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Genitori si nasce?

Paola Locci



Domanda paradossale. Ovviamente si nasce figli. Genitori si diventa. Ma fare i genitori è davvero una cosa così naturale? Nessuno si sognerebbe di guidare un’automobile, o usare un elettrodomestico, o lanciarsi col paracadute, senza aver ricevuto le informazioni e le istruzioni necessarie. Invece tutti si aspettano di poter fare i genitori, magari per la prima volta, come se non ci fosse nulla da sapere sull’argomento. Lo so, lo so che da quando esiste l’uomo, i figli sono stati sempre allevati dai genitori, ma riflettiamo su un fatto. Ciascuna cultura, nelle diverse epoche, ha messo a punto, e in certo qual modo codificato, propri sistemi educativi, più o meno validi. Ad esempio, nelle società tribali, le varie fasi della crescita dei piccoli erano regolate rigidamente da norme, che potevano anche essere discutibili, ma indubbiamente avevano il merito di fornire delle indicazioni anche ai genitori inesperti. La struttura sociale, molto articolata e gerarchizzata, permetteva di seguire una traccia ben definita e collaudata nel tempo. Lo stesso si potrebbe dire della struttura familiare contadina, presente, fino a pochi decenni fa, anche nel nostro paese. Il patrimonio di esperienze accumulato in una famiglia non andava disperso ma restava a disposizione delle nuove generazioni. Attenzione! Non vorrei che questo discorso suonasse come nostalgico: nella realtà umana non esiste la perfezione e, mentre in passato era prioritario sopravvivere, mai come oggi l’attenzione si è spostata sul vivere, inteso come qualità della vita. E’ un fatto incontestabile però che l’epoca attuale sia particolarmente difficile da questo punto di vista, se non altro per la velocità con cui si sono verificati eccezionali mutamenti sociali e culturali . Sono saltati, nell’arco di pochi decenni, tutti i punti di riferimento, e questo rende molto più complicato orientarsi. Se è valido il discorso che in una tribù dell’Amazzonia, o nella vecchia famiglia contadina, le regole si tramandavano di generazione in generazione, ciò non è più valido per la società in cui viviamo noi. Chi dice “mia nonna ha tirato su dodici figli senza problemi e senza l’aiuto di nessuno” non tiene conto delle trasformazioni del nostro assetto sociale (né si domanda – aggiungerei io – come quei figli sono venuti su, e che adulti sono diventati). Mi viene sempre in mente in questi casi un eccellente e famoso dermatologo che, a chi aveva problemi di capelli, raccomandava di non lavarli troppo spesso, asserendo che “mia nonna si lavava i capelli una volta al mese ed ha avuto capelli splendidi e sani fino a tarda età”, dimenticando che la nonna viveva in un paese di montagna, un secolo prima, quando l’aria era talmente pulita che non si posava sui mobili neppure un granello di polvere. Chiunque viva a Roma sa come si riduce una maglietta bianca dopo una passeggiata a piedi o in auto; è ovvio (se ci si pensa) che uno shampo in più è ora meno dannoso di una spalmata di smog. E’ evidente che ciò che era valido in un certo momento, anche se è stato valido per secoli, non è più valido se intervengono dei cambiamenti radicali. C’è poi un altro aspetto da considerare. Un genitore ha un’unica esperienza: la propria, ma tende invariabilmente - e irragionevolmente - a generalizzarla. Uno studioso dell’età evolutiva, un neuropsichiatria infantile, un insegnante, se sanno fare il loro mestiere (acquisito sulla base degli studi e degli sforzi di migliaia di ricercatori in tutto il mondo), hanno sicuramente un’esperienza maggiore, rispetto a qualsiasi genitore, anche nel caso che non abbiano figli propri. Ricordo sempre con grande affetto una meravigliosa insegnante di lettere delle mie ormai lontane scuole medie, una donna intelligente, sensibile, capace di penetrare con dolcezza nelle pieghe più nascoste delle nostre giovani menti, in bilico tra l’infanzia e l’adolescenza. Con rispetto e amore. E non era madre. Insomma, non basta dire: io sono madre (o padre), quindi solo io posso capire mio figlio. Purtroppo, spesso succede esattamente il contrario e molti genitori, pur intelligenti e armati di buon senso e buona volontà, non vedono – appunto perché troppo implicati, e senza termini di confronto - ciò che hanno sotto gli occhi, magari evidentissimo ad un osservatore esterno. Anche se è impegnativo, cerchiamo di prendere quello che la nostra epoca, nella sua complessità talvolta difficile da afferrare, ha da offrirci di buono. Non vanno sottovalutati, né tanto meno dati per scontati, gli enormi progressi che la pedagogia (quella seria) e la psicologia infantile (quella seria) hanno permesso nella comprensione di quel fantastico mondo che sono i bambini: le loro peculiarità, le loro esigenze, i loro diritti - non dimentichiamo che la carta dei diritti del bambino risale a non moltissimi anni fa -. Quello che succede all’infanzia in certi paesi (bambini sfruttati e massacrati nel lavoro, nella prostituzione, nella guerra) dovrebbe farci riflettere sui vantaggi che la conoscenza, nella sua accezione più nobile, ci offre. E allora perché non approfittarne?

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