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IL METODO R.A.T. NELLA PREPARAZIONE AL PARTO

TU NON PARTORIRAI NEL DOLORE!

Simona Buonocore

 

Appena un decennio fa la scissione tra mente e corpo, tra cultura e biologia,tra una preparazione totalmente psicologica ed una esclusivamente clinica al parto ha rischiato di far perdere ad un evento come quello della nascita la sua connotazione gioiosa e la sua forte carica emotiva, tanto che il pediatra John Lind nel 1993 afferma: “ Il parto è ora un’esperienza molto più solitaria e psicologicamente stressante per alcune madri, lasciate per la maggior parte del travaglio da sole. Il parto cioè è diventato un’esperienza di isolamento”. Oggi tale scenario appare in via di superamento grazie all’ impegno sempre più crescente di restituire all’ esperienza del parto la sua umanità prestando attenzione alla dimensione intrapsichica della gestante, al suo mondo interiore fatto di gioie ma anche di tante paure legate, soprattutto, ai momenti del travaglio e del parto. Queste riflessioni hanno stimolato in me il desiderio di parlare in questo articolo di quanto possa essere importante per la futura mamma e per il suo benessere psicofisico avvalersi di una tecnica, quale il R.A.T., che non si limita al momento del parto ma la aiuta ad affrontare nel modo migliore ogni profondo cambiamento che accompagna la nascita di un figlio: una tecnica che, una volta appresa, rimane nel proprio patrimonio di risorse per tutta la vita. Questa consapevolezza non è legata esclusivamente alla mia formazione psicoterapica, ma anche alla mia esperienza personale di madre che grazie all’apprendimento di questo metodo ha vissuto con serenità la nascita dei suoi due bellissimi bambini. Il (R.A.T.), acronimo di Training Autogeno Respiratorio, costituisce, infatti, la metodologia base nella preparazione al parto, in quanto fornisce elementi legati alla respirazione e al rilassamento in grado di facilitare la nascita. Trattandosi di un allenamento volto ad imparare una tecnica per prestare attenzione al corpo e al respiro, il R.A.T. può essere utilizzato anche come strumento psicoterapico per curare disturbi di natura psicosomatica, come stati d’ansia, disturbi da somatizzazione, cefalee, disturbi del sonno, ecc… Volendo collocare storicamente questo argomento non si può non fare riferimento a G. D. Read, considerato un pioniere della psicoprofilassi, che, nei primi anni del '900 nella sua opera “Childbirth without fear”, intuì la relazione causale tra paura, blocco della muscolatura uterina e dolore durante il parto e come quest’ultimo rafforzasse la paura iniziale con l’instaurarsi di un vero e proprio circolo vizioso. Tale catena non solo influisce negativamente sulla respirazione, ma comporta un notevole dispendio di energie. Read, dunque, elaborò una tecnica psicoprofilattica che agisse proprio su questa equazione disinnescandola, in quanto l’assenza di ansie e paure è indispensabile per un parto sereno. Secondo l’autore la paura del parto da un punto di vista filogenetico attinge ad un repertorio di esperienze universali; ontogeneticamente, invece, è influenzata dall’esperienza del singolo, come, ad esempio,    racconti di travagli cruenti e strazianti. In Russia gli studi pavloviani sul riflesso condizionato ispirarono il movimento sovietico nella battaglia contro il dolore durante il parto. L’obiettivo era quello di creare un nuovo condizionamento in cui la respirazione sostituisse il dolore come risposta allo stimolo contrazione uterina, introducendo anche un concetto innovatore per quei tempi: la partecipazione attiva della partoriente alle varie fasi del parto. Questo nuovo modello psicoprofilattico si diffuse rapidamente in Russia e in Cina per poi trasferirsi in Francia nel 1952 attraverso il ginecologo Lamaze. Nel 1997 Umberto Piscicelli, psicosomatista presso il Policlinico Gemelli di Roma, mise a punto un metodo di psicoprofilassi rifacendosi agli studi di Read e Lamaze e rielaborando il più noto Training Autogeno di Schultz. “Training” significa allenamento: si tratta di ripetere con costanza e disciplina, per alcuni minuti al giorno una serie di esercizi, allo scopo di raggiungere un rilassamento autoprovocato. Il termine “Autogeno” vuole mettere in risalto come le modificazioni psichiche e somatiche vengano provocate autonomamente dal praticante, adattando il metodo alle proprie esigenze. L'obiettivo, infatti, è quello di rendere il paziente meno vincolato alla dipendenza dal terapeuta e divenire lui stesso autore del proprio cambiamento e del proprio benessere. Il metodo mira, dunque, al rilassamento che viene raggiunto senza influenzare il soggetto e tramite la pratica ripetuta e costante degli esercizi. L’applicazione del T.A. al parto consente di disattivare il circolo vizioso tra paura – tensione – dolore, ciò non significa che non venga più percepita la contrazione uterina, ma che quest’ultima venga privata della componente dolorosa dovuta alla tensione, all’ansia e alla paura. Il T.A. è, però, una tecnica fortemente direttiva che utilizza atteggiamenti soggettivi; nel R.A.T. di Piscicelli, invece, l’eccessiva direttività viene notevolmente ridotta attraverso la stimolazione della capacità creativa delle partecipanti le quali elaborano autonomamente le proprie fantasie ed istruzioni verbali. Le gestanti apprendono, dunque, una tecnica di rilassamento muscolare e psichico che, una volta acquisita, le aiuta ad elaborare autonomamente le proprie fantasie durante il travaglio. Tali pensieri positivi sostituiscono quelli negativi che altrimenti alimenterebbero l’equazione paura – dolore e influiscono, migliorandola, anche sulla respirazione. A differenza di quello alitante di Lamaze, reo di privare la partoriente di ossigeno a causa della sua superficialità e della marcata frequenza, il respiro che caratterizza il R.A.T., il respiro autogeno, determina il rilassamento muscolare che a sua volta porta ad una tranquillità psichica che si riflette sulla respirazione stessa. Il respiro autogeno ripete un modello già esistente in altre condizioni vitali, come il respiro durante la fase non – REM: gradualmente il soggetto entra in una nuova dimensione psicologica in cui non si è né completamente svegli, né totalmente addormentati e nella quale si percepisce di perdere parzialmente il controllo. Può verificarsi una certa resistenza all’abbandono dovuta alla paura inconscia che accada qualcosa, tuttavia è importante rassicurarsi e capire che abbandonarsi con fiducia è piacevole e conveniente. Altra caratteristica peculiare del R.A.T. è l'importanza conferita al movimento fisico. Se nel T.A. la rinuncia ad ogni movimento volontario determina una riduzione della tensione muscolare e, quindi, una sensazione di piacere, dall’altra tale eccessiva immobilità corporea ne costituisce senz’altro un limite. Il R.A.T., invece, comprende anche fasi durante le quali la gestante si esercita in movimenti di tensione e rilassamento muscolare che le consentono di identificare ciò che produce rilassamento ed eliminare ciò che causa tensione.  

“E' solo quando la mente è in una condizione anormale che il dolore può essere sentito, o anche immaginato, e le irritazioni dei nervi sono seguite da dolore solo quando tali irritazioni producono sforzo mentale. Se la mente non è da essi disturbata, non c'è dolore, e perciò, imparando ad evitare questa disturbanza, il dolore può essere prevenuto, o alleviato.” (w. H. Bates)

                 

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