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LA SALUTE TRA MEDICINA E PSICOLOGIA  

Valentina Sciubba

 

Poche persone sanno che esiste un compito di scrittura che fa bene alla salute. Più precisamente ricerche ripetute in varie parti del globo hanno accertato che  soggetti cui venga chiesto di scrivere per  4 giorni  consecutivi, per 15 minuti al giorno, sulle proprie esperienze traumatiche, godono di migliore salute nell’anno successivo  rispetto ad altri soggetti di un gruppo di controllo ai quali è stato dato il compito di scrivere su argomenti  di scarsa rilevanza emotiva. Da vari esperimenti eseguiti risulta che i soggetti che eseguivano questo “compito per la salute”, come mi piace chiamarlo, nell’anno successivo, rispetto al gruppo di controllo, eseguivano meno visite mediche, avevano dolori meno intensi e facevano meno uso di medicine, avevano una miglior funzionalità immunitaria e minori livelli di depressione, se studenti riportavano voti più alti al college, se tecnici specializzati disoccupati impiegavano minor tempo per trovare un nuovo lavoro. In tempi come l’attuale in cui la Pubblica Amministrazione deve fare i conti con una spesa sanitaria molto elevata e a un notevole indebitamento per essa, mi domando perché, tra la marea di informazione medica che ci sommerge tutti i giorni, queste interessanti ricerche non vengono mai citate e pertanto la nozione che scrivere fa bene alla salute sia praticamente sconosciuta ai più. Informazioni più dettagliate su questo compito e gli esperimenti condotti su di esso vengono riportati nel libro di L. Solano “Tra mente e corpo” Cortina Ed. 2001. Basterebbe solo questo dato sperimentale per far capire quanto i processi mentali influiscono sullo stato di salute. Nel caso in questione è risultata decisiva una migliore elaborazione cognitivo-emotiva di traumi subiti o meglio dei ricordi lasciati da essi ed è facile dedurre che essa facilita il superamento dei traumi stessi. Questa ovviamente non è l’unica prova a sostegno della notevole importanza che la psiche ha sulla salute: le ricerche epidemiologiche l’avevano dimostrato già molti anni prima e oggi la psiconeuroimmunologia ci fornisce continue e crescenti prove di collegamenti a due vie tra sistema nervoso (e quindi anche psiche) e sistemi immunitario e ormonale. Per non parlare dell’importanza del nostro “secondo cervello intestinale” o della capillare ramificazione del sistema nervoso vegetativo in tutti gli organi del corpo. Non è più possibile curare le malattie senza tener conto di questa realtà, curare i sintomi, le infiammazioni, le disregolazioni dei vari organi, ghiandole e sistemi senza tener conto di quanto il sistema nervoso li influenzi e tralasciare del tutto pertanto la dimensione psicologica dell’ammalato. La specializzazione dell’agire medico in varie branche a seconda della patologia ha peggiorato la situazione in quanto lo specialista generalmente conosce il paziente molto meno del medico di base e tuttavia appare un limite intrinseco alla medicina quello di  rifuggire da tutto ciò che è troppo soggettivo e su cui il medico non riesce ad incidere. Non saper influire sui fattori psicologici però non esime il medico dall’ignorarli, dal non segnalarli al paziente con le dovute cautele ed evitando comportamenti controproducenti, dal non inviare in definitiva a uno specialista della psiche e dei processi psicologici; un agire diverso è oltremodo pericoloso per la cronicizzazione e l’aggravamento di molte patologie ed ha pertanto anche un costo economico e sociale molto elevato. Credo anche che adottando quest’ottica vada di molto ampliato l’elenco delle patologie che si gioverebbero almeno di una consulenza psicologica. In vari anni di esperienza come psicologa  con malati gravi oncologici, dermatologici e nefrologici posso dire che nella quasi totalità dei casi contattati   emergevano delle importanti problematiche psicologiche che temporalmente e/o per una sorta di coerenza logica di significati  erano collegabili  alla patologia. Ricordo un solo caso di malattia dermatologica in cui il fattore psicologico riscontrato poteva essere ricondotto allo stress derivante dal vivere una malformazione congenita: caso emblematico di come dimensione fisica e psicologica si intreccino e si influenzino a vicenda per cui è fuorviante a mio avviso considerare o privilegiare una sola di esse. Spetta al legislatore trovare i mezzi più idonei per attuare questa sorta di “rivoluzione” nella sanità che dia la giusta rilevanza al sapere e alle cure psicologiche. A mio avviso uno dei mezzi più economici e probabilmente efficace a livello di prevenzione primaria sarebbe l’introduzione nelle scuole di ogni ordine e grado della psicologia come materia di studio. E’ ormai assurdo e anacronistico che il corpo umano si studi per ben tre volte (alle elementari, alle medie e alle superiori) e non si studino, fatta eccezione per alcuni istituti, semplici nozioni di psicologia, ad es. sulla comunicazione e sullo sviluppo psicologico del bambino e dell’adolescente che sarebbero già sufficienti allo scopo. A seguire sarebbero necessari gli psicologi nelle scuole, soprattutto per l’orientamento scolastico e professionale, lo psicologo di base che può venire incontro alla sempre più diffusa domanda di psicologia nella popolazione e collaborare col medico di base e infine, ma non ultimi gli psicologi negli ospedali e nelle strutture sanitarie, figure che dovrebbero essere obbligatorie e non discrezionali. Lo psicologo che opera nel campo della salute si muove ovviamente in un settore molto delicato: la psicoterapia come tutte le cure che hanno un’efficacia, se usata male può avere effetti controproducenti. Il rispetto della deontologia è sicuramente uno dei mezzi che può garantire un buon operato.

 

BIBLIOGRAFIA: L. Solano “Tra mente e corpo”; Cortina Ed. 2001.

 

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