presente. Vivere il qui e ora, in sintonia con la realtà. E’ normale che i nostri pensieri possano essere rivolti anche al passato e al futuro. Possiamo avere pensieri al passato sia positivo che negativo e pensieri al futuro anch’esso sia positivo che negativo.

I pensieri orientati ad un passato negativo rievocano sofferenze, traumi, perdite, colpe, risentimenti. Possono costituire una prigione, una gabbia invisibile da cui si rischia di non uscire per tutta la vita. Quella memoria, conscia o inconscia, non permette alla persona di vivere serenamente. Tipico il caso delle violenze subite nella prima infanzia. Questi tipi di disturbi psicologici, hanno bisogno per essere risolti da un aiuto professionale. I pensieri positivi sul passato  rischiano di far vivere una vita di rimpianti. I pensieri negativi sul futuro risultano i più diffusi.Ma preoccuparsi degli avvenimenti futuri  danneggia. I pensieri positivi sul futuro sono i sogni e le ambizioni. Tutto ciò può darci la giusta carica ed essere positivo se non distoglie dal presente, se non  fa diventare degli inguaribili sognatori ad occhi aperti, degli idealisti che vivono tutta la vita nell’attesa dell’irrealizzabile. Esemplare è il caso del “Principe Azzurro” per le donne. Può essere comprensibile in una fase adolescenziale, ma la ricerca ostinata per tutta la vita di un uomo da sposare a tutti i costi, magari dopo una serie di divorzi o semplici incompatibilità soggettive con quel tipo di esperienza, porta ad uno stato di eterna insoddisfazione. Si è osservato che le persone felici sono orientate sul presente, alle opportunità quotidiane.

9. Lavorare ad una sana personalità. Secondo regole di base molto semplici.

-Apprezza e accetta te stesso: di fronte ai propri difetti e/o debolezze ci si può accettare o cambiare ma mai odiare. Perché se si odia se stessi, o una parte, un aspetto di se stessi, questo mina inevitabilmente la propria immagine e l’autostima  portando all’infelicità.

-Conosci te stesso: Se non si conoscono le proprie potenzialità, i limiti e ciò che si vuole davvero, è difficile fare le scelte adeguate per raggiungere la felicità.

-Aiuta te stesso: il primo aiuto ed amore deve essere per se stesso. Occorre rendersi autonomi e autosufficienti da qualsiasi dipendenza. La dipendenza rende schiavi e non certo felici.

-Sii te stesso: è un presupposto fondamentale.

10. Sviluppare una personalità socievole. Le persone felici spendono molto tempo in attività sociali, sono estroverse ed hanno molta più probabilità d’incontrare persone significative per la loro vita, con le quali entrare in risonanza e complementarietà, ottenendo, da questi incontri, rinforzi positivi che potenziano la stima di se e il BS.

11. Essere se stessi. Si è se stessi quando si è reali e naturali. Occorre presentarsi agli altri in modo spontaneo, autentico, onesto, espressivo, aperto. Fordyce afferma che riuscire ad  essere se stessi sia sinonimo di felicità secondo “la teoria degli A e dei B” schematizzato da Goldwum come segue:

1. le persone sono diverse tra loro;

2. a causa di questa diversità uno non può piacere a tutti;

3. non piacere a qualcuno non significa essere sbagliati;

4. le persone vogliono trovare qualcuno a cui piacere per ciò che realmente sono;

5. il modo migliore per trovare qualcuno che apprezzi l’altro per come è, è proprio essere ciò che realmente si è.

Le diversità sono difficili da comprendere e nella storia sono state sempre causa di conflitti. E’ assodato che le persone hanno una preferenza per quelli che percepiscono più simili. Questo accade per il semplice meccanismo della “familiarità e somiglianza”. Si evitano cioè accoppiamenti tra persone incompatibili dal punto di vista fisiologico (causa genetica, G. Attili, 1997) e nello stesso tempo si cercano persone con cui “risuonare” dal punto di visto psicologico. Se poi il tutto è completato da una “complementarietà fisica” e da “differenze che attraggono”, le unioni hanno una grossa probabilità di successo.

12. Eliminare sentimenti negativi e problemi. Fordyce immagina la mente come una pentola a pressione dove i rimorsi, i risentimenti, gli abusi subiti, sono gli ingredienti per cucinare una vita infelice. Se accumulati possono portare a disturbi psichici veri e propri.

Paure, dubbi e sensi di colpa rendono la vita come soffocata, impossibilitata ad espandersi, a crescere.

13. I rapporti intimi sono la fonte principale di felicità. Un aspetto fondamentale per la felicità è rappresentato dalle relazioni amorose, intime. E’ chiaro che l’unione di due persone felici rende felice l’unione. L’unione felice nasce solo nel caso di autonomia reciproca. La coppia felice deve essere la somma di due individualità riuscite e del tutto autonome. Le relazione felici si basano sul piacere e non sul bisogno. Il rapporto deve essere espressione di pienezza e non di mancanza. La relazione a due deve semmai portare a delle sinergie, ad una crescita reciproca con rinforzo della singola autostima. Instaurare dipendenze ed aspettative di certezze dall’altro, può portare a delusioni e crisi irreversibili. La scelta del partner deve dare un vantaggio continuo, giorno dopo giorno, tutti i giorni.

14. Considerare la felicità la priorità n° 1. E’ indispensabile considerare la felicità come una priorità della vita.

 

Conclusioni

Parlare di QdV è un modo moderno per parlare della felicità dell’uomo.Le ricerche sulla qualità della vita hanno caratterizzato le ricerche mediche negli ultimi decenni in quanto si è sviluppata la consapevolezza che per valutare i risultati dei trattamenti medici non si può prescindere dalla misura della QdV. Questo per quanto riguarda l’uomo malato. Invece per l’uomo sano si è visto che la felicità si può imparare. Si può imparare l’ottimismo per costruire la felicità e cambiare la vita semplicemente cambiando il pensiero.Programmi per aumentare il grado della felicità sono stati messi a punto dalla psicoterapia cognitivo-comportamentale partendo dagli studi e dalle osservazioni relative agli aspetti che caratterizzano le persone felici. C’è quindi la possibilità di seguire un percorso per tentare di migliorare la nostra vita, dare più felicità ai nostri giorni. Pertanto oggi imparare la felicità è possibile ed è una questione di tecnica. E, in fondo, sapere che c’è questa possibilità  non ci rende già più felici?

 

Bibliografia

  1. Apprendere la “felicità” per migliorare la qualità della vita: una questione aperta. G.F. Goldwurm. Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, vol 1, n.3, 1995.

  2. Qualità della vita e benessere psicologico. G.F. Goldwurm, M. Baruffi e F. Colombo. McGraw-Hill, Milano 2004.

  3. La biologia della felicità “Ecco i meccanismi della gioia” M.R. Montebelli. Tema Medicina Salute, Benessere & Anti Ageing. Periodico-Anno X-Numero 1/2005.

  4. Attaccamento e amore. Grazia Attili. Il Mulino, Bologna 2004.

  5. Normalmente sono felice. Sean O’Hagan. D La Repubblica delle Donne n.442 del 19 Marzo 2005.

 

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