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La Memoria

Paola Locci

 

Una notizia che qualche decennio fa mi aveva proprio inquietato era il fatto che a partire quasi dalla nascita, un essere umano comincia a perdere migliaia, milioni, anzi no, miliardi di neuroni al giorno. I neuroni, come noto, sono delle cellule a forma di stella con tanto di raggi, che compongono – insieme ad altre - il nostro cervello, come gli osteociti sono le cellule dell’osso, o gli epatociti quelle del fegato. L’idea che tutte queste cellule morissero senza che io potessi far nulla, senza che neppure avessi avuto il tempo di usarle, mi sembrava un insopportabile spreco! Questa moria spiegava una serie di fatti che potevano essere osservati molto frequentemente: la graduale diminuzione di memoria, la crescente difficoltà di concentrazione, la resistenza ad imparare nuove nozioni, la riluttanza a modificare le conoscenze acquisite, con il passare degli anni. Le statistiche però dicevano che alcune categorie di persone sembravano sfuggire a questo fisiologico meccanismo di invecchiamento cerebrale, come insegnanti, medici, attori, avvocati. i trattava forse di cervelli particolari, magari con un maggior numero di neuroni alla nascita, oppure con un numero di decessi cerebrali giornalieri inferiore alla media? Niente di tutto questo. Se ci fate caso, si tratta di professioni che, se svolte bene, richiedono uno studio continuo, sostenuto dalla necessità dell’aggiornamento e spesso – perché no? – da quella potente motivazione che è la passione per il proprio lavoro. E proprio perché la conoscenza non si ferma mai, le acquisizioni più recenti sul nostro cervello ci forniscono una notizia che, non contraddicendo, ma completando quanto scoperto finora, è decisamente più confortante, direi anzi entusiasmante. E’ vero che perdiamo continuamente dei neuroni, ma è anche vero che le facoltà più nobili della nostra mente, quelle che ci permettono di capire, ragionare, ricordare, non sono proporzionali in qualità e quantità al numero delle cellule, ma al numero delle connessioni tra le cellule. In pratica, il neonato ha il suo patrimonio di neuroni quasi intatto, eppure le sue facoltà sono estremamente limitate. I neuroni singolarmente sono quasi del tutto incompetenti. Per attivarsi devono essere collegati tra loro, e questo avviene tramite dei prolungamenti (i raggi della stella) che partono da ciascuna cellula e raggiungono le altre, in una rete sempre più intricata e complessa che è il supporto - in linguaggio informatico diremmo il software - dell’intelligenza. Con i moderni mezzi tecnologici, sempre più sofisticati, è ora possibile vedere la crescita di questi prolungamenti, durante l’attività cerebrale. E qui sta il punto: è infatti l’attività cerebrale che fa aumentare le connessioni, e quindi tutte quelle facoltà che si credevano destinate a declinare inesorabilmente con l’avanzare dell’età. In realtà, la maggior parte delle persone finisce gli studi regolari tra i 14 e i 30 anni, dopodiché comincia a riposare sugli allori: utilizza sempre le stesse conoscenze, si crea delle abitudini (anche mentali) e difficilmente si applica regolarmente in uno sforzo di apprendimento. Per stanchezza, per pigrizia, o per il convincimento, avallato finora dalla scienza, che ogni sforzo “ormai” sia inutile, ci si rifiuta di imparare un’altra lingua, o ci si blocca davanti ad un computer, a volte non si vuole neppure imparare a far funzionare una segreteria telefonica. E comincia davvero l’invecchiamento cerebrale. Non è infatti sufficiente “usare il cervello” nelle cose che si fanno routinariamente: per creare sempre nuove connessioni, e quindi più capacità di ragionamento, più memoria, più intelligenza insomma, è necessario condurre la mente su sentieri nuovi, mai battuti prima. E più ci si sforza di fare questo e più diventerà facile, con gli anni, apprendere e comprendere, intrecciare e scomporre le nostre acquisizioni come un puzzle, come un ricamo. Anni fa, in un piccolo villaggio francese, dove ancora si tengono vive certe tradizioni, ho visto ricamare al tombolo: più il lavoro procedeva, più fili si toglievano, e piano piano alla tela grezza si sostituivano complicati, meravigliosi disegni. Non è necessario studiare cose noiose, che non ci interessano: ognuno conosce i propri interessi, può essere la storia, la gastronomia o il bridge, la zoologia o le canzoni di Battisti, non importa. L’importante è attivare il nostro cervello il più possibile. Se non vi sono gravi problemi di salute, avere una mente agile e brillante fino a tarda età può diventare la più allettante delle conquiste.

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