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CORSO DI ADDESTRAMENTO ALLA COMUNICAZIONE ASSERTIVA

(come gestire i conflitti)

Il corso ha ottenuto 12 crediti ECM per tutte le professioni sanitarie e il riconoscimento dall'Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio


Tra Preoccupazione e Ansia.

Aspetti funzionali e non dell’anticipazione negativa di eventi futuri.

Dott.ssa Picucci Luciana, Psicologa Psicoterapeuta.


Introduzione
E’ esperienza comune nella vita preoccuparsi per qualcosa. Attraverso la preoccupazione le persone si prefigurano scenari e pianificano azioni con l’intento di evitare/affrontare situazioni ritenute in qualche modo minacciose. In molti casi questo processo cognitivo ed emotivo ci consente di giungere alla risoluzione della situazione che ha attivato la preoccupazione. In altri casi, invece la Preoccupazione cambia i propri connotati trasformandosi in Ansia e bloccando la produzione di pensieri ed azioni volte alla risoluzione del problema. La prima questione che cercheremo di riproporre in questo articolo riguarda l’individuazione di una linea di confine tra questi due aspetti del vivere umano. La nostra prima domanda sarà dunque: “COSA CI CONSENTE DI DISTINGUERE LA PREOCCUPAZIONE QUOTIDIANA DA UNO STATO DI ANSIA PATOLOGICA?” (Cap. I). Lo stato di preoccupazione è organizzato secondo schemi cognitivi ben precisi che lo distinguono da quello di ansia. Capire “COME IL SISTEMA COGNITIVO ELABORA IL PROCESSO DI PREOCCUPAZIONE” ci fornisce anche informazioni sulle funzioni che esso assolve nell’economia psichica (Cap. II).
Un altro aspetto di rilievo riguarda l’indagine delle dimensioni, cognitive e di personalità che ci consentono di far luce sui fattori che predispongono ad elevati livelli di preoccupazione. Ci domanderemo allora: “COSA CARATTERIZZA LE PERSONE CHE TENDONO A PREOCCUPARSI ECCESSIVAMENTE?” (Cap.III). La persone sono in grado di riferire i contenuti della preoccupazione e le situazioni che le attivano. Facciamo invece più fatica a rispondere a questa domanda: “A che serve preoccuparsi?” Cercheremo di chiarire quest’aspetto individuando QUALI SONO LE FUNZIONI CHE LE PERSONE ATTRIBUISCONO ALLA PREOCCUPAZIONE (Cap. IV). Concluderemo questa trattazione dando una rappresentazione della relazione tra differenze individuali e preoccupazione. In particolare ci domanderemo:
- UOMINI E DONNE SI PREOCCUPANO ALLO STESSO MODO?
- QUALI SONO LE PREOCCUPAZIONI CHE CARATTERIZZANO L’ETA’ EVOLUTIVA? (Cap. V). 

Cap.I LA PREOCCUPAZIONE TRA FUNZIONE ADATTIVA E SINTOMO PSICOPATOLOGICO
Introduzione
La preoccupazione di per sé non è un fenomeno patologico e, se contenuta entro certi limiti, assolve ad un’ importante funzione adattiva. 
La preoccupazione può rappresentare, ad esempio, un primo approccio alla risoluzione dei problemi; la caratteristica che, infatti, contraddistingue questa modalità di pensiero è proprio l’anticipazione preparatoria ad eventi futuri. In questa accezione rappresenta un processo nel quale il problema è sviluppato, approfondito ed elaborato allo scopo di prendere decisioni e fronteggiare situazioni; rappresenta un’esperienza costruttiva, alcune volte necessaria alla risoluzione di problemi reali o potenziali, inoltre allontana dalla persona la paura e l’ansia legata all’impatto di eventi eccessivamente stressanti. La preoccupazione diventa, invece disadattiva quando assume dimensioni eccessive ed incontrollabili, quando viene impiegata come meccanismo rigido e inflessibile; in tal caso rallenta, invece di sostenere, il processo di soluzione del problema. Ad esempio preoccuparsi per un esame susciterà nella persona la necessità di studiare in quanto studiando si riduce il sentimento negativo che accompagna la preoccupazione .Tuttavia, se la preoccupazione, accompagnata da emozioni negative (tensione, paura, apprensione) e sensazioni fisiche (tensione muscolare, palpitazioni, stomaco sottosopra), diventa eccessiva può distrarre la persona dal compito e quindi dai suoi impegni. Sulla base di tale distinzione, in letteratura si è spesso parlato di preoccupazione non patologica, nel primo caso e di preoccupazione patologica nel secondo (e.g. Davey et al, 1993; Talli et al., 1993; Meyer et al., 1990). La preoccupazione patologica rappresenta il criterio cardine nella definizione del Disturbo D’Ansia Generalizzato (DAG, DSM IV).Per quanto l’interesse per l’argomento con il tempo sia cresciuto, ancora non è stato approntato uno studio che definisca con chiarezza, se ci troviamo di fronte ad una variabile dimensionale (per cui tra preoccupazione patologica e non patologica ci sarebbe un continuum) o categoriale (e quindi le due accezioni del costrutto sarebbero concetti distinti e separati).Quello che tuttavia è possibile affermare, sulla base degli studi condotti sino ad oggi, è che al passaggio da uno stato di normalità ad uno di patologia, contribuiscono sia aspetti dimensionali che categoriali: frequenza, intensità, e severità pongono la preoccupazione eccessiva (sperimentata dalle persone senza diagnosi psicopatologica) e la preoccupazione patologica su uno stesso piano, ma ciò che permette lo spostamento su tale piano, potrebbe essere un aspetto qualitativo legato all’attribuzione di senso che la persona sviluppa verso il suo stato di preoccupazione. Le convinzioni negative sulla natura e sulle funzioni della preoccupazione possono diventare a loro volta oggetto di preoccupazione 
I soggetti eccessivamente preoccupati ma non patologici si preoccuperebbero dei contenuti (e.g. ritardi sul lavoro, conti da pagare, conflitti affettivi) quelli patologici tenderebbero a preoccuparsi del fatto che sono preoccupati (Wells & Carter, 1999).
In definitiva, il passaggio dalla normalità alla patologia si individua nel momento in cui la preoccupazione diventa essa stessa centro di valutazioni negative. (Wells, 2005)


Summary: Ciò che distingue la preoccupazione (non patologica) dall’ansia (manifestazione patologica) è il contenuto stesso dei pensieri: la persona preoccupata si focalizza su aspetti contestuali (es. le rate da pagare, il lavoro arretrato), la persona che sperimenta ansia orienta la sua preoccupazione anche su aspetti legati al processo di valutazione (e.s. “mi sto preoccupando troppo”) si preoccupa dunque della sua stessa preoccupazione.

Cap II PREOCCUPAZIONE E ASPETTI COGNITIVI
La preoccupazione è caratterizzata dalle predominanza di pensieri verbali a valenza negativa (Borkovec et al, 1998). Quando siamo preoccupati, dedichiamo più tempo a predizioni dal ricco connotato emozionale e impegniamo i nostri pensieri nella produzione di alternative. A livello cognitivo queste attività si presentano prevalentemente in modalità verbale e lasciano poco spazio all’immaginazione visiva (e.g. Newman & Llera, 2011). Preoccupandoci, discutiamo con noi stessi di eventi negativi, verso i quali manteniamo alta la paura che possano avverarsi in futuro. La distinzione tra modalità verbale e in immagini, ha una importanza cruciale a livello funzionale. Tale discriminazione, infatti, ci permette di sottolineare il diverso contributo che questi aspetti forniscono allo sviluppo dei processi emozionali.
Il pensiero verbale legato ad esempio a previsioni negative sul futuro, quindi emozionalmente carico, stimola una risposta cardiovascolare molto meno forte dell’immaginazione visiva, (e.g. Brosschot, Gerin, Thayer, 2006) ciò risulta particolarmente evidente se pensiamo che le persone preoccupate, tendono ad utilizzare, in maniera spontanea, la verbalizzazione come strategia di gestione d’ansia e di disimpegno da materiale emozionale troppo carico.Il sistema Cognitivo-Verbale permetterebbe quindi la gestione razionale delle emozioni in quanto darebbe la possibilità di inibire le risposte, ricercare nella memoria, analizzare la situazione, prefigurarsi in essa senza conseguenze immediate e dirette.Tenendo conto di questa distinzione Williams (2002), sottolinea come la preoccupazione, almeno a breve termine, abbia la funzione di proteggere la persona dagli effetti dell’ansia .Mentre la preoccupazione si manifesta, così come precedentemente detto, in forma verbale, l’ansia tende a derivare da immagini spaventose, Le immagini hanno un potere maggiore nell’evocare reazioni emozionali che se diventano eccessivamente intense causano una perdita di logicità ed una difficoltà concreta nel riuscire a mettere in atto meccanismi di problem–solving.Preoccuparsi permette al soggetto di convertire le immagini in parole e tale traduzione può diminuire le emozioni grezze e negative associate all’immagine, l’effetto è quindi mitigante nei confronti dell’ansia.In definitiva, impiegando processi di pensiero di tipo verbale, attraverso la preoccupazione, gli individui mitigano l’impatto delle immagini minacciose, proteggendo se stessi da emozioni negative o dagli schemi mentali che queste immagini solitamente attivano. Tuttavia, sottolineano gli studi, sebbene la preoccupazione possa in qualche modo proteggere il soggetto tendente all’ansia, non bisogna dimenticare che la preoccupazione diventa disfunzionale se viene utilizzata come un meccanismo rigido e continuo.


Summary: La Preoccupazione ha la funzione di ridurre il carico emotivo con il quale ci rappresentiamo gli eventi futuri. Esprimendosi attraverso un codice verbale, i pensieri preoccupati vengono elaborati in maniera razionale allontanando l’attivazione di una rappresentazione del problema per immagini tipica degli stati d’Ansia.

Cap III
CHI SI PREOCCUPA E PERCHE'. PROTAGONISTI E FUNZIONI ATTRIBUITE ALLA PREOCCUPAZIONE.
3.1 L’identikit del preoccupato
La preoccupazione è un’esperienza comune che la persona sviluppa a livelli di intensità diversa in base alla severità e alla presenza o meno di una patologia conclamata.I primi studi volti all’analisi della preoccupazione si sono posti l’obiettivo di individuare le caratteristiche dei soggetti preoccupati.Pruzinsky e Borkovec 1990 individuano quattro aspetti che distinguono i soggetti più preoccupati da quelli meno preoccupati.I primi rivelano una a) presenza massiccia di sogni ad occhi aperti di valore negativo; b) riportano in misura maggiore pensieri e immagini negativo-ambivalenti; c) presentano più sintomi ossessivi; d) tendono ad arrivare spesso in anticipo agli appuntamenti.
A distinguere i meno preoccupati da quelli che manifestano elevati livelli di preoccuapazione sarebbe, secondo Startup (2001) il livello di responsabilità percepita rispetto all’esito dell’evento. Le persone che si preoccupano eccessivamente tendono ad accertarsi costantemente di non aver tralasciato alcun dettaglio e tornano più volte sui termini del problema anche quando questo sembra essere stato risolto (Tallis, 1996). Questo processo tuttavia non comporta una reale carenza nelle abilità di problem solving (Davey, 1994).
I soggetti più preoccupati, in sostanza, continuano a preoccuparsi anche quando è stata trovata una soluzione adeguata, ciò si spiega tenendo conto che spesso questi soggetti presentano una scarsa fiducia in sé stessi, dubitano cioè di aver preso la decisione giusta anche quando la situazione si è conclusa con successo.Sempre nel tentativo di definire le caratteristiche dei soggetti preoccupati, Mc Crae e Costa (1987) analizzarono il rapporto tra la preoccupazione e le cinque dimensioni della personalità (estroversione, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva e apertura mentale). L’unico fattore che sembrò in qualche modo rendere conto della preoccupazione fu la stabilità emotiva che nella sua stessa definizione rimanda ad elementi associati a misure di preoccupazione ed ansia.
Un altro aspetto, riferito alle caratteristiche personali, che può in qualche modo influire sulla preoccupazione è il locus of control (Rotter, 1954)I soggetti più preoccupati presentano frequentemente un sistema di locus of control esterno (e.g. Powers, Wisocki e Whitbourne , 1992). Avere un locus of control di tipo esterno significa interpretare gli eventi come derivanti da fattori indipendenti dal sé e sui quali la persona ritiene di non poter in alcun modo intervenire. Per i soggetti caratterizzati da questa modalità di pensiero, a dirigere gli eventi è il fato o il destino piuttosto che l’iniziativa personale (e.g. Hunter & Stewart, 2009). E’evidente come una tale rappresentazione possa rendere meno fiduciosa la persona circa le proprie capacità di fronteggiamento del problema e di risoluzione positiva degli eventi.
Un altro fattore recentemente associato alla preoccupazione è l’intolleranza alle incertezze (e.g. Khoerner & Dugas 2008). Le persone che presentano elevati livelli di preoccupazione mostrerebbero una specifica vulnerabilità in situazioni in cui l’esito degli eventi è particolarmente incerto. All’incertezza dell’evento viene attribuito, senza una indagine delle reali condizioni, un carattere minaccioso che incrementa la preoccupazione in questi soggetti. Quanto più la percezione di minaccia aumenta, tanto più viene sottostimata la possibilità di far fronte alla situazione.


Summary Dai risultati ottenuti possiamo trarre un identikit del preoccupato. In particolare la persona che si preoccupa eccessivamente.
-Percepisce elevati livelli di responsabilità personale sull’esito dell’evento minaccioso;
-Tende a tornare più volte sui termini del problema anche quando questo si risolve;
- Vede gli eventi come sostanzialmente determinati da fattori esterni; 
- E’ intollerante alle incertezze.

3.2 Le funzioni attribuite alla preoccupazione
Spesso lo stato di preoccupazione viene mantenuto e perpetuato dagli scopi positivi attribuiti consapevolmente ad esso dalla persona.
Le funzioni attribuite alla preoccupazione sono almeno due (Borkovec e Roemer; 1995): in primo luogo sembra che la preoccupazione aiuti ad individuare eventi futuri spiacevoli, in secondo luogo preparerebbe i soggetti al peggio di fronte a situazioni inevitabili..
Questi dati confermano il modello cognitivo proposto da Eysenck (1992) per spiegare il processo attivato dalla preoccupazione. La preoccupazione consentirebbe di elaborare un piano di gestione del pericolo che permetterebbe di anticipare le conseguenze negative e di agire per prevenire gli sviluppi negativi già anticipati.Un’altra funzione riconosciuta riguarda l’idea che preoccupazione relativa ad un evento percepito come minaccioso riduca la possibilità che esso accada. In questa ottica, la preoccupazione è persino rinforzata perché molti degli eventi negativi, mentalmente prefigurati non accadono, questa non occorrenza sembra superstiziosamente incoraggiarne il mantenimento (e.g. Sexton & Dugas, 2009).Inoltre,Vasey e Borkovec (1992), riscontrarono come nella rappresentazione che le persone hanno delle funzioni attribuite alla preoccupazione, il preoccuparsi possa essere considerato una strategia di distrazione da pensieri negativi ancora più pregnanti. Le persone più preoccupate presentano una ricca rete di anticipazioni negative gerarchicamente ordinate in livelli sempre più elevati di guai e catastrofi.Sembra che i più preoccupati si concentrino ripetitivamente sui primi anelli della catena catastrofica, per distoglier l’attenzione da timori ben più ricchi emotivamente.


Summary:Le funzioni attribuite dalle persone alla preoccupazione possono contribuire ad alimentarla:
-Prepara la persona al peggio
- Il solo preoccuparsi riduce superstiziosamente la possibilità di un esito funesto
- Preserva la persona dal pensiero di esiti/eventi negativi ancora più catastrofici

Cap IV PREOCCUPAZIONE E DIFFERENZE DI GENERE

Tra i tanti aspetti che distinguono l’ universo maschile da quello femminile ve ne sono molti correlati alla preoccupazione.
Gli aspetti della preoccupazione che sembrano distinguere con maggiore chiarezza uomini e donne sono: l’aspettativa negativa rispetto alla risoluzione dei problemi e la tendenza a sopprimere i pensieri come strategia di evitamento cognitivo. Questi aspetti rivelerebbero una maggiore tendenza delle donne alla preoccupazione. Tale dato è stato spiegato e supportato empiricamente da uno studio di Robichaud e colleghi (2003) che ritrovò una relazione tra preoccupazione, genere e fiducia in se stessi. I risultati dello studio evidenziano come le donne, mostrando meno fiducia nelle proprie abilità, tenderebbero ad immaginare con più frequenza e con maggiore intensità scenari negativi rispetto all’esito dell’evento percepito come minaccioso. Uno studio condotto da Conway, Wood, Dugas e Puschkar (2003) analizza la differenza tra uomini e donne in termini di preoccupazione disadattiva .Gli autori interpretano i risultati alla luce degli stereotipi sociali.
Per preoccupazione disadattiva si intende una preoccupazione eccessiva e difficile da controllare che può condurre all’evoluzione di aspetti problematici nella vita del soggetto.A contrapporsi a questo tipo di preoccupazione c’è, sottolineano gli autori, una preoccupazione di tipo adattivo, cioè proporzionale alla natura della situazione, che si presenta come più controllabile e che permette al soggetto di analizzare, la situazione, valutare le diverse opzioni, progettare ed implementare piani di azione efficaci.
Secondo lo studio alle donne verrebbe attribuita una una maggiore disposizione alla preoccupazione disadattativa. Tale dato, specificano gli autori, sarebbe legato ad uno stereotipo sociale che vede le donne come più fragili e meno risolute degli uomini in situazioni di stress.
Diverse ricerche precedenti (Eagly, Wood e Diekman, 2000) avevano già mostrato come le donne appaiano, sulla base degli stereotipi sociali, più timorose, bisognose di protezione, meno in grado di agire in situazioni di pericolo, più spesso in difficoltà, quindi più preoccupate.In contrasto, gli uomini vengono percepiti come più attivi, forti e autoritari delle donne; nei contesti difficili vengono percepiti come più in grado di gestire con efficacia la situazione.In definitiva, dalle ricerche precedenti basate sull’analisi degli stereotipi sessuali, possiamo evincere come per le donne si faccia più spesso riferimento a categorie di preoccupazione sia adattative che non, gli uomini invece seppure preoccupati, sembrano mostrare una preoccupazione comunque adattativa.Nel tentativo di spiegare le origini delle differenze di genere nella preoccupazione, Francis, Fioriello e Dugas nel 2000, indagarono il rapporto tra preoccupazione, credenze riferite alla preoccupazione e genere.Si ipotizza che uomini e donne differiscano nei livelli di preoccupazione, in virtù del fatto che differiscono nei livelli di positività attribuiti agli effetti della preoccupazione.Le credenze riferite all’utilità della preoccupazione sono correlate con la tendenza delle donne a preoccuparsi. Le donne infatti sembrano considerare la preoccupazione come strumento di protezione da emozioni negative ed assumono con maggiore frequenza che preoccuparsi possa ridurre superstiziosamente la possibilità che l’evento minaccioso si verifichi. Uomini e donne differiscono anche nella quantità di sintomi fisici riportati e associati alla preoccupazione (Krorenke, 1998). Le donne dichiarano con maggiore frequenza di accompagnare lo stato di preoccupazione con sintomi somatici. In particolare, le donne annoverano l’irrequitezza, la difficoltà a concentrarsi, la tensione muscolare e le alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, o sonno inquieto e insoddisfacente).Un elemento che appare predittivo delle differenze di genere è la percezione del rischio. Le donne tendono a percepire margini di pericolo più ampi rispetto agli uomini e questo aumenterebbe la loro preoccupazione rispetto all’esito dell’evento temuto (e.g. Gustafsen, 1998).


Summary
Uomini e donne mostrano alcune differenze rispetto alla preoccupazione. In particolare le donne tendono a preoccuparsi maggiormente circa il possibile di esito negativo degli eventi.
In più esse mostrano:
- scarsa fiducia nelle proprie abilità di risoluzione dei problemi
- più elevata percezione del rischio 
- credenze positive rispetto all’utilità della preoccupazione
Le donne inoltre lamentano con maggior frequenza sintomi somatici legati allo stato di preoccupazione.

Cap V LA PREOCCUPAZIONE IN ETA' EVOLUTIVA
Le ricerche che indagano gli aspetti della preoccupazione in soggetti adulti sono ormai presenti nel panorama della letteratura da più di vent’ anni ma, soltanto di recente, gli studiosi hanno iniziato ad interessarsi all’analisi della preoccupazione in un’ ottica evolutiva.
Come abbiamo già accennato, la preoccupazione si presenta come un processo cognitivo quindi, affinché si sviluppi, è necessario che il soggetto abbia maturato certe abilità cognitive.I preoccupati devono cioè essere in grado di immaginare, anticipare, concettualizzare gli eventi futuri, andare al di là di ciò che è direttamente osservabile, per elaborare gli eventi temuti.Sebbene queste abilità siano già presenti in età infantile in forma primordiale, diventano sempre più elaborate ed astratte col tempo, fino all’acquisizione delle abilità di ragionamento formale, traguardo dell’adolescenza.Conoscere gli aspetti più salienti della preoccupazione di bambini ed adolescenti risulta di grande importanza in quanto i soggetti adulti con alti livelli di preoccupazione, dichiarano infatti di essere stati sin da bambini eccessivamente preoccupati e di aver in qualche modo mantenuto questi livelli nell’età adulta (Vasey e Daleiden1994; Fournier ed altri, 1996).
Contribuiscono ai livelli di preoccupazione nei bambini, il modo in cui hanno superato le tappe evolutive e lo stile di attaccamento alle figure parentali .Un rapporto genitore/figlio distaccato o ansioso è positivamente correlato con la preoccupazione, tanto più, infatti, i bambini percepivano tale rapporto freddo e poco coinvolgente, tanto più mostravano livelli elevati di preoccupazione.
La ricerca di Murius e colleghi (2000) condotta con misure retrospettive di attaccamento, mette in luce come coloro che dichiaravano di avere uno stile di evitante o ambivalente, presentavano punteggi più alti di preoccupazione, rispetto alle persone che valutavano il loro attaccamento da bambini come sicuro. Anche comportamenti iperprotettivi da parte di entrambi i genitori sembrarono comunque correlare con livelli elevati di preoccupazione nei figli (Morris ed altri 2002).Il periodo adolescenziale diventa fucina di preoccupazioni in virtù dei molti cambiamenti con i quali il soggetto si confronta e che, generalmente, si riferiscono a conflitti con i genitori, sbalzi di umore, comportamenti a rischio (Arnett , 1999).Tutto ciò richiama la possibilità di conseguenze negative ed ampi margini di incertezza, che possono senza dubbio predisporre i soggetti ad elevati stati di preoccupazione.Un’analisi condotta da Kaufrnan e colleghi (1993) sottolinea come le preoccupazioni di adolescenti di età compresa tra i 12 e i 20 anni, siano correlate fondamentalmente ad argomenti come, la stima di sé, la salute fisica e psichica dei cari, i rapporti con l’altro sesso. Uno studio condotto da Irvin G.Ester (2003), oltre a confermare i risultati precedenti, evidenzia come sia possibile pensare ad una gerarchia universale delle preoccupazioni adolescenziali. 
Già nel 1988 “International Round Table for the Advancement of Counseling”, analizzando similitudini e differenze in riferimento agli stili di fronteggiamento della preoccupazione, ai comportamenti di richieste d’aiuto e alle preoccupazioni, riportate da 4436 adolescenti (2129 maschi e 2307 femmine), per tre differenti contesti socio-economici in 16 paesi, evidenziò una universalità correlata all’età, sia nella tendenza a determinate preoccupazioni, sia nella messa in atto di particolari strategie di fronteggiamento. I soggetti più poveri del Brasile, dell’India, delle Filippine e del Venezuela presentarono un maggior numero di problemi e preoccupazioni rispetto ad adolescenti di altri paesi. I contenuti delle preoccupazioni, esaminate attraverso analisi cross-culturali, risultarono riferite fondamentalmente ad ambiti quali la scuola, la famiglia e l’identità.La strategia di fronteggiamento più comunemente messa in atto risultò il mantenimento della vicinanza di amici e familiari come sostegno nelle difficoltà.Ciò che ancora sembra caratterizzare le preoccupazioni adolescenziali è l’aspettativa negativa nei confronti della possibile risoluzione positiva dei problemi. Dugas e colleghi (2001) spiegano che proprio in virtù dei cambiamenti e delle transizioni tipiche di questa fase evolutiva, è possibile che gli adolescenti si sentano subissati di problemi e incapaci di farvi fronte; questo, in qualche modo, li scoraggerebbe, aumentando la tendenza a percepire le situazioni come minacciose.Di notevole interesse si presenta lo studio di Neff e Dale (1996) i quali mettono a confronto le preoccupazioni di bambini in età scolare con la percezione che i genitori hanno di tali preoccupazioni.I risultati mostravano in media una buona capacità da parte dei genitori di comprendere le preoccupazioni dei figli; si sottostimò, invece, l’importanza attribuita dai figlio ad animali domestici e al bilancio familiare.Differenze di età e genere nel campione non risultarono discriminanti nella distribuzione dei punteggi .Uno studio simile, condotto con figli pre-adolescenti, mostra chiaramente come i genitori tendano a sottostimare i livelli di preoccupazione dei figli riguardo l’impegno sociale (es. lotta contro l’ inquinamento) pensano, infatti, che le loro preoccupazioni siano rivolte alla popolarità e al bisogno di piacere.


Summary
Elevati livelli di preoccupazione in bambini e adolescenti sono predittivi di una condizione di eccessiva preoccupazione nell’età adulta.
Ad influire sui livelli di preoccupazione nei bambini sembra essere lo stile di attaccamento alle figure parentali. Le preoccupazioni degli adolescenti riguardano sostanzialmente la stima di sé, la salute fisica e psichica dei cari, i rapporti con l’altro sesso. Sorprendentemente tali contenuti sono universalmente riscontrati in tutti gli adolescenti, quindi rilevati a prescindere dal genere, dall’estrazione sociale e dalla cultura di appartenenza.

   

La comunicazione assertiva
di Lanari Gianni, Calbi Nunziata - Ed. Finson

L'assertività o arte del rapporto interpersonale è, in Italia, una disciplina ancora misconosciuta. Essa descrive un modo di agire e uno stile relazionale in cui il rispetto dei propri desideri e bisogni riveste un ruolo di primo piano, mantenendo allo stesso tempo l'attenzione ai diritti e all'uguaglianza tra le persone. Il manuale guida il lettore lungo un percorso di crescita e auto-miglioramento che conduce all'equilibrio con se stessi e a una migliore interazione con gli altri...

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