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Presentazione del libro “Psicologia dello sport e non solo”

Matteo SIMONE

 

CopertinaArgomenti del libro sono lo sport, la psicologia dello sport, la psicoterapia della Gestalt, la psicologia dell’emergenza, l’EMDR, l’incontro, la maratona, il doping. E’ un libro, un manualetto che si legge attentamente e si rilegge perché quello che c’è scritto si può cogliere in modo diverso in base allo stato d’animo in cui ci si trova, ed ogni volta una stesa frase, uno stesso periodo, uno stesso paragrafo può far soffermare su una parola, su un concetto e far riflettere, far trovare spunti importanti. E’ un libro semplice ma anche complesso, è un libro tecnico ma anche divulgativo, per più persone: atleti professionisti ed a livello amatoriali, praticanti sport singoli o di squadra; psicologi, studenti di psicologia, tecnici e staff medico di società sportive, famigliari di sportivi, curiosi; è un libro che anche scorre. Riporto quanto scritto a pag. 9: “… si tratta di incontrare l’altro che ha una esigenza, una difficoltà, un problema e stabilire un contatto reciproco in modo da interessarsi principalmente all’altro senza giudizio e con empatia e cercare di stabilire una relazione che possa portare l’altro ad una maggiore autoconsapevolezza, ad una visione più ampia di se stesso e degli altri, del suo mondo ed il mondo che lo circonda e questo attraverso un’attenzione costante all’altro ed un lavoro basato sulla responsabilità ed una motivazione reciproca”, in queste righe è condensato il succo del libro, vi è l’estratto, vi sono delle parole che ricorrono per tutto il testo: incontrare l’altro, stabilire un contatto, interessarsi, stabilire una relazione, autoconsapevolezza, visione più ampia, mondi che si incontrano, attenzione all’altro, responsabilità, motivazione.” Il mondo dello sport comprende tanti aspetti, tante sfaccettature, è un mondo complesso, infatti si parla di sport individuali, di squadra, aerobici (resistenza), anaerobici (potenza), lo sport contempla sia l’attività fisica come forma di benessere psico-fisico, di prevenzione, ad esempio per contrastare ipertensione, ipercolesterolemia; lo sport riguarda anche le competizioni agonistiche e quindi comprende la prestazione (performance), il raggiungimento della prestazione ottimale (peak performance), esempio i record dei campioni, lo sperimentare il “Flow”, considerato uno stato alterato di coscienza dove tutto funziona alla perfezione, altro termine che riguarda lo sport agonistico è “IZOF”, una zona di funzionamento ottimale per l’atleta per il raggiungimento della sua peak performance. Inoltre sono trattate le difficoltà, disagi dell’atleta che possono essere di natura emotiva, di attivazione ottimale, di bassa autostima, possono riguardare pensieri disturbanti, le difficoltà possono anche essere relazionali, relativi ad una figura professionale che gravita attorno al mondo dell’atleta. Vengono illustrati l’approccio, le metodiche e le tecniche per l’ncremento della performance sportiva e per il migliorare della prestazione anche attraverso l’EMDR“Eye Movement Desensitization and Reprocessing”. Il testo è dedicato a Vladimiro, una persona semplice amante della corsa, della natura, della buona compagnia, adesso non c’è più ma “Vladimiro c’è”. Nel testo si parla di incontro di professionalità, di mondi, l’atleta porta il mondo dello sport fatto di sudori, delusioni, infortuni, incoraggiamenti, rinunce, pressioni, lo psicologo porta il mondo psicologico teorico esperienziale e quindi il relazionarsi, l’accogliere, l’invitare l’altro, il contatto, il dialogo, le metafore. Quando si parla di psicologia dello sport si parla di diversi incontri dello psicologo con la squadra, con l’atleta, con il team, con un famigliare e quindi hanno valore il rispetto, l’interessamento, la fiducia, la scoperta nell’altro, negli altri e in se stessi. Questo avviene in uno spazio di manovra abitabile dai diversi attori in campo dove può avvenire, si può sperimentare un contatto, un dialogo, un espressione/comunicazione di esigenze, difficoltà, perplessità, disagi. La risoluzione di quest’ultimi può essere proposta attraverso un lavoro, un porre l’attenzione sulla consapevolezza, responsabilità, il riconoscimento di priorità, gli investimenti, il definire gli obiettivi, il cercare le risorse disponibili e quelle da potenziare. A pag. 14 riporto un breve esercizio attraverso le visualizzazioni: “Visualizza i tuoi gesti, le tue difficoltà, i momenti importanti, critici, e prova a vedere com’è, che effetto ti fa, puoi sentirti soddisfatto? Puoi correre ai ripari in qualche modo? Puoi correggere il tiro? Fatti un film del tuo prossimo futuro, come sarà la tua vita in preparazione della tua meta? Quali sono le tue risorse? Quali tue caratteristiche devi o puoi potenziare, migliorare? Prova a visualizzare di cambiare qualcosa, di correre un piccolo rischio nel fare qualcosa di diverso, vedi che effetto ti fa, quali sono le tue sensazioni e poi prova nella realtà.” La visualizzazione può essere utile per diversi motivi, ad esempio nell’individuare un posto sicuro, sperimentato già o immaginario dove la persona ritiene di trovarsi in una condizione di serenità, di sicurezza, di tranquillità e qui può rifugiarsi quando ne sente la necessità, il bisogno, per recuperare le energie, le risorse per affrontare una situazione complessa, difficile che richiede una preparazione attenta e completa. La visualizzazione può essere usata come forma di allenamento ideomotorio, si può visualizzare, immaginare l’esecuzione di un gesto atletico cercando di utilizzare tutti i sensi, uditivo, tattile, visivo, olfattivo ed osservare cosa accade, dove c’è l’intoppo, dove avviene la difficoltà, l’errore e questo per cercare di correggere e superare la difficoltà. La visualizzazione può essere usata anche come anticipazione della prestazione, per sperimentare sicurezza nel compiere la prestazione, in modo che poi nella realtà ci si senta più sicuri nell’esecuzione della prestazione, della performance. Si considerano gli obiettivi, le priorità: Obiettivi di chi? Dell’atleta, della squadra. Quanto nella tua vita è importante lo sport? Cosa sei disposto a fare o a rinunciare per raggiungere i tuoi obiettivi? Riporto quanto descritto a pag. 22: “È importante avere delle priorità negli obiettivi. Fai un programma mentale dei tuoi prossimi obiettivi, cosa vuoi raggiungere in ordine prioritario e temporale e come? Cosa sei disposto a fare, a rinunciare, a sacrificare? Cosa devi evitare o devi fare per raggiungere i tuoi obiettivi? Qual è il costo? Ne vale la pena? La psicologia dello sport prevede anche un lavoro sulla corretta gestione dello stress che può comportare problemi in allenamento, quando i carichi di lavoro sono o sembrano eccesivi, o non si riesce a rispettare i programmi di allenamento o ci si sente inferiori rispetto agli altri amici di allenamento; lo stesso può riguardare anche la gara, la condotta di gara, il pre-gara, si può avere il timore di non riuscire, si può non credere sulle proprie capacità, si possono temere troppo gli avversari, si può essere troppo convinti di non riuscire, di riavere un infortunio; lo stress può anche essere relativo ai famigliari, ai componenti del team che possono avere pretese, possono fare pressione, possono non apprezzare, possono non premiare; lo stress può riguardare anche la gestione del successo, di quello che ne deriva, controlli antidoping, intrusione dei mass-media, contatti eccessivi degli sponsor, degli amici, delle richieste di conferma della prestazione; lo stress può riguardare il post carriera, il sentirsi finiti , l’elaborare la fine di un mondo accogliente, sostenente, di ricchezze, di agevolazioni, ci si può sentire un essere in grado di investire in altro. A pag. 27, riguardo le abilità sportive del disabile, invito i lettori a farsi delle domande: “ci si può fare delle domande: “Chi sono?”, “Come sono?”, “Cosa faccio?”, “Cosa voglio fare?”, “L’altro chi è?”, “Com’è?”, “Cosa fa?”, “Cosa vuole fare?” e sce­gliere diverse alternative: “Continuo a essere chi e come sono, a fare quello che voglio e non mi interessa chi è l’altro, com’è, cosa fa e cosa vuole fare” oppure “Voglio provare a essere diverso, a fare qualcosa di diverso, ad interessarmi all’altro, com’è, cosa fa e cosa vuole fare”. Essendo maratoneta non potevo non parlare di maratona, un obiettivo che va maturando nel corso degli anni, ci si arriva a step, ma c’è differenza tra amatori ed assoluti, per entrambi è importante la gradualità, l’impegno, lì’adattamento progressivo, quindi si passa dai 10 km, si passa per la mezza maratona per giungere alla maratona. Mi permetto anche di dare suggerimenti circa la preparazione atletica a pag. 39: “È indispensabile fare progetti credibili a se stessi, un ottimo punto di partenza è credere di essere in grado di fare qualcosa, perché ci si sente di esserlo, perché si è sperimentato gradualmente dei miglioramenti. Bisogna capire come impiegare le proprie risorse, su chi si può puntare, su chi si fare affidamento. Bisogna sapersi monitorare nel corso del tempo, sapersi testare o farsi testare, saper svoltare al momento opportuno, se cambiano gli interessi, le esigenze, gli obiettivi, le situazioni. Nella preparazione atletica è importante considerare la preparazione fisica, la preparazione nutrizionale, la preparazione mentale.” Interessanti da pag. 46 le risposte di ultramaratoneti ad una mia videointervista prima e dopo una competizione della lunghezza di 100 km di corsa a piedi: 

Che senso ha la corsa per lei?

— La corsa è uno sport che ti libera tutte le cose che hai in mente, ti spiego in parole chiare: non pensi ad altro, pensi solo a correre, i problemi li lasci alle spalle.

— Mi toglie tanti problemi dalla testa che ho in famiglia, mi scarica e vuol dir tanto, è la cosa più fondamentale della mia vita.

— Mi piace stare con altri, con amici, confrontarmi con altri, dialogare per arricchirmi.

— Liberazione, quando torno dal lavoro se non corro sto male, torno a casa dopo la corsa, faccio la doccia, sto bene, sono un’altra persona, non potrei stare senza la corsa.

Che significa per lei correre per 100 km?

— Ti prende, sembrano tanti, è una passione, durante il percorso la mente pensa tante cose, scopri tante cose interiori, è un modo per rilassarsi

— Libertà, tante ore da sola.

Cosa le permette la corsa?

— Mi gratifica, nel senso personalmente di star bene, avere soddisfazioni, presenze in nazionale, mi gratifica tantissimo.

— Contatto con natura, mi gratifica molto.

Cosa ti appresti a fare?

— Proverò a fare questa 100 km, spero che Dio me la mandi buona, sono tanti, farò il possibile, sarebbe un sogno bellissimo.

— Sono un amatore, penso di finirla entro il tempo massimo, una gara che mi appassiona durante tutto il percorso, penso di finirla.

— Cerco, come gli altri, di concludere questa gara impegnativa, oltre a comportare parecchio tempo, 100 km sulle gambe stanca abbastanza, è una sfida personale con te stesso raggiungere il proprio limite.

— Tento di fare questa pazzia, se sapessi di arrivare non partirei, mi piacerebbe arrivare.

Gli altri cosa pensano di te?

— Mi considerano pazza.

— La mia ragazza mi sopporta ma è contenta, gli altri amici sono orgogliosi.

— Mi prendono per pazzo.

Cosa ti spinge a correre?

— Penso che la maratona sia la metafora della vita per colui che vuole arrivare a 100 anni, concluderla è l’ottimismo della vita, quindi ci si sente ultraterreni a percorrere una corsa a piedi di 100 km.

— Ho iniziato per dimagrire, nel giro di 1 anno sono andato in forma, sono emozionato, non mi aspettavo di contribuire a vincere la medaglia d’oro, volevo fare una bella gara.

Cosa scopri di te stesso?

— Viene fuori quello che normalmente non viene fuori, il muro da battere è dentro di te, ti da la possibilità di fortificarti, aiuta a combattere il dolore, dispiaceri.

— Durante ogni competizione cerco di scoprire qualcosa in più di me stesso, in questa disciplina l’autoconoscenza è fondamentale, per come sono devo partire prudente, mi aiuta psicologicamente vedere che sono in rimonta anziché in riserva e che la sto consumando. Non mollo mai, non mi sono mai ritirato, in qualche maniera devo arrivare, ho stretto i denti, ho avuto i crampi, ho rallentato, nella vita quotidiana vado sempre al massimo.”  

Un testo che parla di sport e psicologia non può trascurare il fenomeno DOPING, l’atleta fa continuamente delle scelte e rinunce, decide sui recuperi tra un allenamento ed un altro, sceglie integratori alimentari, fa dei lavori sempre più sostenuti ed a volte si pone delle domande: Perché non doparmi? Perché ti fa male. Ma se non vinco sto peggio, la mia vita senza la vittoria non ha senso. Perché non doparmi? Perché non è corretto nei confronti dei tuoi avversari. Ma tutti si dopano, se non lo faccio anch’io perdo in partenza. Se vinci con il doping saresti un falso campione? Sarei sempre un campione, alle persone piacciono i vincitori, i record, mi riconoscono, parlano di me, mi fa star bene, senza vittoria non sono nessuno, sono inesistente, nessuno parla di me, sono un uomo morto.  

Riporto da pag. 70 una ricerca di John R. Fuller e Marc J. LaFountain che hanno intervistato 50 atleti che ammisero di usare steroidi. Gli era stato chiesto direttamente perché usavano droghe, come avevano imparato, e i valori che associavano con questa forma di uso di droga. L’uso di steroidi era giustificato come un atto di patriottismo, e come pagamento del prezzo necessario per essere competitivo:

— Ci dovrebbe essere permesso di prenderli perché tutti quelli delle altre nazioni li prendono. Questi tipi della Germania dell’Est, Bulgaria, e Russia tutti usano steroidi. Le donne anche. Se non li prendiamo non possiamo mai vincere una medaglia Olimpica per l’America.

— Non hai nessuna scelta se vuoi competere alla grande. Tutti dalle altre nazioni fanno così, anche noi dovremmo.

— Io uso piccole dosi. Conosco solo tre persone che hanno avuto problemi. Un tipo quasi morì. Era realmente bravo e aveva una possibilità di andare alle Olimpiadi di Los Angeles ma ne prese troppo. Se avrò problemi smetterò.

— La gente non sa che significa essere atleta. Le regole non dovrebbero essere fatte e fatte rispettare dalla gente che non sa di cosa stanno parlando.

— Penso che dovresti prenderti cura del tuo corpo. Io non avevo mai preso cura del mio, ora lo faccio. Io ottengo molto divertimento e piacere dal sollevamento pesi. Mi da una possibilità di realizzarmi e faccio tutto quello che posso per far diventare il mio corpo più forte. Non uso droghe o bevo o fumo e se il mio allenatore dice che gli steroidi mi faranno diventare più forte li userò.

— Mi piace stare con gli atleti più che con altra gente. Ho cambiato la mia vita sociale da quando entrai nel sollevamento pesi. Non mi piace la gente che pensa negativo, e essere fatto con gli steroidi mi fa sentire molto positivo. Io vivo velocemente. Ho avuto un’ora di sonno la scorsa notte, e sto andando ancora forte. Se la tua mente pensa positivo puoi fare tutto quello che vuoi.

— Li uso perché mi danno il “Momento Bianco” (definito come un sentimento mistico, estatico). Se tu non l’ hai mai provato, non sai di cosa sto parlando.

Un capitolo è dedicato alla psicoterapia della Gestalt in cui sono specializzato, trattasi di un approccio fenomenologico, esistenziale, è un approccio diretto, immediato con la persona, informale, non necessita obbligatoriamente di un setting, quindi si può lavorare direttamente sui campi di allenamento, di gara, pone attenzione alla consapevolezza, alla responsabilità individuale. Chi ho di fronte? Osservazione gesto atletico, performance. Si conosce l’altro attraverso colloqui verbali ma anche attraverso il linguaggio non verbale l’altro trasmette rispetto a se stesso.

Un capitolo è dedicato alla psicologia d’emergenza, anche nello sport si lavora in emergenza, può capitare che l’atleta voglia risolvere un problema nell’immediato e quindi come succede in emergenza è importante documentarsi, essere disponibili, essere presenti, normalizzare eventualmente un problema, un fastidio, una preoccupazione, è importare permettere ed agevolare l’espressione di richieste, e non ultimo è importante la costruzione di reti, il collegamento delle figura professionali che gravitano attorno all’atleta. Così illustro a pag. 111 quello che può avvenire in un contesto di emergenza e che può essere trasportato in un contesto sportivo:

In una emergenza, lo psicologo:

— si documenta;

— è presente;

— incontra l’altro, diverso da lui;

— è disponibile all’ascolto empatico;

— si adatta al contesto e al setting;

— utilizza tecniche di mediazione, negoziazione e gestione dei conflitti;

— promuove il lavoro di rete.

In una emergenza, lo psicologo deve valutare il contesto dove andrà ad operare e sapere:

— cosa trova;

— chi trova;

— con chi opera;

— di cosa ha bisogno;

— quali problemi potrebbe avere.

Arrivato al luogo di intervento lo psicologo può:

— rendersi visibile;

— farsi conoscere;

— essere “tra”;

— essere “con”;

— essere disponibile.

 

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