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EMERGENZA POST TRAUMATICA L’IMPORTANZA DEL SUPPORTO PSICOLOGICO

Dott. Matteo SIMONE  

Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR  

Nel contesto degli interventi a sostegno delle vittime di eventi catastrofici è necessario prestare massima attenzione ai problemi di ordine psichiatrico-psicologico che possono manifestarsi sulle popolazioni colpite e sui loro soccorritori. Essi possono palesarsi in fase acuta o evolvere in modo subdolo, con ripercussioni anche nel lungo periodo. E’ inoltre opportuno osservare che le catastrofi possono produrre sugli individui effetti di lunga durata e mettere a dura prova le capacità di reazione e di adattamento sia del singolo individuo che dell’intera comunità. Si assiste infatti in questi casi al venir meno delle risorse di autoprotezione, normalmente presenti in un gruppo di individui che condividono le stesse abitudini di vita, e pertanto è necessario che gli interventi psicosociali adottati tengano in massima considerazione le caratteristiche specifiche di quel territorio e della comunità che lo abita.[1]

Destinatari supporto Psicologico:

-   il personale coinvolto

-   il personale non direttamente coinvolto ma nel quale l’evento causa risonanza emotiva

-   i familiari del personale coinvolto

DISTURBI DA STRESS

La caratteristica essenziale del disturbi da stress è lo sviluppo di ansia, angoscia, sintomi dissociativi, sintomi fisici e psicosomatici che si manifestano, in fase acuta entro 4 settimane dall’evento traumatico (disturbo acuto da stress).

Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) si manifesta dopo almeno un mese dall’evento critico e causa disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. E può differenziarsi in:

Acuto: qualora la durata dei sintomi è inferiore ai 3 mesi

Cronico: se la durata dei sintomi è superiore ai 3 mesi

Ritardato: l’esordio dei sintomi avviene almeno 6 mesi dopo l’evento traumatico

I SINTOMI DEL DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS (PTSD)

I sintomi accusati dopo l’evento traumatico possono comprendere:

1) Comportamenti di evitamento di tutto ciò che potrebbe riguardare o rievocare il trauma,

2) Flashback: pensieri intrusivi sotto forma di immagini, scene, sensazioni che rievocano l’accaduto.

3) Incubi che fanno rivivere l’esperienza dell’evento in modo molto realistico con conseguente difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno

4) Iperattivazione: caratterizzata da insonnia, irritabilità, bisogno di controllo, nervosismo….

5) Attacchi di panico o stati d’ansia generalizzata

6) Depressione e disturbi dell’umore

7) Isolamento e alienazione

8) Problemi nel funzionamento sociale, lavorativo, scolastico per un lungo periodo successivo al trauma dovuti a difficoltà a rapportarsi agli altri, mancanza di concentrazione, senso di sfiducia o rabbia

9) Abuso di sostanze (droghe, psicofarmaci, alcool…) in cerca di “sollievo” dalle sensazioni spiacevoli legate al trauma

10) Paura intensa

11) Stato di coscienza alterato, che genera ottundimento o confusione

12) Amnesie del trauma o sintomi dissociativi, soprattutto se il trauma è avvenuto durante l’infanzia

13) Sentimenti che compromettono l’aspetto relazionale come riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività significative; sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri; affettività ridotta; sentimenti di diminuzione delle prospettive future (per es. aspettarsi di non poter avere una carriera, un matrimonio o dei figli).  tremori, difficoltà nel respirare, nausea, diarrea, mal di testa, di schiena.

QUAL’E’ IL RUOLO DELLO PSICOLOGO?

Lo psicologo si avvicina alla persona in difficoltà in punta di piedi, mostra la propria disponibilità all’ascolto empatico, si parla di empatia come qualcosa che serve a comprendere l’altro, a mettersi nei panni dell’altro, per capire il suo stato, la sua situazione, la sua sofferenza, il suo vissuto. Tra lo psicologo e la persona si crea uno spazio protetto, si condivide uno spazio ed un tempo esclusivo, riservato a loro due, devono trovare una distanza che sia ottimale per entrambi e abitare questa distanza per il tempo stabilito o necessario, questo permette alla persona di fidarsi, affidarsi, sperimentarsi, parlare delle proprie sensazioni, emozioni. Lo psicologo può aiutare la persona interessata a prestare attenzione a quello che sente, quello che vuole, quello che vorrebbe evitare, a precedenti situazioni sperimentate problematiche ed assieme si cerca di capire se vi è un conflitto interno da poter risolvere o se vi sono delle polarità opposte che possano integrarsi o quanto meno che si conoscano. La fiducia che si costruisce gradualmente durante la relazione terapeutica, permette di accompagnare la persona in un viaggio, un percorso, un’esperienza, con una costante e continua attenzione in modo da poter in ogni momento cambiare rotta, invertirla, verificare a che punto si è giunti, come si sta in quel momento. L’incontro con l’altro avviene non solo mediante il linguaggio delle parole, ma anche mediante il linguaggio del corpo, quello dei gesti e quello del silenzio. Nel momento in cui incontriamo una persona, non possiamo non avvertire immediatamente come, prima di ogni parola, siano il volto e lo sguardo, il modo di salutare e di dare la mano, il linguaggio del corpo insomma, a consentire, o a rendere difficile, una comunicazione e una reciprocità relazionale significativa.

TECNICHE DI PRONTO INTERVENTO NELL’EMERGENZA

DEFUSING: si tratta di un intervento breve (20-40 minuti) che viene organizzato per le persone (6-8) che hanno vissuto una circostanza particolarmente disturbante/traumatica. Essendo una tecnica di gestione dello stress da evento critico viene utilizzata a “caldo” e cioè subito dopo l’evento. Si fa parlare il gruppo dell'esperienza traumatica vissuta, lo scopo è di diminuire la tensione e lo stress traumatico attraverso la condivisione verbale dell'esperienza, ridurre il senso di isolamento, attraverso l’appartenenza al gruppo che ha subito il trauma, aiutare il gruppo a ritornare alla normalità fornendo soluzioni a breve termine.

Il defusing è strutturato in tre fasi:

- fase introduttiva: si spiega il motivo dell’incontro e si concordano delle regole di base relativamente al rispetto reciproco, alla riservatezza, ecc..;

- fase esplorativa: viene chiesto ad ogni membro di parlare dell’esperienza e di condividere le reazioni e le emozioni vissute;

- fase informativa: la fase tende a normalizzare le reazioni ed i vissuti, rassicurare in ordine alle angosce causate dall’evento ed agli “sfoghi” più intensi che alcuni hanno manifestato, valorizzare gli atteggiamenti positivi manifestati durante l’evento.

DEBRIEFING o CISD - Critical Incident Stress Debriefing

E’ un intervento più sistematico e strutturato per aiutare i superstiti e i soccorritori a dare un senso alle loro esperienze e prevenire lo sviluppo di problemi. Lo scopo è comprendere e gestire emozioni intense, identificare strategie di fronteggiamento efficaci e ricevere sostegno.

Nel ’44 lo psichiatra Kaufman utilizzò il debriefing (bilancio psicologico) individuale o in gruppo durante la campagna nelle Filippine, l’intervento prevedeva 4 fasi:

a) verbalizzazione dell’esperienza traumatizzante;

b) l’ipnosi;

c) la prescrizione di sedativi;

d) sedute di terapia.

Il termine debriefing, dunque, mutuato da pratiche utilizzate dall’aviazione militare per designare le riunioni tecniche degli equipaggi dei bombardamenti al ritorno dalla missione, fu introdotto formalmente nell’ambito dell’intervento psichiatrico su scenari di guerra. Il termine debriefing, infatti, era utilizzato in particolare nell’aviazione. Prima di partire per la missione di guerra, infatti, gli equipaggi degli aerei da combattimento, erano convocati, in una riunione detta briefing, per prendere atto della natura del loro incarico ufficiale (obiettivo, mezzi messi a disposizione, orario, svolgimento previsto etc.) Al rientro in sede, erano nuovamente convocati per una riunione detta di debriefing, per commentare la riuscita della missione e quali erano stati gli inconvenienti, tecnici e procedurali riscontrati e contare le perdite subite. Insomma fare un bilancio della situazione. Durante la campagna militare USA in Kuwait denominata ‘tempesta nel deserto’ altri psichiatri si adoperarono per assistere i militari coinvolti in scenari di guerra. Koshes e Rowe introdussero la figura del ‘debrifer’ opportunamente preparato per svolgere mansioni d’intervento di sostegno psicologico. Secondo questi autori l’intervento di assistenza psicologica non poteva essere considerato alla stregua di una qualsiasi procedura sanitaria praticata sul campo anche da medici generici, bensì doveva essere considerato al pari di un intervento specialistico condotto da personale specializzato o comunque opportunamente formato. Essi introdussero dei team stabili, composti da uno psichiatra, uno psicologo, un assistente sociale e “tecnici psichiatrici” (forse infermieri). Il debriefing è da considerare una tecnica di pronto soccorso emotivo “a freddo” (24-76 ore dopo l’evento), dura circa 2-3 ore, può coinvolgere fino a 15-20 persone offre alle vittime di un trauma la possibilità di esternare e confrontare con altri i pensieri, i ricordi e le emozioni più disturbanti, in modo tale da comprenderli e normalizzarli, ridurne l’impatto emotivo e contenerne le reazioni, combattere le convinzioni erronee e favorire il recupero della funzionalità delle persone e del gruppo, è un incontro strutturato in sette fasi:

1) Fase dell’Introduzione: breve introduzione al metodo di lavoro che viene utilizzato

2) Fase dei Fatti: i partecipanti vengono invitati a descrivere i fatti e il ruolo avuto nell’evento e ogni membro del gruppo espone il proprio diverso punto di vista

3) Fase dei Pensieri: il soggetto viene sollecitato ad esprimere i pensieri “negativi” fatti durante l’evento, ed in particolare quello dominante. Questa fase rappresenta il momento di passaggio dall’ambito cognitivo (fase dei fatti) all’ambito emotivo (fase della reazione).

4) Fase della Reazione: far verbalizzare le emozioni, le reazioni emotive avute durante l’evento e gli aspetti emotivi con cui è stato più difficile convivere dopo l’evento. Questa è la fase più carica di contenuti emotivi.

5) Fase dei Sintomi: descrizione dei sintomi fisici avvertiti durante l’evento traumatico, immediatamente dopo ed al momento attuale.

6) Fase della Formazione: consigli utili alla gestione dello stress emozionale e tecniche di distensione psicofisica, utili a ridurre l’ansia e l’eccitamento

7) Fase del Reinserimento e della Conclusione: si dà spazio ad eventuali domande, si forniscono informazioni, si danno ulteriori indicazioni su come combattere stress, tensione e traumi, per aiutare le persone a reinserirsi, si prendono accordi per successivi incontri, si conclude congedandosi.

L’EYE MOVEMENT DESENSITIZATION AND REPROCESSING (EMDR)

L’EMDR nasce con la psicologa nel 1987 con la psicologa Francine Shapiro che applicò su di sé delle stimolazioni bilaterali oculari e fece studi sul disturbo da stress post-traumatico (PTSD) su reduci dal Vietnam e vittime di abusi ottenendo risultati positivi in entrambi i casi a seguito dell’applicazione dell’EMDR.

L’EMDR è un approccio psicoterapeutico integrato e trasversale che si focalizza sulla risoluzione delle problematiche, conflitti, disagi attuali considerando che ciò che accade ora deriva dalle informazioni, ricordi del passato, antichi che sono stati congelati nella memoria.

Alla base dell’EMDR c’è il paradigma dell’Elaborazione Adattiva dell’Informazione.

L’EMDR utilizza i contributi di tutti i principali orientamenti di psicoterapia, aiuta a sbloccare il sistema di elaborazione delle informazioni nel caso in cui ci siano ricordi immagazzinati in maniera disfunzionale.

La focalizzazione dell’EMDR è sul ricordo dell’esperienza traumatica per elaborarla a livello emotivo, cognitivo e a livello delle sensazioni corporee.

L’obiettivo dell’EMDR è di riprendere l’informazione, l’immagine, il ricordo originale e permettere al paziente di rielaborarlo in modo che l’informazione congelata diventi adattiva nel presente.

La desensibilizzazione e la ristrutturazione cognitiva osservabili che avvengono durante una seduta di EMDR permettono l’elaborazione del ricordo dell’esperienza traumatica, e quindi si osserva che il paziente cambia la sua prospettiva sull’evento, le valutazioni cognitive su di sé, incorporando emozioni adeguate alla situazione ed eliminando le reazioni fisiche disturbanti. Questo permette in ultima istanza di adottare comportamenti più adattivi.

La stimolazione bilaterale oculare, uditiva, tattile, facilita l’elaborazione dell’informazione e permetterebbe che venga rafforzata l’informazione elaborata adattiva, la velocità ed il numero delle stimolazioni variano a seconda che si tratti di rielaborare l’informazione o di rafforzare l’informazione elaborata adattata.

L’EMDR non è una semplice stimolazione bilaterale, ma è un approccio strutturato e complesso e i risultati si sono avuti non solo per vittime da traumi ma anche per la generalità dei pazienti.

L’EMDR agisce sulle difficoltà del presente andando all’origine, nel passato ed operando nel futuro.

Dal lavoro con l’EMDR, i ricordi, le informazioni, vengono rielaborate dal paziente con l’aiuto di appropriate stimolazioni bilaterali e si passa ad un lavoro sul futuro, su come il paziente vorrebbe affrontare le prossime situazioni dove in genere si trova in difficoltà e, quindi, si invita il paziente ad immaginare come potrebbe sperimentarsi nel futuro prossimo adesso che le sue convinzioni, le sue credenze, i suoi blocchi sono cambiati, che cosa potrebbe cambiare, cosa si immagina in quelle situazioni.

Questo passaggio corrisponde al lavoro gestaltico della sedia vuota dove si fa sperimentare il paziente una situazione futura dove gioca entrambi le parti in conflitto con l’obiettivo di anticipare un’esperienza provandola con diverse modalità e scegliendo quella dove sente più benessere.


[1] Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 giugno 2006 “Criteri di massima sugli interventi psico-sociali da attuare nelle catastrofi” (G.U. n. 200 del 29 agosto 2006)

 

La comunicazione assertiva
di Lanari Gianni, Calbi Nunziata - Ed. Finson

L'assertività o arte del rapporto interpersonale è, in Italia, una disciplina ancora misconosciuta. Essa descrive un modo di agire e uno stile relazionale in cui il rispetto dei propri desideri e bisogni riveste un ruolo di primo piano, mantenendo allo stesso tempo l'attenzione ai diritti e all'uguaglianza tra le persone. Il manuale guida il lettore lungo un percorso di crescita e auto-miglioramento che conduce all'equilibrio con se stessi e a una migliore interazione con gli altri...

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