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      mia storia con la Retinite Pigmentosa   Mi
      chiamo Vincenzo Luigi Milanesi, ho 41 anni, sono di Roma e sono affetto da
      Retinite Pigmentosa dalla nascita, patologia oculare, che nel mio caso non
      mi ha mai permesso di leggere una sola pagina di un libro.
      
      Bisogna innanzi tutto dire che quando si parla di Retinite Pigmentosa (R.P.),
      ci si riferisce alla prima causa di cecità sopravvenuta per malattia in
      età adulta al mondo; R.P. è infatti il nome dato ad un gruppo di
      malattie genetiche simili tra loro per le quali ad oggi non esiste ancora
      alcun trattamento medico o chirurgico riconosciuto dalla Medicina
      Ufficiale, esse sono patologie ereditarie degenerative che colpiscono gli
      occhi e più precisamente la retina, sulla quale si formano delle macchie
      (pigmento) in corrispondenza delle quali non vi è visus.
      
      Ecco una breve descrizione e presentazione del mio sito internet non
      scientifico sulla R.P. e delle motivazioni che mi hanno portato alla sua
      realizzazione e le conseguense della sua messa in rete.
      
       Sito:
      http://www.francescaruiz.it/vincenzo
      
       Nel
      sito è presente, oltre ovviamente alla descrizione della patologia, al
      modo di vedere di un retinopatico, la mia storia di vita di persona
      “normale” (pur se con un handicap visivo così grave) e una breve
      descrizione degli aspetti psicologici della R.P. e dei suoi coinvolgimenti
      sociali realizzata da mia moglie psicoterapeuta.
      
      Le mie principali occupazioni sono sempre state legate al campo
      dell’informatica. Dapprima come utente ludico, poi come insegnante, in
      seguito come programmatore, ed in fine come analista/sistemista e
      responsabile del settore informatico di una grossa Azienda nel campo
      turistico (ricordo che non ho mai letto una pagina di un libro).
      
      La mia crescita professionale, è sempre avvenuta grazie al mio impegno ed
      al mio interesse per la materia, e spesso spinto dalla voglia di imparare
      cose nuove, mi inventavo problematiche inesistenti per poi poterle
      risolvere nella maniera più idonea possibile. Facendo tutto ciò e
      supportato da corsi, sempre per normovedenti, e quindi con una utilità
      relativa per me, ho raggiunto dei livelli professionali ragguardevoli che
      forse all’inizio non mi sarei mai aspettato di ottenere.
      
      Quando è “nato” internet, ancora una volta si è posto il problema di
      imparare a fare una cosa nuova: realizzare siti web, e come al solito
      dovevo inventarmi una scusa per poterne creare uno, ma mi serviva un
      argomento che conoscessi bene. A quel punto mi sono detto che, come chi
      scrive un libro per la prima volta generalmente fa un’autobiografia, io
      avrei potuto parlare di me, e immediatamente mi sono reso conto che
      l’handicap visivo che mi ha sempre accompagnato mi aveva condizionato
      tutta l’esistenza, quindi quale argomento migliore de La Retinite
      Pigmentosa? E così ho cominciato a realizzare il sito.
      
      Praticamente un gioco come tutte le altre volte, ma a differenza delle
      altre esperienze, che erano sempre e comunque in funzione della soluzione
      di problematiche aziendali, questa volta era una cosa che riguardava solo
      me, la mia vita e le mie esperienze. Il “problema” è sorto con mio
      grande stupore, quando una volta messo in rete il sito, mi hanno
      cominciato a scrivere persone sconosciute. E’ stato solo in quel momento
      che mi sono reso conto che avevo fatto un qualcosa che senza accorgermene
      suscitava molto interesse ed era di grande utilità ed aiuto per molti.
      
      Oggi, a distanza di circa sei anni dalla pubblicazione del sito, posso
      dire che tra le persone che mi contattano, la maggior parte sono donne
      (70%) tra i 20 e i 40’anni, di cui circa la metà sono affette da R.P. e
      il restante 50% sono parenti o amici di soggetti portatori della
      patologia. Spesso la scusa del contatto è chiedere informazioni su
      eventuali terapie mediche o chirurgiche; poi si aprono con confidenze,
      raccontando la loro esperienza problematica di persona che non accetta la
      condizione, anche perché spesso non accettata dai familiari (genitori
      compresi). Sporadici ma purtroppo esistenti casi sono quelli di persone
      che se ne vergognano addirittura evitando i rapporti con l’esterno della
      propria abitazione. Per quel che riguarda gli uomini, le “scuse” del
      contatto sono prevalentemente per richiedere informazioni di tipo tecnico:
      ausili, programmi di computer, ecc, per arrivare sempre a raccontare la
      loro esperienza problematica di relazione con se stessi e con gli altri.
      
      I contatti con chi mi ha scritto mi hanno fatto comprendere sin dalle
      prime e-mail ricevute, di essere stato fortunatissimo ad avere dei
      genitori così intelligenti e forse anche un po’ fortunati ad azzeccare
      il modo di educarmi facendomi vivere un’infanzia, un’adolescenza ed
      una giovinezza normalissima come i miei coetanei ma allo stesso tempo
      senza mai perdere di vista il mio stato fisico che comunque mi rendeva in
      tante situazioni differente dai miei coetanei. Questo ha fatto sì che io
      oggi possa essere una persona che non vive l’handicap visivo che ha come
      una menomazione di cui vergognarsi o autocommiserarsi o da ostentare agli
      altri al fine di ottenere benefici o privilegi di ogni genere, ma credo di
      avere un approccio corretto con essa e con tutte le implicazioni che ne
      comporti esserne affetto.
      
      Purtroppo con il mio sito, io non so fino a che punto il mio aiuto e
      quello di mia moglie (psicoterapeuta) riesca ad arrivare a destinazione.
      L’ideale sarebbe creare un’associazione, come già ne esistono altre,
      dove queste persone potrebbero confrontarsi l’una con l’altra in
      riunioni (gruppi di autoaiuto) in cui parlare circa le proprie esperienze.
      Il tutto con la presenza della figura di mediatore di uno psicoterapeuta,
      il quale in caso di necessità, oltre ad intervenire all’interno del
      gruppo, potrebbe dare un sostegno singolarmente a chi ne ha maggior
      bisogno. Tutto ciò si potrebbe allargare anche ai familiari ed agli amici
      degli affetti da R.P.. Per
      approfondimenti clicca qui
      
         
        
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