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DIARIO DI UN DEPRESSO (19/12/2006)

 

 

Era ora.

Anche stavolta la scelta è stata travagliata parecchi anni e partorita solo due giorni fa.

Ora anche io ho il mio computer.

Portatile, please.

Alle ore 19 del 19 dicembre 2006 inizia per me una nuova avventura informatica e, soprattutto, esistenziale, che si completerà, nel suo inizio, solo dopo avere avuto anche l’accesso ad internet ed alla posta elettronica da questo pc.

La storia è paragonabile a quella della macchina. Almeno 5 anni di doglie ed il parto solo qualche mese fa. Un parto abbastanza sofferto e che ha generato un essere abbastanza deludente nelle sue prestazioni. Ma qui, anche qui, come al solito, non posso lamentarmi perché la colpa è solo mia. Come al solito faccio le cose di impulso e quasi matematicamente la scelta risulta con molti difetti. Bacata, direi.  E allora rimango lì a smadonnare.

Ho fame.

Spero di non aver caricato un software danneggiato o che minacci la salute del pc.

A parte il pc, oggi è stata una giornata così così. Come al solito mi sono svegliato tardissimo con la depressione addosso e con tremori e depressione che piano piano mi sono passati facendo le cose, agendo, in sostanza.

Sono andato dal dentista, dove, con grande sorpresa, mi aspettava una bella fighetta, che mentre mi operava mi strusciava le tette sulla fronte. La cosa non era molto erotica di per sé ma faceva comunque un certo effetto. Poi sono andato in agenzia viaggi, dove mi hanno confermato che il traghetto costa quasi un milione. Mi toccherà, dunque, guidare per 5 giorni ininterrottamente.

A parte tutte queste inezie, il mio umore ed i miei pensieri vagano nel nulla, perdendo tempo e non sapendo dove aggrapparsi. Mi ripeto costantemente che la mia fine sarà quella di tornare in ufficio, senza essere, tuttavia, cazzuto come tutti mi vorrebbero e si attendono che io diventi stando fuori sei mesi. Nel mentre cerco di capire cosa voglio fare della mia vita, senza trovare una risposta decente.

Valeria continua a cazziarmi quotidianamente, pur con un certo stile. Dice che devo abbandonarmi al non far niente e a recuperare il tempo e lo spazio che si sono persi in me durante tutti i mesi di ufficio. Dice anche che devo trovarmi un’altra attività. “ Mandare un curriculum alla Feltrinelli” o lavorare in un bar: è questo che dovrei fare secondo lei.

Il mio progetto degli ecovillaggi è clamorosamente fallito, anche se, pure in questo caso, mi sono informato male. A quanto pare ce ne sono molti di più di quelli che io ho creduto e che sono riuscito a rintracciare. La vita che si fa lì è una vita più tranquilla, ma ho capito che la maggior parte degli abitanti lavora con un’attività di ufficio o di artigianato artistico. Io non saprei cosa fare, io non ho un valore aggiunto da vendere o che mi permetta di rischiare la pelle a quarant’anni.

Insomma, quello che sto cercando di dire è che la situazione è critica. Il natale si avvicina ed io non ho fatto un solo regalo. Credo che ne farò solo ad Aida e a Valeria. Ma quella che si avvicina sempre di più è la crisi, è la fine, è la sconfitta.

Devo reagire e adottare pensieri funzionali. Positivi. Allegri e speranzosi. Cominciamo subito: domani sarà una nuova giornata e potrò riscattarmi almeno un poco.

Credo che alla fine leggerò la posta elettronica dell’ufficio, anche se non dovrei e anche se credo che questo mi sconvolga un poco l’equilibrio instabile che ho in questo momento.

Devo anche pagare il gas e portare le minacce della Rai al Peduto. In più non devo scordarmi di comprare le medicine. Le nuove. Stasera andrò a riguardarmi tutti gli appunti sugli ecovillaggi, per vedere se c’è qualcosa di positivo da qualche parte, ma d’istinto mi verrebbe da dire che si tratta di tempo perso: non è lì che devo andare a sbattere.

Ho freddo ai piedi.

Bye.

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