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Dalla massa alle comunità

Giuseppe Lavenia e Simona Congiu

Quando è solo l’uomo si sente incompiuto” diceva Jung. Che l’uomo è un animale sociale effettivamente lo sappiamo fin dai tempi di Aristotele, ma i modi di aggregazione e socializzazione sono cambiati molto nel tempo. Prenderemo qui brevemente in esame i concetti di massa e comunità, nel loro evolversi, per poi arrivare al fenomeno delle nuove comunità, le comunità online.  

Dalla massa alle solitudini massificate

La parola “massa” deriva dalla parola greca maza, che indica la pasta per fare il pane. Già quindi l’etimologia della parola ci suggerisce come la massa sia concepita come un qualcosa dal carattere informe, facilmente plasmabile e adatto ad assumere di volta in volta forme diverse, ma pur sempre dotato di compattezza e unione. Da Platone a Le Bon, ed infine alla Psicologia delle masse di Freud, la tradizione occidentale ha sempre visto la massa come per sua natura irrazionale, cieca, una sorta di magma primordiale in cui le singole volontà soccombono e l’anonimato libera gli individui dalle inibizioni e dalle costrizioni morali. Le Bon, in Psicologia delle folle, parla di un’anima collettiva, l’anima delle folle appunto, formata da residui di un inconscio ancestrale comune a tutti gli individui. Questo inconscio collettivo e primitivo nella folla si impone e fa si che le singole coscienze si annullino e che le persone si lascino guidare non più dalla propria volontà e razionalità, ma da suggestioni, “impressioni che qualcuno è riuscito a far sorgere nel loro spirito” (Le Bon 1895) .Freud, in “Psicologia delle masse e analisi dell’Io” (1921), riprende il paradigma dell’irrazionalità della massa ma imputa il fenomeno a meccanismi di ordine individuale, ovvero all’allentamento della rimozione che si verificherebbe in quelle situazioni in cui l’individuo, non sentendosi più giudicato dalla comunità, si sente libero dalla “angoscia sociale”, vero nocciolo della coscienza morale. Abbiamo finora parlato di massa come ad una concentrazione di individui, ma che succede con l’avvento delle nuove tecnologie e dei mass media?Come nota Galimberti in “Psiche e Tecne” (1999), la massa oggi ha assunto una configurazione del tutto nuova, assistiamo alla sua atomizzazione, alla sua frammentazione in singoli individui, singoli ma non differenziati: dalla massa si è giunti alla massificazione degli individui, di infinite solitudini che non hanno bisogno di concentrarsi in una multitudine poiché nell’isolamento delle loro case si nutrono di prodotti, informazioni, consumi, attrazioni, valori di massa. 

Dalle comunità come luogo a comunità come simbolo

Se nella massa gli individui si annullano per seguire ciecamente un leader, nelle comunità le persone interagiscono e cooperano ad uno stesso livello, unite da interessi e valori comuni. Possiamo perciò guardare al passaggio da massa a comunità come ad uno spostamento sul versante della partecipazione, della democrazia, della razionalità. Tanto la massa è irrazionale e disorganizzata quanto la comunità è razionale ed ordinata. Se la massa risponde ad un desiderio atavico di regressione, di fusione con un oggetto idealizzato, con la conseguente perdita dei confini del sé, la comunità soddisfa il bisogno maturo di condivisione e cooperazione tra individui differenziati.Il primo studioso ad affrontare in modo sistematico l’evoluzione del concetto di comunità è stato Ferdinand Tonnies nel 1887, nella sua opera Gemeinschaft und Gesellschaft. Tonnies guardava all’evoluzione dei modi di aggregazione umana come ad una progressiva ed incessante razionalizzazione, insita nel passaggio da forme di tipo comunitario ad altre di tipo societario: dalla Gemeinschaft alla Gesellschaft. La Gemeinschaft rappresenta la comunità per eccellenza, un gruppo naturale fondato sull’intima condivisione tra i partecipanti, sull’empatia, sul senso di appartenenza e di fratellanza, senza un contratto formale ed esplicito. Le regole, le norme, i costumi, i valori sono comuni e vengano accettati e seguiti in quanto tali. Possiamo dire che l’archetipo di questo tipo ideale di comunità sia il clan. Al contrario la Gesellschaft è un entità artificiale, razionale, pubblica, fondata su un contratto esplicito il cui fine è il profitto individuale e l’aggregazione, di tipo societario, un mezzo per raggiungerlo.Il concetto di progressivo passaggio dalla Gemeinschaft alla Gesellschaft ricorda quello di evoluzione dalla solidarietà meccanica alla solidarietà organica di Durkheim (1962), con la fondamentale differenza che quest’ultimo vedeva questo cambiamento in modo positivo. Per solidarietà meccanica Durkheim intendeva un legame basato sulla similitudine, tipico delle comunità pre-industriali, mentre per solidarietà organica una relazione di interdipendenza tra individui eterogenei, tipica dell’era moderna fondata sulla divisione del lavoro.Il concetto di comunità in ogni caso è stato sempre tradizionalmente legato a quello di luogo: una comunità corrisponde a un luogo e un luogo ad una comunità.E’ con l’interazionismo simbolico che questo concetto si sgancia da quello di spazio materiale condiviso, con la rilevanza data a questa corrente alla dimensione simbolica dell’agire umano e al significato che gli individui attribuiscono alle loro interazioni e ai costrutti sociali. In quest’ottica la comunità è qualcosa di più che un insieme di persone in relazione all’interno di uno spazio condiviso: è piuttosto l’insieme dei significati che esse le attribuiscono, le norme e i codici che condividono. La comunità perciò come dimensione simbolica oltre che materiale.Questo cambiamento di prospettiva apre la strada alla comprensione del fenomeno delle comunità online, ovvero quelle aggregazioni di persone che si formano nello spazio “virtuale” di internet.Le comunità online possono essere formate da persone geograficamente agli antipodi: l’appartenenza geografica, etnica, la stessa presenza fisica, non sono più indispensabili per formare una comunità. Assistiamo perciò ad un processo analogo a quello descritto a proposito della massa, ovvero alla sua dispersione e alla massificazione a domicilio, al prevalere dell’individualismo, ma anche all’incombere della solitudine. Così come non abbiamo più bisogno di riunirci in una folla per appartenere ad una massa, condividere lo stesso territorio non è necessario a formare una comunità, possiamo fare anche questo senza uscire di casa. Come abbiamo visto nel paragrafo sull’identità, paradossalmente nella nostra società la solitudine è vista come una patologia, ci fa paura, non possiamo tollerarla. In un mondo in cui il concetto chiave sembra essere quello di “pieno” - dobbiamo essere pieni di oggetti, di cibo, di interessi, di nozioni, di informazioni, il nostro tempo deve essere pieno e persino il cosiddetto tempo libero deve essere riempito, dobbiamo avere una vita piena - la solitudine vissuta come vuoto non è tollerabile, e l’angoscia che genera sembra appartenere al tipo di quella che Winnicott chiamava angoscia senza nome, o angoscia impensabile: il terrore primario di annichilimento, di non esistere, di non esserci. L’esserci, il Daisen, indica per Hegel l’essere-nel-mondo, quella co-appartenenza uomo-mondo per cui il primo non è semplicemente una cosa nel secondo, ma uno dei due termini di un rapporto reciproco, ed è questa reciprocità, questo scambio, che fa della presenza dell’uomo una reale presenza, un esserci. Questo rapporto uomo-mondo oggi è cambiato: i mezzi di comunicazione di massa ci rendono ogni giorno spettatori del pianeta intero. Abbiamo l’impressione che questo si sia rimpicciolito perché mai come oggi crediamo di averne accesso. In realtà abbiamo accesso solo alla sua rappresentazione, e non possiamo prendere parte a nessuno degli avvenimenti a cui assistiamo quotidianamente. L’uomo è oggi più che mai uno spettatore e il mondo uno spettacolo. Ed è qui che internet, a nostro vedere, compie la sua rivoluzione: nella possibilità dello spettatore di salire sul palcoscenico, di passare al di là dello schermo, inviare un messaggio al mondo, prendere parola. E non solo. Con internet possiamo anche soddisfare quel bisogno ancestrale di aggregazione, di comunione, di partecipazione al tutto (il sentimento oceanico di cui parlava il poeta Roland in una lettera a Freud). Possiamo unirci alle altre solitudini massificate e appartenere ad una comunità dall’isolamento della nostra casa, possiamo avere una conferma della nostra identità e del nostro esserci attraverso il confronto con un altro che è sempre disponibile perché dall’altra parte dello schermo c’è sempre qualcuno. Esorcizzare la solitudine, entrare in relazione con altre persone, è facile in internet, molto più che nella vita reale. Entrare a far parte di una comunità online offre velocemente un senso di appartenenza, un sentimento di accettazione che nella vita di tutti i giorni può essere difficile da raggiungere, soprattutto per persone introverse o con difficoltà di relazione, e comunque in ogni caso richiede molto più tempo, impegno, investimento emotivo. Credo che la prima, immediata differenza che si percepisce soggettivamente entrando a far parte di un gruppo online rispetto ad uno “reale” sia questa: la facilità con cui è possibile farlo e la disponibilità delle altre persone ad interagire con noi. I legami che si formano, almeno inizialmente, sono dell’ordine di quelli che Granovetter chiama(1973) legami deboli, ovvero quelle forme di relazione che si instaurano in luoghi o situazioni di passaggio, aree della vita estremamente semplici tanto da condividere quanto da abbandonare. In una comunità online questa libertà di entrata – uscita dalle relazioni è portata all’estremo, dato che possiamo “sparire” con un clic e volendo tornare con un identità del tutto diversa, ex novo. Questo ovviamente non esclude che si formino all’interno delle comunità online dei legami forti e stabili nel tempo, anzi. Lo stesso Granovetter sostiene l’importanza dei legami deboli al fine di ampliare le reti sociali delle persone.Abbiamo visto come oggi anche nello studio delle comunità tradizionali si dia maggior risalto alla loro dimensione simbolica piuttosto che materiale, e il concetto di luogo è disgiunto da quello di relazione-comunicazione. Tuttavia per quanto riguarda le comunità online ci troviamo di fronte ad una situazione unica, in quanto è la comunicazione stessa a dare vita e forma all’ambiente, è il contenuto della interazione a creare il “luogo”.Abbiamo anche appena visto come questo luogo sia paragonabile per certi versi ad altre situazioni della vita reale, situazioni-territori caratterizzati dalla mancanza di vincoli, dalla provvisorietà delle interazioni.

Approfondiremo questi concetti nel prossimo articolo.

 

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