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LO SCAMBIO LINGUISTICO IN BAMBINI CON SINDROME DI DOWN

Simonetta Salvatori

 

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La mamma utilizza uno stile più conversazionale, mentre la sperimentatrice sembra seguire un’interazione più incentrata al controllo delle capacità sviluppate dai bambini .Un altro concetto fondamentale è quello dell’attenzione condivisa. Risulta importante soprattutto per quanto riguarda l’incremento del vocabolario, che avviene spesso all’interno di situazioni di lettura di libri o di denominazione: importante per quanto riguarda l’acquisizione di nomi è la contingenza, cioè il denominare proprio ciò che il bambino sta guardando; per quanto riguarda l’acquisizione di verbi invece va denominata non l’azione in corso, ma quella imminente e la situazione più adatta potrebbe essere il gioco di far finta. Nei nostri risultati notiamo un’inadeguatezza dell’input rivolto dall’adulto al bambino con sindrome di Down.Le difficoltà specifiche legate al linguaggio  rendono necessaria un’interazione ricca di interscambi, ma quando il bambino è meno adeguato nel coprire il suo ruolo, in particolare comunicativo,all’interno dell’interazione stessa l’adulto sembra a sua volta meno capace di interagire, e quindi meno capace di supportare il bambino.Un aspetto rilevante è stato individuato nello stile d’interazione che l’adulto adotta nei confronti del bambino, e in particolare dello stile comunicativo materno. Lo sviluppo comunicativo/linguistico implica il coinvolgimento attivo e creativo del bambino e di una figura significativa che comunichi con lei/lui e funga da sostegno all’interno di contesti di interazione e di gioco ricchi e divertenti per entrambi In generale si può dire che lo stile d’interazione “centrato” sul bambino, in cui sono molto presenti estensioni ed espansioni, ha effetti positivi sullo sviluppo linguistico, mentre uno stile più basato sui bisogni dell’adulto, come quello direttivo (ordini, richieste, istruzioni) oppure quello asincronico/svalutativo (non rispetto dei centri di attenzione del bambino, molte sconferme o svalutazioni) correla negativamente con l’acquisizione del linguaggio, anche perché offre solo un minimo di informazione linguistica rilevante.Nel nostro caso lo stile direttivo della sperimentatrice non permette uno sviluppo socializzato del comportamento.La scelta del contesto, stereotipata e rigida, non permette di rispecchiare gli interessi del bambino. Non possiamo non chiederci se gli oggetti scelti dall’adulto rientrino all’interno delle conoscenze linguistiche del bambino, o se rappresentino un numero elevato di categorie lessicali. Nella nostra ricerca i bambini cercano molte volte di inserire elementi di novità all’interno del formato d’interazione, ma non sempre vengono accontentati. L’utilizzo di elementi di novità o la non responsività alla richiesta indicano che sia Simone che Michele non trovavano stimolanti le interazioni con la sperimentatrice, ed infatti è solo con la mamma che troviamo una capacità di creare situazioni non stereotipate.Per quanto riguarda la mamma spesso il linguaggio da lei usato era troppo semplificato, e quindi potenzialmente sottostimolante, ma ciò non è raro nei genitori di bambini con disturbi del linguaggio, in quanto l’adulto è spinto a privilegiare un input linguistico troppo semplificato, perché tendenzialmente il bambino sembra mostrare più attenzione e a rispondere con più frequenza a questo tipo di linguaggio (Hvastija, Stefani,Bonifacio1998).  

 

BIBLIOGRAFIA

Bruner J.S.  (1983) „Il linguaggio del bambino“, Armando,Roma 1989

Sabbadini L., Ossella T. (1994)“Educazione al linguaggio” Contardi A., Vicari S.“Le persone Down “ pp. 183-198, Angeli, Milano.

Snow C., Perlmann R., Nathan D.(1987) “Toward a multiple-factors model of the relation between input and language acquisition”  in K.E. Nelson & van Kleeck(eds), Children’s Language, (Vol. 6, pp. 65-98). Hillsdale, NJ: Erlbaum. 

Spinelli M., Garcez E., Sarruf M., Endsfeldz  A. “ Il linguaggio parlato in portatori di sindrome di down” da Il congresso mondiale sindrome di down, Madrid 23-26 ottobre 1997. 

 

 

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