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UNA NUOVA “PATOLOGIA”: LA DIPENDENZA AFFETTIVA

Roberta De Bellis

 

Amare è come una droga: all'inizio viene la sensazione di euforia, di totale abbandono. Poi il giorno dopo vuoi di più. Non hai ancora preso il vizio, ma la sensazione ti è piaciuta e credi di poterla tenere sotto controllo. Pensi alla persona amata per due minuti e te ne dimentichi per tre ore. Ma, a poco a poco, ti abitui a quella persona e cominci a dipendere da lei in ogni cosa. Allora la pensi per tre ore e te ne dimentichi per due minuti. Se quella persona non ti è vicina, provi le stesse sensazioni dei drogati ai quali manca la droga. A quel punto, come i drogati rubano e s'umiliano per ottenere ciò di cui hanno bisogno, sei disposto a fare qualsiasi cosa per amore. (Paulo Coelho)

Attualmente molte persone, uomini e donne vivono situazioni di “Dipendenza affettiva”, una condizione a cui inizialmente non sanno dare un nome proprio e né tantomeno ci si può riferire facendo capo ad uno status psicopatologico. Non per questo essa non rappresenta una condizione seria che porta sofferenza emotiva e psicologica e che in alcuni casi raggiunge un livello di gravità per la persona molto accentuato. Non è facile riconoscere di essere dipendenti affettivamente, spesso si comprende che qualcosa non sta più funzionando quando si è già coinvolti in un vortice piuttosto pericoloso. Quando si inizia una relazione con una persona, uomo o donna, si provano sensazioni, sentimenti forti ed intensi, ritenuti “normali” e accettabili; soprattutto nella fase dell’innamoramento si vive passione, desiderio di condividere molto tempo con l’altro, bisogno di vicinanza fisica ed emotiva, necessità di entrare in fusione con l’altro/a. Tali caratteristiche di un rapporto tendono a stabilizzarsi con il tempo, in una relazione equilibrata, divenendo certezze e rassicurazioni. In una relazione disequilibrata il bisogno di fusione tende a perdurare nel tempo portando i partners a fondersi nell’altro, fino a perdere la propria individualità, si diviene un tutt’uno. Quando ciò si verifica si può parlare di dipendenza affettiva. Questa condizione abbraccia nella maggior parte dei casi il genere femminile, probabilmente perché la donna per natura ha una propensione all’attaccamento più accentuato e tende a vivere la emozioni con un grado di intensità elevato fino a perdere alle volte il senso della propria individualità; si tratta di donne fragili che, alla continua ricerca di un amore che le gratifichi, si sentono inadeguate. Sono donne che hanno difficoltà a prendere coscienza di loro stesse e del loro diritto al proprio benessere che non hanno ancora imparato che amarsi è non amare troppo, che amarsi è poter stare in una relazione senza dipendere e senza elemosinare attenzioni e continue richieste di conferme. Tali donne scelgono quasi sempre partners connotati da determinate caratteristiche e tendono a reiterare con più uomini i medesimi comportamenti e meccanismi di dipendenza. Tali uomini sono a loro volta bisognosi di amore ma tendono in maniera ambivalente a cercare e al tempo stesso a rifiutare la partner, tentano di colmare la loro mancanza di autostima con atteggiamenti maltrattanti e umilianti nei confronti della donna. Riconoscere la dipendenza affettiva non è sempre facile, si provano determinate emozioni ma non si comprende a cosa associale e il perché esse si provano. I sintomi della dipendenza affettiva possono essere così distinti: paura di perdere l’amore; paura dell’abbandono e della separazione; paura della solitudine; paura della distanza; paura di mostrarsi per quello che si è; profondo senso di colpa e/o rancore e rabbia; senso d’inferiorità nei confronti del partner; coinvolgimento totale e vita sociale limitata; gelosia e possessività. I sentimenti menzionati sono estremamente profondi e vissuti in maniera deleterea alle volte dalle persone. Si rimane per tanto tempo “incastrati” in dette emozioni per paura a sua volta di cambiare e ciò naturalmente impedisce ogni tentativo o movimento di crescita individuale. Si vive la coppia in maniera distorta credendo che alcuni meccanismi siano sani e funzionali alla stabilità tendendo a elevare le aspettative al di sopra dell’effettiva realtà. Si paragona la dipendenza affettiva ad una dipendenza da droga: è’ come se ogni giorno si avesse bisogno di assumere la dose, sentendo la necessità con il passare del tempo di dosi sempre maggiori di  presenza e di tempo da spendere insieme al partner. La mancanza dell’altro getta in uno stato di prostrazione. Il soggetto esiste solo quando c'è l'altro e non basta il suo pensiero a rassicurarlo, ha bisogno di manifestazioni continue e concrete. L'aumento di questa “dose” non di rado esclude la coppia dal resto del mondo. Se la dipendenza è reciproca la coppia si alimenta di se stessa. L'altro è visto come un' evasione, come l'unica forma di gratificazione della vita. L'unica cosa importante è il tempo trascorso con l'altro perché è la prova della propria esistenza, senza di lui non si esiste, diventa inimmaginabile pensare la propria vita senza l'altro. I rapporti caratterizzati dalla dipendenza affettiva sono connotati da una forte ambivalenza: “Voglio stare con te ma scappo per poi tornare di nuovo a cercarti”. Questo meccanismo è quello che porta in chi è coinvolto ad una sofferenza forte ed intensa legata all’inseguimento dell’altro/a e alla messa in atto di comportamenti tutti tesi ad accontentare il partner, a giustificare i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, perché il prezzo poi da pagare è godere della sua presenza anche se per poco tempo. Si verifica un gioco perverso tra il “Ti vorrei lasciare perché mi maltratti e non posso subire tutto questo” e “Non posso stare senza di te perché il solo pensiero di perderti mi fa terribilmente paura”. Le radici della dipendenza affettiva possono tranquillamente risalire all’infanzia vissuta dalla persona, la quale ricorda vuoti familiari affettivi e amore ricevuto caratterizzato da “Ti voglio bene ma non mi curo di te”. Questo porta a sua volta nel corso della vita a legarsi e poi ad amare partners che amano, ma maltrattano, che umiliano ma sono presenti. I bisogni d’amore sono stati poco riconosciuti in passato e la persona per poter raggiungere un livello di considerazione, poiché è cresciuta con l’idea di non meritare affetto, tenderà a fare di tutto per ottenere dall’altro attenzione. L’autostima è così lesa e dipende esclusivamente dalla cura del partner: “Mi ama, mi cura, quindi valgo!”. Si perde la propria identità e la capacità critica, provando sempre di più sentimenti di vergogna e di rimorso. La presa di consapevolezza della propria condizione porta la persona a cadere in un profondo sconforto dato dalla difficoltà a non riuscire a staccarsi dalla relazione insana, la perdita della dignità innesca meccanismi di impotenza e stati d’animo caratterizzati da tono dell’umore depresso. Attualmente le persone che riconoscono la propria condizione personale di percezione di vuoto, perdita di identità, rabbia e  frustrazione, quindi di dipendenza affettiva, decidono spesso di farsi aiutare. La terapia individuale è una soluzione al problema, aiuta a prendere consapevolezza piena della propria fragilità. La diffusione di  gruppi di auto mutuo aiuto specifici è un altro strumento di “cura”. Essi esistono oramai da diverso tempo e l’efficacia terapeutica è legata alla condivisione di un medesimo disagio, il non sentirsi soli nel problema, e dal sentirsi utili per gli altri, strategia che solleva l’autostima danneggiata. La filosofia dell’auto mutuo aiuto è stata ritenuta molto funzionale alla dipendenza affettiva poiché essendo una condizione diffusa e condivisa da tanti, aiuta a rafforzare la consapevolezza in gruppo e a sperimentare la sensazione di avere risorse e capacità personali, esplicitate nell’aiuto all’altro, che si credeva di non possedere. Nel gruppo si prende coscienza che per amare l’altro è indispensabile innanzitutto conoscersi per avere una visione nitida e trasparente della realtà che si vive. Questo rappresenta il presupposto per un cambiamento individuale che spesso e volentieri spaventa perché si è sempre stati legati a vecchi schemi di condizionamento e non se ne conoscono altri. Il confronto che si ha nel gruppo con le altre persone aiuta a prendere in considerazione aspetti di sé; a riacquistare l’identità persa e associata alla persona amata; l’altro funge da specchio e ci capisce perché vive una medesima condizione di disagio. Uscire dalla dipendenza affettiva si può ma perché ciò avvenga è fondamentale un primo passo che consiste nella richiesta di aiuto.

 

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