Benvenuti! Telefonateci ai n. 0622796355 - 3473157728.  Siamo a ROMA in Piazza Sempronio Asellio 7 (metro A Giulio Agricola/Tuscolana/Don Bosco/Cinecittà)

 

CORSO DI ADDESTRAMENTO ALLA COMUNICAZIONE ASSERTIVA

(come gestire i conflitti)

Il corso ha ottenuto 12 crediti ECM per tutte le professioni sanitarie e il riconoscimento dall'Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio

 

La dinamica della AutoImmagine: uno studio sulla valutazione di sè.

di Gian Luigi Dell'Erba

 

Riassunto

Il presente contributo evidenzia il ruolo e le dinamiche del processo di costruzione della autoimmagine attraverso una analisi teorica del concetto di autovalutazione, delle sue componenti, e delle tipologie personologiche derivanti. L'Autore, inoltre, mette in risalto il ruolo svolto dal rapporto tra Immagine interna ed esterna attraverso una ricerca su soggetti normali e soggetti con disturbi psichici, sottolineando la peculiarità nello schema autovalutativo dei vari gruppi di soggetti.

Summary

This contribute focus on the rule and the dinamics of Self-Imaging costructional process by a conceptual analisys about self evaluetion, its components, and the relatives typologies of personality. Then, the Author points out the rule of the relations between internal and external self-image by a research on normal and psychiatric subjects, underlining the specific selfevaluation of some groups.

Parole Chiave: Valutazione, Autostima, Bilancio Autovalutativo

Key Words: Evaluation, Self-Esteem, Self-Evaluation Balance

La valutazione è una funzione del pensiero. E' la capacità di un individuo di avere una conoscenza sul potere rispetto ad un determinato scopo. Una valutazione può essere relativa al potere di un aspetto rispetto ad uno scopo (scopo esterno) o può essere relativa al potere di sè rispetto ad uno scopo esistente nel soggetto stesso (scopo interno). Quest'ultimo punto si definisce autovalutazione (8). Certamente c'è da specificare che la valutazione rispetto al potere dell'individuo sul raggiungimento di uno scopo può essere orientata allo scopo stesso (potere esterno) o orientata al soggetto (potere interno). Nel secondo caso ci si riferisce al repertorio di azioni che possono essere agite dall'individuo, cioè sono in suo potere; nel primo caso ci si riferisce ad azioni necessarie al conseguimento di un determinato scopo a prescindere dal soggetto agente, quindi sono azioni oggettivamente necessarie, e non necessariamente in possesso del soggetto. La valutazione (come anche la autovalutazione) può essere positiva o negativa in quanto può indicare la presenza o l'assenza di "potere" su uno scopo (o la presunzione di ciò); può però essere anche in un terzo modo, né positiva né negativa (8).Un aspetto della autovalutazione è legato in modo rilevante a modalità di sofferenza e disagio (4). Questi processi di autovalutazione costituiscono fasi molto precoci dello strutturarsi di alcune forme di sofferenza psichica. Abbiamo scelto tre forme di autovalutazione che possono essere ricondotte a processi mentali generali tipici di tutte le persone.

Autovalutazione "negativa"

Quando un soggetto si valuta negativamente si trova in una condizione che può essere chiamata di "vulnerabilità" in quanto egli diventa più sensibile alle critiche, ai giudizi, ai commenti su di sé da parte degli altri; sarà evidentemente più sensibile alle possibilità di critica negativa, quindi spesso coglierà in senso negativo (cioè di danno per sé) frasi ambigue, umoristiche, modi di dire, insomma tutto ciò che potrà essere da lui vissuto come una diminuzione in termini di immagine e di potere da parte degli altri (8). Di fronte a situazioni nelle quali sarà messo in ridicolo (anche in modo non volontario da parte di qualcuno) sarà colto da sentimenti di tristezza e ansia che lo accompagneranno per un po' di tempo. Può anche accadere di essere tenuto in scarsa considerazione soffrendo in questo caso di sentimenti di abbandono. Certamente potrà capitare di incorrere in qualche fallimento, cosa che comporterà nel soggetto sentimenti di intensità aumentata rispetto a persone con valutazioni di sé diverse. Il soggetto in questa condizione di vulnerabilità solitamente tende a far attribuzioni interne ai propri fallimenti; egli sarà più propenso a leggere come sua caratteristica la goffaggine, la incompletezza, la mancanza di precisione, la carenza di competenze. Essendo sensibile alle valutazioni degli altri su di sé il soggetto che abbiamo definito vulnerabile tenderà ad essere influenzabile facilmente da valutazioni di altri su di sé. La condizione di vulnerabilità, inoltre, si caratterizza mediante una tendenza del soggetto a valutare positivamente coloro che valutano lui in modo positivo, e ciò a prescindere dal realismo delle valutazioni. Questo punto, oggetto di numerose osservazioni da parte di vari autori, è noto come "bisogno di approvazione" (7). Il soggetto, sensibile alle svalutazioni, sarà attratto da quelle situazioni che lo incoraggiano, e che comunque non lo criticano. Si innesca così una tendenza verso il cercare l'apprezzamento degli altri, sopra ogni altra cosa, al riparo da possibili svalutazioni e critiche. Si giunge ad una condizione di ricerca della conformità come riparo dalle critiche; condizione, quest’ultima, che diventa ben presto una assunzione di atteggiamento conformistico. Il soggetto, così sarà legato agli altri nella misura in cui questi lo pongono al riparo da svalutazioni. Si tende, qui, a costruirsi una "nicchia" psico-sociale dove si possa stare tranquilli senza il pericolo di giudizi negativi. Ma questa condizione ha un punto fragile che è quello di creare una forte dipendenza dagli altri. Se gli altri, identificati come non svalutanti, non sono disponibili il soggetto è in pericolo; soprattutto è a rischio di essere esposto a svalutazioni (1).E' evidente come vi sia nel giovane che percorre questa direzione una escalation che se apparentemente lo protegge da critiche e svalutazioni immediate lo "incastra" in un processo di graduale "disabilità" psico-sociale tanto da correre comunque i rischi che cercava di evitare, affrontando però situazioni a più alta risonanza psicologica e sociale in termini di difesa della propria immagine auto- ed etero-riferita.La condizione della vulnerabilità dovuta alle auto-valutazioni negative, che abbiamo affrontato qui in termini fenomenologici, si lega in termini causali ad alcuni passaggi a livello dei processi mentali che il soggetto effettua e che costituiscono delle assunzioni circa il potere interno di raggiungere i propri scopi. Questo assunto è rilevante se pensiamo che la condizione stessa di sviluppo del soggetto è caratterizzata da potere rispetto al raggiungimento di scopi autodeterminati oppure di scopi sociali, cioè posti nel contesto di appartenenza: la costruzione della propria efficacia sarà in parte dovuta al risultato di queste prove graduali dalle quali il ragazzo deriverà le assunzioni di "potere interno" su scopi futuri mediante inferenze (4). Questa situazione comporta sostanzialmente alcune conseguenze. La prima è quella che il soggetto si aspetta dagli altri valutazioni negative. Ciò è chiaramente il risultato della considerazione che il soggetto attribuisce alla "conoscenza" dell'avere scarso potere. La seconda conseguenza è quella di ritenersi non autosufficiente, quindi cercherà l'aiuto degli altri con la conseguenza diretta di essere dipendente (come già sottolineato). Inoltre, egli cercherà di smentire le proprie convinzioni negative su di sè mediante la ricerca di valutazioni altrui positive (che stimolerà la tendenza al conformismo). Da quanto espresso ora ne deriva che la considerazione e le valutazioni degli altri assumono una importanza sbilanciata rispetto alle autovalutazioni (il soggetto dà maggiore peso ai giudizi altrui rispetto ai suoi). Si avrà una situazione nella quale la stima altrui sarà molto valutata, ma sarà (anche per questo) in pericolo, fragile, non sicura. L'individuo sarà orientato, in situazioni sociali, verso la salvaguardia della stima altrui; la sua attenzione sarà focalizzata sul rischio di perdere l'approvazione, la quale avrà (per il soggetto) una alta probabilità di essere negativa (il timore di ciò è alto). E' ovvio che l'evitamento delle frustrazioni o delle valutazioni negative altrui non può essere realisticamente raggiunto sempre, quindi si avrà comunque un risultato negativo agli occhi del soggetto. Quando la stima altrui sembra essere minacciata, il soggetto andrà incontro ad intense reazioni emotive tra le quali soprattutto Ansia e Depressione (cioè derivazioni complesse rispettivamente di emozioni quali Paura e Tristezza, che assumono il valore di una reazione "comprensibile" dato il set mentale di partenza del soggetto) (5).Sperimentati i primi colpi alla propria Stima da parte degli altri (i primi shock) egli tenderà ad attenersi alle richieste altrui, in modo meticoloso, e si asterrà dall'esporsi sviluppando comportamenti conformistici e dipendenti aventi lo scopo di evitare di "esporsi", di evitare aggressioni, rifiuti, abbandoni. Inoltre, egli cercherà di evitare che gli altri lo "conoscano bene", cioè che possano scoprire le auto-considerazioni negative del soggetto, e quindi criticandolo e svalutandolo; sarà allora impegnato ad evitare contatti coinvolgenti, relazioni strette, interazioni prolungate, tenderà verso la "superficialità" (8)(4).Questo quadro che abbiamo fin qui esposto sembra essere caratteristico dello sviluppo di molti giovani, e permette di comprendere il "come" numerose reazioni pre-adolescenziali giungono verso costruzioni di sè e degli altri simili a questa esposta.Questo processo di costruzione della propria Autovalutazione (negativa) presenta alcune importanti conseguenze. Una principale conseguenza di questo processo è proprio quella che il soggetto ha cercato di evitare faticosamente: se un soggetto è socialmente “superficiale", non disponibile, evitante, allora le altre persone raramente adottano i suoi scopi, saranno restie a fidarsi, e tenderanno a valutare negativamente il soggetto (1). Questo crea un seconda conseguenza che è quella di generare attorno al soggetto un contesto di solitudine non voluta. L'isolamento sociale sarà un ulteriore stimolo per indurre il soggetto a svalutarsi e sentirsi svalutato; questa condizione lo porterà ad avere progressivamente sempre meno rapporti intimi, e sempre più sentimento di abbandono, e mancanza di affetto, stima, e sostegno da parte degli altri. Tutto questo fino ad un vissuto di completa solitudine.In questa analisi delle valutazioni che il soggetto compie in questa direzione si è constatato che egli così non soltanto non raggiunge i suoi scopi ma si ritrova in una condizione di maggiore implicazione in termini di sofferenza emotiva, e psicologica in generale.Si è visto, in sostanza, come lo scopo della stima di sè (in questo caso) è conseguente e derivato da quello della stima degli altri (8). Questo processo oltre ad essere scarsamente adattivo socialmente, è fortemente disadattivo psicologicamente (6). Si giunge, da parte del ragazzo, a sovrapporre i due scopi, a confonderli, e a creare dipendenza di uno dei due dall'altro.La portata di questa disamina è rilevante. Ci permette di rispondere ad una serie di domande del tipo: quanto è importante il gruppo degli amici per il ragazzo? come si viene a creare la paura di esporsi? cosa può esserci dietro al comportamento conformistico? come agisce la spinta del gruppo su eventuali comportamenti individuali?

Autovalutazione "positiva"

Consideriamo ora la condizione contraria a quella su esaminata. Se un soggetto si valuterà dipendente produrrà un comportamento conformistico e svilupperà sentimenti di inadeguatezza, ansia e depressione; alla base di ciò vi è un assunto di fondo in termini di valutazione della propria implicita "inferiorità". Ma se un soggetto, invece, ha una valutazione di sè tale, per cui si ritiene adeguata ai suoi propositi, in grado di raggiungere i suoi scopi, in possesso degli strumenti materiali e psicologici per realizzarli, cioè si sente di avere "potere per", allora egli ha una Autovalutazione positiva del proprio Sé. Tale condizione assume che il soggetto ritenga sé "affidabile", relativamente ai propri scopi ed interessi. Egli, inoltre, deve ritenersi sicuro di sé, o perlomeno avere una valutazione probabilistica che gli permetta di escludere sentimenti quali paura, dubbio, imbarazzo, vergogna, e simili (1).Un individuo, certamente, fa i conti con una determinata cornice contestuale dalla quale deriva i dati di base per il calcolo delle proprie probabilità (12). Se un individuo eccede in questa valutazione (in sostanza il calcolo è sbilanciato verso la totale certezza sul proprio "potere per") allora il suo set autovalutativo è "rigidamente" positivo (9).Il soggetto compie, in quel margine di distanza tra la autovalutazione e il dato del contesto una implicita scommessa (la valutazione di tale distanza è soggettiva e dipende appunto dal proprio sistema mentale), per cui nella assenza di una certezza assoluta "rischia" sulla base di un "potere" presunto. L'assunzione del rischio di agire, di valutare, di assumere, è prevalentemente una attività automatica strettamente dipendente dalla costruzione del sistema di scopi su di sé, sugli altri, e sul mondo. Non accettare il rischio (l'incerto) conduce alla paralisi dell'agire, e alla confusione (come vedremo più avanti); sottostimarlo, invece, conduce a quanto segue. La scarsa considerazione della distanza tra sé e il resto, tra il proprio potere e lo scopo da raggiungere, è una condizione dovuta al mal funzionamento del "meccanismo" di calcolo del "potere di ...". L'individuo accetta di buon grado ogni avventura, intraprende azioni contro ogni consiglio, ed aldilà della evidenza degli altri di riferimento. Il soggetto accetta una auto-scommessa rispetto a scopi nuovi e vecchi con una modalità caratteristica. Nei riguardi di obiettivi nuovi, egli dimostra intraprendenza, spirito di avventura, temerarietà. Mentre ad alcuni potrà apparire come un individuo particolarmente "coraggioso", "eroico", "positivo", ai più sembrerà un soggetto imprudente. Il punto qui è quello di non evitare il pericolo; sia di ritenerlo troppo lontano (distanza) per causare qualche sorta di danno, sia ritenerlo troppo esiguo ed insignificante (quantità) per determinare qualche seria preoccupazione. Dunque, si parla qui della valutazione della distanza e della quantità connesse all'oggetto del "rischio". Verso obiettivi ben conosciuti, vecchi, il soggetto si esprimerà attraverso un comportamento tenace, testardo, ripetitivo. E' il caso di scopi già compromessi ai quali il soggetto non si rassegna. Qui, è in gioco la valutazione sia della distanza che della importanza di questi obiettivi (9). L'individuo non sarà capace di "mollare" quando ciò è necessario (ai più). Una delle caratteristiche di base di queste persone è quella attinente al "senso" della "misura" e della "distanza", così come comunemente ciò è inteso nel linguaggio quotidiano naturale. Caratteristiche come "invadente", "egoista", "borioso", "maleducato", "narcisista", "illuso", "vanaglorioso", "eccentrico", trovano in questo contesto un posto ideale. L'individuo adotterà, quindi, molto spesso manovre quali il continuo cimento in azioni e compiti ardui, la sperimentazione verso le più diverse situazioni, si lancerà (come già detto) in avventure rischiose (14).A tutto ciò vi sono delle ovvie conseguenze. Tali sono i ripetuti fallimenti che il soggetto incontra, dovuti alla cattiva valutazione anticipata sul proprio potere e sulle caratteristiche dell'obiettivo da raggiungere; la riprovazione sociale determinata dalla valutazione degli altri sul suo comportamento, spesso letto come "bizzarro"; la improvvisa disillusione catastrofica che è causata dal divario (una volta che esso è percepito) tra ciò che finora si è valutato come "possibile" e ciò che appare in termini negativi rispetto al proprio potere, situazione drammatica tanto più il soggetto ha sperimentato "autoscommesse" (14). Una situazione estrema è quella dovuta a situazioni vissute come shock. Tali eventi incidono, molto spesso, determinando nel soggetto una irrealistica valutazione di "totale perdita permanente" alla quale egli reagisce, spesso, in modo altrettanto estremo, con una "fuga" nel sentimento di grandiosità (queste situazioni sono determinate da costruzioni particolari in termini di identità personale; sono situazioni molto "simili" anche se di natura diversa, probabilmente biochimica e neurofisiologica, quelle nelle quali vengono alterati alcuni .fondamenti strutturali del funzionamento mentale, come nella Schizofrenia, nella Mania, nella Sindrome Organica di Personalità, nella Demenza, come pure nell'assunzione di sostanze stupefacenti) (11). A grandi linee, questo meccanismo di valutazione conduce ad un processo di graduale distacco dalla integrazione sociale e relazionale; inoltre, quanto sopra esposto determina nel soggetto un comprensibile sentimento di scarsa empatia, di essere poco compreso, di non essere "capito al volo", e quindi ingenera una interazione con gli altri sempre più scarsa e superficiale. L'estrema configurazione di ciò è il non essere più "capiti" dagli altri, il considerare le persone intorno "stupide" e "limitate", e quindi, sulla base di una ormai scarsa "familiarità" l'avere l'impressione che gli altri non siano più amici, ma possano ostacolare l'azione (11). In definitiva, tale processo origina la propria autostima (cioè la considerazione del valore di sè) dalla autovalutazione positiva (cioè dal calcolo personale soggettivo del proprio "potere" nel perseguimento dei propri obiettivi). L'individuo in questione trascura altri elementi di giudizio basandosi soltanto sul proprio sentimento di "capacità". A tale considerazione si legano concetti quali "egocentrismo", "narcisismo", operazionalismo concreto"; non è questa la sede adeguata per trattare questo legame, ma il significato più generale di tali termini (pur con le ovvie distinzioni) ci appare congruo con quanto esposto.

Autovalutazione "oggettiva"

Come si è potuto notare finora, se la funzione valutativa, utile per orientarsi e per calcolare il proprio potere di conseguire determinati risultati, dipende troppo strettamente dal bisogno di Autostima allora, possono verificarsi condizioni come la autosvalutazione, con conseguenti sentimenti associati, oppure la eccessiva autovalutazione (autostima senza contributo valutativo ulteriore), con le già trattate situazioni correlate. Vi sono, tuttavia, situazioni (e relativi meccanismi psicologici) secondo le quali l'individuo deriverebbe la propria Autostima da valutazioni "oggettivamente" valide e prestazioni "sicure" senza "ombra di dubbio". Tali circostanze in realtà, sono puramente teoriche, e costituiscono la meta ideale, l'utopia, o, da un altro punto di vista, l'illusione. Questo meccanismo autovalutativo consiste nel "calcolare" le prestazioni positive che hanno contribuito al proprio sentimento di "capacità", alla propria autostima, al proprio benessere, e le prestazioni negative che, invece, hanno stimolato nell'individuo sentimenti di autosvalutazione, vergogna, imbarazzo, paura, disgusto, seccatura; in generale, sentimenti negativi che l'individuo sarà portato ad evitare. Una volta effettuato il calcolo delle situazioni-tipo positive e negative per la propria autostima, egli applicherà "alla lettera" tale confronto. Si verifica, così, nell'individuo un bilancio rigido, "concreto", fin troppo aderente al particolare, tale da non permettersi la esistenza di lacune o dubbi nell'analisi delle situazioni (ovviamente con un eccessivo carico di lavoro mentale). Sulla base di tale bilancio risultante dal calcolo delle situazioni positive e negative, tale individuo effettuerà una previsione, che non potrà che rispecchiare il risultato "matematico" del proprio bilancio di "potere" (8)(9). Una tale situazione conduce al pieno e completo conservatorismo, in quanto egli non rischierà mai per un obbiettivo valutato in anticipo difficile (anche se voluto). Si avrà una marcata riduzione dello sperimentalismo e del comportamento di esplorazione. La base di ciò è, appunto, la mancanza di assunzione del rischio; egli non accetterà una autoscommessa se essa appare a sé stesso difficile, sebbene ampiamente desiderata. Costui, invece, aumenterà la capacità di maneggiare le conoscenze (su base decisamente categoriale, teorica, formale) apprese, e gestirà in modo abile le capacità di calcolare velocemente i pro e i contro delle varie situazioni (ovviamente si parla di vantaggi e svantaggi puramente logici e condivisi, non certo di motivazioni personali e soggettive). Il comportamento associato a questo set psicologico autovalutativo è quello di un atteggiamento circospetto, attento, orientato, vigile, che tende a sovraccaricarsi in termini di memoria (memoria a breve termine) e di attenzione (tende ad essere spesso frastornato). La meta del suo agire non può che essere la prevedibilità, delle situazioni esterne come dei comportamenti altrui; ciò che eviterà maggiormente, quindi, sarà la sorpresa, l'impatto con il fortuito, la sperimentazione del nuovo. Questo schema di processare la conoscenza, e di affrontare le situazioni non conduce ad uno sviluppo ricco della propria personalità, ma determina una organizzazione cristallizzata avente settori limitati di esistenza, seppur ricchi di elementi e dettagli anche sofisticati. Le principali manovre d'azione di questa tipologia autovalutativa saranno essenzialmente quelle attinenti all'evitamento del rischio, quelle riguardanti la chiusura rigida nel noto e conosciuto, quelle attinenti alle inferenze e generalizzazioni in favore del bilancio calcolato, del conservatorismo, e a sfavore dei cambiamenti. Le principali conseguenze tipiche di tale organizzazione autovalutativa sono: l'isolamento, derivante dalla scarsa propensione a "rischiare" coinvolgimenti relazionali e relative difficoltà di "gestione" correlate (le interazioni sociali sono fino ad un certo punto prevedibili); le sanzioni altrui, derivate dalla eccessiva lentezza e meticolosità di analisi, dalla scarsa prontezza di decisionalità, e dalla goffaggine derivante dalle situazioni di confusione e frastornamento (over-loading); il disagio relativo al dubbio perenne e alla diffidenza, che derivano dalla "umana" limitatezza nel calcolo delle inferenze e delle probabilità di occorrenza di un evento (9)(11). In sintesi, questo quadro deriva dalla determinazione della propria autostima a partire dal calcolo delle probabilità di successo in una situazione, e dalla relativa scelta "cauta" delle situazioni "sicure", positive (almeno relativamente al passato) (8). Egli deriva dall'esperienza passata di successo, e dalla relativa scelte conforme nel presente, la "possibilità" della propria autostima. Tale individuo, non sarà mai certo, almeno fin quando sarà cosciente, tramite il dubbio, della portata limitata del proprio calcolo valutativo.

Ricerca

Al fine di studiare le tipologie analizzate teoricamente, si è approntata una ricerca tesa ad indagare specificamente la tendenza verso la Autovalutazione positiva e quella verso la Autovalutazione negativa; inoltre, sempre sulla base della stessa metodologia, si è tentato di discriminare la componente valutativa legata alla Immagine di Sé (importanza della autovalutazione), da quella legata alla Immagine Sociale (importanza della valutazione degli altri) (1). Per ragioni puramente metodologiche e psicometriche non si considerata la tipologia "oggettiva", il bilancio rigido nella autovalutazione. Certamente, un approfondimento del metodo usato potrà portare alla operazionalizzazione di questa modalità autovalutativa.

Strumento.

La metodologia ritenuta adeguata è stata quella del questionario autovalutativo. Nello specifico, il questionario era una scala per la misura del Sentimento di Inferiorità versus Autostima, messo a punto da Eysenck e Wilson (2). Nella versione originale degli autori, questo strumento misurava, da 0 a 30, il grado di Autostima. Lo strumento originale è caratterizzato da 30 domande, bilanciate tra connotazione positiva e negativa, con una graduazione 0, 0.5, 1, per un totale di 30 punti. In questa ricerca, invece, oltre alla misura del "tratto" Inferiorità/Autostima sono considerati due Fattori interni alla scala: I - Valutazione della Autoimmagine, e II - Valutazione della Immagine Sociale. I due fattori interni, I e II, sono formati rispettivamente da 15 e 13 domande. Il I fattore copre il 50% del totale; il II fattore copre invece il 43.3% del totale della scala; questi due fattori sommati raggiungono una percentuale pari a 93.3% del totale della intera scala, saturandola quasi integralmente. Ai fini del punteggio, sia totale sia per ciascuno dei due fattori, non sono state considerate due domande, delle 30 della versione originale, che si discostavano da entrambi i due fattori interni. Le domande effettive calcolate sono state quindi 28 (sono state escluse le domande n. 12 e n. 23 del questionario originale).

Campione.

La ricerca è stata condotta su 75 studenti universitari, di entrambi i sessi, con età compresa tra i 19 e i 35 anni, e su 46 pazienti psichiatrici ambulatoriali di sesso maschile, con diagnosi variamente comprendente le seguenti categorie (secondo il D.S.M.III-R): Disturbi d'Ansia e Distimie, Disturbi dell'Umore, e Schizofrenia. I soggetti avevano una età compresa tra i 21 e i 43 anni.

Metodo.

L'analisi dei dati è consistita nel calcolo del punteggio totale, e del punteggio dei due fattori interni (I e II). Il punteggio è stato confrontato per "sesso", e tra i due gruppi della ricerca. E' stata, inoltre calcolata la percentuale sul totale, e su ciascuno dei due fattori.

Risultati

I risultati della ricerca indicano delle differenze rilevanti tra soggetti normali e pazienti psichiatrici, nelle varie categorie diagnostiche. Sono particolarmente interessanti le differenze nei due fattori interni della scala, oltre che il punteggio globale della Autovalutazione. I dati relativi al confronto fra soggetti maschi e femmine (studenti) indicano una differenza non significativa statisticamente, né apprezzabile numericamente, (p > 0.05), e quindi non viene riportata la disaggregazione per sesso. Un primo risultato sembra essere quello relativo al punteggio globale di Autostima. Come emerge dai dati (FIG.1) i valori di Autostima degli studenti si avvicinano a quelli dei soggetti schizofrenici, mentre gli altri soggetti hanno tutti un punteggio minore, con le varie differenze. Mentre si può concludere che i soggetti normali hanno una Autovalutazione più positiva dei pazienti, ciò non può essere concluso in modo netto relativamente ai soggetti schizofrenici. Infatti, questi ultimi hanno riportato un punteggio che si approssima, anche se inferiore, al valore di Autovalutazione dei soggetti normali (la differenza non è significativa per alfa = 00.5, a causa della ampia variabilità). Il dato che emerge potrebbe indicare una difettosa valutazione di sè dei soggetti schizofrenici dipendente da un deficit specifico nel trattamento dell'informazione attinente al rapporto tra sè e l'esterno (10)(11). Per quanto riguarda i dati degli altri pazienti, i soggetti con Disturbi d'Ansia hanno riportato i punteggi più elevati; con una certa differenza, i soggetti con Distimia possono essere accomunati ai precedenti, avendo riportato valori lievemente inferiori. I soggetti che si sono valutati in modo più negativo sono stati i pazienti con Disturbi dell'Umore.Questi dati possono essere considerati congrui con le conoscenze e le acquisizioni riguardo le specifiche psicopatologie (11). Un secondo elemento emerge dal rapporto tra i due fattori interni (Immagine di Sé e Immagine Sociale) nei diversi gruppi studiati. Negli studenti il rapporto tra il fattore I e il fattore II è di 2 a 1, come emerge dal calcolo delle percentuali. Questo significa che i soggetti di controllo valutavano la propria Autostima basandosi maggiormente sull'Immagine di Sé e in misura minore invece sull'Immagine Sociale, che risulta essere la metà della prima. Nei soggetti con disturbi psichici, lo schema di valutazione, determinato dal rapporto tra i due fattori, si evidenzia come congruo con le conoscenze psicopatologiche attinenti a ciascun gruppo (11). Nei soggetti con Disturbi d'Ansia, il fattore più elevato è il II; analogo risultato si evidenzia anche nei soggetti con Distimia. Il dato che appare discriminativo, oltre il livello globalmente più ridotto nelle Distimie, è il punteggio del I fattore che risulta essere più ridotto nei soggetti distimici. Nei soggetti con Disturbi dell'Umore, oltre il ridotto punteggio totale, appare rilevante l'elevato valore (e percentuale) nel I fattore, in un rapporto con il II pari a 3 a 1.. Nei soggetti schizofrenici vi è un andamento analogo ai precedenti, con un rapporto ancora più sbilanciato a favore del I fattore che risulta essere superiore al 76%.Globalmente, si può desumere che nello schema personale di Autovalutazione sia rilevante il rapporto tra le due modalità di costruire la propria Immagine, e quindi autovalutarsi. Infatti, da una parte, alcuni soggetti sono sbilanciati verso una sovrastima di sé, trascurando inoltre l'importanza della valutazione altrui; questi soggetti sottostimano, o perdono di vista, il necessario feedback derivante dai rapporti sociali e dalle relazioni con l'esterno, evidenziando un deficit di reciprocità (gli schizofrenici). Dall'altro lato, altri soggetti sbilanciano il loro schema autovalutativo in favore dell'importanza attribuita alla eterovalutazione, cioè all'Immagine Sociale, esponendosi alla dipendenza dagli altri e alla disistima globale di sé (Disturbi d'Ansia e Distimie). Infine, un'altra tipologia di soggetti (Disturbi dell'Umore), in un livello di autostima assai ridotto, evidenziano uno schema eccessivamente sbilanciato verso l'Immagine di Sé, trascurando e sottostimando l'importanza della eterovalutazione.

Discussione

E' opportuno ora porre alcuni punti da approfondire. Un primo elemento che merita di essere discusso è quello relativo alla differenziazione tra auto-valutazione e etero-valutazione. In sostanza i soggetti distinguono la valutazione su sè stessi a seconda che siano essi stessi i valutatori o siano invece gli altri (o più semplicemente "altri"). Quale può essere il senso di questa distinzione? Una prima risposta può giungere dalla più elementare considerazione che gli "altri" contano (hanno un peso) nel processo di attribuzione di valore a sè stessi. E' possibile anche distinguere se questa importanza attribuita o attribuibile agli altri come "valutatori autorevoli" sia una funzione naturale. La osservazione immediata che può essere fatta è che già nello sviluppo della conoscenza e della intelligenza il bambino utilizza gli altri come punto di repere o riferimento: potremmo dire che il bambino "si fida di X", o "imita X"; in definitiva, attribuiamo un significato di importanza ai comportamenti (in un senso largo) di altri sia come riferimento procedurale (pratico, tecnico, comportamentale, pragmatico) sia come riferimento valutativo (giudizio, regole, gerarchia di adozione di scopi, aspettative). Questa funzione che gli altri svolgono è importante in almeno due sensi. In una prima accezione è fondamentale nella relazione di accudimento e di attaccamento come base informativa e "prototipica" delle future relazioni con altri. In una seconda accezione, è decisiva nell'equilibrio tra giudizi autonomi e riferimenti esterni. Questo secondo punto, cruciale in un contesto come quello della filosofia morale e della psicologia delle norme, è decisivo per la determinazione della direzione della condotta del soggetto, e della scelta dei propri scopi, a breve e a lungo termine. In sostanza, se il soggetto si conforma agli altri non esplora creativamente, ma non rischia il rifiuto; se il soggetto, invece esplora in un modo non conforme e rischia, aumenta la propria conoscenza ma non ha garantita positiva accettazione sociale ed interpersonale. Ciò è valido anche ad un livello meno "sociale" e più basico quando un soggetto si trova a dover bilanciare uno stile deduttivo oppure induttivo di pensiero.Dunque, il processo teso a differenziare auto-valutazione dalla etero-valutazione sembrerebbe garantire questa funzione individuale e sociale.Un secondo punto è quello relativo alla funzione specifica della valutazione esterna, che sembrerebbe garantire il soggetto dal rischio di distorsioni ed autoinganni intrinseci al fenomeno della doppia autovalutazione: io che giudico me stesso, e quando giudico accondiscendo agli scopi di me stesso, pur tentando "de dicto" di non farlo. A cosa serve la valutazione degli altri? E' un "servomeccanismo", potremmo sostenere, che ha la funzione di fornire dati esterni, e dunque non soggetti alle strategie di perseguimento di propri scopi. Certamente, anche l'importanza di questi dati esterni è costruita in modo individuale, attribuendo più o meno valore alle specifiche fonti informative e valutative; purtuttavia, le fonti informative esterne hanno un loro peso ed importanza, a meno di non ricorrere a strategie di annullamento del valore informativo e critico degli altri, situazione che abbiamo appunto studiato nei pazienti psicotici.Un ultimo punto di discussione è quello relativo alla specificità del pattern autovalutativo, specificità che emerge a livello di categorie diagnostiche, come abbiamo evidenziato nella ricerca. L'elemento pregnante sembra essere non tanto il punteggio globale di autostima, che può essere un fatto risultante e secondario, quanto l'equilibrio tra i due fattori di auto- ed etero- costruzione della valutazione di sè (Fattore I° e II° rispettivamente, nella ricerca). Ciò che colpisce è che a differenza del punteggio globale di autostima nei pazienti psicotici affettivi e non-affettivi (prevalentemente, Depressione Maggiore con manifestazioni psicotiche versus Schizofrenia) lo schema di autovalutazione è simile: il fattore di auto-giudizio è sbilanciato (rispetto ai controlli) in senso positivo, e dunque, il fattore relativo alla costruzione del giudizio degli altri è insignificante; questo sia che il punteggio globale sia alto o basso, sia che vi siano stati depressivi o meno. Cosa può significare questo pattern simile? Si può affermare che in questi soggetti l'importanza del giudizio degli altri, al fine di costruire in modo più sofisticato la propria auto-immagine, è irrilevante. In quanto giudicata di poco conto o utilizzata scarsamente (cosa che comunque non è uguale) questi soggetti sarebbero inclini a non avere un "servomeccanismo" funzionante, e per questo motivo non sarebbero in grado di giovare delle correzioni proficue da parte dell'esterno. Di fronte al problema questi soggetti tenderebbero a basarsi unicamente su informazioni possedute (così come sono possedute) e scoraggerebbero l'attività informativa e valutativa esterna (sociale o meno). Questo risultato si avvicina alle descrizioni piagetiane dell'egocentrismo intellettivo, e alle strategie iperdeduttive e iperinduttive patologiche descritte dalla psicologia del ragionamento (13). Il risultato di ciò è una nota difficoltà alla correzione delle proprie "teorie" personali e delle proprie assunzioni ed auto-credenze.

Conclusione

La valutazione dalla propria immagine è un indicatore del processo di costruzione della identità personale, e dei relativi problemi e disturbi psichici.Lo schema di autovalutazione può essere operazionalmente distinto in due componenti, l'Immagine di Sé e l'Immagine Sociale, il cui rapporto ha la funzione di bilanciare il contributo reso dall'esterno alla costruzione della Autoimmagine, con quello derivante dalla attività ideativa interna.Alcuni soggetti con specifici disturbi mentali evidenziano un rapporto, tra le due componenti della Autoimmagine, sbilanciato fortemente in un senso o nell'altro in modo congruo con le specifiche categorie psicopatologiche.

 

Bibliografia
Castelfranchi C. (1988) Che Figura. Emozioni e immagine sociale. Il Mulino. Bologna
Eysenck H.J., Wilson G. (1986) Conosci la tua personalità. Ed. B.U.R.
Gazzaniga M.S. (1990) Stati della Mente, Stati del Cervello. Giunti, Firenze
Guidano V.F. (1988) La Complessità del Sé. Bollati Boringheri, Torino
Liotti G. (1991) Il significato delle emozioni e la psicoterapia cognitiva. in Magri T., Mancini F. (a cura di) Emozione e Conoscenza. Editori Riuniti. Roma
Hinde R.A. (1989) Individui, Relazioni e Cultura. Giunti, Firenze
Kendall P.C., Northon-Ford J.D. (1986) Psicologia Clinica. Il Mulino, Bologna
Miceli M., Castelfranchi C. (1992) La Cognizione del Valore. F.Angeli Milano
Nisbett R., Ross L. (1989) L'Inferenza Umana. Il Mulino Bologna
Pizzamiglio L. (1990) La neuropsicologia delle emozioni. in Denes G., Pizzamiglio L. Manuale di Neuropsicologia. Zanichelli. Bologna
Sims A. (1992) Introduzione alla Psicopatologia Descrittiva. R.Cortina, Milano
Stich S. (1983) From folk psychology to cognitive science. Cambridge,Mass., MIT Press.
Tverski A., Kahnemann D. (1974) Judments under uncertainty: Heuristics and biases, in "Science", 185, pp.1124-1131.
Zuckermann M. (1979) Sensation Seeking: Beyond the optimal level of arousal. Erlbaum, Hillsdale

La comunicazione assertiva
di Lanari Gianni, Calbi Nunziata - Ed. Finson

L'assertività o arte del rapporto interpersonale è, in Italia, una disciplina ancora misconosciuta. Essa descrive un modo di agire e uno stile relazionale in cui il rispetto dei propri desideri e bisogni riveste un ruolo di primo piano, mantenendo allo stesso tempo l'attenzione ai diritti e all'uguaglianza tra le persone. Il manuale guida il lettore lungo un percorso di crescita e auto-miglioramento che conduce all'equilibrio con se stessi e a una migliore interazione con gli altri...

>>> ritorna alla homepage <<<

All contents copyright© CENTRO ITALIANO SVILUPPO PSICOLOGIA cod. fisc. 96241380581
Tutti i diritti riservati. E' vietata la riproduzione,stampa e/o diffusione in qualsiasi forma del testo e/o delle immagini senza il permesso scritto del
CENTRO ITALIANO SVILUPPO PSICOLOGIA
All Rights Reserved. No material may be reproduced electronically or in print without written permission from
CENTRO ITALIANO SVILUPPO PSICOLOGIA
Note legali - Si prega di leggerle accuratamente prima di utilizzare il sito