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 RIPENSANDO ALLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

Barbara Rossi


Martedì 15 maggio si è tenuto a Parma il seminario di studi: “Azioni di contrasto e sensibilizzazione contro la violenza alle donne e ai minori”.
Il Convegno ha visto la presenza di circa 150 persone tra Personale addetto al Soccorso, 118, Arma dei Carabinieri, Istituto Ricerche esplosivistiche nonché studenti, tirocinanti o chiunque fosse interessato al problema dell’Emergenza-Violenza.
A testimoniare l’interesse per un problema che ci lascia impotenti e sgomenti poiché sempre più crea allarme sociale e preoccupazione, per la sensazione di malessere, incertezza, non sicurezza e non protezione, si sono avvicendati alcuni tra i maggiori esponenti che da anni e con perseveranza, operano in questo delicato settore:
· per il settore penale era presente il Magistrato per la Procura della Repubblica del Tribunale di Parma, la D.ssa Russo Lucia,
· per il settore investigativo il Comandante dei R.I.S. di Parma, Colonnello L.Garofano,
· per il settore psicologico la Psicoterapeuta del Centro Antiviolenza di Parma, D.ssa M.Viappiani
· per il settore sanitario il Direttore del Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma, Dr.G.F.Cervellin
· per il settore specifico dell’Infermeria forense D.ssa V.Linch , Colorado, USA

Ne parliamo con la dott.ssa Marta Viappiani, Psicologa-Psicoterapeuta del Centro Antiviolenza di Parma..tra le promotrici, insieme al Colonnello Garofano, dell’iniziativa.

1. Dott.ssa, la sensazione è che gli episodi di violenza siano in rapido aumento. Ci può dare un’idea della diffusione del fenomeno in termini più quantitativi?


Sicuramente sono in aumento e lo si può vedere non solo dagli ingressi che rileviamo nei Centri Antiviolenza ma anche e soprattutto dai dati Nazionali dell’ISTAT. Nel corso del 2006 l’ISTAT ha svolto un’indagine telefonica su 25.000 donne tra i 16 e i 70 anni, per conoscere le forme di violenza conosciute e riscontrabili sul nostro territorio. Secondo questi dati, pubblicati il 21 febbraio 2007 e reperibili all’indirizzo http://www.istat.it/giustizia/sicurezza/, possiamo osservare una diffusione del fenomeno che comprende:
· le donne tra i 16 e i 70 anni che hanno. subito violenze sessuali sono il 23.7%, mentre quelle che hanno subito violenze fisiche sono circa il 18.8%. Tra l’altro è stato rilevato che, mentre la violenza fisica è più di frequente opera di partner (12% contro 9.8%), l’inverso accade per la violenza sessuale (6.1% contro 20.4%).
· il dato relativo allo “Stalking” (vittime di comportamenti persecutori) da parte di ex fidanzati (18.8%). Tra queste donne il 68.8% ha avuto partner che hanno cercato insistentemente di parlare con la donna contro la sua volontà, il 57% l’ha aspettata fuori casa o a scuola o al lavoro, il 55% le ha inviato sms, lettere, email o regali indesiderati; comunque, in tutti i casi spaventandole a morte
· i dati sulla violenza psicologica intesa come tentativi da parte del partner di portare la donna :
- all’isolamento (46.7%) inteso come allontanamento dai familiari, dagli amici anche più cari, dai vicini. Il motivo riguarda la gelosia, o altre scuse per cui alla donna vengono fatte credere cose non vere e progressivamente isolata per paura, con idee persecutorie, o per proteggere una apparente intimità. Ad ogni incontro della sua partner con amici, familiari lui pretende di essere presente;
- al controllo (40.7%), inteso come tentativi continui ed esasperanti di sapere sempre ed in ogni attimo cosa fa, dove va, con chi è, ecc.;
- alla violenza economica (7%): l’uomo attraverso il controllo totale degli stipendi e quindi dei beni di entrambi, tende a darle i soldi contati per la gestione quotidiana della famiglia. È con grande difficoltà che la donna cerca di far quadrare il bilancio. Purtroppo non sempre la donna conosce e sa come lui utilizzi il patrimonio che viene così accumulato;
- alla svalorizzazione (23.8%) del suo ruolo in famiglia, addossandole colpe e incapacità non reali. Questo atteggiamento porta inevitabilmente a cali dell’autostima e della fiducia in sé stesse, creando una situazione di sempre maggiore dipendenza affettiva da quell’uomo;
- alle intimidazioni (7.8%) o ricatti: qualunque cosa la donna pensi di fare od ovunque pensi di andare è minacciata di essere lasciata coi suoi figli oppure nei casi estremi di essere abbandonata ma portando lui con sé i figli.
- altro dato interessante è che il 43.2% delle donne ha subito violenza psicologica da parte del partner attuale.
· Il 6.6% delle donne ha subito violenza sessuale prima dei 16 anni ed un quarto ha dichiarato che è stata opera di uno sconosciuto, un altro quarto opera di un parente ed un altro quarto di un conoscente; il restante un amico di famiglia o un amico della donna. Aspetto drammatico è che la donna che ha subito violenza con più facilità delle altre sarà ancora oggetto di violenza nel corso della sua vita, più delle altre che non lo hanno subito!
· i dati suesposti, in base all’indagine che si diceva, corrispondono solo ad un 4% di denunce perché purtroppo abbiamo un SOMMERSO pari ancora al 96%.

2. Sono gli episodi di violenza che aumentano oppure è aumentata la disponibilità delle persone a denunciare episodi di violenza subita?

E’ vero: si potrebbe ipotizzare che grazie ai mass media si viene a sapere molto di più rispetto a prima, ma mai come in questi ultimi anni si è assistito ad un boom così eclatante. Si può veramente pensare ad un incremento della violenza in tutte le sue forme (fisica, sessuale, psicologica e lo stalking). È aumentato anche un senso diffuso di disagio. Infatti, a fronte di un indiscutibile “benessere economico” di tante persone, è aumentato il “malessere” per situazioni che cambiano continuamente come il lavoro, stili e modi di vita in trasformazione, ai quali non tutti sono preparati. Ultimo ma non per questo meno importante la caduta vertiginosa della “comunicazione” all’interno della famiglia stessa; infatti lo stress della quotidianità, il tempo troppo risicato per tutto non concorre a favorire l’unione e la comprensione familiare. Ma, ci vorrebbe altro tempo e altro spazio per approfondire anche questo!

3. L’associazione di cui fa parte in che modo aiuta minori e donne vittime di violenza?

L’associazione che rappresento è formata da Operatrici, opportunamente formate e seguite in supervisione permanente, che raccolgono le telefonate delle donne, le accolgono in colloqui nel più completo anonimato, e, in caso di necessità, le ospitano in due case-rifugio della città di cui una ad indirizzo segreto. Anche in queste case, le donne sono seguite e supportate per tutto il tempo che occorre da personale idoneo sia per loro che per gli eventuali minori presenti. Dopo il colloquio, a seconda della richiesta della donna, possono essere consigliati ulteriori colloqui con le psicoterapeute del Centro o con le avvocate. In molti altri casi vengono accompagnate dal nostro personale in questura per eventuale denuncia, o presso i consultori da assistenti sociali.

4. Perché proprio le donne e i minori diventano oggetto di violenza?

Perché in certi contesti “appaiono” più fragili. Non è vero il comune pensare che il fatto accada perché l’uomo è un alcolizzato oppure è sotto stress o sotto l’uso di sostanze o farmaci, o affetto da qualche disagio mentale. Così come è errato pensare, come si ritiene, che il fenomeno riguardi fasce svantaggiate, non coinvolga anziane, sia questione culturale (straniera). Sappiamo che è un fenomeno esteso anche se ancora sommerso, e per questo sottostimato; è trasversale poiché riguarda donne e bimbi di ogni età, cultura e classe sociale; non riguarda solo gli stranieri, uomini di tutto il mondo, ma riguarda anche uomini di nazionalità italiana. Le cause purtroppo devono spesso essere ricercate all’interno di complicate dinamiche instauratesi nel nucleo familiare. Ricordiamo che tale situazione si registra là dove di fronte ad una donna forte c’è un uomo fragile e non abbastanza maturo per elaborare il conflitto. Di conseguenza l’uomo agisce il potere con qualsiasi strumento per arrivare al dominio. Ecco perché ritengo che la Violenza non sia riconducibile al comportamento più o meno deviante di un singolo bensì sia un problema sociale, culturale e politico

5. Cosa si sentirebbe di suggerire ad una persona vittima di violenza?

Abbiamo elaborato un decalogo da offrire alle donne che hanno subito violenza.

DECALOGO
1. la stima di te stessa è un bene prezioso: non metterla in discussione.
2. non permettere che ti metta le mani addosso neppure una volta: è l’inizio del tunnel!
3. se lo fa non pensare sia l’unica volta: è l’inizio…
4. pensa ai tuoi figli: respirando violenza e terrore hanno possibilità di diventare anche loro violenti!
5. osserva se i tuoi figli fanno del male agli animali: (www.link-italia.org).
6. se succede vai al pronto soccorso.
7. poi al Centro Antiviolenza: qualcuno ti farà sentire meno sola e spaventata.
8. la tua passività rafforza solo la consapevolezza nel tuo partner che lo potrà fare ancora…
9. ricordati che ovunque esista un abuso di potere altro non è che VIOLENZA.
10. puoi anche solo chiamare 118, il 112, o 113 ma racconta a qualcuno la verità! .

6. E cosa ai familiari e amici?

…….Di non nascondersi, di non tacere, di non far finta di niente. Credendo di agire per “amore” in realtà rinforzano la violenza “autorizzandola” inconsapevolmente .E la catena di omertà si chiude con la certezza che continuerà ancora e ancora !
Direi loro che la violenza a donne e minori è il termometro della civiltà di un popolo. Non solo chi usa e abusa di un potere non suo è colpevole ma anche chi sa e continua a tacere. Infatti chi sa e tace, diventa suo complice. L’omertà è anche questo silenzio.

7. Una denuncia di violenza cosa comporta per chi l’ha subita, in termini di accertamenti vari?

 Per chi l’ha subita una grande paura, un grande senso di solitudine ed impotenza oltre che un senso di svilimento totale del suo ruolo e della sua “autostima”. Inoltre la sensazione tremenda che NESSUNO potrà mai capire! Ricordiamo inoltre che la donna che ha subito violenza, il più delle volte è stata minacciata di essere “punita” se denuncia: ad esempio è minacciata di toglierle i figli, o di essere picchiata ancora più di prima o addirittura di vedersi ucciso l’animale domestico cui è legatissima, o ancora di essere minacciata per la sua vita stessa o dei suoi cari. Al contrario, a volte, si trova lacrime e pentimenti da parte dell’uomo che fa violenza, con promesse che non succederà più; ecco da dove nascono le recidive, ecco perché una donna che non ferma il suo aggressore la prima volta dopo non ci riesce più! E’ di rilievo, a questo punto, sottolineare come sia difficile l’iter della denuncia.

· All’ingresso della donna al Pronto Soccorso, intanto si ritrova a fare file infinite, come tutti gli altri. Ore ed ore di attesa aumentano il senso di panico, di solitudine, di disperazione, di autentica sensazione di essere incompresa e sola nella sua impotenza. A Parma per fortuna e da qualche tempo, si è creato un centro parallelo al Pronto Soccorso gestito dalle operatrici del Centro Antiviolenza in cui possono rivolgersi le donne che hanno subito violenza. Ma in quante altre città esiste un Centro specifico?

· Successivamente si pensa alla denuncia in Questura: è molte volte traumatica! Non sempre infatti, incontri la persona sensibile che ti capisce! Anzi, nella maggior parte dei casi trovi chi minimizza l’accaduto e cerca di convincere la donna a lasciar perdere. Altre volte, nei casi di violenza familiare, dietro insistenza della donna viene chiamato anche il partner. Lui, quasi sempre in lacrime, chiede scusa chiedendo il perdono, ma questo pentimento, ahimè, dura sempre assai poco!

· Infine il ruolo di molti rappresentanti di Comunità Cattoliche interpellate dalle donne: cercano sempre di sminuire e di far ricadere la colpa su comportamenti o atteggiamenti che la donna ha avuto ed hanno fatto infuriare il partner. Insomma qualunque tentativo di denuncia è troppo spesso causa di ulteriori violenze psicologiche quindi “traumi che si sommano ad altri traumi”. Ma questa difficoltà non deve portare al silenzio. Già Shakespeare diceva “ dai parole al dolore....la pena che non parla urla in fondo al cuore e lo induce a frantumarsi .....” Pensiamoci.. Noi a Parma, per queste ragioni, abbiamo previsto che il Centro Antiviolenza accompagni le donne che lo richiedono in Questura: ci avvaliamo di persone già in contatto con noi, di cui ci fidiamo ciecamente e che affrontano la violenza nel modo corretto.Ed ecco perché nel Convegno abbiamo fatto venire un’infermiera forense, Virginia Linch, che ci ha portato a conoscenza di come da anni negli States affrontano questo problema: vi è in ogni Pronto Soccorso una infermiera specializzata (appunto la forense) ad occuparsi delle vittime di violenza. Le accoglie, le mette a proprio agio, le fa parlare, le offre qualcosa, chiede loro quel che ricordano dell’accaduto, raccolgono i dati importanti per l’indagine medico-diagnostica, non la lasciano insomma sola un attimo e, quando arriva il medico, la situazione di ansia e panico, di timore e di solitudine che ha colpito la donna , si è un poco sciolta e quindi diventa più facile per il medico stesso proseguire negli accertamenti che gli competono.

8. Quali le conseguenze psicologiche per la vittima?

Queste sono tremende. Il senso di autocolpevolizzazione spesso le frena, in pochissime si confrontano con familiari ed amici. Nel caso di violenza familiare, il terrore è di ritrovarsi sole, anche senza quell’uomo che pensano ancora di amare, perché padre dei loro figli. Lui troppo spesso le fa stare malissimo: insonnie, inappetenze, flash back, valorizzazione, calo di concentrazione, motivazione e autostima sono i sintomi più spesso denunciati. Anche nei casi di violenza extra-familiare, è difficile parlare perché il timore è di essere colpevolizzate, non capite, isolate, punite. Sarebbe una violenza che si aggiunge a violenza. Pensiamo ad esempio alle donne musulmane della vicina Croazia. Durante la guerra molte di esse sono state violentate dal “nemico”. Quelle che hanno trovato il coraggio di parlare al marito dell’accaduto non sono state comprese. Si sono viste tolte il velo, come segno di disonore e colpa, e i figli cacciati da scuola. Il Centro Antiviolenza è molto utile per queste persone, forse l’unico spazio dove possono trovare ascolto e comprensione senza essere stigmatizzate per questo. A volte la cultura familiare rende davvero difficile le cose, per cui ogni situazione va pensata nel suo contesto di riferimento.

9. In base alla sua esperienza ritiene che si possa superare il trauma di una violenza?

Credo sia molto difficile stabilirlo con certezza: le variabili che concorrono alla riuscita del superamento traumatico sono tantissime e relative alla soggettività e alle caratteristiche personologiche della donna. Sicuramente i passaggi iniziali sono i più importanti come il comprendere da parte della donna che lei “NON E’” un problema ma che “HA” un problema. Grazie all’aiuto del Centro, aiuto costituito dall’attivazione di strumenti idonei, è la donna che deve trovare la Sua Soluzione al Suo problema. Il Centro rimane a supportarla qualsiasi scelta di vita lei faccia sia per sé che per i suoi figli (si parli di riavvicinamento al partner violento che di separazione o allontanamento temporaneo, ecc).

10. Mi fa ricordare che anni fa una collega mi raccontava di come, di fronte a 3 uomini che avevano deciso di violentarla, fosse riuscita con il suo atteggiamento a farli desistere. È possibile in un qualche modo dare suggerimenti alle persone per cercare di prevenire o evitare il peggio in situazioni “critiche”?

Credo valgano le regole conosciute e condivise da ogni società, credo che ognuna di noi già cerchi di mettere in atto atteggiamenti, comportamenti o altro che non provochi ma che anzi prevenga qualunque gesto o atto violento; credo che vengano ancora evitate zone o ambienti conosciuti come rischiosi per questa tremenda realtà. Penso anche che molte donne viaggino attrezzate di spray al peperoncino in borsa (che con 20 euro lo trovi ovunque) ed ancora altre che frequentano sempre più numerose corsi di difesa personale. Insomma ognuna di noi deve cercare le modalità più idonee a difendersi. La ringraziamo per l’attenzione e il tempo che ci ha voluto dedicare, e per i pensieri che ha condiviso con noi. Con l’augurio che possa essere di stimolo a chi conosce la violenza sulla sua pelle, perché possa trovare il coraggio di chiedere aiuto.

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