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Comunicare

Paola Locci

Uno dei paradossi della nostra epoca è che, pur vivendo immerse – direi quasi soffocate – nelle comunicazioni di massa, bersagliate da raffiche di messaggi (pubblicitari e non), in un paese in cui imperversano milioni di telefonini, segreterie telefoniche, Internet, posta elettronica, fax... le persone sembrano essere diventate incapaci di parlare tra loro, o meglio, per parlare, parlano moltissimo, ma non riescono a comunicare. Questa frenesia di essere continuamente, e ovunque ci si trovi, in contatto o contattabili da parenti e amici, mi fa pensare, perdonate la deformazione professionale, alla persona bulimica che non riesce mai a saziarsi, o alla ninfomane mai appagata. Il desiderio di essere capiti è un forte naturale desiderio di tutti gli esseri umani, ma non può essere soddisfatto a senso unico; è necessaria una reciprocità: per riuscire a farsi capire, è importante essere capaci di capire l’altro. Gli strumenti di comunicazione dell’animale uomo, principalmente il linguaggio – ma non solo! – sono complessi e sofisticati, e talvolta non si sa come servirsene: è come avere un computer ultramoderno e non saperlo usare. Il confronto con gli altri è condizionato da mille sovrastrutture, da regole individuali, familiari, sociali, culturali... e spesso diventa difficile recuperare quella spontaneità ed essenzialità che sono alla base di ogni vera, sincera, efficace relazione. Perché non riusciamo a comunicare veramente con il coniuge, i figli, i genitori, gli amici, i vicini di casa? Dov’è che il meccanismo si inceppa? Quali processi psicologici intervengono, facilitando o interferendo, in questa meravigliosa facoltà di rapportarci con le altre persone? L'argomento è complesso, ma si può senz'altro affermare che uno dei fattori di disturbo della comunicazione è l'assoluta presunzione di conoscere la persona con cui si sta comunicando. Questa convinzione, tanto più forte quanto più è sostenuta da una lunga frequentazione, come in famiglia, o tra amici di vecchia data, porta ad un grave rischio: quello di dare per scontate una serie di deduzioni che non vengono quasi più verificate, e che inducono quindi a libere interpretazioni di parole e fatti sul cui significato presunto si costruiscono altre deduzioni e altre interpretazioni... Spesso ci si rapporta agli altri come se non cambiasse mai nulla: per certi genitori i figli sono sempre bambini, per certi cinquantenni i compagni di liceo sono sempre adolescenti. Per quanto bene si conosca una persona, non si può essere sempre sicuri di cosa intenda dire con una certa parola, con una certa frase: perché non chiederglielo? Gli esseri umani sani sono, fortunatamente, degli organismi dinamici, che cambiano, si evolvono, ramificano il proprio pensiero, elaborano esperienze e ricordi, possono esprimere idee nuove, o agire per nuove motivazioni. E la comunicazione deve adeguarsi.

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