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LA STRADA IN DISCESA

  CESARE  DE SILVESTRI

Tutte le fonti di saggezza antiche a moderne hanno cercato d'insegnare l'amore per i nostri simili, per gli animali e la Natura - insomma, per questo piccolo pianeta dove viviamo tutti insieme. Talmente insieme che prima o poi siamo tutti soggetti a subire le conseguenze della mancanza d'amore verso gli altri e verso quanto ci circonda.

Il bivio

Ma l'amore è una strada lunga e difficile, mentre - a giudicare della nostra storia evolutiva e della nostra evoluzione storica - quella dell'odio sembra molto più facile e corta. Più naturale e spontanea. Quasi istintiva. Insomma, in discesa. E gli esseri umani, nella loro stoltezza, hanno quasi sempre preferito ignorare il dettato della saggezza ed optare invece per la seconda strada in strabocchevole maggioranza. Solo che questa strada in discesa porta ad inevitabili precipizi. Gli esempi sono fin troppo numerosi e - ricorsi storici a parte - si stano tuttora moltiplicando : dalle guerre ai genocidi, dalla tortura alla pena di morte, dal degrado dell'ambiente all'esaurimento delle risorse, dalla disperazione dei dannati della terra al terrorismo.

Stato dell'Arte

Date queste premesse, diciamo così, etno- antropologiche, ci sarebbe da aspettarsi che anche a livello personale e individuale i problemi d'ostilità fossero straordinariamente diffusi. E pare che sia proprio così, come vedremo meglio in seguito. D'altra parte, però, sembra che nel nostro mestiere questi problemi siano invece straordinariamente ignorati e trascurati. Anzi, spesso vengono dati per "normali" ed accolti con una specie di comprensiva tolleranza, di solidale indulgenza o d'inconsapevole complice consenso. Il che sembra tuttavia confermare l'assunto di partenza, e cioè che l'odio sia talmente connaturato al make-up genetico -culturale degli esseri umani da coinvolgere anche chi sarebbe chiamato a combatterlo.

A tale of two cities

Io dico di esser toscano, ma in realtà ho soltanto alcune radici in questa regione, e precisamente in una città ex colonia penale ed ex porto franco, fondata e popolata da delinquenti e secondini, soldati e marinai, disertori e pirati, perseguitati e ribelli d'ogni parte del mondo, pronti a menar le mani ed eventualmente ad impugnare le armi. La storia municipale me ne fa fede. Ma anche recentemente la popolazione locale ha impartito una sonora lezione ad un orgoglioso reggimento di paracadutisti che volevano farla da padroni. Le altre mie radici provengono da una terra e da un popolo i cui clan hanno sempre strenuamente combattuto contro chi voleva sottometterli, pur continuando a combattersi ferocemente fra loro, e sono così divenuti maestri dell'imboscata, dell'attacco improvviso e della carica disperata. Ed infatti hanno sempre fornito i migliori e più combattivi soldati all'impero britannico. In questi due ambienti, e poi altrove in Europa e in altre parti del mondo, ho potuto conoscere la storia, le leggende e i miti dell'ostilità, dell'odio, delle fazioni e delle faide, delle vendette Vikinghe, delle torture e dei roghi della cosiddetta Santa Inquisizione, delle discriminazione e persecuzione razziali e dei campi di sterminio nazisti, e ne ho purtroppo talvolta riscontrato alcune conseguenze anche vicine a me. Quando arrivò la guerra, i miei maestri e professori mi dicevano che dovevo odiare uno dei miei due paesi. Che dovevo odiare una parte di me. Che dovevo odiare me stesso. Che dovevo andare ad ammazzare il mio stesso sangue. E mentre cercavo di fuggire per sottrarmi a quest'ordine assurdo, sono stato inseguito a fucilate da chi mi odiava perché non volevo né potevo ubbidire. 

Tirocinio professionale

Dopo la guerra, quando studiavo medicina e frequentavo il pronto soccorso del mio ospedale ho visto più gente contusa, ferita o sbudellata per problemi d'ostilità che tentati suicidi per depressione. Eppure i nostri grandi cattedratici e baroni accademici insegnavano che la depressione sarebbe stata la condizione più pericolosa per la vita e l'integrità fisica degl'individui. Poi, leggendo qualche statistica, mi sono reso conto che, morti ammazzati a parte, e a parte i contusi, feriti e sbudellati, tante condizioni d'ipertensione, ulcera, colite spastica, cefalea cronica, eccetera, erano sì malattie psicosomatiche, ma dove la parte "psico" era spesso un problema d'ostilità. Né risultava che tutto questo accadesse soltanto quando l'ostilità restava repressa, perché quando invece passava a vie di fatto aggredendo l'oggetto dell'odio, a parte di nuovo le lesioni subite dell'aggredito, le faccende per l'aggressore non andavano affatto meglio, con esito spesso in episodi d'infarto e di morte improvvisa durante o subito dopo la lite.

Ed eccomi qui

Infine, nel mio mestiere di psichiatra e psicoterapeuta ho avuto la conferma definitiva di tutte queste impressioni raccolte nel corso della vita, ed ho dovuto concludere che la strada dell'odio, nascosto od esibito, è quella più battuta, più facile e apparentemente più cara a tanti, troppi esseri umani, a tanti, troppi pazienti di entrambi i sessi. Donde i precipizi che dicevo dianzi.

Che fare?

Già, che fare? Forse si potrebbe cercare di capire meglio la struttura dei problemi d'ostilità per rilevarli e diagnosticarli più precisamente. E forse possiamo disporre di mezzi sperimentati ed afficaci allo scopo di prevenirli, gestirli e combatterli. Per il momento mi basta aver richiamato la vostra attenzione sulla questione e sulla relativa scarsa importanza che di solito gli viene dedicata nel nostro ambiente. Prometto che, nei limiti di questo so e posso, tenderò di rispondere a questa domanda in modo più esauriente in una prossima paginetta intitolata "Giustizia sommario".

 

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