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LA TERAPIA FAMILIARE NELLE TOSSICODIPENDENZE: QUALE MODELLO UTILIZZARE IN UN CONTESTO PUBBLICO. SERT A.S.L. 4 CHIAVARESE


di Giannino Ulivi e Corrado Barbara




Sommario
La popolazione di soggetti con problemi di abuso di sostanze che si rivolgono ad un servizio pubblico è molto varia per storia, tentativi di risoluzione precedenti, livello motivazionale e risorse del contesto attivabili. Inoltre spesso chi chiede aiuto è diverso da chi lo necessita e i bisogni presentati sono diversi a seconda del livello motivazionale presentato. Un Centro di Consulenza e Terapia Familiare di un SerT. deve quindi impostare un lavoro flessibile, attento alla domanda presentata e alla sua modificazione e integrato con le altre attività del servizio e avendo come riferimento quanto, da un punto di vista teorico, oggi la terapia familiare mette a disposizione. Il lavoro presentato è la modalità operativa del nostro Centro di Consulenza e terapia Familiare inserito presso il nostro SerT. e attivo da circa un anno.

Summary
The population of subjects substance abusers that address to a public service is very varied for history, attempts of resolution precedents, motivational level and facilities of the context. Additionally often who asks help is different from who necessitates it and the presented needs are different according to the motivational presented level. A Center of Consulence and Family Therapy of a SerT. is obligates to plan a flexible work, attentive to the presented question and to his modification and integrate with the other activity of the service and having like reference as, from a point of theorist view, today the family therapy puts to disposition. The presented work is the operational formality of our Center of Consulence and Family therapy inserted by our SerT. active now from around a year.

Résumé
La population des toxicomanes qui s’adressent au service public de toxicomanie est beaucoup differénte pour histoire, tentatives de rèsolution précédents, niveau de motivation et ressources du contexte. En outre souvent qui appele à l’aide est differént du patient et les besoins presentés sont differents d’àpres du niveau de motivation présentè. Un Centre de Consultation et de Thérapie Familier de un Service public des toxicomanies doit donc organiser un travail flexible, attentif à la question présentè et a la sa modification et compléte par les autres activitès du service et avoint comme référence combien, de un point de vue théorique , aujourd’hui la thérapie familier propose. La publication présenté est la modalité de fonctionnement du notre Centre de Consultation et de Thérapie familier inseriré chez notre Service des toxicomanies qui est activé à peu près de une annéè.

INTRODUZIONE
Il movimento di terapia familiare, nel vasto universo degli orientamenti terapeutici, ha avuto una sua precisazione sempre più documentata riguardo a quei fenomeni di sofferenza che interessano giovani figli in quella fase delicata dell’individuazione e autonomizzazione dalla famiglia di origine che chiamiamo adolescenza ( Gurman e Kniskern, 1978 ). Tali situazioni sono frequenti, secondo la lettura sistemica, sia in chi presenta esordi nevrotici o psicotici o disturbi alimentari di tipo anoressico o bulimico o inizia il consumo di sostanze stupefacenti ( Todd e Selekman, 1991). I modelli di terapia familiare sono ormai numerosi e si prefiggono obiettivi diversi :

a. I cultori della terapia breve del M.R.I. si prefiggono la risoluzione del sintomo

b. I terapeuti trigenerazionali o contestuali, pensano di dover approfondire la storia e i vissuti della famiglia,

c. Gli operatori orientati in termini strategico-strutturale ritengono importante mutare le regole che governano la famiglia

d. I sistemici puri, ragionano in termini “ costruttivi” e pensano utile e necessario, attraverso un corretto uso del linguaggio, lavorare sull’area dei significati, oltre che sui pregiudizi del terapeuta, della famiglia e del contesto allargato ( Cecchin G, Lane G., Roy A., 1994 ).

Nonostante questa grande messe di contributi ormai verificati con ricerche sui processi e sui risultati, continua ad essere predominante una lettura moralistica e individuale del problema tossicodipendenza ( o alcooldipendenza) con conseguente proposta di intervento prevalentemente “da stigmatizzare socialmente o medicalizzare”. Tutti gli studi sui risultati dei trattamenti con pazienti tossicodipendenti hanno dimostrato l’utilità di un trattamento integrato dove l’intervento farmacologico viene affiancato con una presa in carico della storia del cliente e del contesto familiare. La ricerca recente ha rivelato che i trattamenti e interventi sistemici sulla droga sono efficaci nel far uscire dal consumo i pazienti e soprattutto nel mantenerli in trattamento. L’indice di ritenzione in trattamento, vale a dire la percentuale di pazienti incontrati che persistono ad essere seguiti dal servizio nel tempo, è l’indice più altamente correlato col buon esito. Inoltre, i pazienti trattati soltanto individualmente o in mantenimento metadonico o in psicoterapia o in una esperienza comunitaria, se il loro sistema familiare non cambia, hanno alte probabilità di riassumere gli stessi ruoli che precedentemente hanno favorito l’instaurarsi della tossicodipendenza. Vi sono ancora troppi casi in cui i trattamenti sono limitati al paziente, senza una lettura sistemica della tossicodipendenza con conseguente presa in carico della storia familiare. Da ciò consegue che il cambiamento di un solo elemento del sistema, il tossicodipendente, avviene spesso in superficie come decondizionamento dal sintomo . Tale modificazione, però, non è sempre sufficiente a mettere in crisi i vecchi equilibri che hanno creato quella sofferenza che ha consentito alla droga di assumere un significato fortemente anestetico. ( Lewis R., Piercy F., Sprenkle D., Treppert., 1991). Le stesse ricerche hanno ipotizzato che l’abuso di droga può servire a mantenere insieme i genitori o a raggiungere l’obiettivo di far interrompere un litigio tra loro, oppure a rimandare nel tempo la fase dolorosa e delicata dell’autonomizzazione e dell’ individuazione adolescenziale. Allo stato delle conoscenze attuali esistono quattro ben definite terapie familiari con importanti fondamenti sperimentali nel campo delle tossicodipendenze che sono :la terapia strutturale, strategica, funzionale e comportamentale. ( Cirillo S., Berrini r., CambiasoG., Mazza R., 1996 ) Esistono però evidenze cliniche che testimoniano che i tradizionali interventi strategico-strutturali e comportamentali sono insufficienti qualora esistano serie difficoltà coniugali con comportamenti devianti dei figli ( Karoly e Rosenthal, 1977). Tali interventi infatti si limitano a realizzare modifiche che non toccano la profondità dei significati e a dare senso ad avvenimenti storici come invece permettono il modello trigenerazionale, quello sistemico-cibernetico di M.White, il modello sistemico-costruttivista di Milano e l’approccio del “Reflecting team” (Cirillo S., Berrini r., CambiasoG., Mazza R., 1996; Todd C., Selekman M., 1991; Parry A., Doan E.R., 1994).

MODELLO DI INTERVENTO
In merito all’efficacia degli interventi di terapia familiare si è passati da un tentativo di confrontare i diversi modelli ,all’interesse di sapere non tanto “ quale terapia è migliore delle altre” in assoluto, ma piuttosto alla ricerca di modelli terapeutici più adatti e utili per un certo contesto familiare in rapporto al suo stato motivazionale. L’integrazione del modello sistemico con quello motivazionale che crea differenze in base al modo con cui la famiglia e il paziente designato si posizionano in merito al problema della tossicodipendenza, appare una variabile importante, specie in un contesto pubblico, per definire quali modelli di intervento possono essere appropriati ( Ulivi G., 1996). L’intento del nostro lavoro clinico è anche una ricerca-intervento al fine di individuare quale tipo di modello è più appropriato, non solo in base alle risorse della famiglia, ma anche in base alle problematiche diverse che si pongono a seconda del problema presentato. La nostra ipotesi di partenza è che gli interventi strutturali strategici, per esempio, siano utili per un rapido controllo del sintomo, mentre gli interventi sistemico-costruttivisti siano più adeguati in caso di ricadute o in storie cronicizzate ,mentre un lavoro trigenerazionale sia più utile per elaborare una sofferenza su cui si può innestare un processo di ricaduta. I nostri assunti di base li possiamo elencare così :

1. Accento posto sul presente e sul futuro oltre che al passato.

In una fase iniziale di ingaggio della famiglia, il controllo del sintomo assume un significato importante al fine di costruire un’ alleanza terapeutica che consenta ,in un secondo tempo, di intervenire sulla storia familiare e arrivare pertanto alle radici della sofferenza. Gli orientamenti che leggono i giochi familiari e quelli che ipotizzano scenari futuri sono più utili per creare una motivazione del contesto.

2. Scarsa importanza attribuita all ’ insight ; si ricorre invece a una ristrutturazione positiva

Anche questo assunto è importante per l’aggancio e le prime sedute. La ristrutturazione positiva consiste nel dare valore al sintomo e connotare positivamente il contesto come risorsa.

3. Il miglioramento deriva da mutamenti interpersonali

La scomparsa del sintomo è breve e non definitiva se non si accompagna a mutamenti nel relazionarsi e percepirsi dei componenti del sistema familiare.

4. I piccoli cambiamenti sono positivi

Nel procedere nel trattamento è importante enfatizzare i segnali di cambiamento anche se piccoli e gli ostacoli che vi si frappongono anche pregiudiziali.

5. Sfruttare le risorse familiari

La famiglia è una risorsa, ogni presenza è importante per la raccolta di informazioni e per l’intervento che è mirato non solo sul paziente designato.

6. Sfruttare ciò che pragmaticamente dimostra di funzionare

E’ importante analizzare precedenti tentativi di soluzione al fine di non percorrere strade già provate e inconcludenti, ogni storia ha un suo percorso che va costruito insieme alla famiglia e all’équipe di supervisione sapendo cogliere i risultati pratici di certi interventi non sottovalutando la creatività della famiglia.

7. Diminuire la complessità; sbrogliare la rete di figure assistenziali

Spesso esiste una confusione tra l’inviante, il comittente e il cliente. Talvolta al servizio pubblico viene chiesta una funzione di controllo che rischia, se non riconosciuta e tenuta in considerazione, di invalidare od ostacolare il trattamento. Diversi servizi spesso lavorano sullo stesso caso, S.S.M., consultorio, Sert con compiti e obiettivi diversi. E’ importante quindi ripetutamente ridefinire le aspettative del cliente e della sua famiglia : compito cui deve assolvere la terapia familiare al fine di tener chiari e distinti i diversi livelli in cui si opera.

8. La terapia è relativamente a breve termine

La durata di un intervento è in media di dieci, dodici sedute a cadenza mensile. La risoluzione del sintomo non determina la cessazione dell’intervento: occorre anzi continuare a seguire nel tempo la famiglia con sedute bi o trimestrali per mantenere in trattamento il caso e per stabilizzare i cambiamenti avvenuti.

9. Il terapeuta gioca un ruolo attivo

Si intende per ”terapeuta “ tutta l’équipe che segue il caso e per “attività “ il terapeuta che,con il suo stile particolare, conduce le sedute avendo in testa un progetto o ipotesi che fa da traccia o matrice all’intervento. L’attività è più facilmente mantenuta con l’utilizzo dello specchio unidirezionale e la supervisione diretta da parte di altri operatori.

10. Ogni soluzione è specifica per ciascuna famiglia

Intendiamo dire con questo che ogni percorso terapeutico costruisce una storia singolare e unica che richiede la capacità di non fossilizzarsi dietro ad un’unica teoria ,ma la flessibilità di usare quanto oggi abbiamo a disposizione che sia utile in quel momento specifico per quella particolare famiglia. Riteniamo che tale approccio possa essere sufficiente come protocollo di base per la generalità delle famiglie (senza una lunga storia di trattamenti falliti )che si presentano al nostro SerT, in quanto estremamente pragmatico, orientato al sintomo e in grado di attivare le risorse presenti piuttosto che indugiare sulla patologia con effetti di riduzione del rischio di cronicizzazione. Appare quindi il trattamento di elezione per i nuovi casi e per le situazioni in cui un adolescente consuma non solo eroina, ma anche le cosiddette “nuove droghe” tipo ecstasi e stimolanti dai minori ( cannabis) ai maggiori ( cocaina). Per le storie più compromesse e con numerosi fallimenti e conseguente cronicizzazione (che sono quelle più numerose e che appesantiscono i servizi pubblici )appaiono più indicati trattamenti di tipo sistemico- costruttivista e di tipo trigenerazionale. La popolazione che afferisce ad un servizio pubblico che può avvalersi di una consulenza o una terapia familiare è estremamente variegata e richiede quindi un intervento diversificato e il più adeguato possibile a seconda della storia, dei tentativi di risoluzione precedentemente intrapresi, delle risorse familiari e della ,motivazione del paziente e della famiglia a mettersi in gioco. In linea di massima ipotizziamo di poter distinguere i seguenti sottogruppi:

· Nuovi accessi col problema della cessazione del sintomo

· Storie cronicizzate in trattamento col metadone

· Storie che presentano una ricaduta dopo un periodo discreto di drug- free

· Storie, che superato il sintomo ,presentano problematiche relazionali e di reinserimento sociale

· Storie con adolescenti non ancora tossicodipendenti ma con comportamenti a rischio ( abbandono scolastico, fughe da casa, utilizzo occasionale di droghe minori, storie di abuso sessuale o violenze)

· Coppie di genitori tossicodipendenti

E’ nostra convinzione che il lavoro avviato col contesto del paziente, sia utile se non è avulso da quanto effettuato da altri operatori o servizi, in quanto è una risorsa in più (diagnostica e di intervento) da offrire a tutti ,sia operatori che membri significativi della famiglia ,che circondano il paziente secondo una visione sistemica del problema che crea il sistema. (Goolishian.H,Anderson H., Winderman L,1986)


STRUMENTI E RISORSE UTILIZZATE
Il suddetto lavoro di ricerca -intervento si svolge presso la sede del SerT A.S.L. 4 Chiavarese di Sestri Levante ,dotata di Centro di Consulenza e Terapia Familiare con specchio unidirezionale e possibilità di videoregistrazione. L’équipe è formata dallo scrivente in qualità di responsabile e da una équipe di psicologi e psicoterapeuti tra cui alcuni tirocinanti della Scuola del Centro di Terapia della Famiglia di Milano di Boscolo L. e Cecchin G. e una volontaria con formazione presso “ Il Nuovo Centro di Terapia della Famiglia” di Mara Selvini Palazzoli

CONCLUSIONI
Considerata la variegata popolazione ( per problematiche, motivazioni e risorse presentate) che si rivolge ad un servizio pubblico, ci sembra necessario che il primo compito di una équipe di intervento familiare sia valutare le modalità più appropriate di attivazione delle risorse familiari e di aggancio terapeutico del paziente e del suo contesto ( Ray A.W., KeeneY B., 1993). E’ anche importante riuscire a costruire un modello di intervento che permetta di definire quali tecniche di conduzione delle sedute siano più adeguate alle diverse storie familiari, ai precedenti tentativi di risoluzione e al ciclo vitale della famiglia : ciò servirebbe ad evitare la cronicizzazione del problema e a superare il clima di rassegnazione e di sconfitta che le storie con numerosi precedenti fallimenti ingenera nei pazienti e nei terapeuti stessi. .


BIBLIOGRAFIA
1. Cecchin G., Lane G., ray A., The cybernetics of prejudices in the practice of psychotherapy, Karnac Books, London 1994
2. Cirillo S., Berrini R., Cambiaso G., Mazza R., La famiglia del tossicodipendente, Raffaello Cortina editore, Milano 1996
3. Goolishian H., Anderson H., Winderman L., Problem determined System: Trasformations in family therapy, in Journal of strategic and systemic therapies, Family Process,5, 1986
4. Gurman A.S., Kniskern D.P., Research on marital and family Therapy Progress, Perspective and prospect in Garfield e Bergin Handbook of psychotherapy and behavior Change: an Empirical Analysis, Wiley, New-York, 1978
5. Karoly P., Rosenthal M., Training Parents in Behavior Modification Effects on Perceptions of Family Interaction and Deviant Child Behavior, Behav. Ther. Vol 8, 406-410, 1977
6. Lewis R. ,Piercy F., Spenkle D., Trepper T., The Purdue Brief Family Therapy Model for Adolescent Substance Abusers in Todd ,C.T. e Selekman M.D.Family Therapy Approaches with Adolescent substance abusers ,Allyn and Bacon,Boston, 1991
7. Parry A. ,Doan R. E.” Story re-visions, narrative therapy in postmodern world”, The Guildford Press,London,1994
8. Ray A .,Keeney B.,” Resource focoused therapy” ,Karnac Books, London 1993
9. Todd C. T. ,Selekman M. D. ,“Family Therapy Approches with Adolescent substance abusers”. Allyn and Bacon, Boston 1991
10. Todd C.T., Selekman M.D., “Beyond structural –strategic family therapy” in Todd and Selekman Family Therapy Approaches with Adolescent Substance Abusers, Allyn and Bacon, Boston 1991
11. Ulivi G., Approccio motivazionale, modello sistemico-costruttivista: due riferimenti per un lavoro integrato sul tossicodipendente e la sua famiglia, Personalità/dipendenze, Vol 2, Fasc. 1, 1996

La comunicazione assertiva
di Lanari Gianni, Calbi Nunziata - Ed. Finson

L'assertività o arte del rapporto interpersonale è, in Italia, una disciplina ancora misconosciuta. Essa descrive un modo di agire e uno stile relazionale in cui il rispetto dei propri desideri e bisogni riveste un ruolo di primo piano, mantenendo allo stesso tempo l'attenzione ai diritti e all'uguaglianza tra le persone. Il manuale guida il lettore lungo un percorso di crescita e auto-miglioramento che conduce all'equilibrio con se stessi e a una migliore interazione con gli altri...

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