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CLASSI DI SOSTANZE FARMACOLOGICHE VIETATE E METODI DOPING 

Dott. Matteo Simone
  

STIMOLANTI

Generalmente agiscono sul sistema nervoso centrale (S.N.C.) esaltando lo stato di vigilanza, accrescendo l’attenzione, riducendo il bisogno del sonno e della fame, aumentando la competitività, l’aggressività e diminuiscono il senso di affaticamento. In questo gruppo vengono considerate anche alcune sostanze come l’Efedrina, l’Adrenalina e loro derivati; queste, pur non agendo specificamente sul S.N.C., riescono comunque a migliorare le prestazioni fisiche in quanto, attraverso la stimolazione del sistema nervoso autonomo, migliorano e favoriscono la respirazione, innalzano la pressione sanguigna ed incrementano la forza contrattile del cuore con un maggiore apporto di sangue e quindi di ossigeno alla muscolatura scheletrica.

 Questi farmaci possiedono effetti collaterali abbastanza comuni, come:

-          agitazione motoria, irritabilità, vertigini, disturbi del sonno;

-          stanchezza fisica e depressione dell’umore una volta svaniti gli effetti della somministrazione;

-          palpitazione cardiaca, sudorazione profusa, secchezza delle fauci, difficoltà alla minzione, nausea, vomito, tremori;

-          assuefazione, tossicomania;

-          collassi, convulsioni ed addirittura la morte qualora la dose sia eccessiva (overdose).

NARCOTICI  

Sono utilizzati nella pratica dell’attività sportiva, soprattutto per la loro potente azione analgesica. Sono sostanze che agiscono sul S.N.C. per alterare, anche se con diversa intensità di azione, la soglia del dolore allo scopo di sopprimerlo o mitigarlo. Molte di queste sostanze accanto alla analgesia provocano anche un’azione calmante e rilassante ed inducono un tipico stato di euforia che si esaurisce con la successiva somministrazione. Gli effetti collaterali più comuni sono: vertigini; disturbi gastrointestinali (mal di stomaco, vomito, ecc.), sonnolenza, difficoltà respiratorie, accresciuta affaticabilità, assuefazione, dipendenza fisica, crisi di astinenza in caso di sospensione del farmaco, morte per narcotismo acuto e per dosi eccessive (es. morfina)[1].

STEROIDI ANABOLIZZANTI (SA)

Per molto tempo nessuno ha potuto affermare con certezza che doparsi fosse utile agli atleti. Al di là degli effetti sulla massa muscolare, per anni i medici sportivi si sono chiesti se gli ormoni anabolizzanti fossero davvero in grado di migliorare la prestazione. La risposta è arrivata il 4 luglio 1996, sul New England Journal of Medicine. Shalender Bhasin della Charles Drew University of Medicine and Science di Los Angeles ha suddiviso quarantatré uomini in quattro gruppi, e li ha sottoposti a quattro diversi trattamenti: placebo con e senza esercizio fisico, e testosterone (600 milligrammi alla settimana per dieci settimane consecutive) senza e con esercizio. Conclusione: il testosterone, soprattutto se associato all’esercizio, aumenta, oltre alle dimensioni, anche la forza del muscolo. L’impiego degli steroidi anabolizzanti al fine di esaltare le capacità atletiche è con ogni probabilità il fenomeno doping più diffuso e consistente mai registrato. L’azione anabolizzante consiste nello stimolo della sintesi delle proteine di alcuni tessuti ed in particolare dei muscoli. Essa comporta una ritenzione dell’azoto introdotto con gli alimenti nell’organismo, superiore all’escrezione (bilancio azotato positivo), nonché l’accrescimento delle masse muscolari; il peso corporeo aumenta senza che a ciò contribuisca un incremento del tessuto adiposo[2]. Gli SA vengono assunti a cicli (cycling), con periodi di assunzione di 8-12 settimane, ripetuti dopo 6-10 settimane di wash-out. Il dosaggio degli SA viene aumentato progressivamente nelle prime settimane sino a raggiungere il massimo a metà del ciclo e poi ridotto progressivamente. E’ inoltre frequente il fenomeno dello stacking, cioè il ricorso contemporaneo a due o più preparati, sia per via orale che per via parenterale, a dosi sovraterapeutiche[3].   Effetti nocivi dovuti alla somministrazione di SA sono stati riscontrati sia nei pazienti in trattamento con dosi fisiologiche di SA per varie patologie, sia ed in maniera ancor più evidente, negli atleti dopati con dosaggi sovraterapeutici.   In generale gli effetti tossici degli SA, tranne forse quelli sul miocardio, sono di breve durata e reversibili, dopo sospensione di questi composti, nell’arco di alcune settimane. Molti atleti assumono SA in modo quasi continuativo per lunghi periodi di tempo, per cui tali effetti nocivi possono divenire stabili e costituire un serio rischio per la salute.   Clinicamente nell’uomo adulto si verifica: ingrandimento delle ghiandole sebacee e della loro secrezione di sebo con sviluppo di lesioni acneiche ed alopecia; ipotrofia testicolare con alterazioni delle spermatogenesi (oligo-astenospermia) e conseguente compromissione della fertilità; ipertrofia prostatica; ginecomastia; aumento della libido e della potenza sessuale. Nel periodo di wash-out si registra un calo importante della libido e della potenza sessuale. Nella femmina adulta l’assunzione di SA determina uno stato di virilizzazione con elevati livelli di testosterone circolante, caratterizzato da: irsutismo; acne; abbassamento del tono di voce per alterazione delle corde vocali; ipertrofia clitoridea; diminuzione del volume mammario; irregolarità mestruali; aumenti dell’aggressività e della libido; calvizie di tipo maschile. Tali modificazioni sono reversibili, tranne l’ipertrofia clitoridea e le modificazioni del timbro vocale, che tendono a permanere nel tempo, anche dopo sospensione dei farmaci. Gli SA durante la gravidanza, a causa della loro capacità di attraversare la placenta, possono determinare virilizzazione dei feti femmina. Negli utilizzatori di SA sono stati riportati cambiamenti della personalità che vanno da un’aumentata irritabilità, a comportamenti violenti ed antisociali, sino ad alcune segnalazioni di vere e proprie psicosi. In genere tali disturbi del comportamento ritornano alla norma dopo sospensione degli SA. Recenti lavori indicano che l’utilizzo di SA si associa frequentemente con l’abuso di altre droghe quali cocaina, eroina, alcol, marijuana e sigarette. L’uso di SA sembra inoltre associato anche ad altri comportamenti a rischio, quali il pensiero suicidio, l’intraprendere rapporti sessuali non protetti, il guidare in stato di ebbrezza, il possedere un’arma. Sono stati riportati infine alcuni casi di AIDS contratto tramite lo scambio di siringhe infette, utilizzate dagli atleti per le iniezioni intramuscolari. Negli atleti, in genere giovani body builders utilizzatori di steroidi ed elevati dosaggi e per lunghi periodi di tempo, sono stati riportati almeno una trentina di seri eventi cardiovascolari, prevalentemente a livello cardiaco, quali infarto miocardico acuto, scommpenso cardiaco e morte improvvisa aritmica[4].

DIURETICI

Potenziano l’escrezione urinaria dell’acqua e del sodio.

Gli effetti collaterali sono:

-          iperglicemia;

-          riduzione del volume plasmatico circolante;

-          ipopotassiemia, con turbe cardiache che possono arrivare anche al blocco.

I diuretici possono essere assunti a scopo dopante per tre ragioni:

-         ottenere una rapida riduzione del peso corporeo (per gli sport dove esistono limiti di peso);

-          produrre una rapida riduzione della concentrazione dei farmaci dopanti nelle urine;

-          accelerare i processi di eliminazione delle sostanze dopanti nell’organismo[5].

  AUTOEMOTRASFUSIONE ED ERITROPOIETINA

Per autoemotrasfusione (AET) (anche indicata con i termini: doping ematico, emodoping, eritrocitemia indotta) si intende il prelievo di sangue da un atleta e la successiva reinfusione nello stesso individuo di globuli rossi (più raramente di sangue intero) al fine di aumentare la capacità del sangue di trasportare ossigeno. Per molto tempo è stata utilizzata la emotrasfusione omologa, cioè la trasfusione di sangue compatibile con quello del soggetto ricevente, ma proveniente da un altro individuo. Tale tecnica è stata abbandonata perché dipendeva necessariamente dalla presenza di un donatore ed esponeva maggiormente ai rischi infettivi e di incompatibilità legati alla trasfusione. Gli sport nei quali è stata prevalentemente usata o sperimentata l’AET sono quelli di fondo, a prescindere dalla specialità (sci, maratona, ciclismo) essendo attività fisiche la cui pratica è resa possibile grazie a fonti energetiche di tipo ossidativo, che utilizzano, cioè, l’ossigeno del sangue. La necessità di ridurre al minimo le complicanze legate alla trasfusione di sangue e il notevole sviluppo delle tecniche di biologia molecolare e di ingegneria genetica hanno reso disponibile l’eritropoietina, un fattore di crescita di origine renale che regola la produzione dei globuli rossi. L’effetto collaterale più importante delle trasfusioni di sangue è il rischio di infezioni, che è stato ridotto dalla sostituzione della trasfusione omologa con l’AET ed eventualmente dall’uso dell’eritropoietina. Eritropoietina ricombinante. In seguito all’isolamento e alla purificazione dell’eritropietina da urine umane nel 1977, è stato possibile negli anni Ottanta identificare il gene da cui dipende la sintesi di questo ormone ed ottenerne il prodotto mediante tecniche di ingegneria (eritropoietina ricombinante o epoietina). E’ prudente non sottovalutare i pericoli potenziali di questo farmaco, legati essenzialmente all’aumento dell’ematocrito e della viscosità del sangue: ipertensione, insufficienza cardiaca, ictus cerebrale, infarto miocardico. Secondo una indagine promossa nel 1988 dal CONI e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, il 7% degli atleti italiani ricorrerrebbe a pratiche di AET. Queste percentuali si raddoppiavano se il doping veniva considerato come fatto occasionale.   Grande scalpore suscitò nel 1985 la rivelazione del Comitato Olimpico Statunitense secondo cui 7 dei 24 membri della squadra olimpica ciclistica USA, tra cui 4 premiati, avevano ricevuto trasfusioni di sangue per migliorare le loro prestazioni nelle Olimpiadi di Los Angeles. Condannato dalla Commissione Medica del Comitato Internazionale Olimpico nel 1976, il ricorso alla AET è oggi ufficialmente vietato, insieme a quello dell’eritropoietina[6].

I BETA-BLOCCANTI

 In seguito alla messa a punto di adeguate analisi antidoping, il Comitato Internazionale Olimpico nel 1985 ha decretato il bando sportivo di questi prodotti in specialità quali il pentatlon moderno, i tuffi, il tiro con l’arco e le armi da fuoco, ed il salto con gli sci. I laboratori accreditati dal comitato Nazionale Olimpico dal 1986 al 1989 hanno eseguito annualmente da circa 39 mila a 52 mila analisi, con una positività totale per tutti i prodotti proibiti oscillante attorno al 2%: solo una trentina di riscontri hanno riguardato i beta-bloccanti per ciascuno dei primi due anni, per poi scendere ad otto e sei, rispettivamente nell’88 e nell’89 [7].

Gli effetti collaterali sono:

-          scompenso cardiaco;

-          disturbi della conduzione elettrica;

-          ipotensione;

-          ischemie periferiche;

-          broncospasmo;

-          ipoglicemia;

-          depressione psichica;

-          allucinazioni, insonnia, astenia;

-          impotenza sessuale;

-          notevole senso di affaticamento.

 


 

[1] CAPRISTO C.M., GAGLIANO-CANDELA R., GRECO M., 1992, Normativa e tossicologia dello sport, F. MILELLA Editore, Bari.

[2] MANARA L., MANNAIONI P.F., 1994, Farmacologia e doping, MASSON, Milano.

[3] GIADA F., CONTE R., PALATINI P., 1999, Effetti farmacologici e tossicità degli steroidi anabolizzanti, Medicina dello sport, 52/2.

[4] GIADA F., CONTE R., PALATINI P., 1999, testo citato.

[5] CAPRISTO C.M., GAGLIANO-CANDELA R., GRECO M., 1992, testo citato.

[6] MANARA L., MANNAIONI P.F., 1994, testo citato.

[7] CATLIN D.H., HATTON C.K., 1991, Use and abuse of anabolic and other drugs for athletic enhancement, Adv. Int. Med. 36.

[8] CAPRISTO C.M., GAGLIANO-CANDELA R., GRECO M., 1992, testo citato.

 

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