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“Dal fanatismo alla barbarie c'è solo un passo (Denis Diderot)”

Paola Locci

L’effetto butterfly è quello per cui il battito di una farfalla in Cina può generare un tifone negli Stati Uniti. Questo è il nucleo della Teoria della complessità, nata dagli studi del Nobel Ilya Prigogine (1917-2003). “Oggetto della Teoria della complessità sono i sistemi complessi, caratterizzati da numerosi elementi qualitativamente diversi tra di loro, e da numerose connessioni non-lineari tra gli elementi. Questo significa che piccole variazioni nei comportamenti degli elementi possono generare effetti inimmaginabili. Ciascuno di noi è un sistema complesso, costituito da numerosi e diversi elementi in relazione tra di loro. Sistemi complessi sono anche l’azienda in cui lavoriamo e le associazioni che frequentiamo. Internet è un sistema complesso. Cellule, organismi, cervello, economia, reazioni chimiche, fluidi.” (Luca Comello). Il caso Englaro è la farfalla e il tifone è quello che si sta abbattendo sul “sistema paese”. Credo sia ormai inutile e pretestuoso continuare a discutere se le volontà di Eluana siano o non siano state quelle formalmente accertate da infinite indagini; se il padre sia un bieco assassino o un eroe sublime; se i medici implicati siano dei pazzi crudeli o agiscano secondo scienza e coscienza; se quella povera creatura sia una condannata a morte, o un corpo condannato a sopravvivere. In definitiva se lo stato vegetativo è “vita” o non lo è. Non se ne verrà mai fuori. Troppe le parole che fanno la differenza: come “far” morire, e “lasciare” morire. Troppo grande e ignobile la strumentalizzazione in atto. Troppi gli “elementi qualitativamente diversi” di cui sarebbe necessario tener conto. Il problema è un altro. Il problema è a monte. Si chiama Libertà. E’ incredibile quanti significati si possono dare a questa parola. E’ una domanda che faccio spesso nel mio lavoro di medico psicoterapeuta. E le risposte sono tutte diverse. Perché lo chiedo? Perché io devo aiutare le persone a trovare la loro libertà, non la mia. Chiedo loro se sono credenti, oppure no, quali sono i loro ideali, quale - per loro - il senso della vita. Se non lo facessi, come potrei aiutarle? Questo presuppone un grande rispetto, e mi costa a volte un grande sforzo. Perché anch’io ho idee e ideali e convinzioni. Ma io insegno a guidare e a riconoscere la segnaletica, come dico spesso, non decido la direzione. Non è mio compito giudicare se la direzione è giusta o sbagliata. Se è quella che consente ad una persona di raggiungere uno stato di maggiore equilibrio e benessere, quella è la direzione giusta. Quand’ero piccola mi dicevano: ricordati che la tua libertà finisce dove comincia quella degli altri. Ho sempre tenuto fede a questo insegnamento. Non sempre mi viene ricambiata la cortesia. Rispettare la libertà di un’altra persona significa innanzitutto capire su quali presupposti quella persona costruisce il proprio concetto di libertà. Chi ha come presupposto una fede religiosa non può che derivare le proprie convinzioni da quella fede. Chi professa la fede cristiana ad esempio dice che la vita è un dono del Creatore, che è sacra, e che di conseguenza non appartiene all’individuo. Giusto, legittimo, coerente. Ma se il presupposto non è questo? Se una persona crede in un altro dio, o se non crede affatto? Potrebbe pensare che la vita è un fenomeno biologico con un inizio e una fine e che, essendo priva di carattere sacro, appartiene all’individuo. Giusto, legittimo, coerente. I primi identificano la “vita” con la presenza dello Spirito, i secondi con uno stato di coscienza che consenta una pur minima vita di relazione. I primi pensano che sia il Dio in cui credono a decidere se dare o togliere la vita, i secondi credono nell’autodeterminazione. Molti anni fa, ho conosciuto una splendida persona, intelligente, colta, amante della vita, che, dopo un intervento per cancro polmonare, scelse di non fare più alcun controllo. Stentavo a capire e chiesi alla moglie come viveva questa decisione. Disse: è un suo diritto, lo stesso che vorrei per me. Il nostro è sempre stato un amore fondato sul rispetto. E’ morto qualche anno dopo, sereno, nel suo letto. E se l’autodeterminazione non è possibile? Sono molte le circostanze in cui qualcuno, legittimato a farlo, prende decisioni per altri. I testimoni di Geova hanno ottenuto, per i loro figli minorenni, che vengano evitate le trasfusioni di sangue. Se una persona in stato di incoscienza ha bisogno di un intervento urgente, sono i familiari a dare l’assenso. Ma, anche uscendo dal campo medico, un bambino, generalmente viene battezzato da neonato, eppure non si sa se, da grande, vorrà abbracciare o no la fede cattolica. Certo, si può credere, o no, nella Famiglia come istituzione. Ma se ha un senso l’istituzione della famiglia, allora i genitori sono legittimati a prendere decisioni per i figli. Perché, fino a prova contraria, si suppone che i genitori conoscano e amino i propri figli più di chiunque altro e decidano per loro il meglio. Le leggi possono essere giuste o sbagliate, perché fatte dagli uomini, ciò nonostante vanno rispettate. Ma ci sono temi su cui l’essere umano, se è onesto e consapevole della propria limitatezza, continuerà ad arrovellarsi, senza trovare mai risposte definitive. Su questa "soglia" bisogna avere il coraggio di fermarsi, nell'assoluto rispetto delle reciproche posizioni. E solo una cosa – pur nella sua imperfezione - può ridurre il numero degli errori, e degli orrori: la Libertà della coscienza individuale. Altrimenti è fanatismo, quello dei proclami, delle urla, degli insulti, dell’ignoranza spacciata per opinione, della mistificazione spacciata per nobiltà d’animo, quello dei giudizi sommari e delle condanne senza appello. Di chi? Di chi la pensa diversamente, è ovvio. Il fanatismo inizia laddove chiunque, convinto delle proprie infallibili verità, non si limiti più ad applicarle per sé e per le persone di cui ha la legittima tutela, ma inizi ad imporle ad altri. E se, per farlo, comincia ad usare la Violenza delle parole o la Forza, fosse pure la forza delle leggi, siamo alla barbarie.

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