| Correlati
      cognitivi, motivazionali e sociali delle Communities On-line.
      
        Un
      contributo di ricerca 
      
       Laura
      Giuseppina Maria Messina 
      
      
        
      
       PREFAZIONE
      
      
      
       La
      rapida crescita di Internet ha portato all’aumento di interesse nei
      confronti del fenomeno delle Comunità Virtuali: comunità che sono
      sostenute, quasi totalmente, dall’utilizzo della
      computer-mediated-comunication (CMC).
      
      Come è noto, la CMC nasce tra la fine degli anni sessanta e l’inizio
      degli anni settanta sulla base di alcuni esperimenti di teleconferenza
      condotti da Murray Turoff per conto dell’U.S.A Institute for Defense
      Analysis. Inizialmente, il progetto era destinato a fini di difesa e
      militari, solo in un secondo momento alcuni gruppi sociali ristretti,
      costituiti da studiosi di informatica, tecnici e ricercatori collegati
      alle prime reti di comunicazione telematica, iniziarono ad utilizzarla
      nelle università e negli istituti di ricerca. Successivamente, dal 1980
      in poi, si sono formati gruppi più estesi di utenti, costituiti da
      giovani che si dedicavano al computer per hobby, da sperimentatori o da
      veri e propri fanatici della cultura tecnologica.
      
      La CMC ha dato vita a tecnologie innovative che hanno un peso determinante
      sullo sviluppo della socialità. Il suo impatto culturale, sia sui singoli
      che sulle collettività è di gran lunga superiore anche rispetto ai
      tradizionali mezzi di comunicazione di massa, come la radio o la
      televisione. Il costo relativamente basso, la facilità d’uso, la
      possibilità di interagire attivamente, sono tutti elementi che esercitano
      una forte attrazione.
      
      La comunicazione mediante computer, basata sostanzialmente su testi
      scritti, ha delle caratteristiche particolari:
      
       @     
      La sua immediatezza, anche conversazionale, manca di alcuni elementi di
      feedback (gesti, toni di voce, espressioni facciali) che possono creare
      non pochi problemi di coordinamento. 
      
       @     
      La comunicazione avviene in un “vuoto” sociale in cui le parole sono
      l’unica realtà di riferimento. 
      
       @     
      Le parole non sono soltanto informazione, ma anche “azione”; la stessa
      identità dei soggetti è totalmente dipendente dalla descrizione verbale.
      
      
       @     
      La comunicazione è fondamentalmente anonima. 
      
       @     
      Genere, aspetto fisico, identità etnica, status sociale e ogni altro
      indicatore o coordinata sociale non sono più immediatamente evidenti e
      possono essere adeguatamente nascosti.
      
       @     
      La comunicazione elettronica digitalizza le relazioni sociali e annulla,
      potenzialmente, le differenze nella gerarchia sociale e organizzativa.
      Questo permette una maggiore possibilità di partecipazione, una generale
      “democratizzazione” delle relazioni sociali.
      
       La
      CMC è caratterizzata da attori capaci di creare dei “personaggi”
      attraverso l’utilizzo del linguaggio e di farli muovere in uno spazio
      sociale virtuale, obbedendo, però, sostanzialmente, alle stesse regole
      della comunicazione e dell’interazione sociale nello spazio reale. Il
      fatto che tutto ciò avvenga sulla base di comunicazioni testuali rende
      solo più manifesta la funzione “posizionale” di molti atti
      linguistici, che servono a collocare socialmente se stessi rispetto agli
      altri e che vengono letti e interpretati come rafforzativi della propria
      immagine e della propria identità (Poster, 1997, 201-218).
      
      La CMC si è presentata, già dai suoi primi esordi, come una
      comunicazione non gerarchizzata, reticolare, frammentata, decentrata.
      
      La distanza, anche formale, tra individui, gruppi ed istituzioni, si
      riduce a favore di una comunicazione orizzontale. Caratteristiche come
      classe, razza, genere, età, modo di vestire possono avere un effetto
      determinante sulla qualità di un’interazione faccia a faccia, ma nella
      CMC tutto ciò è assente o ininfluente. L’interazione avviene solo
      sulla base di ciò che gli utenti scrivono. La mancanza di barriere
      sociali rende potenzialmente più facile lo sviluppo di relazioni
      personalizzate che vanno anche oltre la sfera dell’intimità (Galimberti,
      1992).
      
      Nel senso comune, la rete si presenta come uno strumento di comunicazione
      globale, che supera le distanze fisiche e le barriere nazionali. I
      concetti di “spazio” e di “territorio” non sono affatto estranei
      all’idea di comunità virtuale, anzi ne sono una caratteristica
      distintiva.
      
      Per la maggior parte delle persone lo spazio è un luogo fisico, un
      territorio, in cui agire: muoversi, parlare, afferrare oggetti, spostarli
      da una parte all’altra, utilizzarli per costruire altri oggetti. Il
      territorio è uno spazio fisico, una superficie abbastanza ampia
      delimitata da confini. Ma lo spazio è un concetto più ampio, non si
      limita alle esperienze strettamente sensoriali, può essere legato a delle
      coordinate puramente mentali. Lo spazio, allora, è un ambiente (Levy,
      1997). 
      
      Nella CMC il territorio, nei termini di distanza, apparentemente non è
      una nozione essenziale. Non lo è per la comunicazione telefonica, non si
      vede perché dovrebbe esserlo per la comunicazione tramite computer. La
      distanza non rappresenta un limite per la comunicazione.
      
      Con la CMC è nata e si è sviluppata, infatti, una nuova nozione di
      spazio: il cyberspazio.
      
      Il cyberspazio, dal punto di vista fisico, è generato da componenti
      materiali (chip, circuiti elettrici, cavi, memorie magnetiche) che non
      hanno nulla a che fare con lo spazio e non hanno alcuna contiguità. È la
      sua rappresentazione che è strutturata intorno a metafore spaziali, e
      dipende strettamente dalla sua qualità d’immaginario condiviso.
      
      Il cyberspazio è un “flusso elettronico di informazioni” che ne
      incrementa la velocità di trasmissione, l’accesso e la manipolazione;
      pertanto è una “costruzione linguistica”, un “testo” che viene
      costruito da coloro che partecipano alla conversazione ai vari livelli,
      dai programmatori agli utenti. Gli eventi nel cyberspazio sono “atti
      linguistici”. 
      
      Le comunità che si formano nel cyberspazio, per descrivere se stesse,
      devono far uso di una qualche proprietà che determini una similitudine
      con le aggregazioni sociali già note: tutte le comunità presenti nel
      cyberspazio sono delimitate da un confine. Il territorio e la
      localizzazione non hanno, di per sé, nulla a che vedere con le consuete
      differenze nazionali, etniche o linguistiche. Il territorio di una comunità
      virtuale è una struttura simbolica che è altrettanto identificabile
      quanto lo è un territorio fisico: sono le pagine web, le loro immagini, i
      paesaggi, le città, gli ambienti rappresentati in forma grafica o i testi
      scritti che li descrivono. Il territorio comune è spesso (ma non sempre)
      esplorabile dai visitatori, ma non è modificabile se non attraverso una
      password che delimita il confine tra chi fa parte della comunità e chi la
      frequenta solo come ospite.
      
      Il senso di appartenenza è rafforzato da unità organizzative che
      all’interno della comunità definiscono compiti e responsabilità. La
      leadership non è, comunque, gerarchica ma mira, principalmente, al
      coordinamento e all’incentivazione della creatività. L’aggregazione
      sociale è costruita al fine di perdurare nel tempo e, idealmente, non è
      legata a persone specifiche puntando a trascendere i limiti individuali.
      
      L’interazione sociale che avviene in CMC, a mio parere, è
      un’interazione “reale”. Il termine virtuale non deve trarre in
      errore. Ciò che gli utenti della rete fanno ogni giorno nel cyberspazio
      non è diverso da quello che gli stessi utenti fanno nell’interazione
      face-to-face: discutono, anche animatamente, litigano a volte, si
      insultano, cercano e trovano un accordo. La conversazione è la loro
      attività principale.
      
      Nella rete si scambiano solo parole, ma gran parte dell’interazione
      sociale è conversazione e costruzione di testi. La nostra stessa identità
      viene costruita attraverso la narrazione e per mezzo di testi (Turkle,
      1995). 
      
       
 CAPITOLO
      PRIMO
      
       L’organizzazione
      del cyberspazio: aspetti tecno-istituzionali delle Comunità Virtuali
      
        
      
       La
      rete è luogo di innumerevoli interazioni sociali. La struttura globale
      della rete è articolata in regioni digitali, o micromondi, che si
      distinguono per determinate caratteristiche fondamentali, dipositivi
      tecnologici e persino regole sociali.
      
      Per capire meglio le varie forme di CMC che possono dare vita ad una
      comunità virtuale è bene, prima di tutto, ricordare che queste si
      dividono secondo due direttrici fondamentali: il tipo di Relazione e il
      tipo di Interazione. La relazione può essere sincrona o asincrona, mentre
      l’interazione può essere one-to-one o many-to-many. La tabella 1 mostra
      quali comunicazioni e strumenti siano possibili a seconda dell’incrocio
      delle due direttrici.
      
      
      
       
        
          
            |   |   SINCRONA
              
               |  
              
               ASINCRONA
              
               |  
            |      
              ONE-TO-ONE
              
               |  
              
               Instant
              Messenger
              
               Chat
              (Private)
              
               |  
              
               IM
              Asincrono
              
               Messaggeria
              
               |  
            | MANY-TO-MANY
              
               |  
              
               Chat
              
               M.U.D.
              
               |  
              
               Forum
              
               Newsgroup
              
               |                                                                                                           
                                Tabella
      1
      
        
      
       Ai
      fini del mio contributo sarà sufficiente approfondire solo gli strumenti
      compresi nei rettangoli in basso: è, infatti, solo dall’interazione di
      molti che può nascere una comunità virtuale.
      
        
      
       1.1
      I Newsgroup o Bacheche elettroniche
      
       I
      Newsgroup sono aree di discussione pubblica che ricordano, nella funzione,
      le bacheche di una Università.
      
      L’idea di base è semplice, ed è stata sperimentata per anni dai
      sistemi telematici amatoriali, i cosiddetti BBS (Bulletin Board System):
      offrire a tutti gli interessati uno spazio, in genere dedicato ad un
      argomento specifico, in cui scrivere messaggi. 
      
      A differenza dei messaggi postali, quelli inviati ad una conferenza non
      hanno un vero e proprio destinatario: sono semplicemente “affissi” su
      una bacheca virtuale. Chi è interessato all’argomento può leggerli,
      commentarli, rispondere.
      
      Naturalmente il tutto avviene in maniera elettronica: per consultare una
      bacheca dobbiamo conoscere il suo nome e fornirlo ad un programma capace
      di muoversi per noi, andando a recuperare, in rete, la lista dei messaggi
      che vi sono contenuti. Partendo da questa lista è possibile leggere i
      messaggi che ci interessano e naturalmente potremo, in ogni momento,
      inserirne dei nostri.
      
      Per motivi storici (questo tipo di scambio di informazioni si è
      sviluppato inizialmente in una sottorete di internet denominata Usenix
      Network) i newsgroup sono spesso chiamati gruppi Usenet, o conferenze
      Usenet.
      
      Usenet è una rete indipendente che utilizza un proprio insieme di
      protocolli, distinta dal Web, inizialmente pensata come collegamento tra
      macchine Unix, ma attualmente possibile anche con altre piattaforme. In
      altri termini Usenet è una rete parallela, le cui porte di ingresso (gateway)
      sono garantite dai nostri provider. È dunque possibile accedere ai
      newsgroup tramite il classico collegamento ad Internet e un software
      adatto, ma è anche possibile utilizzare i Newsgroup attraverso siti web
      che periodicamente pubblicano in forma di ipertesto i messaggi provenienti
      dalla rete Usenet. 
      
      Gli argomenti discussi all’interno dei Newsgroup sono i più disparati e
      i Newsgroup esistenti sono migliaia. Per non perire sotto il peso di
      questo sviluppo, i Newsgroup sono stati divisi per aree, tematiche prima e
      geografiche poi. Si è quindi assistito alla nascita di migliaia di gruppi
      su tematiche specifiche. 
      
      La diffusione di Internet al di fuori degli Stati Uniti ha reso necessaria
      un’ulteriore divisione dei Newsgroup in base alla lingua adottata. Si è
      così giunti alla attuale gerarchia dei Newsgroup, che vede i gruppi
      italiani contrassegnati dal suffisso “.it”, quelli tedeschi da
      “.de”, quelli giapponesi da “.jp”, etc…
      
      Il nome di un Newsgroup è quindi organizzato in maniera gerarchica: è
      composto da più pezzi separati l’uno dall’altro da un punto. La prima
      sezione del nome è la più generale e indica la lingua utilizzata, la
      seconda la categoria alla quale appartiene il gruppo, la terza è un po’
      più specifica e individua una sottocategoria. Questo meccanismo prosegue
      fino all’ultima sezione del nome. 
      
      I newsgroup possono essere facilmente confusi con i forum, ma sono
      qualcosa di completamente diverso. 
      
      Infatti i newsgroup hanno un carattere decentrato, per permetterne la
      fruizione da parte di un numero molto elevato di utenti. Gli articoli non
      risiedono tutti su un solo server: esistono migliaia di news server in
      tutto il mondo che distribuiscono ognuno un certo numero di gerarchie. 
      
        
      
       1.2
      I Forum o Conferenze
      
       Accanto
      ai veri e propri Newsgroup, negli ultimi anni si è ampiamente diffuso in
      rete un altro strumento di discussione basato sulla metafora della
      “bacheca elettronica”: le cosiddette conferenze o forum su Web.
      
      Si tratta di siti internet, o meglio di un gruppo di pagine all’interno
      di un sito, che permettono, appunto, di visualizzare un elenco di
      messaggi, di leggere i singoli messaggi “affissi” in bacheca e di
      scriverne di nuovi, sia in risposta a quelli precedenti, sia su argomenti
      completamente nuovi.
      
      Se per le liste e i gruppi Usenet esistono elenchi e cataloghi, per quanto
      parziali, una rassegna completa delle conferenze via Web è impossibile:
      non esiste infatti alcuna risorsa centralizzata alla quale tali conferenze
      facciano capo, e la loro apertura o chiusura è totalmente affidata
      all’iniziativa dei gestori dei rispettivi siti.
      
      Ognuna delle conferenze è aperta da una pagina di presentazione che ne
      introduce il tema e propone alcuni spunti per il dibattito. Al termine
      della presentazione, si trovano i pulsanti necessari a leggere i messaggi
      già inviati e a spedirne di nuovi. 
      
      Conferenze diverse possono avere un’apparenza grafica anche molto
      diversa, possono essere “moderate” oppure no (in caso affermativo,
      prima di essere “affisso” sulla pagina Web della conferenza il
      messaggio viene letto e approvato dal moderatore), possono essere aperte
      alla partecipazione di chiunque o solo degli iscritti. Vi sono addirittura
      siti che permettono a chiunque di creare una propria conferenza
      sull’argomento preferito.
      
      Fra gli argomenti più diffusi nelle conferenze su Web, oltre
      all’attualità (moltissimi siti di giornali, riviste, radio e stazioni
      televisive ospitano forum aperti alla partecipazione del pubblico) vi è
      l’educazione: le conferenze in rete si sono infatti dimostrate uno
      strumento validissimo per mantenere in contatto, fra loro e con i docenti,
      una comunità di studenti, in particolare nel caso di progetti di
      educazione a distanza.
      
        
      
       1.3
      Le Chat  
      
       La
      chat nasce nel 1988 ad opera del finlandese Jarkko Oikarinen che ha creato
      il primo programma di I.R.C. (Internet Relay Chat) per chiacchierare in
      rete.
      
      I.R.C. è un sistema di comunicazione sincronica multiutente, cioè un
      sistema che permette ad una serie di utenti di parlare contemporaneamente.
      La comunicazione avviene in tempo reale, attraverso la scrittura di
      messaggi che tutti gli utenti, collegati nello stesso momento, sono in
      grado di leggere. Per partecipare alla discussione basta scegliere un
      soprannome (nickname), entrare in una “stanza” (chiamata anche canale)
      ed interagire con le persone che vi si trovano iscritte. I canali sono
      denominati in base all’argomento delle discussioni che si svolgono. Si
      possono trovare quindi stanze di discussioni generali, in cui si parla di
      tutto, così come stanze ad argomenti particolari. In ogni caso, in tutte
      le chat, ognuno può creare una propria stanza mettendola a disposizione
      degli altri e proponendo argomenti ritenuti interessanti.
      
      Chi per la prima volta entra in una stanza di chat può trovarsi, senza
      dubbio, spaesato. Si trova di fronte a una serie di messaggi che scorrono,
      senza lasciare, spesso, il tempo di leggere e capire tutto quello che
      succede. Il disagio, però, dura solo pochi minuti: il tempo necessario
      per comprendere che si è davanti al fluire delle conversazioni di tutti
      gli utenti presenti nel canale. Solitamente c’è sempre qualcuno in ogni
      canale disposto a dare una mano ai newbies, i novellini. Non è difficile
      ottenere aiuto dagli utenti più esperti. Se poi il canale pubblico è
      troppo affollato e caotico è possibile scambiare due battute in modalità
      privata con un altro utente. 
      
      La vera vita del canale è comunque nell’area pubblica, basata su una
      struttura a finestre tipica di Windows; in ogni finestra viene mostrata
      una stanza, o più in generale, uno spazio di conversazione. Quello della
      stanza principale contiene anche l’elenco degli utenti presenti, mentre
      le conversazioni private sono visualizzate in normali finestre. Nel corso
      degli anni tutti i programmi che sono stati sviluppati hanno più o meno
      attinto all’impostazione di queste applicazioni, in particolare da mIRC,
      per realizzare sia i controlli sia le interfacce utente.
      
        
      
       1.4
      I MUD e le Comunità Virtuali Ludiche
      
       La
      forma più ambiziosa e avanzata di comunità virtuale è rappresentata dai
      MUD (un acronimo che sta per Multi-User Dimension o Multi-user Dungeon)
      con i quali si identificano i programmi di comunicazione multi-utente che
      creano degli ambienti testuali o grafici. 
      
      Diversamente dai canali IRC, i canali MUD sono collegati tra loro con
      “porte” attraverso le quali è possibile entrare ed uscire. La
      metafora della stanza dell’IRC (diverse persone che conversano in un
      ambiente comune) diventa facilmente la metafora spaziale della casa, del
      castello o del sotterraneo (da cui Multi-User Dungeon). Il collegamento
      tra una stanza e l’altra avviene in modo che il tutto si configuri come
      una planimetria, con quattro punti cardinali (Nord, Sud, Ovest, Est) che
      aiutano il visitatore ad orientarsi, e magari anche un sopra e un sotto
      (Up, Down) che conferiscono alla struttura una tridimensionalità. Il
      complesso delle “stanze” costituisce, così, un universo chiuso nel
      quale l’utente può immaginare di “camminare”, soffermandosi di
      quando in quando a chiacchierare con gli altri utenti che incontra nelle
      stanze da lui attraversate.
      
      In questo ambiente gli utenti, infatti, possono “chattare” come in un
      IRC, ma, data la sua struttura spaziale, possono anche interagire con
      l’ambiente virtuale e con gli altri utenti collegati. Per farlo è
      sufficiente che le “locazioni” siano descritte in un certo modo, una
      diversa dall’altra, e che il programma permetta agli utenti di manovrare
      degli “oggetti” (anelli, spade, pergamene), per immaginare che
      l’universo virtuale dei MUD diventi uno spazio condiviso, nel quale
      compiere avventure fantastiche.
      
      In un MUD l’utente dispone di un personaggio, che rappresenta il
      “corpo” che si muove nello spazio fisico simulato, utilizzando dei
      comandi del tipo “Go North” per dire “vai a Nord” oppure “W”
      per dire “Go West”, vai a Ovest. Nei MUD con interfaccia grafica il
      corpo viene rappresentato attraverso degli Avatar : immagini di vario
      genere (mostri, maghi, personaggi fumettistici) ai quali, nei sistemi più
      avanzati, è possibile perfino cambiare l’espressione del viso a seconda
      della situazione nella quale ci si viene a trovare.
      
      Ogni MUD ha i suoi comandi specifici, ma tutti devono avere almeno i
      comandi di movimento e alcuni comandi fondamentali come “Get”
      (prendi), “Drop” (lascia),”Say” (parla), “Inventory”
      (inventario), “Score” (punteggio), “Help” (istruzioni d’aiuto) e
      “Quit” (esci dal MUD).
      
      La maggior parte dei MUD appartiene alla famiglia dei giochi di ruolo.
      Esistono, comunque, applicazioni dei MUD anche in campo educativo, di
      ricerca e di socializzazione in generale. Tra queste applicazioni vi sono
      i colleges e i campus virtuali, quelli dedicati a discussioni ed
      esperimenti tra specialisti oppure quelli dedicati all’educazione e
      formazione degli studenti disabili.
      
       
 CAPITOLO
      SECONDO
      
       ASPETTI
      TECNO–PSICOLOGICI DELLE COMMUNITIES ON-LINE
      
        
      
       Molti
      osservatori hanno considerato con scetticismo la possibilità di trovare
      gruppi veramente uniti in un ambiente in cui la comunicazione è mediata
      dal computer: la mancanza dei momenti usuali di socialità e la natura
      transitoria di molte interazioni che avvengono on-line rendono, secondo
      alcuni, poco probabile lo sviluppo di gruppi coesi.
      
      Tuttavia, nonostante la natura fragile ed effimera di molti ambienti
      presenti nella rete, in Internet sembra esistere un senso di
      “appartenenza al gruppo” forte e costante.
      
      Korenman e Wyatt (1996) hanno indagato il legame che, a giudizio di ogni
      partecipante, teneva insieme il gruppo, e quanto fosse sviluppato il senso
      di gruppalità. I ricercatori hanno chiesto ai partecipanti di svariate
      comunità on-line quale caratteristica del gruppo sia più apprezzata e
      utile. La risposta più frequente è stata “Fare informazione”, mentre
      altri hanno riferito di percepire un “senso di appartenenza” o di
      avere la possibilità di “discutere esperienze personali”.
      
      Sembra quindi che i membri del gruppo abbiano trovato un ambiente idoneo e
      gradito per affrontare tematiche molto personali, richiamandosi a quel
      senso di “gruppalità” a volte così effimero, altre così reale. E’
      possibile, infatti, che tra compagni di gruppo on-line si creino legami
      molto forti, a volte anche più profondi di quelli che si instaurano
      all’interno dei gruppi nella vita reale: le persone imparano ad amare il
      gruppo e vi si affidano, però possono conservare sentimenti ambivalenti a
      riguardo, e qualche volta fanno un passo indietro per riconsiderare la
      stranezza dell’esperienza (P. Wallace, 1999).
      
      “Interazione” e “Influsso” sono due termini molto utili per
      comprendere la natura dei gruppi on-line e confrontarli con i gruppi
      reali. Secondo Mandel (1997), un controverso partecipante ad uno dei primi
      esperimenti di comunità on-line (The Well), le persone che interagiscono
      in Internet si influenzano a vicenda, a volte anche in modo molto pesante.
      Le modalità con  cui si presentano questi processi sono diverse da
      quelle della vita reale, ragion per cui non deve sorprendere il riscontro
      di sentimenti di ambivalenza riguardo il significato di appartenere ad un
      “gruppo virtuale”. Mandel descrive come si manifestano questi influssi
      nel corso di interazioni nella vita reale e nel mondo on-line, facendo
      riferimento a studi sul conformismo, un termine in apparenza fuori luogo
      se riferito alle interazioni in Internet ma che rappresenta un elemento
      chiave per alcuni gruppi virtuali, specialmente quelli che rimangono
      confinati nella sola esistenza via etere.
      
      Come i gruppi della vita reale, anche i gruppi virtuali possono essere
      molto vari e diversi tra loro. 
      
      Alcuni sono formati principalmente da persone che si conoscono e che si
      servono della rete semplicemente come un mezzo per tenersi in contatto e
      per scambiarsi idee tra un incontro e l’altro (pensiamo, ad esempio, ad
      alcuni tipi di mailing list appositamente creati); altri gruppi virtuali
      raccolgono via Internet persone che hanno interessi comuni, ma che non si
      conoscono nella vita reale. Tempo e circostanze permettendo, queste
      persone potrebbero anche decidere di darsi un appuntamento “reale” per
      un incontro formale, una riunione o un raduno sociale.
      
      Esistono infine quei gruppi virtuali i cui membri non hanno alcuna
      prospettiva di incontrarsi nella vita reale sebbene condividano interessi
      e idee. Questi, secondo Patricia Wallace (ibidem), sono i gruppi in cui il
      senso di appartenenza, la gruppalità, può emergere soltanto attraverso
      le dinamiche della comunicazione on-line, ammesso che emerga.
      
      Sapersi muovere tra gli ambienti virtuali ed imparare a mediare gli
      aspetti psicologici che ne derivano sono elementi che influiscono sul
      nostro comportamento anche quando siamo on-line. 
      
      Un punto estremamente importante a riguardo è il livello di anonimato,
      che dipende moltissimo dal luogo della rete in cui ci si trova e
      dall’attività che si sta svolgendo on-line. I risultati delle ricerche
      presenti in letteratura suggeriscono che il livello di anonimato influisce
      pesantemente sul comportamento umano e porta ad una maggiore disinibizione,
      allentando i vincoli sociali consueti. Non si tratta di tutto o nulla, ma
      il fatto di sentirsi più o meno protetti dall’anonimato durante la
      navigazione in Internet influisce sul comportamento.
      
      Altro esempio di variabile di mediazione consiste nella presenza o
      nell’assenza di un’autorità locale, come il moderatore di gruppo, che
      ha il potere di risolvere le dispute, di rinforzare le scelte politiche,
      di estromettere i disturbatori.
      
      Tuttavia la variabile che influenza maggiormente il comportamento in
      questi diversi ambiti di Internet è lo scopo in base al quale le persone
      li visitano (o li creano), in altre parole le “nicchie motivazionali”
      di ciascun utente. Se l’appartenenza etnica è poco rilevante per la
      formazione di questi gruppi, al contrario lo scopo per cui si formano
      gioca un ruolo decisamente più importante nell’influenzare il
      comportamento. Una persona può appartenere a più gruppi e può cambiare
      atteggiamento quando passa da uno all’altro proprio come cambia il modo
      di comportarsi tra una riunione di lavoro e una cena tra amici.
      
      Persino il linguaggio scritto, pane quotidiano di Internet, cambia a
      seconda dell’ambiente e della motivazione per cui viene utilizzato: gli
      utenti ne modificano deliberatamente alcune regole di base, giocano con
      esso e a volte lo storpiano per esprimere al meglio sé stessi.
      
      Date le differenze tra gli ambienti appena descritti, ritengo importante
      approfondire lo studio degli strumenti trattati nel primo capitolo (Newsgroup,
      Forum, Chat, MUD) e analizzarne per ciascuno i seguenti aspetti:
      
       
        
          Bisogni,
          legami, strategie e modalità comunicative: Cosa porta i soggetti
          coinvolti ad ambientarsi all’interno di gruppi più o meno ampi?
          Come riescono a stabilire legami che esitano in un senso di
          appartenenza tipico per ogni ambiente internet?
          
          
          Tipologie
          di utenti e loro nicchie motivazionali: Chi abita la community? Quali
          motivazioni lo spingono? Uno studio sugli abitanti delle comunità
          virtuali che ne definiscono natura, funzioni e scopi. 
          
            
      
       2.1 
      Aspetti tecno-psicologici dei Newsgroup e dei Forum
      
       I
      Newsgroup e i Forum, indiscussi strumenti comunicativi, sono finalizzati
      allo svolgimento di specifici compiti e, come ho già descritto, aggregano
      persone che si scambiano opinioni e idee su specifici temi di interesse. 
      
       Il
      collante delle comunità in cui gli utenti si servono dei Newsgroup e dei
      Forum è costituito da un’emozione condivisa, un interesse collettivo,
      una passione contingente, un bisogno di vivere un’esperienza in comune.
      Il vantaggio dell’anonimato, il fatto di poter accomodare la propria
      realtà, di proteggersi grazie a un livello di “presenza sociale”
      molto basso, porta i soggetti coinvolti a soddisfare quei bisogni di
      ambientazione, di appartenenza e di condivisione, tipici della vita
      off-line, all’interno di gruppi in rete che abbiano in comune gli stessi
      interessi.
      
        
      
       2.1.1 
      Bisogni, legami, strategie e modalità comunicative 
      
       La
      psicologia dei legami che si stringono all’interno di un Newsgroup o di
      un Forum è anomala e interessante: questo tipo di strumenti, ricordiamo,
      è caratterizzato da una forma di comunicazione asincrona, pertanto
      l’assenza di immediatezza rende alquanto arduo lo stabilire relazioni
      tra gli utenti di questo tipo di comunità. È ovvio che, chi legge i
      messaggi nell’ambito di un Forum o di un Newsgroup specifico, ha già
      fatto una scelta di categoria sulle persone che frequentano il medesimo
      sito, tuttavia essi spesso sono a conoscenza solo dell’indirizzo di
      posta elettronica del proprio interlocutore, e ciò immancabilmente
      contribuisce, a torto o a ragione, a farsi un’idea su chi l’ha
      preceduto in una discussione o ha risposto a un suo messaggio. Un “primo
      filtro” alla relazione è quindi definito dal nome che appare nell’email. 
      
      
      Avendo a disposizione così poco materiale, anche le informazioni più
      immediate, come il sesso o l’età del proprio interlocutore, sono
      piuttosto difficili da ottenere; generalmente, è più facile indovinare
      il sesso che non l’età, poiché chiunque firma i propri messaggi o
      utilizza pseudonimi in modo da lasciare intendere se chi ha scritto è
      uomo o donna. È qui che agisce il “secondo filtro” alla relazione
      on-line. Solo in un secondo momento, se la discussione ha buon esito e
      superati i primi due filtri, si approfondirà la conoscenza indagando
      sull’attività svolta, nazionalità o razza dell’interlocutore (terzo
      filtro).
      
      A livello comunicativo, i Forum e i Newsgroup mostrano una forma di
      linguaggio elettronico che si rivela molto simile allo stile  del
      linguaggio parlato nelle interviste. Ciò è stato dimostrato da Milena
      Collott e Nancy Belmore nel 1998 dopo una ricerca su più di 2000 messaggi
      raccolti nel corso di discussioni on-line di gruppo sugli argomenti più
      vari. Dallo studio delle due ricercatrici è emerso che quando i
      partecipanti rispondono ai messaggi di posta e discutono degli argomenti,
      sembra che si rivolgano a un singolo interlocutore, anche se sono
      consapevoli di avere una platea ben più vasta.
      
      Anche questo è un argomento ricco di tematiche interessanti: ogni
      messaggio inviato ad un Newsgroup o ad un Forum di discussione arriverà a
      tutti coloro che vi sono iscritti. Ora, se è possibile conoscere il
      numero dei destinatari interrogando il server, non è possibile però
      sapere quante persone lo cancelleranno. Ciò può contribuire ad
      amplificare la propria percezione delle dimensioni del pubblico e pertanto
      accrescere la gratificazione data dall’attenzione su di sé.
      
      Nell’analisi delle differenze tra le caratteristiche della vita off-line
      e di quella on-line per gli utenti dei Newsgroup e dei Forum di
      discussione, mi pare interessante affrontare l’argomento dell’
      altruismo (Patricia Wallace, 1999) in rete, tradizione ormai antica per
      gli internauti che tuttavia pare non si riscontri nella vita reale. Gli
      utenti della rete sono molto disponibili ad aiutarsi a vicenda, per
      questioni semplici o per problemi più importanti. 
      
      Proprio questa grande disponibilità ad aiutare il prossimo è uno dei
      motivi principali per cui si partecipa ai forum di discussione e ai
      newsgroup: è ormai noto come una persona che invia una qualsiasi
      richiesta a una bacheca elettronica riceva fiumi di risposte nella sua
      casella di posta elettronica per almeno una settimana.
      
      Alcuni degli esempi più belli di altruismo in Internet provengono dai
      forum di assistenza emotiva. Ma perché questo altruismo?
      
      Nella vita reale, un elemento che contribuisce ad influenzare il
      comportamento di assistenza verso uno sconosciuto è il numero di persone
      presenti: quando si è in tanti è meno probabile che qualcuno offra
      aiuto. Latané e Dabbs hanno dimostrato questo fenomeno nel 1975 con la
      legge dell’effetto numero.
      
      Secondo i ricercatori il numero dei presenti influisce sulla probabilità
      che una persona bisognosa riceva aiuto perché man mano che la dimensione
      del gruppo aumenta, ogni singolo individuo sente meno la responsabilità
      di fornire assistenza.
      
      Internet, ora, è un luogo visitato da milioni di utenti. Il villaggio
      globale è già affollatissimo e, dato l’effetto numero appena
      descritto, si potrebbe pensare che una richiesta di aiuto passi
      completamente inosservata in un contesto dove ci sono così tante persone.
      Gli appelli d’aiuto invece, su Internet, non passano inosservati perché
      il numero di persone presenti ha un ruolo del tutto differente in base
      all’ambiente della rete in cui si trova: possiamo raccogliere richieste
      di aiuto ma non possiamo sapere quante altre persone le riceveranno.
      Questo innalza quel senso di responsabilità che la consapevolezza della
      dimensione del gruppo faceva precipitare negli esperimenti di Latané e
      Dabbs.
      
       2.1.2 
      Tipologie di utenti e loro nicchie motivazionali 
      
       Da
      un sondaggio pubblicato su www.psiconline.it
      sembra che gli utenti di Newsgroup e Forum si servano dello strumento
      principalmente per le seguenti motivazioni: Rilassarsi (12.43%); Conoscere
      cose nuove (47.15%); Conoscere persone nuove (9.47%); Comunicare meglio
      (4.14%); Iniziare nuovi rapporti (4.73%); Isolarsi dal mondo (8,06%);
      Vivere momenti diversi (13.02%). 
      
      Il grafico 1 descrive in dettaglio i dati appena descritti.
      
      Come si evince, la nicchia motivazionale “Conoscere nuove cose”,
      ovvero l’aspetto informativo dello strumento, sta alla base degli
      interessi degli utenti di questo tipo di comunità. 
      
      Un utente intervistato dal portale di psiconline fornisce la seguente
      motivazione, in aggiunta ai dati forniti nel sondaggio di cui sopra: “I
      Newsgropup e i forum mi aiutano a comunicare con gli altri. Seduto davanti
      al monitor posso finalmente rivelare i miei pensieri, le mie valutazioni
      sugli argomenti affrontati senza correre il rischio di essere giudicato o
      deriso, osservato o valutato per le mie caratteristiche fisiche o le mie
      idee. Posso stabilire un rapporto e poi concluderlo, posso esserci e dopo
      un click, non esserci più, posso aprirmi o chiudermi secondo le mie
      sensazioni del giorno o del momento […] ”. 
      
      Un’altra ricerca (Sproull e Kiesler, 1991) ha dimostrato che, tra i
      regolari utenti di Forum e Newsgroup, sembra sia favorita la comunicazione
      disinibita e incentivata la partecipazione.
      
      Da questo studio è anche emerso come le donne ed altri gruppi che si
      percepiscono oppressi nella società siano più inclini ad esprimersi
      apertamente tramite tali strumenti, grazie alla protezione che il mezzo
      elettronico offre, anche se dobbiamo ricordare che fino al 1999 la
      popolazione femminile era una minoranza tra gli utenti. Sembra quasi che
      il simbolismo del potere radicato nella comunicazione vis-à-vis non abbia
      ancora trovato il linguaggio per esprimersi nella nuova CMC. 
      
      A causa della novità storica del mezzo e del relativo miglioramento della
      condizione di potere dei gruppi tradizionalmente subordinati, la CMC
      potrebbe quindi offrire la possibilità di ribaltare, nel processo di
      comunicazione, i consueti giochi di potere tipici della vita quotidiana
      fuori dalla rete.
      
       2.2 
      Aspetti tecno-psicologici delle Chat
      
       La
      Chat è certamente uno degli strumenti che maggiormente sembra aver
      colpito l'immaginario collettivo rispetto al mondo di Internet. Comunque
      si voglia vivere questo strano mondo e qualunque cosa se ne pensi, nessuno
      può più ignorarne l'esistenza ed il ruolo che sempre di più va
      assumendo nelle comunità virtuali e nella vita quotidiana.
      
      Un interessante filone di ricerca si sta occupando, già da tempo, di un
      tentativo di analisi profonda dei meccanismi psichici che l'individuo
      mette in atto quando si trova in un gruppo virtuale come la Chat. Si è
      visto che la gruppalità virtuale, come già detto, ha in sé le
      caratteristiche del gruppo reale ma, dobbiamo ipotizzare, anche qualcosa
      in più, qualche peculiarità sua propria che il mezzo on-line trascina
      con sé.
      
      Queste ricerche fanno capo, tra gli altri, ai lavori della Young,
      all'ormai storico articolo di Normad Holland “Internet regression”, a
      Sherry Turkle, a John Suler, solo per citarne alcuni. 
      
      Proprio rispetto alle riflessioni sulla gruppalità, un filone di studio a
      latere è quello portato avanti dalla Turkle (1995), che ha per oggetto
      soprattutto l'identità. Secondo l’autrice Internet è diventato un
      significativo laboratorio sociale per fare esperienza di quelle
      costruzioni e ricostruzioni del Sé che caratterizzano la vita
      postmoderna. E si domanda: “È sempre il Sé reale quello che
      comunemente si incontra?” Con un certo ottimismo, Turkle ritiene che
      l'individuo, ora come mai in precedenza, in rete ha l'opportunità di
      esplorare nuove dimensioni di sé, attraverso la molteplicità di identità
      che la frequentazione del virtuale può offrire (“virtual personae are
      objects-to-think-with”).
      
       2.2.1 
      Bisogni, legami, strategie e modalità comunicative
      
       Le
      Chat muovono da un bisogno di socialità, rappresentando una forma di
      interazione orientata alla costruzione di forti relazioni interpersonali.
      
      Si è molto discusso se Internet rappresenti il luogo ideale per creare e
      mantenere relazioni stabili anche di tipo affettivo. Nonostante le
      difficoltà della conversazione attraverso uno strumento prevalentemente
      testuale, con gli inconvenienti legati alla comunicazione di cui si
      discute continuamente, non è raro il caso di relazioni di amicizia e
      d’amore che si formano on-line.
      
      Le caratteristiche di artificiosità dell’ambiente digitale farebbero
      pensare ad una assoluta impossibilità per una persona di creare qualsiasi
      tipo di relazione, anche solo amichevole, in assenza dei “cue” sociali
      in cui è quotidianamente immersa. La ricerca, invece, sta rilevando come
      le relazioni on-line possano essere, almeno per coloro che sono coinvolti,
      ben più profonde di quanto gli osservatori con pregiudizio possano
      aspettarsi (Presti, 2001).
      
      Alcune indagini su soggetti disabili, ad esempio, hanno dimostrato che la
      condizione on-line può servire da catalizzatore per superare barriere
      che, altrimenti, avrebbero richiesto un maggiore impegno e forse sarebbero
      state perennemente insormontabili (ibidem).
      
      Le Chat e le forme di comunicazione sincrone offrono quindi la possibilità
      di creare legami sociali anche a persone che, altrimenti, vivrebbero vite
      sociali più limitate (Castells, 2002).
      
      Da un punto di vista percettivo, le Chat sono caratterizzate da un
      sovraccarico informativo e da un “rumore di fondo” generato dal
      continuo apparire sullo schermo del computer dei messaggi testuali
      scambiati tra gli utenti. L’esperienza percettiva vissuta all’interno
      delle Chat è pertanto assimilabile alla tradizionale situazione sociale
      del coktail-party, quando, a causa del brusio generato da tante
      conversazioni simultanee, gli invitati non riescono più a sentire che
      cosa dicono i propri interlocutori e devono sforzare la propria attenzione
      selettiva. (Cherry, 1953). A differenza delle chiacchierate off-line che
      impegnano il canale uditivo, nelle Chat il canale fondamentale è quello
      visivo, dato che per comunicare viene usato il linguaggio testuale. Sul
      piano attenzionale, l’ esperienza di coktail-party prodotta dalle Chat
      room  non è del tutto dissimile da quelle off-line: gli utenti
      infatti non sono esenti dal rischio di distrazione o di affaticamento da
      sovraccarico cognitivo. Essi perdono frequentemente il filo  del
      discorso, immersi come sono in un ambiente in cui la conversazione è
      totalmente disorganizzata.
      
      A livello comunicativo i sistemi di Chat on-line mostrano tanto
      caratteristiche della conversazione vis-à-vis quanto della conversazione
      telefonica, per le loro qualità di immediatezza e sincronicità. Il mezzo
      della Chat influisce sul registro linguistico in molti modi, spingendolo
      verso un uso altamente economico del linguaggio, nel difficile tentativo
      di emulare una conversazione vis-à-vis. Si utilizzano in abbondanza
      acronimi, si abbrevia tutto ciò che può essere abbreviato, si usano le
      emoticons. Werry (1996) ipotizza che gli utenti delle Chat stiano
      sperimentando nuove strategie linguistiche attraverso la creazione di
      registri comunicativi diversi e adatti ai limiti del mezzo.
      
      Come è già stato affermato, anche lo pseudonimo con cui si sceglie di
      presentarsi è uno dei modi che si hanno a disposizione per gestire la
      propria immagine. Nelle Chat i partecipanti scelgono gli pseudonimi (nickname)
      con molta cura e si convincono di “avere” quel nome, almeno in
      quell’angolo del cyberspazio (Wallace, 1999). Ogni volta che un utente
      scrive un testo, partecipando così alla conversazione in corso, il suo
      nickname appare tra virgolette e diventa un attributo costantemente legato
      a tutte le sue espressioni.
      
      A questo proposito Bechar-Israeli (1996) ha anche notato che gli utenti
      cambiano raramente il proprio nickname, nonostante la semplicità
      dell’operazione; scelgono la propria identità on-line e poi si dedicano
      assiduamente alla costruzione della relativa immagine, piuttosto che
      continuare a saltare da un’identità all’altra. A prova di ciò basta
      assistere alla reazione di un furto di pseudonimo: è sempre forte e
      immediata, tanto da parte di chi subisce il furto quanto dalla parte dei
      suoi amici on-line.
      
       2.2.2 
      Tipologie di utenti e loro nicchie motivazionali
      
       Da
      un recente sondaggio Datamedia pubblicato sul mensile specializzato
      “Internet News” emerge che il 16% degli utenti di Internet frequentano
      quotidianamente le Chat, il 57% ci va almeno una volta alla settimana e il
      27% più raramente. Alle Chat di tipo "one to one" vengono
      preferite dal 64.3% degli intervistati quelle collettive, in cui si può
      discutere con più persone contemporaneamente.
      
      Le donne (62,8%) escono più facilmente allo scoperto degli uomini
      (37,2%), in particolar modo le ragazze tra i 18 ed i 24 anni. Una sorta di
      timore, o semplicemente di gioco di ruolo, appare evidente anche dai dati
      relativi alla propria identità: addirittura il 68% sceglie di non
      svelarla mai, contro il 32% che invece si lancia a capofitto scoprendo
      quasi tutto di se stesso. 
      
      Ma quali sono le nicchie motivazionali degli abituali utenti delle Chat?
      Dai dati raccolti sembra che le motivazioni rivelate con più frequenza
      dagli intervistati siano le seguenti:
      
       
        
          Solitudine
          (per il 22,6% degli intervistati)
          
          
          Curiosità
          (per il 13,1% degli intervistati)
          
          
          Perché
          si tratta di uno strumento libero e non controllabile. Ciò è
          affermato dal 64.3% di coloro che vi si recano abitualmente. Qualcuno
          vi scopre il lato erotico e senza inibizioni, qualcun altro ne
          condanna la volgarità, ma in linea di massima la Chat è ormai
          diventata un passaggio d'obbligo per qualsiasi amante di Internet e
          navigatore, sia esso alle prime armi o già provato dalle lunghe
          “autostrade informatiche”.
          
           La
      psicologia ha cercato di spiegare il successo delle Chat line ed anche i
      misteri che si celano dietro le scelte di negazione della propria identità
      o la ricerca di legami affettivi e di amicizia in rete. Secondo Gabriella
      Pravettoni (2000) rimanendo seduti davanti ad una schermata di Chat in
      scorrimento ci si emoziona, si attende con trepidazione che la risposta
      che ci riguarda appaia, ci si colloca in uno stato passionale che
      coinvolge il proprio corpo oltre lo schermo. Quando si digita, si inscrive
      nel testo un mondo emotivo in grado di far circolare l’affetto nel
      discorso, e che viene provato dall’individuo ricevente il messaggio.
      “Noi non digitiamo per comunicare, ma comunichiamo per digitare, per
      esistere oltre la tastiera, per essere reali oltre lo schermo. Questo
      perché vogliamo soddisfare un bisogno […] di legami sociali ”
      (ibidem).
      
      La Chat diviene così uno strumento per potenziare le proprie capacità e
      scoprirne di nuove anche servendosi del gioco della falsa identità e
      della scelta di un'ambiguità sessuale o morale. Al di là dei timori che
      lo strumento di comunicazione aveva sollevato in un primo momento, ci si
      è accorti che la realtà virtuale non è un mondo spaventoso in cui
      perdersi ma un sistema che scorre parallelo alle nostre esistenze e che può
      aiutarci a vivere meglio con noi stessi e con il prossimo.
      
       2.3 
      Aspetti tecno-psicologici dei MUD
      
       Internet,
      quindi, è un elemento della cultura informatica che ha contribuito a
      pensare l'identità come molteplicità di identità possibili, idea già
      presente in diversi indirizzi di studi psicologici e in parecchi
      contributi di ricerca. La rete è divenuta un laboratorio sociale
      significativo per sperimentare la costruzione e la ricostruzione del sé:
      ci si modella e ci si ricrea all'interno della realtà virtuale (Serpentelli,
      1993). 
      
      Le caratteristiche del mondo on-line offrono un grandissimo assortimento
      di Giochi di ruolo, personaggi, simulazioni, mezze verità, eccessi, resi
      possibili da questi aspetti di anonimato e di assenza di connotazione
      visiva e uditiva che mettono al riparo da qualsiasi conseguenza.
      
      Nei MUD si ha l'opportunità di creare un personaggio, un ambiente, e in
      più vivere all'interno della situazione di gioco. Un MUD può diventare
      lo sfondo ideale per scoprire ciò che si è o ciò che si desidera
      essere: ed è così che i giochi diventano laboratori dove si costruisce
      la propria l'identità (Sempsey, 1995). 
      
       2.3.1 
      Bisogni, legami, strategie e modalità comunicative
      
       Come
      è noto, i MUD e le comunità virtuali ludiche muovono da un bisogno
      prettamente ricreativo: i partecipanti sono infatti impegnati in giochi di
      simulazione a carattere fantastico. Ciò tenta di dare una motivazione a
      quella brama di isolarsi dal mondo reale, a quel desiderio di rifugiarsi
      in un ambiente fantastico che rende leciti tanto l’uso disinibito
      dell’immaginazione quanto le simulazioni tipiche della vita on-line.
      
      Per molti partecipanti al gioco, mettere in scena il proprio personaggio e
      vivere nei MUD diventa una parte importante della vita di tutti i giorni.
      È difficile partecipare solo in modo parziale, perché gran parte del
      piacere del gioco dipende dai rapporti personali e dall'essere parte
      attiva in una comunità MUD, dove vengono portate avanti tutta una serie
      di politiche e di progetti locali. Non a caso l'assuefazione è un tema
      spesso discusso tra i giocatori. (Bruckman, 1992). 
      
      I MUD forniscono mondi per l'interazione sociale anonima, nei quali si può
      assumere un ruolo vicino o lontano dal sé reale, secondo le proprie
      imperscrutabili scelte. L’anonimato dentro molti MUD (si è conosciuti
      solo con il nome dato al personaggio) fornisce un ampio spazio per
      esprimere parti inesplorate dalla propria soggettività, per la messa in
      scena e l'elaborazione di questa (Bruckman, 1992; Sempsey, 1995). Un
      giocatore di MUD afferma: “Puoi essere chiunque tu voglia essere. Se
      vuoi, puoi ridefinire completamente te stesso. Puoi anche cambiare
      sesso”. 
      
      Il tipo di socializzazione che ha luogo nei MUD è la più semplice e
      usuale delle interazioni umane: parlare. Ciò che è interessante riguardo
      la vita nei MUD è che gli utenti sembrano a volte dimenticare che tutto
      ciò che accade ha luogo senza la controparte fisica. Quindi per via della
      distanza e della natura diretta ed immediata degli scambi verbali nei MUD,
      i giocatori sono più socievoli che nelle discussioni faccia a faccia. Ad
      essi sono offerti più stimoli, vi è libertà di opinione e vi è meno
      pressione a conformarsi alle norme di una discussione virtuale. 
      
      Molte ricerche hanno dimostrato che gli individui sono meno inibiti quando
      interagiscono in un MUD di quanto lo siano nella vita di tutti i giorni (Reid,
      1994; Bruckman, 1992; Curtis, 1993; Roush, 1993), ed è evidente che
      questa è una caratteristica generale della CMC (Turkle, 1995; Serpentelli,
      1993). 
      
      Ora, alcuni ricercatori hanno attribuito questo fenomeno all'anonimato e
      all'immunità da conseguenze fisiche del medium (Serpentelli, 1993;
      Rheingold, 1993); mentre, secondo altri esperti di CMC (Sproull e Kiesler,
      1991), la radice di questi effetti sarebbe da ricercare nella mancanza o
      debolezza di norme che regolano il contesto sociale (linguaggio del corpo,
      tono della voce, ecc.): l’assenza di queste norme può essere riletta
      come un oscuramento dei confini che delineano le forme di comportamento
      accettabili ed inaccettabili. 
      
      Secondo Sproull e Kiesler, (1991) i MUD, come in generale la CMC,
      spingerebbero le persone ad aprirsi grazie al fatto che le isolerebbe dai
      contesti sociali. Secondo questa prospettiva, la comunicazione elettronica
      creerebbe una situazione in cui l'identità personale degli emittenti e
      degli eventuali riceventi tenderebbe a sfumare fino a quasi svanire,
      lasciando spazio ad una condizione di de-individualizzazione in cui le
      persone perderebbero il senso delle loro responsabilità personali e del
      rispetto dovuto alle norme sociali. 
      
      Elisabeth Reid (1994) sottolinea che i giocatori di MUD sperimentano un
      basso livello di inibizione, non un annullamento totale di essa: sono gli
      stessi giocatori che con l'evolversi del mondo decidono le regole
      dell'interazione. 
      
      Gli studi, in sintesi, sottolineano i vantaggi della comunità virtuale:
      gli utenti sembrano essere più disinibiti, e sperimentano con successo la
      possibilità di assumere una nuova personalità o nuove personalità.
      Talvolta modificano la propria identità sessuale e questo potrebbe essere
      un modo per conoscere meglio l'altro sesso “mettendosi nei panni”
      altrui. Si muovono in un mondo ideale senza regole o dove le regole
      vengono stabilite di comune accordo. 
      
      A livello comunicativo i MUD offrono una nuova e irresistibile esperienza
      linguistica. Sul piano del linguaggio, come su quello delle relazioni
      sociali, i MUD permettono alle persone di esprimersi in un mondo da loro
      moderato. Gli utenti infatti possono controllare cosa essi leggono del
      mondo virtuale e cosa il mondo virtuale legge di loro. 
      
      I MUD permettono alla scrittura di sostituire una funzione ritenuta
      prerogativa del parlato: la comunicazione in tempo reale tra due persone.
      Mentre scrive, la stessa persona usa una sintassi e delle parole
      differenti da quando comunica verbalmente lo stesso concetto. Ciò è
      confermato da una ricerca sulla computer conference fatta al M.I.T.
      (Massachusetts Institute of Tecnology): l'equivalente scritto del
      linguaggio tende ad essere meglio organizzato e meglio pensato rispetto ad
      una conversazione vocale faccia a faccia. Questo perché i partecipanti
      hanno più tempo per pensare, per elaborare l'idea in modo tale che possa
      essere presentata nel miglior modo possibile (Bruckman, 1992). 
      
      Vediamo ora, avendo come punti di riferimento i lavori di Tajfel, Lai,
      Mantovani, Salvini e Goffman, come sia possibile comprendere meglio e
      rileggere in modo diverso l'esperienza virtuale. 
      
      Contrariamente a quanto avviene nella realtà, i giocatori di MUD hanno il
      completo controllo su come si presentano nel mondo virtuale. Usando il
      comando "describe as" (descriviti come…) l'utente può
      definire se stesso. Non ci sono schemi o griglie su come ciò debba essere
      fatto. Nei MUD i giocatori creano un sé virtuale, o un personaggio, che
      si muove nel mondo virtuale. Questo sé è sotto il controllo completo del
      giocatore che può cambiarlo o modificarlo in un qualsiasi momento lo
      desideri. 
      
      Il sociologo Jay Chaskes del college di Rowan ha condotto una ricerca
      riguardo la "reinvenzione del sé" nei MUD. Egli ha trovato che
      è una pratica comune per i partecipanti assumere identità, ruoli e nomi
      diversi da quelli "veri" e che questi vengono impiegati per fini
      differenziati nel mondo virtuale. 
      
      Nei MUD i personaggi dialogano, si scambiano gesti, esprimono emozioni,
      vincono o perdono soldi virtuali, salgono e scendono nella scala sociale,
      in un contesto di libertà irreale. 
      
      Come ha sottolineato Curtis, ricercatore presso la Xerox Parc Corporation,
      il mondo virtuale dei MUD ha molti degli attributi sociali dei posti
      fisici. Il comportamento sociale dei membri è, in un certo senso, lo
      specchio immediato del comportamento della vita reale, con meccanismi
      talvolta identici a quelli reali. Talvolta, invece, i meccanismi sono del
      tutto nuovi e diversi, e affondano le radici nelle nuove opportunità che
      il MUD offre rispetto alla vita reale (Curtis, 1993). 
      
        
      
       2.3.2 
      Tipologie di utenti e loro nicchie motivazionali
      
       Un
      fattore di particolare interesse, ma che complica le ricerche, a causa
      dell'anonimato del medium, è il sesso dei personaggi, dato che non si è
      mai sicuri dell'identità di genere di chi sta dall'altra parte dello
      schermo. Amy Bruckman (1994) ha studiato il fenomeno, confrontando il
      sesso dichiarato e le statistiche sugli utenti di Internet, che indicano
      una prevalenza di maschi. 
      
      Si parla di “gender swapping” quando un individuo assume l'identità
      del sesso opposto. Gli studiosi hanno trovato che soprattutto
      all’interno dei MUD è una pratica abbastanza comune, senza che essa sia
      indicativa di omosessualità o travestitismo nella vita reale. Una cosa
      interessante sta nel fatto che questa pratica sembra prettamente maschile;
      nelle donne questo comportamento difficilmente viene riportato. Ciò può
      essere dovuto al fatto che un personaggio femminile riceve più attenzioni
      di uno maschile, soprattutto quando si entra in un MUD per la prima volta
      (Serpentelli, 1992; Bruckmann, 1994; Rheingold, 1993). 
      
      Il fenomeno del gender swapping sembra fortemente correlato a quello delle
      identità multiple. In questi mondi virtuali ci si può aspettare infatti
      che gli individui si concedano di provare ad essere delle persone
      differenti, alla luce del fatto che questi cambiamenti non sembrano avere
      delle ripercussioni nella vita reale (Turkle 1995). Capita quindi che un
      timido diciottenne si trasformi in un malvagio assassino, o che una
      emancipata donna quarantenne diventi una sensibile fata bambina, quasi che
      l’ambientazione serva da “camera di compensazione” alla propria
      personalità.
      
      Altra caratteristica altamente coinvolgente di questo ambiente è
      l’emergere di una particolare cultura, con regole molto precise circa la
      modalità per partecipare al gioco, sostenere la finzione e uscirne al
      momento desiderato.
      
      I giocatori devono infatti rispettare la rappresentazione ed evitare ogni
      riferimento al fatto che l’azione sia solo un gioco. La “conservazione
      dell’illusione” (Holly Griffin, 1984) deve quindi essere mantenuta:
      eventuali osservazioni fuori del personaggio irritano gli altri giocatori
      perché interrompono la fantasia e ne riducono l’effetto. All’interno
      di un qualsivoglia MUD tutti i messaggi che non hanno attinenza con il
      gioco devono essere preceduti dall’acronimo OT (off topic) per non
      interrompere la scena ludica, e anche l’eventuale uscita deve essere
      programmata in base all’azione che si sta svolgendo, almeno per quanto
      consente la propria immaginazione.
      
      Richard Bartle, creatore e amministratore di giochi MUD, ha individuato
      alcune variabili psicologiche che influenzano l’ambiente e gli utenti di
      questi giochi interattivi. Basandosi sulla propria esperienza, Bartle ha
      indicato quattro nicchie motivazionali dei partecipanti e ha cercato di
      spiegare il perché la maggioranza di tali giocatori favorisce una di
      queste quattro nicchie rispetto alle altre.
      
       
        
          Arrampicatori:
          Questo tipo di giocatore persegue gli obiettivi del gioco:
          l’accumulo di tesori o l’acquisizione di meriti. Un tipico
          arrampicatore entra nel gioco tentando di risolvere difficili
          questioni o di vincere un mostro particolarmente feroce.
          
          
          Esploratori:
          Sembrano divertirsi di più nel disegnare mappe dalla topologia dei
          giochi, nello scoprirne i segreti più oscuri e nell’acquisire una
          conoscenza esoterica sul suo funzionamento.
          
          
          Socializzatori:
          Sono giocatori che si interessano al MUD principalmente per avere
          contatti con altre persone. il fine delle interazioni può essere il
          gioco stesso ma possono anche subentrare obiettivi personali non
          correlati al gioco, in particolare quando i giocatori approfondiscono
          la conoscenza reciproca.
          
          
          Assassini:
          Molti giochi MUD attraggono persone, per fortuna poche, che si
          divertono nel molestare gli altri, deviando le risorse del gioco
          stesso.
          
           Le
      tensioni intergruppali si sviluppano quasi sempre tra giocatori guidati da
      motivazioni diverse: i socializzatori e gli assassini non vanno
      assolutamente d’accordo perché le nicchie motivazionali che li spingono
      a partecipare al gioco sono esattamente opposte.
      
      Tale presenza di tensione tra i gruppi e la prevalenza di un tipo di
      popolazione piuttosto che un altro possono, secondo Bartle, modificare
      velocemente le caratteristiche di un gioco MUD e persino decretarne la
      fine.
      
       2.4            
      L’altra faccia della medaglia: Le Caratteristiche di Internet che
      danno dipendenza
      
       Alcune
      caratteristiche del mondo psicologico di Internet possono essere talmente
      affascinanti da assorbire completamente e indurre a farne un uso
      eccessivo, qualcosa di paragonabile addirittura ad un abuso coatto. A metà
      degli anni novanta la notizia che Internet poteva causare una “sindrome
      da dipendenza” fu accolta con grande scetticismo e ironia. Tuttavia, man
      mano che i casi di dipendenza venivano alla luce, attraverso racconti
      aneddotici o studi in materia, e sempre più persone cercavano aiuto
      psicologico per questo problema, molti incominciarono a preoccuparsene.
      
      Come già esposto, alcuni ambienti di Internet hanno caratteristiche tali
      da renderli particolarmente adatti allo sviluppo delle modalità di
      comportamento descritte: alcuni spazi sembrano veramente irresistibili dal
      punto di vista psicologico; nessuna condizione difficile della vita reale
      può reggere il confronto con un mondo simile, soprattutto per chi ha
      problemi di scarsa autostima, noia, mancanza di contatti sociali e
      insoddisfazione nelle relazioni interpersonali.
      
      Secondo Patricia Wallace (1999) dinamiche simili al condizionamento
      operante starebbero alla base dell’enorme perdita di tempo per molte
      persone che si connettono a Internet, e dell’attrazione che comportano
      le Chat room e i giochi MUD. Sebbene la ricompensa qui sia di altro tipo,
      esistono questioni come il tempo di latenza della risposta o il programma
      a rapporto variabile.
      
      Nei giochi MUD di avventura la ricompensa immediata è data dalla scarica
      di adrenalina che sperimenta il giocatore che sconfigge in duello un
      terribile drago dopo un imprecisato numero di colpi ben assestati. A
      differenza dei giochi per computer per un solo utente e dei videogiochi,
      questi giochi sono interattivi e la loro grande attrattiva è data dalla
      possibilità di avere un riconoscimento sociale come ricompensa.
      
      Un mago potente di un gioco MUD può essere gratificato dal rispetto,
      dall’ammirazione, e anche dalla paura che gli altri giocatori, di
      livello inferiore e ancora impegnati a fare punti e rispondere alle
      domande, nutrono nei suoi confronti. Nella vita reale difficilmente si
      arriva a ricevere tanti onori e ricompense sociali, ma nei MUD chiunque può
      sentirsi un re, basta che passi sufficiente tempo giocando attivamente per
      acquisire dignità come personaggio. I programmatori del gioco,
      sicuramente consapevoli dei principi psicologici che attraggono i
      giocatori, favoriscono questi comportamenti studiando attentamente
      programmi di rinforzo sempre più efficaci. Per esempio, raggiungere il
      livello superiore è un’impresa relativamente semplice per i nuovi
      arrivati, ma diventa progressivamente più impegnativa man mano che il
      giocatore sale di livello; ciò significa che la ricompensa per i nuovi
      arrivati, il cui comportamento non è ancora ben condizionato, è più
      pronta e veloce. Inoltre spingono i giocatori a dedicare sempre più tempo
      al gioco promettendo ricompense particolari per chi raggiunge punteggi
      elevati e menzionando i giocatori migliori in articoli speciali. Per avere
      punteggi alti è più importante il tempo trascorso, anziché l’abilità;
      eppure i giocatori rivolgono ai più bravi ammirazione e deferenza.
      
      Ma i MUD e le Chat non sono gli unici ambienti in cui i tempi di latenza e
      la natura della ricompensa possono sviluppare condotte di abuso. Per
      esempio le aste on-line, diversissime da Chat e MUD, hanno caratteristiche
      simili per la tensione che generano negli ultimi minuti di una vendita in
      cui l’offerta più veloce vince e la ricompensa è gratificante quanto
      quella ottenibile dai siti interattivi. Anche i metamondi presentano molte
      se non tutte queste caratteristiche.
      
      Nel suo libro The Psychology of Addiction (1994), Mary Mc Murran afferma
      che comportamenti di dipendenza non hanno necessariamente  un
      andamento progressivo, anzi sono frequenti fluttuazioni ed incostanze.
      Queste affermazioni sono valide anche nel caso dell’uso eccessivo di
      Internet. Le persone che si sentono “prese dalla rete” possono
      sentirsi perse, specialmente quando riconoscono di avere un problema e
      cercano il modo di risolverlo. Alcune persone particolarmente inclini agli
      eccessi anche in altri ambiti della vita hanno sicuramente maggiori
      difficoltà a controllare l’uso eccessivo di Internet, soprattutto se
      vengono irretite dagli ambienti interattivi delle Chat, dei giochi MUD e
      dei metamondi. 
      
      In base ai casi riportati in letteratura, non si può certo negare che
      l’eccessivo coinvolgimento psicologico nella rete possa causare
      conseguenze negative sulla vita di alcune persone. Per esempio, gli
      studenti che passano tante ore nelle Chat room, nei giochi MUD e nei
      metamondi, hanno poco tempo per studiare, per le attività sociali e anche
      per dormire. Saltano le lezioni, stanno svegli tutta la notte, e di
      conseguenza le loro prestazioni scolastiche e i voti di profitto si
      abbassano drasticamente. Internet, non dorme mai, naturalmente, e ci sono
      sempre draghi da combattere, Chat room da visitare, anche in piena notte.
      Non mancano gli aneddoti su persone il cui coniuge è stato irretito da
      Internet; questi racconti sono sempre più numerosi e colpiscono
      soprattutto quando narrano cyberstorie d’amore. In molti casi
      probabilmente si tratta di comportamenti tesi all’autogratificazione e
      dettati da scarso autocontrollo. 
      
      Alcune aree di Internet quindi sono particolarmente attraenti dal punto di
      vista psicologico. Ciò probabilmente a causa del forte senso di
      appartenenza che gli utenti di queste aree sviluppano nei confronti delle
      comunità che frequentano. Inoltre, esse sono capaci di divorare il nostro
      tempo, se solo lo permettiamo, e stiamo iniziando anche a capire in che
      modo.
      
       CAPITOLO
      TERZO
      
       UN’INDAGINE
      EMPIRICA SUL SENSO DI APPARTENENZA
      
      
      
       Alla
      luce degli scenari esposti nei precedenti capitoli, proporrò adesso
      un’indagine empirica on-line con l’obiettivo di ottenere informazioni
      relative al senso di appartenenza alle comunità virtuali manifestato
      dagli utenti della rete. Dall’analisi effettuata, è stato possibile
      ricavare una serie di dati molto interessanti riguardo a questo fenomeno
      tanto dibattuto.
      
       3.1          
      Il Senso Soggettivo di Appartenenza: Definizione, Funzioni e Componenti
      
       La
      capacità di percepire un sentimento di appartenenza ad un gruppo sociale
      è una delle principali funzioni della personalità (Livesley, Lang,
      2000). Il senso soggettivo d’appartenenza si basa sulla credenza di
      condividere qualcosa con gli altri membri del gruppo: scopi, valori,
      interessi, piaceri, esperienze, ricordi. Questo fa sentire l’individuo
      parte di un gruppo nel quale può riconoscersi attraverso la messa in
      comune di tali aspetti. 
      
      Baumeister e Leary (1995) intendono l’appartenenza come un bisogno
      fondamentale dell’individuo di sentirsi legato agli altri. La durata e
      la stabilità di tale legame nel tempo, inoltre, garantisce il formarsi di
      costruzioni affettive necessarie al suo benessere. La percezione del senso
      di appartenenza è spontaneamente ricercata dagli individui. Essa motiva
      universalmente a costituire e mantenere un numero sufficiente di rapporti
      interpersonali significativi con altre persone (Baumeister e Leary, 1995).
      
      Le componenti su cui si fonda la “percezione soggettiva di
      appartenenza” (Dimaggio, Procacci, Semerari, 1999) sono descritte, in
      maniera non gerarchica, dai seguenti tre versanti:
      
       
        
          Cognitivo
          e Metacognitivo: per cogliere l’appartenenza occorre una
          rappresentazione dei propri stati mentali e della mente degli altri.
          L'individuo deve disporre contemporaneamente di una rappresentazione
          di valori, credenze, interessi, piaceri propri ed altrui e comprendere
          quanto vi è di comune. L'esperienza di appartenenza e condivisione
          presuppone perciò l'esistenza di abilità metacognitive, ovvero la
          percezione cosciente di avere una rappresentazione della propria mente
          e della mente altrui e porle a confronto (Carcione, Falcone, 1999;
          Procacci e Semerari, 1998, Procacci et al., 2000). La mancanza di tali
          abilità peserà nella percezione dell'appartenenza e della
          condivisione, rendendola, nei casi più deficitari, assente.
          
          
          Sociale:
          il soggetto che prova un senso di appartenenza si percepisce
          all'interno di un legame con più persone. Tale legame ha generalmente
          una connotazione di tipo sociale: interesse e partecipazioni a gruppi,
          aspettative sugli altri o sulle proprie capacità sociali. 
          Attese negative, o la mancanza delle abilità sopra menzionate,
          possono impedire o gravemente ostacolare le interazioni sociali
          necessarie all’inserirsi in un gruppo e a costruire esperienze
          condivise con altri esseri umani.
          
          
          Emozionale:
          come tutte le esperienze umane fondamentali, anche Il senso di
          appartenenza è connotato da specifiche emozioni. In particolare, se
          esso viene consapevolmente e positivamente avvertito dall’individuo,
          questi proverà emozioni di orgoglio, accettazione, autocompiacimento;
          se ciò non accade, avvertirà emozioni dolorose, quali impaccio o
          ansia. 
          
           Come
      ho già descritto, anche all’interno della rete Internet sembra esistere
      un senso di appartenenza forte e costante, e l’opportunità di indagare
      gli aspetti psicologici che ne derivano potrebbe rivelarsi un lavoro
      interessante. 
      
      Alla luce di quanto appena esposto, nei paragrafi che seguono farò
      convergere il mio contributo sul tema del senso di appartenenza alle
      comunità virtuali, attraverso un’indagine svolta all’interno di
      quattro diverse communities on-line.
      
      L’indagine, a carattere pilota, è stata condotta secondo le modalità
      esposte nei seguenti paragrafi.
      
        
      
       3.2          
      Metodologia di Ricerca Utilizzata: On-line Research
      
       La
      metodologia scelta per raccogliere ed elaborare i dati necessari
      all’indagine è stata quella della ricerca on-line (On-line Research:
      OLR). Questo tipo di studi non è discorde, nella sua essenza, dalla
      ricerca psicologica tradizionale: entrambe muovono da ipotesi, selezionano
      le metodiche appropriate, preparano gli strumenti per l’indagine ed
      infine si occupano di raccogliere ed analizzare i dati. Tuttavia, sotto
      altri aspetti, l’OLR si differenzia dalla ricerca tradizionale per
      alcune peculiarità:
      
       @    
      Il rapporto tra sperimentatore e soggetto è sottratto ad ogni forma di
      comunicazione faccia a faccia;
      
       @    
      Viene a mancare l’ambiente tipico di ogni ricerca: il “laboratorio”
      (se questa è di tipo sperimentale), o il contesto ecologico (se la
      ricerca è sul campo);
      
       @    
      L’ambientazione dell’OLR è “asincrona”: sparisce il “qui ed
      ora” della ricerca tradizionale e il laboratorio perde la centralità di
      luogo privilegiato della ricerca; non è più il soggetto a recarsi in
      laboratorio ma, in un certo senso, è “il laboratorio a recarsi dal
      soggetto” (Birnbaum, 2000);
      
       @    
      Vi è completa libertà di esecuzione del compito e di conseguenza nessun
      vincolo di continuità impedisce la sua interruzione. Questo a vantaggio
      di una maggiore veridicità poiché le risposte sono meno influenzabili
      dalla “desiderabilità sociale” o dall’assunzione di un ruolo
      subordinato nei confronti dello sperimentatore.
      
       Tuttavia
      non pochi problemi derivano dalla trasposizione della ricerca psicologica
      tradizionale su un campo di indagine che è “virtuale” e pertanto,
      forse, molto meno controllabile:
      
       @    
      Non è possibile, ad esempio, usare i consueti canoni metodologici e
      procedurali per tenere sotto controllo le variabili dell’osservazione:
      il ricercatore, infatti, non è in grado di valutare la comprensione delle
      consegne, l’autenticità del materiale o le motivazioni all’eventuale
      drop-out;
      
       @    
      Il campionamento è autoselettivo e legato alle motivazioni personali;
      
       @    
      La rete non fornisce dei validi campioni di riferimento pertanto non è
      possibile la generalizzabilità dei dati ottenuti.
      
       Nonostante
      tali problemi, ampiamente trattati in letteratura, cominciano a comparire
      le prime conferme circa l’attendibilità e la validità di indagini
      eseguite on-line (Krantz, Dalal, 2000), fondate generalmente su confronti
      fra i risultati della stessa ricerca condotta sia nel laboratorio
      tradizionale (off-line) sia in rete. Ciò motiva i ricercatori ad
      incrementare gli studi trovando i parametri e gli ambiti di intervento più
      opportuni entro i quali operare. A tal fine gli addetti ai lavori hanno
      evidenziato alcuni importanti criteri: 
      
       @    
      Costruire strumenti interattivi e facilmente utilizzabili attraverso
      procedure fast and frugal per la raccolta e l’elaborazione dei dati
      (Cardaci et al., 2001);
      
       @    
      Proporre items facilmente leggibili e chiaramente comprensibili per
      consentire al soggetto di rispondere semplicemente puntando la risposta e
      cliccandovi sopra (procedura point and click);
      
       @    
      La procedura point and click, grazie alla sua praticità d’impiego
      permette inoltre di evitare i tradizionali errori di compilazione tipici
      dei questionari “carta e matita” facilitando le eventuali correzioni.
      
       @    
      I dati, codificati come una stringa di testo, sono automaticamente
      ricevuti dal ricercatore e caricati su database opportunamente
      predisposti. La velocità e la maneggevolezza dell’intera fase di
      acquisizione dei risultati contribuiscono così a diminuire i costi
      dell’intera ricerca (Reips, 2000).
      
         3.3 
      Il Questionario
      
       Fra
      i questionari già presenti in letteratura, nessuno sembra esplorare in
      maniera esclusiva il senso di appartenenza alle communities online. Sulla
      base di queste considerazioni ho ripreso alcuni items da più scale e li
      ho riformulati al fine di esplorare questo fenomeno in modo più
      approfondito.
      
      Il Q-S.A.C.O. (Questionario sul Senso di Appartenenza alle Communities
      On-line) si compone di 47 item, e mira a mettere in evidenza le seguenti
      dimensioni:
      
       
        
          Qualità
          dell’utenza, modi e tempi di utilizzo dei servizi all’interno
          delle communities;
          
          
          Senso
          di appartenenza alla community on-line di cui si fa parte;
          
          
          Senso
          di appartenenza a eventuali gruppi off-line di cui si fa parte.
          
           Il
      questionario è stato pubblicato on-line grazie al prezioso contributo dei
      coordinatori delle quattro comunità, i quali si sono resi disponibili a
      pubblicizzare la ricerca attraverso un link navigabile direttamente dalle
      homepages delle communities.
      
      Il sistema per la somministrazione del questionario era, infatti,
      piuttosto semplice: il link corrispondente alla pagina del test veniva
      aperto, ciccandovi sopra, dagli utenti durante normali sessioni di
      navigazione on-line. In questo modo essi potevano facilmente compilare il
      questionario e inviare i dati ad una matrice. 
      
         3.3.1  
      Qualità dell’Utenza, Modi e Tempi di Utilizzo dei Servizi all’Interno
      delle Communities 
       Il
      questionario è stato somministrato ad una popolazione di  100
      soggetti, composta da 58 uomini e 42 donne. Sul piano demografico,
      l’indagine, che non ha nessuna pretesa di campionamento, ha studiato la
      popolazione nelle variabili: sesso, età, occupazione e area geografica di
      appartenenza.
      
      Fra gli utenti che hanno risposto vi è una lieve prevalenza maschile,
      sebbene non ci sia una discrepanza così notevole tra i sessi; ciò
      testimonia l’avvicinamento sempre più forte delle donne alla
      tecnologia.
      
      Per quanto riguarda l’età degli utenti, il gruppo più numeroso è
      rappresentato dai soggetti di età compresa tra i 26 e i 30 anni per il
      35% degli intervistati, a conferma del dato che sono soprattutto i giovani
      ad utilizzare i servizi delle community. Nonostante ciò, anche altre
      classi di età presentano una percentuale rilevante: il 22% per gli utenti
      di età compresa tra i 20 e i 25 anni, il 17% per gli utenti tra i 31 e i
      35, il 12% per la classe di età tra i 36 e i 40 anni, l’11% per gli
      utenti tra i 41 e i 50 anni. Scarsamente rappresentati sono, invece, gli
      utenti che superano i 50 anni. 
      
      La categoria maggiormente rappresentata, per ciò che attiene
      all’occupazione degli utenti delle comunità, risulta essere quella
      degli studenti (62%), seguita dalla categoria degli impiegati (29%) e dei
      liberi professionisti (7%). Molto meno rappresentata la categoria
      “Disoccupati” (2%). 
      
      La zona geografica di provenienza della maggior parte degli utenti è
      risultata essere il Nord (67%). Il Sud ed il Centro Italia sono
      scarsamente rappresentati, confermando alle regioni del Nord il primato di
      utilizzo della rete.
      
      Altri dati di notevole interesse riguardano la frequenza di utilizzo del
      servizio. Attraverso le domande del questionario, ho cercato, infatti, di
      mettere in luce l’effettiva quantità di tempo che gli utenti passano
      all’interno delle comunità virtuali, tanto in termini di accessi medi
      quanto in termini di messaggi inviati (per quanto concerne i Newsgroup e i
      Forum). I dati sono sorprendenti: il 57% degli appartenenti alle comunità
      vi accedono tutti i giorni o quasi, e di questi, ben il 73% rimane
      connesso per  tre ore o più. Questo rende evidente come l’impegno
      con le comunità sia alto e i processi, al loro interno, risultino
      estremamente coinvolgenti.
      
      La presenza, all’interno della popolazione, di utenti “anziani”
      (leader/frequentatore assiduo), è alta. Il 23% dei frequentatori si
      dichiara un leader della comunità e il 40% se ne considera un assiduo
      frequentatore.
      
      Da questa analisi si possono trarre alcune conclusioni interessanti: la
      partecipazione degli utenti persiste anche lungo gli anni. Il potere di
      fidelizzazione delle comunità virtuali è, dunque, alto e, nonostante la
      continua presenza di frequentatori non assidui e di Newbies (novellini),
      coloro che frequentano la comunità da molto tempo rimangono assidui negli
      anni, costituendo il “carattere forte” delle comunità, in maniera più
      evidente persino dei leaders.
      
        
      
       3.3.2 
      Il Senso di Appartenenza alle Communities On-line
      
       Gli
      aspetti che definiscono una variabile complessa come quella della
      percezione comunitaria sono molti e difficilmente identificabili. Al fine
      di giungere ad un’analisi più completa possibile, ho cercato di mettere
      in luce le caratteristiche a mio parere più salienti: 
      
       
        
          Le
          motivazioni che spingono l’individuo ad entrare a far parte della
          comunità;
          
          
          Le
          motivazioni che lo inducono a rimanerne parte;
          
          
          Le
          norme condivise e gli aspetti cognitivi.
          
           Riguardo
      al primo punto, dall’analisi dei dati è emerso che l’interesse per le
      comunità virtuali nasce da un bisogno di socialità (53%), dalla curiosità
      per lo strumento (27%) e da un interesse ludico (20%). Il bisogno di
      socialità in particolare ha evidenziato un desiderio di conoscere persone
      nuove per il 28% degli intervistati, e una volontà a rapportarsi con gli
      altri per il restante 25%. Riguardo a quest’ultimo aspetto, la
      maggioranza degli utenti ritiene semplice entrare in contatto con le altre
      persone on-line: anche i rapporti di amicizia che nascono sono valutati
      come molto importanti e duraturi nel tempo. L’aspetto ludico e di gruppo
      si qualificano quindi come il collante di maggior rilievo delle comunità
      analizzate. Il diagramma 1 spiega in modo schematico i dati appena
      descritti.
      
        
      
       
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
        
          
            
              | 
                  Motivazioni
                  che spingono l’individuo ad entrare 
                  
                   in
                  una comunità on-line
                  
                   |  
          
            
              | 
                  Conoscere
                  persone nuove
                  
                   28%
                  
                   |  
          
            
              | 
                  Rapportarsi
                  con gli altri
                  
                   25%
                  
                   |      Diagramma
      1
      
        
      
       Per
      ciò che concerne il secondo aspetto indagato, la motivazione a restare,
      è noto dagli studi presenti in letteratura come la mortalità
      dell’interesse nei confronti dei sevizi offerti dalle comunità virtuali
      è molto bassa. Questo implica che i membri delle comunità trovano
      soddisfatte le proprie aspettative o, perlomeno, pensano di poterle
      soddisfare. Ritroviamo quindi anche in questa sezione il bisogno di
      rapportarsi con gli altri. Ma come in tutte le comunità, anche (e
      soprattutto) in quelle virtuali ciò che permette la vita di gruppo,
      subordinata proprio a questo bisogno di socialità, è la fiducia. Questo
      aspetto nelle comunità virtuali è tanto pregnante quanto controverso. È
      evidente come i membri delle comunità indagate si dividano tra chi è più
      prudente e non si fida quasi mai  e chi, invece, è più propenso al
      rischio e si fida spesso. Se non avessi mai fatto parte di una comunità
      virtuale considererei questi ultimi come degli incoscienti. Ma la mia
      esperienza, e le risposte palesemente positive al test testimoniano come,
      al contrario di quanto si può credere, le persone siano generalmente
      sincere e propense a riferire finanche informazioni personali, svelando un
      grado di intimità non indifferente. Il diagramma 2 chiarisce i concetti
      appena descritti.
      
        
      
       
        
        
          
            
              | 
                  Motivazioni
                  che spingono l’individuo a restare nelle comunità on-line
                  
                   |  
          
            
              | 
                  aspettative
                  
                    Soddisfatte
                  
                   45%
                  
                   |  
          
            
              | 
                  Rapportarsi
                  con 
                  
                   gli
                  Altri
                  
                   55%
                  
                   |      Diagramma
      2
      
        
      
       Questi
      dati evidenziano come gli utenti delle comunità on-line, sostanzialmente,
      percepiscano il proprio appartenere ad una comunità virtuale come una
      qualsiasi altra attività all’interno della loro vita. Alcuni la
      considerano come un modo più freddo di interagire, altri come un modo più
      stimolante, ma in sostanza vi prendono parte con lo stesso spirito con cui
      si può partecipare ad un gioco di gruppo. Chi è membro di una comunità,
      dunque, impara a capire che dietro alle frasi scambiate, dietro alle
      sequenze di parole e immagini ci sono delle persone, in carne ed ossa, con
      i loro problemi, le loro esperienze, con il loro bagaglio di vita vissuta.
      
      Anche le domande relative alle norme condivise e agli aspetti cognitivi
      hanno evidenziato un forte senso di appartenenza dei membri alla comunità:
      il 62% degli intervistati ha risposto in maniera positiva alle domande sul
      senso di condivisione delle norme e degli scopi istituzionali delle
      communities di cui fanno parte, e il 67% dichiara di fissare a lungo la
      propria attenzione o memorizzare meglio le attività all’interno delle
      comunità on-line.
      
         3.3.3  
       Il Senso di Appartenenza alle Comunità Off-line
      
       La
      terza sezione del questionario, composta da 15 items, aggiunge un
      confronto con le dimensioni off-line sul senso di appartenenza. Gli utenti
      che hanno risposto a questa sezione  sono 45, 24 uomini e 21 donne,
      di cui 28 leader, 11 frequentatori assidui e 6 non assidui. I dati in
      percentuale da qui in poi proposti sono riferiti a questa porzione di
      utenti. 
      
      La verifica ha messo in luce diverse associazioni significative tra le
      risposte fornite alla seconda sezione e le risposte fornite alla terza. In
      particolare, tra gli aspetti indagati e poi dimostrati nella parte
      relativa alle communities online è emersa una forte corrispondenza con la
      terza nei seguenti ambiti: 
      
       
        
          Motivazioni
          che inducono l’individuo a entrare/rimanere parte della comunità/gruppo
          off-line; 
          
          
          Rapporto
          con gli altri membri; 
          
          
          Norme
          condivise.
          
           Di
      seguito tenterò di evidenziare e discutere tali confronti.
      
       Riguardo
      alle motivazioni che inducono l’individuo ad entrare e poi rimanere
      parte delle comunità/gruppi off-line, allo stesso modo delle comunità
      virtuali, anche in questo ambito l’interesse sembra emergere da un
      bisogno di socialità. Tale bisogno ha evidenziato: 
      
       @    
      Un desiderio di conoscere persone nuove;
      
       @    
      Una volontà a rapportarsi con gli altri; 
      
       @    
      Una motivazione al confronto;
      
       @    
      Una ricerca di ascolto e comprensione.
      
       I
      dati appena esposti sono descritti indicativamente nel diagramma 3, e
      dimostrano come il bisogno di socialità e l’aspetto ludico si
      qualifichino, anche in questo ambito, due degli aspetti “adesivi” per
      la popolazione. 
      
       
        
          
            
              | 
                  Motivazioni
                  che spingono l’individuo ad entrare/rimanere 
                  
                   in
                  una comunità/gruppo off-line
                  
                   |  
          
            
              | 
                  Conoscere
                  persone nuove
                  
                   23%
                  
                   |  
          
            
              | 
                  Rapportarsi
                  con gli altri
                  
                   20%
                  
                   |  
          
            
              | 
                  Ascolto
                  e comprensione
                  
                   22%
                  
                   |      Diagramma
      3
      
        
      
       Le
      domande relative alle norme condivise hanno evidenziato un forte senso di
      appartenenza dei membri alla comunità: il 62% degli intervistati ha
      risposto in maniera positiva alle domande sul senso di condivisione delle
      norme e degli scopi istituzionali dei gruppi di cui sono membri. 
      
      Un discorso a parte merita il senso della leadership che si evince in
      questa sezione del questionario. Alla domanda “E’ piacevole ed
      importante avere la sensazione di prevalere”, il 47% degli intervistati
      ha risposto “Moltissimo”. Questo dato va interpretato tenendo presente
      che le stesse persone hanno risposto negativamente alla medesima domanda
      riguardo alle communities on-line. Sembrerebbe quindi che la presenza di
      contatto fisico renda, a livello off-line, i comportamenti dei
      partecipanti al gruppo più inclini alla leadership e al mettersi in
      evidenza.
      
       CONCLUSIONI
      
      
      
       Cercare
      di trarre conclusioni su un fenomeno in costante evoluzione è un arduo
      compito, tanto più lo diventa se si cerca di essere obiettivi e ci si
      trova nella condizione di esserne coinvolti.
      
      Le comunità virtuali rappresentano un mondo nuovo ed ancora poco
      conosciuto di vivere un’esperienza di collettivo. Il passaggio
      dall’individuo, al gruppo, al collettivo assume caratteristiche diverse
      rispetto alle comunità tradizionali. Il passaggio è sostanzialmente
      diretto tra l’individuo e la collettività e il loro rapporto rimane
      sempre aperto.
      
      Mentre nelle comunità tradizionali l’individuo, per poter appartenere
      ad una comunità, deve attraversare fasi critiche e dolorose della
      socializzazione, nel virtuale questi passaggi sono attenuati dalle
      caratteristiche stesse delle infrastrutture che reggono le comunità.
      L’individuo, infatti, essendo sempre in grado di “staccare la spina
      del computer”, si sente, sostanzialmente, padrone di poter tornare, in
      ogni momento al livello individuale e avverte meno la paura del confronto
      e del conflitto. La socializzazione è dunque facilitata dalla possibilità
      di sfruttare contemporaneamente le risorse del “collettivo” e le
      sicurezze dell’ ”individuale”. La paura del confronto e del
      conflitto è anche limitata dalla tradizione e dalla storia della rete che
      si rispecchia nelle comunità virtuali, fortemente ispirata ad una visione
      individualista ed anarchica. Certamente le comunità virtuali
      rappresentano un modo nuovo di socializzare a livello di collettivo ed è
      per questo che chi si avvicina al mondo delle comunità virtuali è spinto
      anche dalla curiosità come avviene per tutte le cose nuove.
      
      C’è chi, dopo averne fatto esperienza, ne rimane deluso, percependo un
      senso di freddezza e irrealtà e c’è chi, invece, ne rimane
      affascinato. Che cosa colpisce di questo fenomeno e che cosa spinge gli
      individui a decidere di fare parte di una comunità virtuale sono gli
      aspetti che ho voluto indagare in questo contributo.
      
      I risultati della ricerca mettono in luce un’esigenza di socialità e un
      bisogno ludico che non nascono nella rete ma che trovano qui un canale
      espressivo molto forte. 
      
      Dall’analisi dei dati è emerso un senso di gruppalità molto sentito:
      questo risulta ancora più sorprendente se si considera che le amicizie
      on-line sono percepite da chi le vive come esattamente sovrapponibili a
      quelle off-line. La partecipazione alle comunità virtuali è quindi
      ritenuta dalla maggioranza degli utenti che le frequentano come un aspetto
      che si integra, in maniera normale, a tutte le altre attività della
      propria vita. Questo bisogno sociale, il senso di appartenenza, di
      solidarietà e di fiducia nelle comunità nascono da un’esperienza
      piacevole condivisa insieme e sono rafforzati dalla frequentazione assidua
      e duratura.
      
      Non è certo facile comprendere, per chi non ha mai fatto parte di una
      comunità virtuale, come sia possibile considerare “amici” delle
      persone che non si sono mai viste, magari di cui non si sono, neanche, mai
      sentite le voci. Eppure, chi fa parte dell’ambiente ne è a conoscenza,
      col tempo si finisce con l’affezionarsi, con il condividere momenti
      insieme, anche se si è distanti fisicamente. Ci si consola per una
      sconfitta, si gioisce di un avvenimento felice, si sdrammatizzano i
      momenti più duri. Da queste condivisioni, da questo sentirsi parte di un
      gruppo coeso, nascono i legami in rete, percepiti come duraturi e forti. A
      convalida dei risultati, l’indagine di appartenenza ai gruppi off-line
      ha dimostrato significative correlazioni con la precedente, distinguendosi
      solo nella percezione al senso di leadership, significativamente superiore
      nei gruppi off-line. Alla luce di quanto detto possono emergere molte
      osservazioni in merito ai comportamenti analizzati che, esulando dal tema
      trattato, possono creare le basi per nuovi spunti di studio e di ricerca.
      
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