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Il gioco d’azzardo patologico 

Alessandra Di Pasquali e Antonella Ciardo

 

Il gioco ha sempre fatto parte di tutte le culture del mondo, antico e moderno. Non mancano infatti esempi di giocatori patologici nella storia: dagli imperatori romani Caligola e Nerone, fino in tempi più recenti a Fjodor Dostojevskij ( autore del Giocatore, scritto per far fronte ai debiti del gioco). Nei  giorni nostri queste manifestazioni culturali si sono moltiplicate, e di conseguenza assistiamo ad una maggiore diversificazione dell’abitudine al gioco d’azzardo. Con l’avvento dell’era industriale e l’aumento sia del tempo libero, sia del bisogno di vincere, che la stessa società ha imposto come valore quasi supremo, il gioco d’azzardo è diventato la panacea risolutoria  dei mille e un problemi e dei bisogni, cui la stessa società occidentale non è in grado di rispondere. In questo modo il gioco d’azzardo, così come i luoghi dove praticarlo ( case da gioco, casinò, ecc.) sono aumentati come risposta al rapporto offerta/ domanda su cui fa leva la nostra società. Ma quali possono essere le conseguenze di un gioco eccessivo? E quali possono essere le conseguenze individuali, famigliari e sociali del giocare troppo? Che cosa può fare la stessa società organizzata per affrontare e /o meglio eventuali squilibri? Il termine “gioco”, in italiano è ambiguo. L’inglese distingue utilmente tra play ( il gioco come insieme di regole per saper fare e per prevedere) e gambling, dove entrano i concetti di ricompensa  e di caso (fortuna). La maggioranza dei giochi ha regole conoscibili e il caso pur facendo parte del gioco, può essere contrastato o incorporato in un modo costruttivo in strategie sensate di gioco. Il gioco del calcio, il gioco del bridge, la corsa ad ostacoli, fanno parte di questo tipo di “gioco”. Nel gioco come gambling notiamo un guadagno possibile noto  (di solito si tratta di denaro), per la cui acquisizione il giocatore mette un valore in palio. Ma la sua acquisizione non dipende da regole o dall’abilità, quanto piuttosto dal caso. Anche se poi il giocatore, crede di essere in grado di conoscere le “regole”, o comunque di capirne i capricci o di saperne  guidare le ” scelte”, grazie ad illusorie capacità strategiche o personali. Ci sono meccanismi psicologici (distorsioni cognitive) che fanno sviluppare negli esseri umani la convinzione illusoria di poter controllare il gioco, tramite la sua abilità o alla sua astuzia. Credono di poter elaborare strategie per “ vincere” il caso. Insomma il giocatore si costruisce ipotesi strategiche atte a predire l’esito del gioco, o a influenzare l’esito basandosi su percezioni erronee e stabilendo relazioni erronee tra fatti in realtà non correlati. Il fascino del gioco nasce dal fascino dell’ alternanza  tra eccitazione dell’attesa e rilassamento dopo aver saputo il risultato. Ma nella misura in cui si sa sempre più velocemente il risultato, cui si può rispondere ancor più in fretta con una nuova posta , l’eccitazione aumenta, specialmente poi se è il giocatore a operare, e non una terza persona. Questo stato di rilassamento si trasforma allora in un momento di sfinimento fisico e psichico, riportato alla fine del periodo di gioco, di solito allorquando non c’è più denaro. L’eventuale vincita iniziale, giustifica le illusioni di vincita, e la ricerca di una strategia che permetta di “ capire “ come il caso giochi nella fattispecie.

Gioco d’azzardo patologico

Il DSM già dal 1980 riconosce il gambling compulsivo come patologia psichiatrica, includendolo nella categoria dei “disturbi del controllo degli impulsi non classificati altrove”. Questi che seguono sono i criteri diagnostici revisionati nell’edizione IV del DSM del 1996:

A- Persistente e ricorrente comportamento  di gioco d’azzardo maladattivo, come indicato da cinque (o più) dei seguenti:

1) è eccessivamente assorbito dal gioco d’azzardo (per es., è eccessivamente assorbito nel rivivere  esperienze passate di gioco d’azzardo,nel soppesare o programmare la successiva avventura,o nel pensare ai modi per procurarsi denaro con cui giocare)

2) Ha bisogno di giocare d’azzardo con quantità crescenti di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata.

3) Ha ripetutamente tentato senza successo di controllare,ridurre,o interrompere il gioco d’azzardo.

4) È irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo .

5) Gioca d’azzardo per sfuggire i problemi o per alleviare un umore disforico (per es. sentimenti di onnipotenza,colpa,ansia,depressione)

6) Dopo aver perso al gioco,spesso torna un altro giorno per giocare ancora (rincorrendo le proprie perdite)

7) Mente ai membri della propria famiglia ,al terapeuta, o ad altri per occultare l’entità del proprio coinvolgimento nel gioco d’azzardo

8) Ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa,il lavoro oppure opportunità scolastiche o di carriera per il gioco d’azzardo

9) Fa affidamento su altri per reperire  il denaro per alleviare una situazione finanziaria disperata causata dal gioco d’azzardo

B- Il comportamento di gioco d’azzardo non è meglio attribuibile ad un Episodio Maniacale.

Come comincia il problema

Lo specialista Robert Custer, uno studioso americano, nel 1984 ha descritto con chiarezza le diverse fasi che accompagnano il giocatore verso la perdita del controllo sul suo gioco, e quindi verso la distruzione delle sue relazioni sociali e familiari. Queste fasi sono caratterizzate da pensieri e sentimenti specifici. La fase iniziale del gioco patologico nei giocatori problematici, di solito è rappresentata da giocatori occasionali, che hanno una vincita molto alta, oppure alcune casuali vincite successive. L’eccitazione mediata dalle vincite , porta ad un gioco più frequente, con un aumento delle poste. Il giocatore pensa in questi momenti di essere particolarmente dotato , e crede che alcune sue strategie siano efficaci. Diventa più fiducioso e meno prudente. E’ la “ luna di miele “ con il gioco, che può durare anche anni. Ma poi comincia a perdere , e più di quello che immaginava. Il gioco diventa una specie di ossessione, così come il denaro perso, che richiede coperture e menzogne. In famiglia  e sul lavoro diventa irritabile, agitato, poco comunicativo. La vita famigliare peggiora. Per continuare nella rincorsa della fortuna contrae forti prestiti , che poi non può rimborsare. Ma è un meccanismo perverso , che funziona a circolo vizioso. Dedica sempre più tempo al gioco. La paura di essere scoperto lo induce a ingannare parenti e amici con prestiti impossibili da rendere o con affari inesistenti. Può anche rubare. Tenta di far fronte ma non ce la fa, perché crede che comunque il gioco può aiutarlo. I tentativi di “ astinenza “, spesso fatti sotto la minaccia famigliare o del datore di lavoro, portano scarsi frutti. Il lavoro ne soffre , sia per eventuali comportamenti inadeguati, sia poi per le assenze e le distrazioni.

L’incidenza

Dalle alcune ricerche emerge che il giocatore patologico è solitamente un uomo (nel 91 % dei casi) di età compresa tra i 30 e i  40 anni (nel 40 % dei casi) con un livello di istruzione medio (nel 43 % dei casi il paziente ha un diploma di maturità). Sul piano lavorativo, più frequentemente, svolge un lavoro di tipo dipendente (nel 64 % dei casi) e quasi mai imprenditoriale (solo nel 2,5 % dei casi). E’ inoltre coniugato (nel 48 % dei casi). Come era prevedibile gioca solitamente alle slot –machine (nel 35 % circa dei casi ) o alla SNAI  (nel 30 % dei casi) e solo di rado al casinò (nel 2,3 % dei casi). Quest’ultimo sembra pressoché  circoscritto alle sole regioni dove maggiore è il benessere economico o da dove è più semplice accedervi. Come è noto il GAP colpisce prevalentemente soggetti di sesso maschile e poco si sa sui meccanismi psicologici che intervengono nell’eziologia del disturbo, soprattutto nel caso di donne giocatrici. Fuggire da sentimenti e situazioni deprimenti, ansiogene e noiose sembra essere uno dei fattori principali che spinge le donne a giocare d’azzardo. Generalmente si tratta di problemi coniugali e finanziari, ma che possono avere a che fare con eventi traumatici vissuti durante l’infanzia. Gli uomini tendono, diversamente, ad essere maggiormente attratti dal brivido e dalla competizione: spinti dall’amore per il rischio e dalla voglia di fare nuove esperienze, molti giocatori ricorrono al gioco per aumentare il proprio livello di eccitazione.

Il trattamento

Il trattamento prevede un approccio multimodale che offre un’integrazione umanistica, una sistematizzazione e un programma completo per la diagnosi e la terapia:

I colloqui di motivazione

Essi nascono poichè spesso le motivazioni che spingono un soggetto giocatore patologico ad intraprendere un trattamento non riguardano affatto la volontà di curarsi dalla sua compulsione ma nella maggior parte dei casi l’utente si rivolge alla struttura per risollevarsi dalla crisi economica in cui versa. Lo scopo dei colloqui di motivazione è la costruzione della motivazione al cambiamento.

La terapia individuale

Durante le sedute l’attenzione si focalizzerà su alcune specifiche problematiche legate al vissuto del soggetto, rispetto a temi quali l’affettività, l’emotività, la sessualità e la socializzazione,e in modo particolare sulle forme di autoinganno, i vissuti di onnipotenza, gli aspetti difensivi nell’ambito della simulazione ed i problemi relativi ai confini dell’Io e la realtà circostante.

La terapia familiare

La compulsione al gioco coinvolge il partner e la famiglia del giocatore. E’ necessario intervenire direttamente sull’equilibrio della coppia, sulle dinamiche relazionali, emotive, affettive e sessuali. L’obiettivo della terapia familiare è far sì che il sistema famiglia conosca ed impari ad accettare che il gioco d’azzardo patologico è una malattia ma che anche le relazioni familiari possono essere o essere state malate, contribuendo alla nascita e/o allo sviluppo della compulsione in un suo singolo membro.

La  terapia di gruppo 

Il percorso di gruppo, affiancato ad una terapia individuale, aiuta il paziente a confrontarsi e a condividere la propria e l’altrui sofferenza. All’interno di un gruppo, superato lo scoglio iniziale della non fiducia e dell’imbarazzo legato alla difficoltà di parlare delle proprie sofferenze davanti ad altri, si arriva al sostegno e all’aiuto reciproco. Il gruppo permette ad ogni partecipante di non sentirsi più solo, non più l’unica “mosca bianca”. L’ultima fase del trattamento prevede la responsabilizzazione del giocatore patologico anche nei confronti degli altri. Le responsabilità attribuite al giocatore patologico dovranno essere via via maggiori, passando dalle semplici testimonianze alla collaborazione attiva all’interno della terapia di gruppo. In questo modo si formerà una catena per cui chi è più avanti nel corso della terapia potrà aiutare chi è in una fase meno avanzata; questo gli consentirà di ottenere stimoli e gratificazioni e gli impedirà di ricadere nella nevrosi da cui è scaturita la patologia.

La consulenza psichiatrica

Serve soprattutto per fronteggiare le forme depressive, spesso associate alla dipendenza dal gioco,che in molti casi portano il soggetto a tentare il suicidio o a prenderlo in seria considerazione. E’ importante che il medico proponga un trattamento con psicofarmaci che presentino il minor gradiente di dipendenza e con regolari controlli periodici del soggetto, poiché il rischio che si corre è sostituire una dipendenza dal gioco con una dipendenza da psicofarmaci, che comprometterebbe il trattamento in atto.

La consulenza legale

Il compito del consulente legale è di agire sulle conseguenze legali e civili legate ai reati commessi dal giocatore per finanziare le attività di gioco e per ripagare i debiti; è altresì quello di fronteggiare situazioni di tutela preventiva del patrimonio del giocatore e della sua famiglia. E’ importante che l’avvocato agisca di concerto con il terapeuta, si pensi agli effetti che potrebbe avere una separazione, anche solo pro forma, se il coniuge dovesse viverla come un ennesimo atto di sfiducia nei suoi confronti anziché come una misura cautelativa rivolta alla sua famiglia.

 

 

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