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PSICOTERAPIE COGNITIVA DEL PAZIENTE NARCISISTA

Alessandro Lombardo

 

Il termine narcisismo proviene dal mito greco, relativo ad un giovane che aveva investito sulla propria immagine riflessa tutto il suo interesse emotivo. Tuttavia il termine si presta a diversi significati a seconda  dell’orientamento dell’autore. Il paziente narcisista è caratterizato da un esagerato senso d’autostima, da una tendenza a sopravvalutare le proprie qualità reali, da un esibizionistico bisogno d’attenzione e ammirazione, da una particolare preoccupazione legata a fantasie di successo, salute, potere, stima o amore ideale e da un’inappropriata reazione emotiva alle critiche degli altri.  Nella mia accezione personale definisco "narcisismo" la preocuppazione per la propria immagine. Dare una breve definizione, per quanto per quanto possa essere limitante, è importante entro la cornice cognitivistica, perché funge da schema. La parola preoccupazione  nella lingua italiana dà maggiormente l'idea di uno stato in cui la mente di un soggetto è già stata occupata da altro, pertanto ne consegue una non totale rispondenza all'ambiente, una presenza contestuale difettuata da pensieri, emozioni e cognizioni, che tendono verso un'alterazione della coscienza in senso dissociativo. Del resto, ritornando al mito del giovinetto, ciò che è rimasto implicito è stato per l'appunto lo stato mentale di turbamento, dopo la percezione dell'immagine speculare riflessa sulla superficie acquosa, che qualcuno o qualcosa potesse turbare tale percezione con tutti i vissuti d'onnipotenza, che ne conseguono; pertanto _ a mio avviso_ in questo consiste il narcisismo, non già nell'investimento sessuale sulla propria persona.Il primo accenno al mito di Narciso nella letteratura psicologica apparve in un caso di Havelock Ellis (1898), che descriveva le pratiche masturbatorie “autoerotiche” di un giovane; Freud successivamente incorporò il termine “narcisistico”, nei suoi primi saggi teorici sullo sviluppo psicosessuale (1905) ed in seguito sviluppò la teoria sul narcisismo, considerandolo un distinto processo psicologico. I teorici psicoanalisti successivi prestarono grande attenzione agli aspetti interpersonali del narcisismo ed il concetto di "personalità narcisistica" fece la sua prima apparizione con Waelder nel 1925.Sia Kohut sia Kernberg, in accordo con il paradigma psicoanalitico sebbene in modelli differenti (la psicologia del Sé e il filone integrazionalistico americano rispettivamente), ritengono che la psicoterapia psicodinamica sia la migliore modalità d'intervento per questo tipo di pazienti. Per il primo autore l'empatia è il punto chiave della tecnica. Il terapeuta deve entrare in sintonia con il paziente e "mettersi nei suoi panni". Il fine è di riattivare una fallita relazione genitoriale, sforzandosi di restituire un'immagine affermata e soddisfacente i bisogni fondamentali dell'ego del paziente (tranfsert  speculare), d'idealizzazione (transfert idealizzante) o d'essere come il terapeuta. L'analista interpreta, quando lo ritiene non prematuramente opportuno, il transfert da oggetto-sé, anzicché gratificare attivamente il bisogno del paziente d'essere confortato. Merito di Kohut è d'essere sempre stato sensibile alla vulnerabilità del paziente narcisista nei confronti dell'emozione vergogna. Inoltre ha costantemente sottolineato l'importanza di rilevare l'aspetto POSITIVO dell'esperienza del paziente, evitando scrupolosamente quei commenti, che possono essere vissuti come infruttuosi e d'ostacolo al trattamento e prestato attenzione al progresso del paziente ed evita di porre troppe domande. Il fine della psicoterapia è aiutare il paziente ad identificare e a ricercare appropriati oggetti-Sé. Per Kernberg il transfert speculare ed idealizzante va concettualizzato in modo più semplice; il Sé grandioso viene proiettato ed introiettato alternativamente, così che una figura idealizzata _ sia essa quella dell'analista o quella dell'analizzando_ è sempre presente in seduta, mentre l'altra figura è svalutata specialmente quando è all'ombra della persona idealizzata. L'autore americano ha considerato l'idealizzazione come un'operazione difensiva (come la scissione), che la implica; inoltre, in accordo con la sua teoria della tecnica, il terapeuta è impegnato col paziente a riconoscere come quanto la qualità delle proprie dinamiche affettive incidano sulle relazioni (problematiche, in particolare). Lo sviluppo precoce di un transfert negativo deve essere sistematicamente esaminato ed interpretato. L'invidia è il principale ostacolo nella relazione terapeutica. Kernberg ritiene che una comprensione cognitiva attraverso il processo interpretativo sia cruciale per la risposta ottimale da parte del paziente. Il fine del trattamento comprende lo sviluppo della colpa e della preoccupazione nei confronti degli altri, così come l'integrazione dell'idealizzazione e della verità rispetto alla rabbia e al disprezzo (integrare aspetti "buoni" con quelli "cattivi"). Nella psicoterapia standard i principali interventi specifici di trattamento sono stati apportati da Beck ed Ellis. Tali interventi alternano la focalizzazione sull'accrescere la responsabilità comportamentale, ridurre le distorsioni cognitive e gli stati affettivi disfunzionali e costruire nuovi atteggiamenti.E' utile disegnare strategie cliniche in base alle tre maggiori componenti del narcisismo: la grandiosità, l'ipersensitività alla svalutazione e la mancanza d'empatia. Riguardo la prima, le tecniche standard mirano a correggere la distorta visione di sé, per affrontare le estreme risposte emotive associate ai poli opposti di valutazione positiva e negativa (della propria persona). Un altro intervento circa la forma di pensiero è sul loro ragionamento dualistico; i narcisisti o sono meravigliosamente superiori o completamente senza valore. In generale una terapia alla Ellis mira alla modificazione delle manifestazioni emotive attraverso l’individuazione e la correzione degli assunti disfunzionali automatici di pensiero (terapia razional-emotiva). Le indicazioni di Beck sono altrettanto volte ad una maggore ristrutturazione cognitiva mediante lo sviluppo di convinzioni alternative. Inoltre la desensibilizzazione sistematica si rivela utile nell’affrontare l’ipersensitività alla valutazione, cui questi pazienti sono soggetti. Gli psicoterapeuti cognitivi, che esercitano la metacognizione nelle sedute (intesa quale capacità di comprendere e regolare gli stati mentali propri ed altrui) adottano a seconda dei deficit delle funzioni di conoscenza la strategia di mastering più appropriata. Il narcisista, la cui personalità presenta una 'mente opaca', manifesta deficit di caratterizzazione (non sa riconoscere le singole funzioni cognitive); il decentramento cognitivo  costituisce una tecnica d’intervento altamente efficace, poiché consente al paziente di decentrarsi, ossia di uscire dalla propria prospettiva, assunta quale unico schema di riferimento. Il trattamento è focalizzato sulle implicazioni metacognitive (tecniche di condivisione, segnalazione emotiva e monitoraggio) nella relazione terapeutica, che può tener conto anche di  un’analisi cognitiva del diagramma di flusso dei processi di pensiero, che hanno strutturato la personalità del paziente. L'intervento si propone altresì la disconnessione dei circuiti “cognitivi” autoriverberanti implicati nei cicli interpersonali disfunzionali.La terapia cognitiva post-razionalista concepisce l’intero lavoro clinico sul paziente narcisista entro le quattro organizzazioni, modalità attraverso cui questi costruisce e struttura il proprio mondo di significati; pertanto esistono narcisisti fobici, depressivi, ossessivi e D.A.P. Tale modo di concepire la psicopatologia presenta numerosi vantaggi sul piano terapeutico; gli interventi sono mirati sui sintomi specifici e sulla modificazione degli aspetti disfunzionali delle tracce organizzatrici in questione in fase di scompenso,  nonché sull’esplicitazione e sulla consapevolezza delle strutture conoscitive, che danno coerenza alla stessa sintesi organizzativa, così come si è costruita nel suo sviluppo.Questi approcci trovano il loro completamento, a mio avviso, nella prospettiva cognitivo-evoluzionista; partendo dal presupposto che ciascun individuo può essere collocato all’interno del continuum organizzazione-disorganizzazione, gli interventi terapeutici non sono strutturati a priori (a seconda dell’organizzazione specifica individuata per il paziente), ma seguono il piano del paziente. Nel modello cognitivo-evoluzionista si risolve il dualismo alleanza terapeutica e transfert positivo irreprensibile. Dando ampio spazio agli altri processi cognitivi (al di là del pensiero): la memoria (implicita, esplicita, tacita e procedurale), l’attenzione (ed il suo ruolo nella continuità/discontinuità della coscienza), il linguaggio (nella morfo-sintassi e nella semantica), le percezioni, le emozioni e le motivazioni (in modo privilegiato), l’alleanza terapeutica riguarda i momenti, in cui è attivo fra paziente e terapeuta il sistema motivazionale della cooperazione. Lavorare con i sistemi motivazionali costituisce un ottimo metodo clinico per il terapeuta cognitivo-evoluzionista e lascia trasparire l’efficacia dell’intervento, già dalle fasi iniziali del trattamento. Ritornando al tranfert, nodo cruciale per il trattamento del paziente narcisista, corisponderebbe invece ai momenti in cui altri sistemi motivazionali si attivano nel paziente_ in particolare, il sistema d’attaccamento accompagnato dai modelli operativi interni, formatisi in precedenti relazioni d’attaccamento. Essi, funzionando come schemi cognitivi del passato a cui viene assimilato il comportamento attuale del terapeuta, producono i fenomeni transferali descritti dalla psicoanalisi, in questo caso nell’accezione di Kohut e di Kernberg. Con i pazienti narcisisti già la prima fase della relazione terapeutica offre una preziosa opportunità per sondare la possibilità, che si stabilisca una valida alleanza, tenendo conto però che i sistemi motivazionali più prontamente attivabili sono gli altri e non quello cooperativo-paritetico. L’uso del “noi universale”, non solo costruisce un contesto, in cui il paziente percepisce l’altro in modo speculare o comunque simile a sé, ma consente già in prime battute di concordare esplicitamente l’obiettivo del lavoro terapeutico congiunto, che ci si accinge ad avviare. Ritornando al piano del paziente, la meta che questi porta con sé nell’incontro con lo psicoterapeuta può essere più o meno chiara, più o meno tacita od esplicita in accordo con la gravità della sua condizione. Nel momento in cui terapeuta e paziente convengono che la loro relazione è coordinata da un obiettivo condiviso, è possibile in entrambi l’attivazione del sistema motivazionale cooperartivo. L’attivazione di questo sistema motivazionale all’inizio della relazione terapeutica fornisce a maggior ragione in questi pazienti una cornice relazionale più ampia entro cui tale attivazione ha luogo. Seppur breve, tale attivazione all’inizio e durante il trattamento (allorché il paziente narcisista rimanda al terapeuta di aver acconsentito al “noi universale”) stabilisce l’esperienza di un assetto motivazionale sovraordinato (il terapeuta ha superato il test di costruzione di validatore autorevole da parte del paziente), poiché “agganciato” da un progetto grandioso alla pari, da percezioni ‘speculari’ di sé nell’altro e viceversa, cui corrisponde l’integrazione nella coscienza di questa ‘nuova’ esperienza nel rapporto interpersonale, vissuta in modo paritetico. Tale tecnica di relazione terapeutica, applicata al paziente narcisista, che io denomino grandiosità condivisa, non va confusa con la collusione patologica: ‘grandiosa’ è la collaborazione fra terapeuta e paziente, impegnati insieme nella realizzazione di mete ed obiettivi, che costituiscono il progetto terapeutico, all’interno di un contesto_ il setting _ che consente la condivisione di valori e una crescita personale di entrambi. Trattasi di modalità di relazione treapeutica, che integrano sia il transfert speculare e/o idealizzante kohutiano sia le interpretazioni e la gestione emotiva di Kernberg con la teoria dell’evoluzione ed i sistemi motivazionali. Concepita in questo modo, quella terapeutica è l’identificata, trovata e preparata relazione fra Sé/appropriati oggetti-Sé. Tuttavia non mancano gli ostacoli con le personalità narcisistiche: la discrepanza intrinseca alla relazione riguarda la cooperazione da un lato e percepire il terapeuta in una posizione di dominanza nella relazione dall’altro (è quest’ultimo, che detta le regole del setting!). Le modalità di gestione di tale problematica dipendono dal singolo caso clinico, ad ogni modo non si giunge alla rottura dell’alleanza terapeutica, fintantoché è presente nel paziente la desiderabilità di recuperare prima o poi l’assetto cooperativo congiunto.Solo se si continua a tendere alla percezione della propria e dell’altrui identità fondamentale di eguali (in quanto esseri umani impegnati in  un disegno congiunto, al di là dei ruoli di paziente e terapeuta e delle momentanee attivazioni di altri sistemi motivazionali), la relazione terapeutica può essere predittiva di (una buona prognosi e di ) un buon esito.Alcuni pazienti non riescono a definire coerentemente e congiuntamente l’obiettivo del lavoro terapeutico: l’atteggiamento assunto può essere di sfida, gli obiettivi preposti potrebbero essere paradossali; altri si mostrano confusi o spaventati da tale richiesta.Nella mia esperienza clinica ho trovato molto utile lavorare con le schede auto-osservative (tecnica dei ‘foglietti’ d’auto-osservazione), le quali _ in un lavoro congiunto_ hanno restituito consapevolezza al paziente delle proprie strategie cognitive adottate nelle situazioni, vissute da questi come difficili e problematiche. Tale espediente, non solo ha facilitato la conoscenza del simultaneo funzionamento dei sistemi motivazionali attivati e delle emozioni associate, ma ha anche facilitato l’incremento delle metacognizioni. Un’altra tecnica, che si è rivelata altrettanto efficace in quanto strumento di relazione, è stata l’addestramento alla cortesia (Axia’96): il paziente viene invitato espressamente a valutare il proprio livello di cortesia, tenendo conto della scale della Axia, e a proporre nuove modalità più ‘cortesi’ implicanti metacognizione e decentramento; tale scala prevede al primo livello di cortesia il rivolgersi all’altro per ottenere qualcosa. La richiesta è nella forma interrogativa, senza alcun riferimento alla teoria della mente dell’altro (es.: “mi fai questo?”); il secondo livello contiene una locuzione giustificante, anche questa a sua volta in ‘scala di cortesia’: ‘per piacere’, ‘per favore’, ‘per cortesia’. Nel primo è implicito un soddisfacimento egoistico del soggetto; ancora non si prende in considerazione la teoria della mente dell’altro. Nel secondo si stipula una sorta d’alleanza implicita, benché assenti i riferimenti agli stati mentali dell’altro, è attivabile il sistema motivazionale cooperativo-paritetico; nell’ultimo si nomina per l’appunto la ‘cortesia ‘. La richiesta è ascrivibile ad un progetto più grande dei soddisfacimenti egoistici e patti stipulabili. Il terzo livello prevede che il verbo della proposizione principale del periodo sia nella forma condizionale (es.: ”Per favore, mi faresti questo?”); è implicita l’apotasi: la condizione tacita è che la cosa richiesta non disturba chi dovrebbe realizzarla. Ancora non è esplicito il riferimento alla teoria della mente dell’altro. Il quarto livello, invece è completo nella forma e nel contenuto (es.: “se non ti dispiace, saresti così cortese da farmi questo?"). Il paziente, una volta addestrato, riesce a trovare anche livelli più alti, come il quinto, in cui il richiedente aggiunge anche una propria motivazione personale. Tuttavia costituisce un rischio eccedere troppo: altissimi livelli di cortesia, sul piano semantico e pragmatico connotano la relazione come palesamente formale, 'fredda' e da cui si può evincere un notevole distacco emotivo. Tale addestramento costituisce un processo altamente efficace ed efficiente nei rapporti interpersonali, ed è la base per cui si possa passare dal narcisismo patologico a quello sano. Merito di tale tecnica, da utilizzare solo quando il piano del paziente lo prevede, è di sottolineare la teoria della mente dell'altro, con tutte le operazioni cognitive, che ne conseguono, utili per il superamento dell'egocentrismo fondamentale.Infine ciò che ha dato una svolta decisiva alle mie psicoterapie  con i pazienti narcisisti è stata la costruzione e l’inserimento del contesto co-terapico. L’inserimento di ciascun paziente in un gruppo (di psicoterapia) e la consapevolezza, con i suoi risvolti sull’assetto cognitivo, che due menti_ in comunicazione fra loro_ provvedono alla regolazione e alla ri-modulazione delle espressioni emotive nelle relazioni interpersonali, vissute come problematiche, sta portando questi soggetti verso una maggiore e sempre più evidente integrazione e ri-organizzazione cognitiva. Si rileva che la cornice co-terapeutica è altamente efficace nella risoluzione del fondamentale costrutto ambivalente del narcisista (superiore-inferiore); l’oscillare dallo schema cognitivo esplicito (“sono il migliore”) a quello tacito (“non sono affatto speciale, ma comune e mediocre”) non sempre è integrato in un principio organizzatore. E’ nel gruppo in particolare che questo tipo di pazienti costruisce nuove rappresentazioni di relazioni; tale contesto diviene il luogo privilegiato, dove sperimentare l’empatia e la simpathy. Ne conseguono lo spostamento dell’attenzione dall’ego alle relazioni ed il combiamento dei modelli operativi interni. La co-terapia propone una sintesi conoscitiva e semantica dei propri schemi interpersonali. Vista da questa prospettiva, si conviene a che tale modalità di relazione terapeutica integra il transfert  speculare e/o idealizzante kohutiano, le interpretazioni e la gestione delle emozioni kernberghiana con la teoria dell’evoluzione ed i sistemi motivazionali. Il narcisista si è così “risvegliato” all’illusione d’essere definito ed isolato in un sé unitario e si è concentrato sull’appetito di buone relazioni. La motivazione alla cooperazione gli ha restituito una memoria ed una metamemoria di sé come soggetto interagente nei rapporti interpersonali in modo paritetico. Dunque, sulla base di tali presupposti, la relazione terapeutica diviene di fatto l’identificata, trovata e privileggiata relazione fra Sé/appropriati oggetti-Sé. Nella misura in cui il principio terapeutico di “grandiosità condivisa” (che determina tra l’altro la trasformazione del narcisismo da patologico a sano) verrà realizzato, la psicoterapia cognitiva del paziente narcisista potrà considerarsi nei metodi, nei protocolli e negli esiti, evidentemente riuscita.

 

Bibliografia di riferimento

 

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