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Il trattamento psicologico breve nel Disturbo da Attacchi di Panico

di Gian Luigi Dell'Erba

 

Riassunto

Il disturbo da attacchi di panico con o senza agorafobia è largamente sensibile al trattamento cognitivo - comportamentale, in particolare strutturato in modo tale da puntare l’intervento su quattro elementi ritenuti principali sia per quel che riguarda la eziologia che per quanto concerne il trattamento. Essi sono:

a) esposizione graduale "in vivo";
b) ri-etichettamento delle sensazioni somatiche;
c) rilassamento e respirazione addominale frazionata;
d) ristrutturazione cognitiva delle assunzioni disfunzionali.

Per valutare tale incisività è stata condotta una ricerca su pazienti in trattamento psicologico e pazienti in trattamento farmacologico aventi la funzione comparativa di controlli clinici. La valutazione dell’andamento è stata effettuata con il SCL90 somministrato a intervalli regolari di 15 giorni per 90 giorni. Il trattamento psicologico cognitivo - comportamentale è risultato efficace sui controlli clinici e la differenza tra i punteggi iniziali e quelli finali è ampiamente significativa.

Summary

Panic Attacks Disorders and Agoraphobia is very sensitive to cognitive-behavioral treatments, particularly when it is builted focusing on four fundamental elements both for etiology and for treatment. They are:

a) gradued in vivo exposure;
b) re-labelling of bodily sensations;
c) relaxation and frationed breathing;
d) cognitive restructuration of maladactive assumptions.

To evaluate this incisivity a research has been conducted upon subjects under psychological treatment and subjects under drug treatment as clinical controls. The assessment of the trend has done with SCL90 with regular intervals of 15 days for 90 days. Cognitive-behavioral psychological treatment is risulted more effective and efficacy than clinical controls and the difference between initial scores and the ending scores was largely meaningful.

PAROLE-CHIAVE: terapia cognitiva, attacchi di panico, agorafobia

KEY-WORDS: cognitive therapy, panic attacks, agoraphobia

Premessa

L’interesse per i Disturbi d’Ansia e di Panico è aumentato notevolmente negli ultimi anni ed è riconosciuto come uno tra i più frequenti motivi di consultazione specialistica nell’ambito dei problemi psicologici. Il Disturbo da Attacchi di Panico interessa dal 2 al 6% della popolazione ed è più frequente nelle donne, e molto spesso insorge in età giovanile. Pur senza rifarsi a dati epidemiologici ufficiali, si può sostenere con tutta tranquillità che la consultazione per problemi d’ansia e di panico è tra quelle più frequenti che spingono l’individuo a consultare il medico di base. Inoltre, da una parte, molti soggetti con problemi di ansia presentano al medico una lista numerosa con altri problemi (cefalea, insonnia, dispnea, tachicardia, ...), dall’altra numerose persone non consultano alcun medico ed a volte intraprendono la strada di tentativi eterogenei di "autoterapia".Il disturbo d’ansia acuto diventa motivo di consultazione ad un grado medio o elevato di intensità, quando il soggetto ha fallito i propri tentativi di gestione dei sintomi. Ad una elevata intensità, come è facile immaginare, vi è una quasi totale compromissione della vita di relazione e della autonomia personale.I disturbi d’ansia acuta possono essere distinti sulla base dei sintomi o della specifica compromissione che essi causano. Nel DSM IV (A.P.A., 1994) sono elencati i seguenti disturbi che possono coesistere con un disturbo di ansia acuta e panico negli adulti:

- Attacchi di Panico con agorafobia
- Fobia semplice
- Ansia sociale
- Disturbo ossessivo compulsivo
- Ansia generalizzata
- Depressione Maggiore
- Disturbo da somatizzazione
- Disturbo post-traumatico da stress

In questo lavoro verrà trattato soltanto il disturbo da attacchi di panico con o senza agorafobia con un interesse prevalentemente applicativo per le procedure di trattamento psicologico a breve termine.

Caratteristiche della sindrome da attacchi di panico con o senza agorafobia

Il disturbo da Attacchi di Panico con o senza Agorafobia è caratterizzato dai seguenti sintomi come variamente presenti nel DSM IV:

- palpitazioni, cardiopalmo, o tachicardia:
- sudorazione;
- tremori fini o grandi scosse;
- dispnea o sensazione di soffocamento;
- sensazione di asfissia;
- dolore o fastidio al petto;
- nausea o disturbi addominali;
- sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento;
- derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da sè stessi);
- paura di perdere il controllo o di impazzire;
- paura di morire;
- paraestesie (sensazioni di torpore o di formicolio) brividi o vampate di calore;
- ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile allontanarsi o ricevere aiuto.

Il disturbo da panico può essere associato ad altri disturbi in co-morbilità come ad esempio Depressione, Ansia Sociale, Disturbo Ossessivo-compulsivo, Disturbo da Somatizzazione, Disturbo da Ansia Generalizzata, Disturbo Post Traumatico da Stress. Possono naturalmente essere presenti alcuni tratti di personalità più frequenti di altri o anche veri disturbi di personalità come quello Evitante, Dipendente, Borderline.

Concettualizzazione del disturbo

Nel periodo precedente al primo attacco di panico i pazienti hanno frequentemente sperimentato un livello di stress elevato ma accompagnato da un atteggiamento di minimizzazione rispetto ai problemi contingenti. I soggetti spesso riferiscono problemi familiari, di lavoro, cambiamenti importanti nella qualità della vita o nella generale organizzazione familiare, frustrazioni o relazioni particolarmente impegnative, o altre situazioni "normalmente" caratterizzate da stress. I pazienti con attacchi di panico minimizzano questi antecedenti sulla base di una probabile assunzione personale attinente alla propria insensibilità o immunizzazione a tali situazioni. In sostanza non prendono le dovute precauzioni consistenti nel riorganizzare il proprio generale atteggiamento così da rispondere ai problemi senza però esaurire le proprie energie. Quella che è una caratteristica antecedente al primo attacco si ribalterà poi per divenire una attenzione allarmata su ogni sensazione somatica. In generale si potrebbe parlare di una conoscenza insufficiente delle segnalazioni dell’organismo in stato di stress, nelle quali il soggetto pur presentando livelli di attivazione, ansia, tensione, iperventilazione elevati non riorganizza il proprio comportamento in base ad essi, ma tenta di distrarsi, minimizza il dato e sopravvaluta le proprie capacità di fronteggiare fisicamente la situazione. In tali circostanze si manifesta il primo episodio di panico. Questo evento ha due aspetti rilevanti: un primo aspetto attinente alla circostanza traumatica di sperimentare uno stato acuto di ansia costruito dal soggetto come completamente diverso dalle "normali" esperienze finora sperimentate (aspetto traumatico); il secondo aspetto è relativo alla acquisizione di una nuova dimensione di conoscenza (avere gli attacchi di panico, i sintomi specifici, i sentimenti di urgenza). Questi due elementi costituiscono gli ingredienti della sindrome psicologica del disturbo.Una volta sperimentato il primo episodio, il soggetto attiverà una particolare attenzione ai segni precoci e premonitori di un successivo attacco; in sostanza, il soggetto sarà nuovamente in stato di ansia dovuta ad una ipervigilanza, e in questo stato attiverà l’atteggiamento ansioso con i noti correlati fisiologici (tensione prolungata, iperventilazione, amplificazione delle sensazioni somatiche). Tra il secondo e i successivi attacchi di panico si sviluppa la sindrome completa caratterizzata da elevata anticipazione dell’ansia, ricerca attentiva dei sintomi, iperventilazione, distorsioni cognitive (in particolare la catastrofizzazione e la selezione attentiva).La natura della sindrome del disturbo da attacchi di panico è caratterizzata da un preciso circolo vizioso: l’anticipazione dell’ansia genera ansia - lo stato di ansia conduce alle sensazioni di panico imminente - i sintomi vengono interpretati in chiave catastrofica ed estrema - il soggetto ha un attacco di panico. Dunque, la sindrome prende la forma di un meccanismo molto definito in cui è possibile intervenire su ciascuno dei suoi aspetti.Un elemento importante è il set di assunzioni su sè stesso che il soggetto ha costruito nel corso degli anni, il suo modo di avere a che fare con gli altri, di interpretare gli avvenimenti, di fronteggiare gli ostacoli ed i problemi della vita. Queste assunzioni, che non sono immediatamente consapevoli ma perlopiù automatiche, sono vere e proprie teorizzazioni personali che influenzano e guidano il comportamento del soggetto, fungono da coordinate di riferimento. Molto spesso, i soggetti con attacchi di panico hanno una diminuita "soglia" per i problemi legati alla autonomia personale (esplorazione, tolleranza, sopportazione, attribuzione di poteri interno-esterno) e frequentemente non hanno, nel corso dello sviluppo, articolato e potenziato questo aspetto. E’ quindi perciò possibile pensare che tali soggetti sono più esposti ad una brusca interruzione dei propri abituali schemi e subiscono una forte invalidazione, una confutazione della propria teoria. Naturalmente, la conseguenza di tale dato contrastante con le proprie aspettative è tanto più negativa quanto più il soggetto è "impoverito" nella conoscenza del proprio funzionamento e nella propria capacità di fare delle discriminazioni (sensazioni, eventi, frustrazioni, intensità degli ostacoli, ...).

Procedure psicoterapeutiche

Il trattamento è strutturato in modo da affrontare 4 obiettivi principali: a) esposizione graduale "in vivo"; b) ri-etichettamento delle sensazioni somatiche; c) rilassamento e respirazione addominale frazionata; d) ristrutturazione cognitiva delle assunzioni disfunzionali. Ognuno degli obiettivi è stato trattato come parte a sè, naturalmente discutendo con il paziente le integrazioni e le interrelazioni tra ciascun obiettivo con gli altri.

Esposizione in vivo

La tecnica della esposizione è notoriamente efficace nella riduzione dell’ansia associata a situazioni ben identificate come fobie specifiche, agorafobia, ansia sociale (Barlow D.H. et al., 1988, 1989; Clark, 1986, 1991; 1991; Clark D.M., Salkovskis P.M. 1991; Sanavio, 1994). La procedura di esposizione si pone l’obiettivo di permettere al paziente di percepire e valutare in modo "controllato" l’oggetto della propria paura. Questo metodo, se graduale, consente al paziente di riappropriarsi di quelle funzionalità sociali e quotidiane che ha perso a causa dei rilevanti evitamenti dovuti ai sintomi acuti dell’ansia ed alla sindrome di ansia anticipatoria. Se ben disegnata, la modalità di esposizione permette una rapida ripresa e confidenza di abilità che sono state sospese, ed in qualche caso dimenticate. Nel progettare ed effettuare le esposizioni deve essere ben spiegato il significato di tali procedure e quindi ricercare la piena collaborazione del paziente ed eventualmente di un suo familiare.

Ri-etichettamento delle sensazioni somatiche

La discussione concreta sulla natura di diverse sensazioni favorisce una categorizzazione ed una più realistica adesione ad un modello dei sintomi di ansia come effetti della sindrome da stress. La possibilità di discutere con il paziente delle cause dei singoli sintomi, con eventuali esempi anche calibrati sulle comuni esperienze della vita quotidiana ha la funzione di normalizzare e "decatastrofizzare" la condizione soggettiva del paziente (Barlow D.H. et al., 1988, 1989; Clark, 1986, 1991; 1991, 1996; Clark D.M., Salkovskis P.M. 1991; Salkovskis P.M., Clark D., Gelder M.G.,1996; Beck A.T., Emery G., 1985).

Rilassamento e respirazione addominale

Le tecniche di rilassamento e di educazione respiratoria hanno la funzione duplice di essere sia uno strumento "sotto controllo" del paziente, il quale può contarci nelle situazioni quotidiane più diverse, sia un metodo per bloccare o inibire la tendenza ad iperventilare e quindi a produrre i sintomi caratteristici che il paziente interpreta come l’imminente attacco di panico (Bonn J.A., Readhead C.P. A., Timmons B.H. , 1984; Clark D.M., Salkovskis P.M., Chalkley A.J., 1985).

Ristrutturazione cognitiva

Il paziente deve essere preparato ed allenato a riconoscere i propri pensieri automatici e spontanei, i quali possono essere molto rapidi ed istantanei e possono non lasciare più traccia in memoria; l’allenamento nel percepire i propri pensieri ed i propri atteggiamenti è molto importante in quanto attraverso questa procedura il paziente si rende consapevole di come effettivamente modifica il proprio stato emotivo Beck, Emery, 1985; Clark, 1986, 1991; Mancini, 1996; Freeman et al, 1990). Da tale abilità deriva anche il successivo lavoro di revisione e modificazione delle assunzioni generali del paziente. Il lavoro di riconoscimento e ricostruzione degli schemi disfunzionali (solitamente, gli schemi più usuali e frequenti che vengono elaborati da questi pazienti fanno riferimento a tipologie come "vulnerabilità", "fragilità", "mancanza di autonomia", "oppressione", "incapacità di controllo personale", "insopportazione - scarsa tolleranza alla frustrazione", "perfezionismo", "elevati standards") è la chiave del lavoro a più lungo termine, ed in genere la parte più impegnativa del trattamento. Il paziente prende coscienza di come ha costruito certi settori della propria esperienza e delle spiegazioni e teorie personali che utilizza per darsi un significato. Attraverso il lavoro sulle assunzioni disfunzionali il paziente modifica i propri schemi a favore di spiegazioni alternative più realistiche, adattive e concrete.Un ruolo di rilievo è costituito dal lavoro con i familiari (o con un familiare) attraverso il quale è possibile non solo ottenere la collaborazione per eventuali coinvolgimenti diretti in procedure di esposizione dal vivo, come esposto più sopra, ma è utile anche avere una collaborazione nella gestione delle relazioni in casa. Molto spesso il paziente può essere molto richiedente e ricercare insistentemente un sostegno nelle pratiche della propria vita quotidiana, ma nel fare ciò può assumere un atteggiamento "doveristico" e prescrittivo nei confronti del partner o di altri familiari; in tali casi è sempre utile informare e preparare i familiari di questo tipo di caratteristiche "tipiche" della sindrome psicologica senza che a questo debba seguire una reazione punitiva o svalutativa. I familiari vengono preparati a essere supporti validi, affidabili, e positivi mediante colloqui dedicati a loro ma con la presenza del paziente. L’atteggiamento generale è psico-educativo, con una particolare attenzione alla evidenziazione di distorsioni cognitive ed atteggiamenti disfunzionali anche nei familiari, che vanno segnalati delicatamente e con tatto ma pure con decisione ed atteggiamento professionale.Alcune tra le tipiche reazioni della famiglia al paziente ansioso (in particolare al paziente con attacchi di panico e agorafobia) sono le seguenti:

- svalutazione delle lamentele del paziente, anche con interazioni comunicative caratterizzate da scherno, sarcasmo, messa in ridicolo; la minimizzazione dei problemi del paziente è un problema che spesso si aggiunge ai problemi principali e primari della sindrome psicologica;
- reazioni punitive in risposta alla insistenza ed all’atteggiamento irritato e prescrittivo del paziente nel volere essere aiutato ("devi aiutarmi", "è tuo dovere accompagnarmi", ...);
- trascuratezza ed allontanamento dovuti alla difficoltà della relazione affettiva ("non sei più come prima", "vuoi sempre l’attenzione per te", "i tuoi problemi sono sempre più importanti ed urgenti dei miei", ...).

Un altro aspetto importante è quello delle procedure da attuare tra una seduta e l’altra, i cosiddetti "compiti per casa" o homeworks. E’ utile insistere sulla necessità di attuare i compiti in quanto molto spesso il lavoro progettato ha un senso preciso ed il suo risultato è necessario per la continuità del trattamento. Gli specifici compiti sono progettati in collaborazione con il paziente e consistono frequentemente in diari di registrazione di elementi-bersaglio, o diari di automonitoraggio, o in schede di analisi delle cognizioni associate agli eventi contingenti.

Metodologia della ricerca

disegno

La ricerca è stata caratterizzata da uno doppio schema: il primo di confronto diretto interno dovuto al tipo di valutazione prescelta consistente nell’andamento sintomatologico sulla base di un test normativo (SCL90); il secondo di confronto esterno con un gruppo di controlli clinici. La valutazione degli esiti è stata caratterizzata principalmente dalla valutazione degli andamenti psicometrici del test, somministrato a scansione predeterminata.

strumenti

Lo strumento prescelto è stato il Sintoms Check List 90 items di De Rogatis e collaboratori, per le buone qualità di praticità, precisione sintomatologica degli items, velocità di somministrazione e scoring, fedeltà, validità rispetto all’esame clinico. Il test consiste di 90 items sintomatologici raggruppati nelle seguenti scale: Somatizzazione, Ossessioni, Sensitività, Depressione, Ansia, Ostilità, Ansia Fobica, Ideazione Paranoidea, Psicoticismo, Sleep (disturbi del sonno), Neu (indice di nevroticismo generale).La buona manegevolezza dello strumento ha permesso di usarlo con una scansione di 15 giorni.

dati

L’esame dei risultati è consistito nel confronto diretto interno dei punteggi del campione, e nel calcolo della significatività dello scarto tra la prima e l’ultima somministrazione. Tale semplice metodologia è direttamente discendente dall’impianto lineare della ricerca, in quanto il criterio di confronto esterno (i soggetti normali) è definito in partenza come tutti i soggetti con un profilo nel SCL90 non significativo; mentre il criterio di confronto interno (re-test sugli stessi pazienti) è dato dallo scarto nel corso dell’andamento della terapia. Come criterio comparativo per il confronto esterno è stato selezionato il piccolo campione di pazienti seguiti con Visite di Controllo ma senza effettuare sedute di psicoterapia.

campione

Il campione della ricerca è composto da due gruppi: uno di soggetti in trattamento psicologico e uno di controlli clinici.Il campione dei soggetti è composto da 27 pazienti con diagnosi di Attacchi di Panico con o senza Agorafobia (DSM IV) valutati con la SCID-P e II, e con il SCL90. Tali soggetti sono stati selezionati in base ad un criterio temporale (tutti quelli che in certo periodo seguivano la psicoterapia).Come gruppo di controllo clinico è stato utilizzato un campione di 31 pazienti in terapia farmacologica equivalente al regime farmacologico del campione sperimentale ma che seguivano visite di controllo mediche invece delle sedute di psicoterapia. Per il numero esiguo dei soggetti sperimentali e di controllo tale ricerca si pone più come uno studio pilota controllato che come uno studio di efficacia definitivo.

Alcuni esempi clinici

Paz. n. 11

F., 39 anni, impiegata statale, coniugata, con una figlia di 2 anni, ha manifestato attacchi di panico con agorafobia, ansia sociale, somatizzazioni, e depressione di grado lieve, per un periodo di 7 anni. Durante questi anni si è rivolta a 3 psichiatri assumendo la terapia farmacologica prescrittale, differente nei 3 diversi casi (1: antidepressivi triciclici, benzodiazedine; 2: benzodiazepine; 3: benzodiazepine, fluoxetina), ed a 2 psicologi con i quali ha svolto rispettivamente 3 mesi di colloqui di psicoterapia analitica, ed 1 anno e 4 mesi di psicoterapia ad orientamento esistenziale. Gli attacchi di panico sono sempre stati presenti nella sintomatologia della paziente, come pure gli evitamenti di tipo agorafobico. La riduzione delle performances e della qualità della vita sono state tali da far abbandonare alcuni comportamenti ed abilità cruciali per i suoi standards di vita (guida dell’auto, fare la spesa, andare da sola al lavoro, ...).La paziente ha chiesto di terminare gli incontri dopo circa 5 mesi di psicoterapia in quanto era soddisfatta degli obiettivi raggiunti.

Paz. n. 5

P., 32 anni, coniugata, diplomata, disoccupata, ha manifestato la sintomatologia di attacchi di panico con agorafobia e somatizzazioni per un periodo di 5 anni, rivolgendosi in questo periodo a 2 psichiatri, seguendo le prescrizioni psicofarmacologiche (antidepressivi triciclici, antidepressivi SSRI, benzodiazepine). Quando la paziente ha iniziato la psicoterapia aveva interrotto tutte le attività ricreative all’aria aperta, e le normali attività domestiche. Gli incontri psicoterapici sono durati per 7 mesi circa.

Paz. n. 22

M, 25 anni, studentessa universitaria, nubile, ha manifestato la sintomatologia ansiosa per 4 anni, consultando in questo periodo 1 psichiatra con il quale ha praticato terapia comportamentale (desensibilizzazione immaginativa) e benzodiazepine, ed uno psicologo con il quale ha praticato una terapia con il Biofeedback (EMG); ha abbandonato entrambi dopo circa 4-5 mesi di frequenza. Le consizioni della paziente al momento di inizio erano particolarmente drammatiche in quanto a causa degli attacchi di panico si recava spesso al Pronto Soccorso per un intervento di urgenza, qualcuno proseguito con il ricovero presso vari reparti (Psichiatria, Cardiologia, Medicina Generale, Neurologia). Ha effettuato gli incontri per circa 6 mesi, durante i quali ha mantenuto i risultati positivi dei primi mesi ed ha approfondito alcuni suoi temi disunzionali (Ansia Sociale).

Paz. n. 3

S, impiegato di 41 anni, coniugato, ha manifestato una sintomatologia di attacchi di panico con evitamenti agorafobici e rilevanti somatizzazioni, insieme a lievi sintomi di depersonalizzazione, derealizzazione e alterazioni della percezione. La condizione psicopatologica è rimasta stabile per circa 10 anni durante i quali il paziente si è rivolto a 3 psichiatri, seguendo le relative prescrizioni farmacologiche (antidepressivi triciclici, benzodiazepine, aloperidolo, levomepromazina). Il paziente si è rivolto anche ad uno psicologo per una psicoterapia ad orientamento analitico ed un training di rilassamento (T.A.). Dato il perdurare della sintomatologia acuta, il paziente ha interrotto sempre tutti i vari tentativi terapeutici. Nel periodo di inizio del trattamento, il paziente assumeva una modica quantità di benzodiazepine che poi ha deciso di interrompere dopo circa 15 giorni. Il trattamento è durato circa 18 mesi, con una focalizzazione, nella seconda parte, sui suoi aspetti personologici (tratti borderline ed istrionici).

Risultati

Il presente studio controllato ha dimostrato con un alto livello di significatività (p < 0.001) che il trattamento cognitivo - comportamentale è particolarmente efficace sui sintomi di ansia acuta, panico e agorafobia. In particolare, le valutazioni affettuate con il SCL90 hanno evidenziato che il profilo caratteristico dei pazienti con disturbo di panico ed agorafobia comprende una forte elevazione delle scale di Ansia Fobica, Ansia, Somatizzazione, e Depressione.Oltre a tali scale sono presenti anche altri raggruppamenti sintomatologi, che però hanno una minore intensità ed una maggiore variabilità. Il calcolo della deviazione dalla media ha rilevato che il piccolo gruppo di soggetti, sia sperimentali che di controllo, era rappresentato sufficientemente dal valore medio (ds media delle scale = 9.78); la scala più variabile è risultata essere la Ideazione Paranoide con una deviazione di 15.2 mentre la meno variabile è stata Ansia Fobica con una deviazione di 5.9. Il confronto tra i profili è ampiamente dimostrativo dell’effetto del trattamento sui soggetti del gruppo di controllo clinico. Lo studio ha coperto un periodo di oltre 90 giorni di valutazione con il SCL90, ma il trattamento in alcuni casi si è prolungato per successivi obiettivi che i soggetti erano propensi a proporre. Non si sono verificati attacchi di panico durante il resto del trattamento, né durante il corso delle procedure cognitivo - comportamentale dopo i primi 30 giorni.

Conclusioni

Il trattamento cognitivo - comportamentale si è dimostrato efficace in una vasta e corposa serie di ricerche sulla valutazione degli esiti delle psicoterapie cognitive e cognitivo - comportamentali e delle psicoterapie in genere (Hollon S.D., Beck A.T., 1994; Emmelkamp P.M.G., 1994; Barlow D.H. et al., 1988, 1989; Clark, 1986, 1991; 1991; Clark D.M., Salkovskis P.M. 1991; Kosko J, Barlow D.H., Toussinari. R.B., Cerny J., 1990; Mattick R.P., Andrews G., Hadze-Pavlovic D., Christensen H., 1990). L’approccio presentato in questo studio è cognitivo - comportamentale in quanto è composto, oltre ai classici interventi di ristrutturazione cognitiva, di procedure attive e sul campo, di esercizi e di allenamento; lo sfondo di tale approccio è più esattamente cognitivista "standard", nel significato correntemente utilizzato (Beck A.T., Emery G., 1985). Le applicazioni di tale approccio sono diverse ma, come è possibile dedurre da tale lavoro e da altri simili, è la caratteristica di essere "tailored" cioè tagliati su misura del problema (o del tipo generale di disturbo) a caratterizzarne maggiormente la tipologia; tale lavoro si è focalizzato proprio sul Disturbo da Attacchi di Panico con o senza Agorafobia.Riguardo questo disturbo sia l’approccio cognitivo (soprattutto Beck e collaboratori) e quello cognitivo - comportamentale (Barlow, Emmelkamp, Clark) sono stati da molti anni indicati come trattamenti di prima scelta, ed inoltre hanno coperto la gran parte degli studi sulle procedure efficaci nel settore dei disturbi d’ansia. Molti autori cognitivisti hanno sviluppato particolarmente il lavoro sulla ristrutturazione degli schemi disfunzionali in diverse modalità; ad esempio: come ricostruzione della storia di vita, come correzione di distorsioni cognitive di contenuto generale, come modificazione di atteggiamenti in seduta (hot cognition), come riduscussione e ridecisione di piani di scopi a medio e lungo termine, ed altri ancora.In un senso lievemente diverso altri autori cognitivisti hanno sviluppato il lavoro sui disturbi di ansia acuta come una specie di sintomo tra i tanti di organizzazioni di personalità specifiche (Sassaroli e Lorenzini, 1995) o tendenzialmente generali (Guidano, 1988; Bara, 1996; Reda, 1986). Il punto di vista del presente lavoro tende più specificamente a definire di disturbo acuto come il risultato di un meccanismo composto da diverse parti, e da certi meccanismi cognitivi (Mancini, 96) e tali aspetti specifici sono anche il target del trattamento; non si considera il panico come il precipitato di costrutti definiti (ad esempio "forte - attaccato versus debole - autonomo" o "vulnerabile" o anche "malato") ma si studia il meccanismo, composto spesso anche dalla presenza di tali costrutti o schemi, come non specifico di un modo di essere strettamente definito. In questo senso non si è tenuto conto, nel campionamento, della presenza di variabili più strettamente personologiche (il che può sempre essere fatto in futuro).Il disturbo da ansia acuta e panico può manifestarsi in diverse organizzazioni personologiche non per questo i soggetti sono "fobici" come cluster personologico (ad esempio il cluster C del DSM IV).Nel presente studio si è evidenziato tuttavia un andamento nello stile dei pazienti studiati, e tale caratteristica pur senza essere stata riportata tra i dati della ricerca può essere sintetizzato come segue: intolleranza alle difficoltà, minore capacità di tollerare punti di vista diversi (anche nelle discussioni), tendenziale assolutismo e perfezionismo nelle mete personali, stile sportivo ed attivo nella adolescenza. Tali caratteristiche, che non sono ovviamente dei tratti predisponenti nè delle stigmate personologiche, devono essere più dettagliatamente studiati ai vari livelli di descrizione della psicopatologia: da tali dati potrebbe derivarne anche una smentita del presente punto di vista.

 

Bibliografia

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