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VALUTAZIONE DEL LIVELLO DI ADATTAMENTO SOCIALE IN SOGGETTI CON PSORIASI 

Maria Concetta Cirrincione 

 

 

INTRODUZIONE E SCOPO

 

L’adattamento si definisce come il processo attraverso cui un individuo o un gruppo stabiliscono con il proprio ambiente naturale o sociale una condizione di equilibrio o per lo meno di assenza di conflitto. Tale processo avviene attraverso la combinazione di strategie “alloplastiche” volte a modificare l’ambiente e “autoplastiche” tese a modificare se stessi in vista di un accettabile equilibrio. Quando il risultato di queste manovre non sortisce l’effetto  desiderato si parla di disadattamento. Nello specifico l’adattamento sociale si configura come il processo di “adeguamento” agli standard comportamentali richiesti dalla cultura di appartenenza e come “anticipazione” dei modelli attesi della struttura sociale. Per quanto riguarda la valutazione dell’adattamento sociale già dal l960 il miglioramento delle condizioni diagnostiche e prognostiche  di molti disturbi psichiatrici e psicologici ha permesso di inquadrare le patologie all’interno di un contesto più ampio che coinvolga anche la rete  sociale in cui l’individuo è inserito. In tal modo la famiglia, gli amici e i colleghi di lavoro influenzano fortemente il corso del trattamento del disturbo. Nel 1975 quindici scale che misuravano l’adattamento sociale erano già disponibili.  Nel 1981  dodici nuove scale erano state aggiunte a questa lista. Nonostante molti studi recenti si siano  focalizzati sull’importanza dell’adattamento sociale come uno dei fattori determinanti dello sviluppo psichico dell’individuo non sì è ancora raggiunto un  consenso unanime su tale concetto, poiché i valori su cui si basano concetti quali "buon funzionamento", "soddisfazione", eccetera sono estremamente variabili non soltanto a livello soggettivo, ma anche a livello socioculturale. Basti pensare al diverso significato che questi due termini, "buon funzionamento" e "soddisfazione", possono avere se riferiti a condizioni (vita coniugale, lavoro, tempo libero, attività sociali, eccetera) ed a persone diverse (un giovane ed un anziano, un laureato ed uno appena alfabetizzato, di una classe sociale abbiente o non abbiente, un uomo ed una donna e così via). Ma anche a parità di altre condizioni, il giudizio sull'adattamento sociale è complesso, derivando dal giudizio sul livello di attività prestazionali e di soddisfazione giudicato accettabile dalla famiglia e dalla società e quello attuale del paziente. La valutazione dell'adattamento sociale è anche in rapporto al "setting": ben diverso è il giudizio in ambito di ricovero, in una comunità per lungodegenti o nel normale ambiente di vita. Inoltre modalità diverse di trattamento possono influenzare in maniera diversa, e talora senza apparenti correlazioni, il quadro psicopatologico e l'adattamento sociale. Il concetto di adattamento sociale può essere, quindi, suscettibile di critica ma risulta un indice  di grande interesse in psicologia, poiché ci fornisce importanti informazioni sulla capacità dell’individuo di instaurare valide relazioni interpersonali e adempiere ai compiti connessi al ruolo assunto. Ciò diventa ancora più evidente nel caso di una malattia invalidante, acuta o cronica che sia. Spivak,[1] riferendosi  in particolare alla psicosi, riafferma l’importanza della competenza sociale dell’individuo. Secondo l’A. la mancanza di “capacità sociali” porta l’individuo a scontrarsi con ripetuti fallimenti, sia nella vita personale, che in quella relazionale. Questa situazione a sua volta porta un’ulteriore riduzione delle capacità sociali che a sua volta espone il soggetto ad altri fallimenti. Alla fine di questo processo, che Spivak chiama “spirale viziosa” l’individuo regredisce gravemente e diviene sempre più impermeabile ad ogni tipo di cambiamento. Scopo  di questo lavoro è  quello di indagare, nell’individuo che si ammala di psoriasi  il ruolo svolto dall’adattamento sociale nel mediare gli effetti che una malattia invalidante determina sulla modalità di approccio ai rapporti interpersonali e sulla capacità dell’individuo di  far fronte e  di gestire  le difficoltà che si presentano nell’ambiente sociale. Sfortunatamente  l’impatto psicologico che la psoriasi può avere a livello individuale  è stato per lungo tempo trascurato, solo recentemente studi più approfonditi hanno permesso di ottenere maggiori informazioni sulla cura e sugli effetti di  questa patologia sulla vita delle persone. Comunemente la malattia invalidante viene definita come un anormale stato dell'organismo, causato da alterazioni organiche o funzionali. La prima considerazione psicologica è che la malattia invalidante costituisce una situazione in cui chi è colpito subisce delle limitazioni della propria autonomia  e ciò avviene a vari livelli: lavorativo, relazionale, etc.. In questo senso questa comporta sempre ciò che noi definiamo "perdita del ruolo sociale" e "disorientamento dell'identità". Questo, concretamente vuol dire che la persona che fino ad allora era un professionista, un impiegato o una madre di famiglia...da quel momento perde il suo ruolo nei confronti degli altri, della sua famiglia , di se stesso. Si determina una sconcertante frattura nella dimensione spazio-tempo. Il tempo non è più il percorso della propria realizzazione, la cornice dei propri sogni...lo spazio non è più la dimensione della propria libertà. Tutto si restringe, si impoverisce e la malattia diventa protagonista assoluta della propria vita.
La malattia invalidante si impone con violenza, irruenza ed intensità tanto da modificare profondamente il rapporto con se stessi e con gli altri in un modo duraturo. Si frantuma l'identità corporea che è la base, l'ancora fondamentale dell'identità. C'è un  magnifico lavoro del neurologo inglese O.Sacks[2]  che è la descrizione accurata della realtà fenomenologica della malattia invalidante in cui l'esperienza più schiacciante e dolorosa è proprio "la mancanza del senso di essere se stessi". L'adattamento alla malattia richiede una  complessa ristrutturazione della propria identità.

L'adattamento alla malattia risente di una molteplicità di fattori legati sia alla malattia che alla persona:
1) modalità d'insorgenza
2) gravità
3) limitazioni implicate
4) localizzazione delle lesioni
5) presenza di sintomi dolorosi
6) età
7) personalità
8) storia personale (esperienze di malattia ecc.)
9) risorse sociali

10) strategie di coping ed è quasi impossibile delineare un percorso tipico.

Nel valutare la portata e l'entità dele reazioni emozionali alla malattia occorre tener presente che ogni organo ha un suo investimento psicologico diverso, proporzionato al suo uso e al suo valore culturale e simbolico. Le invalidità che ledono maggiormente l'idea del controllo di sé hanno un peso più devastante per l'identità. Per esempio la perdita del controllo degli sfinteri in una colostomia o in una malattia neurologica, è un'esperienza devastante perché attinge alla vita lontanain cui rimanere pulito rispondeva all'aspettativa della madre di essere buono. Il tenersi pulito è sinonimo di dignità personale. Questo pudore è spesso offeso, umiliato proprio all'interno dell'ospedale.
In un paziente con sclerosi a placche il tratto di strada che prima era una piccola passeggiata si fa lungo e faticoso e un brutto giorno non riesce più a farlo. Le notti diventano sempre più lunghe ed angosciose... Le reazioni emozionali mostrano un andamento simili a quelle osservate nel processo di elaborazione del lutto. In una prima fase, contemporanea all'insorgenza dei sintomi o alla comunicazione della diagnosi:
a) il paziente vive un senso di minaccia incombente sulla propria esistenza. Questo crea un senso di disgregazione non circoscritto solo alle funzioni o alla zona danneggiata ma un fenomeno senza limiti estesa senza confini all'intera esistenza in tutti i suoi aspetti.
b) Via via che l'idea dell'invalidità diventa emotivamente chiara, la crisi investe l'ambito affettivo. Il malato alterna stati d'animo che richiedono vicinanza, solidarietà ed aiuto, a sensazioni di disagio caratterizzato da una sorta di distanza emotiva tra sé e gli altri perché si sente diverso e sa di esserlo. E' una fase di profonda sofferenza e solitudine. In questa condizione psicologica sente le reazioni degli altri, cercando di comprenderne i sentimenti e i pensieri in cui trova la conferma di giudizi su di sé e per lo più svalutativi, come: "non sono più lo stesso", "suscito pena"... Si crea una situazione di forte ambivalenza : da una parte il paziente vive una condizione di dipendenza e chiede aiuto, dall'altra egli stesso è irritato dalla cura che riceve. Questa situazione paradossale fa sì che questi pazienti diventino circospetti nell'esprimere i vari sentimenti attuando dei meccanismi di difesa: hanno a volte accessi di aggressività e rabbia, più frequentemente si chiudono in un isolamento affettivo, prendendo distanza notevole dagli altri. L'emozione dominante è la depressione e la disperazione proprio per l'elaborazione delle numerosissime perdite ed è funzionale alla ristrutturazione dell'identità. Una serie di manifestazioni ansiose (insonnia, irritabilità, sbalzi d'umore, ecc.) vanno interpretati come segni del faticoso processo di adattamento e non come indici di un quadro psicopatologico. Inoltre bisogna considerare che  nessuna malattia esiste come fatto puramente individuale: 1) la malattia provoca una profonda crisi anche a livello familiare. Il familiare si trova nella difficile situazione in cui deve riorganizzare ruoli e funzioni familiari, sostenere il congiunto ed assisterlo. La volontà di essere vicini e il bisogno di sentirsi utili li spinge ad una sorta di iperprotezione che può anche essere asfissiante;
2) in ogni epoca prevale una concezione specifica della malattia, un'immagine socio-culturale storicamente determinata. Molto spesso gli atteggiamenti collettivi sono influenzati dagli stereotipi culturali e dai pregiudizi sociali. Nella nostra epoca è rinforzata la fantasia della potenza, dell'efficienza. Alla luce di queste  riflessioni il  suddetto studio  si pone 4  obiettivi fondamentali.
 

a) Valutare se i soggetti con psoriasi  hanno una capacità di adattamento minore all’ambiente sociale rispetto ad un gruppo di controllo costituito da soggetti con diverse patologie della pelle. Diversi studi hanno evidenziato come i soggetti che soffrono di psoriasi medio o grave , 2/3 si vergognano della loro immagine e hanno difficoltà ad accettare la loro malattia, 1/3 rifersice che a causa della loro malattia non riescono a concedersi delle attività sociali o piacevoli e infine più di 1/5 problemi con il partner o l’allontanamento degli amici. [3][4] La psoriasi di livello medio o grave  ha mostrato di avere un  grosso impatto sullo status sociale e funzionale dell’individuo: approssimativamente tra il 20 e il 25% dei pazienti riferisce  problemi sostanziali nello studio e nel lavoro, nello shopping e nel partecipare ad attività ricreative quali ad esempio lo sport. [5][6]

b) evidenziare le caratteristiche del funzionamento psicologico di pazienti affetti da psoriasi. La psoriasi  può essere definita come  una patologia cutanea non infettiva, di tipo cronico, con momenti di riacutizzazione ed altrettanti di remissione, caratterizzata da placche secche, raramente pruriginose, ben circoscritte, di varia forma e grandezza (da pochi millimetri a svariati centimetri), con squame della pelle bianco - argentee facilmente scollabili sotto cui c’è rossore intenso. Le placche, in genere, compaiono in modo simmetrico ai gomiti e sulle ginocchia (localizzazione più frequente) nella parte lombare e sacrale della schiena, sul cuoio capelluto, sui bordi delle unghie, sui palmi delle mani, sulle piante dei piedi. La malattie colpisce indifferentemente donne e uomini; può insorgere a qualsiasi età ma più frequentemente tra i 10 ed i 30 anni; ha numerose varianti in relazione a localizzazione e forma delle lesioni (nella forma detta "universale" si estende su quasi tutta la pelle del corpo); peggiora in autunno, è stazionaria in inverno, tende a riacutizzarsi in primavera e migliora in estate (anche senza esporsi al sole);  vi sono stadi diversi di psoriasi ( dalla più lieve a quella più grave con  complicazioni articolari (ginocchia - anche - caviglie); ha una familiarità nel senso che in un terzo circa delle persone ammalate vi sono uno o entrambi i genitori ammalati; non se ne conoscono  ancora oggi con precisione le cause, pur avendo individuato alcuni fattori scatenanti soprattutto le riacutizzazioni. Uno di questi riguarda, secondo alcuni autori [7]il modo in cui gli eventi emozionali  stressanti acuti o cronici possano indurre o aggravare il corso della malattia. Uno studio recente[8] condotto su 150 pazienti affetti da psoriasi, in accordo con il Dipartimento di Dermatologia dell’Ospedale di Rijeka, durante il periodo tra gennaio 1995 e dicembre 1996, ha dimostrato come i fattori psico-sociali stressanti  siano importanti nel determinare o esacerbare la psoriasi. In particolare eventi come  ad esempio la morte di un familiare o i problemi matrimoniali confermano l’ipotesi che i più comuni fattori dell’innescarsi della malattia siano di origine ambientale, per cui risulta fondamentale nell’affrontare la psoriasi,  il modo in cui la persona si pone nei confronti dell’ambiente che la circonda. La psoriasi con la sue levata prevalenza in tutte le Nazioni Occidentali, il suo andamento cronico, la comparsa in età giovanile, la possibilità di presentare un andamento grave e inabilitante deve essere considerata una malattia sociale per il forte impatto psicologico ed economico sia a livello individuale che collettivo. Tale malattia come tutte le malattie  invalidanti sono all'origine di notevoli cambiamenti nelle abitudini di vita e nell'autostima delle persone malate. In altre parole rappresentano un evento traumatico che viene accolto con grande difficolta' da chi lo vive in prima persona. Una malattia che colpisce il corpo influenza notevolmente anche la psiche del paziente.

c) elaborare i processi relativi ai vissuti  personali connessi alla malattia  ( rapporto con se stessi) . Alcune ricerche [9]sono stati realizzate usando un questionario che misura l’indice di disabilità di malati di psoriasi. In uno che ha considerato 369 pazienti, ha confermato che quelli con grave psoriasi soffrono di una disabilità significativa 98,4% affermano che essi spendono per curare la loro psoriasi circa un milione di dollari l’anno. Barrett[10] nel suo studio ha domandato ai pazienti affetti da psoriasi di cosa avessero bisogno per risolvere il loro problema. Un suggerimento (proposta) è quella di non permettere a questa malattia di interferire nella loro vita. Le reazioni contrarie e di rifiuto della gente possono essere dovute a mancanza di conoscenza della malattia, tuttavia molti di questi pazienti attribuiscono la colpa della malattia a se stessi. Naturalmente è importante ricordare che ogni paziente avrà reazioni diverse alla sua malattia e la gravità delle lesioni cutanee non è un’indicatore di come affronterà la malattia.

d) analizzare le dinamiche della relazione tra sé e gli altri( relazione e comunicazione interno/esterno) Secondo Ginsburg e Link [11]in uno studio eseguito in modo scientificamente corretto sul vissuto di “avere la psoriasi” e di sentirsi stigmatizzati e respinti dagli altri, con conseguente impatto sul lavoro, sul ricorso a cure psichiatriche, il 19% degli psoriasici aveva avuto almeno 50 importanti episodi di rigetto, la maggiro parte nell’ambiente di lavoro, ma spesso anche a scuola, dal parrucchiere, in palestra, in piscina etc.. Gli episodi o le sensazioni di repulsione da parte degli altri portano spesso a seri problemi di adattamento nell’ambito lavorativo e affettivo. In uno studio[12] su 64 pazienti con psoriasi, il 50% mostrava livelli moderati di depressione, ansietà e rabbia. I pazienti riferiscono imbarazzo sociale, distruzione della propria vita con conseguente isolamento sociale.

STRUMENTO

La ricerca ha previsto la somministrazione della Scala di autovalutazione dell’adattamento sociale(SASS) utilizzata in precedenti studi, volti alla valutazione della motivazione e del comportamento sociale del paziente depresso.

La SASS comprende 20 items, che approfondiscono i seguenti aspetti:

-          lavoro e tempo libero;

-          relazioni familiari ed extrafamiliari;

-          interessi intellettuali;

-          soddisfazione dei ruoli;

-          percezione propria del paziente della sua capacità di gestire e controllare le condizioni dell’ambiente circostante.

Ho  deciso di scegliere questo strumento in quanto si presenta  di  breve e facile somministrazione e penso che possa  risultare  particolarmente sensibile  a cogliere le caratteristiche dei soggetti con psoriasi. Prima della SASS sono state  sviluppate altre scale per valutare il livello di adattamento sociale. La SAS-SR ( Scala dell’adattamento sociale Self-report ) valuta  la qualità  delle performance nei ruoli sociali ( lavoro, famiglia etc..); la Structured and Scaled Interview to Assess Maladjustment [13]identifica i problemi di adattamento sociale e li valuta quantitativamente. Consiste in 11 item ( 5 per i comportamenti devianti, 1 per la valutazione dell’attrito con gli altri, tre per il distress e due infrenziali) che misurano 5 aree della vita del soggetto ( lavoro, soddisfazione sociale, famiglia, matrimonio e sessualità). Tuttavia le scale di autovalutazione dell’adattamento sociale disponibili apparivano da un lato troppo complesse per essere utilizzate in studi clinici allargati, multicentrici e multinazionali, e dall’altro più orientate alla misura della performance nei ruoli sociali che alla percezione da parte del paziente sulla qualità ed adeguatezza del proprio funzionamento sociale. E’ stata perciò sviluppata e validata una nuova scala, la "Social Adaptation Self-evaluation Scale" (SASS), basata su un questionario per la valutazione della motivazione al funzionamento sociale nei ruoli sociali principali nell’ambito del lavoro, della famiglia, del tempo libero, della gestione delle risorse e del contesto ambientale . Il questionario include 20 domande (due delle quali mutuamente esclusive) per l’auto-valutazione del funzionamento sociale corrente, che prevedono risposte da 0 a 3 (dal minimo al massimo grado di funzionamento sociale), con un punteggio totale massimo di 60. Il questionario è stato validato con una inchiesta nella popolazione generale in 4000 individui e successivamente utilizzato nello studio placebo-controllato in 381 pazienti con depressione maggiore, in cui reboxetina, farmaco selettivo per il sistema noradrenergico è stato confrontato con fluoxetina, farmaco selettivo per il sistema serotoninergico. [14] La SASS è dotata di vantaggi e svantaggi. I vantaggi riguardano la facilità di somministrazione, la breve durata di compilazione da parte del paziente e la sua capacità di essere eseguibile dal paziente in qualsiasi condizione clinica. Bosc e colleghi hanno definito la SASS come una scala “valida, affidabile e sensibile ai cambiamenti”.Gli svantaggi riguardano, come in tutti gli strumenti self-report, la  distorsione delle risposte ( i sintomi vengono riportati in maniera eccessiva o deficitaria) e la difficoltà a fornire un valutazione estesa della patologia. Inoltre è limitata esclusivamente alla valutazione dell’adattamento sociale, escludendo, ad esempio, il fatto che  un individuo può svolgere un lavoro partime o meno e ciò può avere un grosso impatto sulla  percezione  che ha del proprio lavoro.

METODO

La ricerca è stata svolta in collaborazione fra l’ Ambulatorio Divisionale di Dermatologia dell’ Ospedale Civico e Benfratelli G. Di Cristina e M. Ascoli   di Palermo e il Servizio Interdipartimentale di Psicologia Clinica dell’Azienda Ospedaliera Paolo Giaccone di Palermo, diretto dal Prof. Antonio Bongiorno. Dopo avere illustrato le modalità e i fini della ricerca a tutti i soggetti è stato chiesto di compilare la scala di autovalutazione dell’adattamento sociale. Poiché questa scala è stata validata solo con soggetti depressi e secondo bibliografia consultata mai applicata con soggetti con psoriasi, il mio obiettivo non è stato quello di validare la scala ma di applicarla ad un'altra patologia per verificare  le caratteristiche di tale strumento. Mi riservo, tuttavia, se i dati saranno utili, di tentare una validazione in un momento successivo.

CAMPIONE

Si è applicata la SASS a pazienti ambulatoriali affetti da psoriasi che afferiscono all’ Ambulatorio Divisionale di Dermatologia dell’Ospedale Civico e Benfratelli G. Di Cristina e M. Ascoli di Palermo, nell’arco di 6 mesi. Il campione dei soggetti affetti da psoriasi era  costituito da  35 pazienti, distinti per sesso (10 maschi e 25 femmine)  e per età (Età media dei maschi 40 anni e delle femmine 54) Questo gruppo è stato confrontato con altro gruppo di  28 soggetti affetti da altri disturbi della pelle di varia tipologia. (Tabella 1). I criteri di inclusione per partecipare allo studio erano: pazienti con varie forme di psoriasi, in cui la diagnosi era sta fatta clinicamente e confermata poi dall’istopatologia. I criteri di esclusione  riguardavano: se la psoriasi era associata ad altre dermatiti, i pazienti in cui i farmaci potevano  esacerbare la psoriasi (come il litio negli individui bipolari), i pazienti che avevano un età inferiore ai 18 anni o maggiore di 70 anni.

Tabella 1. Diagnosi del gruppo di controllo (n=28)

 

DIAGNOSI

NUMERO

Verruche

9

Dermatiti

4

Ulcere della pelle

2

Tumori della pelle

2

Orticaria

2

Rosacea

1

Lesioni del torace

1

Eczema

1

Malattia di Bowen

1

Sconosciuta

5

 

La distribuzione di maschi e femmine non è stata considerata statisticamente rilevante (χ2= 0,061)

La psoriasi del gruppo sperimentale era, inoltre, di tipo cronico.

La cronicità era stata definita in relazione a tale formula:

 

(età odierna del soggetto- l’età al momento di insorgenza della psoriasi)- il tempo totale trascorso dall’inizio della malattia

_____________________________________________________________________________

(età odierna del soggetto- l’età al momento di insorgenza della psoriasi)

La gravità della malattia era valutata direttamente dai pazienti attraverso una scala likert a 5 punti,  in relazione alle parti del corpo più colpite. Furono scelte 6 parti del corpo: cuoio capelluto, viso, braccia, mani, gambe e piedi. Il risultato ottenuto  della somma dei punteggi ottenute nelle sei aree del corpo, rappresentava il livello di gravità della malattia.

ANALISI DEI DATI E RISULTATI

1° Obiettivo

I pazienti con psoriasi sono effettivamente meno adattati socialmente rispetto a quelli del gruppo di controllo? I dati  sono stata analizzati utilizzando un’analisi della varianza (ANOVA) ed i risultati indicano che i soggetti con psoriasi hanno riportato punteggi più bassi rispetto al gruppo di controllo che aveva altre malattie della pelle ( = 4.93, P < 0,01).

2° Obiettivo

Per quanto riguarda le peculiari caratteristiche psicologiche dei soggetti con psoriasi, le risposte alla SASS sono state raggruppate tramite analisi fattoriale in 4 fattori principali: il primo riguardava le relazioni extrafamiliari (50,00%), il secondo faceva riferimento al lavoro e al tempo libero (28,68%),  il terzo agli interessi sociali e culturali (11,99%)  e il quarto infine concerneva le relazioni familiari. (9,33%).

Tabella 2.

N= 35

 

Numero soggetti

Percentuale

20

50,00

8

28,68

5

11,99

2

9,33

3° obiettivo

Rispetto alla  consapevolezza corporea legata alla gravità della malattia e di conseguenza al vissuto di malattia soggettivo,  le donne con psoriasi ottengono punteggi più alti rispetto al gruppo di controllo ( = 3,31, P < 0,05), indicando un altro livello di consapevolezza corporea.

4° obiettivo

Confrontanto la somma dei punteggi agli item che riguardano le tematiche di: soddisfazione dei ruoli e  percezione propria del paziente della sua capacità di gestire e controllare le condizioni dell’ambiente circostante, nel gruppo dei pazienti con psoriasi,  si rivela una differenza statisticamente significativa (P < 0,001) con il gruppo controllo. Da ciò si può dedurre che nel campione esaminato, le persone con psoriasi, sperimentano stress  in situazioni legate all’ambiente sociale e notevoli difficoltà a stabilire relazioni e a stringere rapporti amicali

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Alla luce dei dati emersi, sembra delinearsi un quadro piuttosto complesso della condizione psico-sociale legata alla psoriasi. I disturbi della pelle possono indurre un decremento delle capacità relazionali, sociali, lavorative, scolastiche ed avere effetti di limitazione sulle abitudini precedenti dei pazienti e sulla loro qualità di vita, per effetto del malessere o del dolore fisico che il disturbo può produrre (es.: psoriasi artropatica), o per l'effetto estetico. Infatti, la pelle è esposta allo sguardo, al tatto e soggiace alla cultura dominante che la vuole intatta, compatta, gradevole e sana. I  risultati  di questo studio, dimostrano che pressoché più della meta dei soggetti coinvolti interrompono i rapporti di amicizia e finiscono con l’isolarsi sempre di più e circa i 2/3  esperiscono stress e  incapacità di costruire legami, come confermato da altri autori.[15]  Inoltre benché le donne con psoriasi riescono ad avere un maggiore consapevolezza del corpo rispetto al gruppo di pazienti con problemi dermatologici di altro genere, non riescono ad integrare nella propria vita le limitazioni che la malattia spesso comporta. I dati del presente studio, confermano che la maggior parte dei malati di psoriasi, stabiliscono un rapporto disturbato con il proprio aspetto corporeo e conseguentemente un notevole  imbarazzo. Le cause si possono rintracciare probabilmente nel fatto che coloro che sono afflitti da un disturbo cronico della pelle, una dermopatia direttamente visibile allo sguardo altrui, sono percepiti come diversi dalle persone la cui superficie corporea non è deturpata da una malattia[16]  La cute è la parte più estrema di confine tra ciò che è sé e non sé di ogni persona, è il luogo di delimitazione dell'Io, dove si possono esprimere anche i "conflitti psichici” o più semplicemente le tensioni emotive. Alcuni modelli significativi, interpretativi, di tipo psico-analitico hanno fornito dei contributi scientificamente stimolanti all'ambito della dermatologia psicosomatica. Essi collegano ad esempio disturbi e sindromi precoci (come alcune dermatosi dei bambini e degli adolescenti) a funzioni ed organizzazioni del Sè disturbate e non integrabili, a causa di esposizioni precoci all'angoscia. In questo caso sentimenti ed emozioni espulsi, rifiutati come parti di sé, non integrati, possono trovare sfogo sulla pelle, ossia nella parte estrema del confine corporeo.[17]  L. Stankler[18] ha eseguito uno studio, intervistando 100 soggetti con psoriasi, dal quale ha stilato i seguenti effetti negativi causati dal sentimento di imbarazzo provato da questi soggetti:

  • Diminuzione delle attività giornaliere con il conseguente esitamento di luoghi pubblici, elencati secondo l’ordine di scelta decrescente in questo modo: la piscina, la spiaggia, il salone di bellezza, l’andare ad acquistare degli abiti, l’uscire di casa, l’usare i bagni pubblici e l’andare a ballare.

  • Evitamento di alcuni tipi di abiti, quali le maniche corte e gli abiti di colori scuri, per evitare il cosiddetto “effetto forfora”.

  • Turbamento emotivo influenzato dai seguenti fattori: dare importanza alle opinioni altrui (ad esempio essere considerati contagiosi), sentirsi continuamente fissati realmente o non dagli altri, dare importanza alle domande, alla curiosità, al sentirsi con un corpo sporco e ricoperto di squame.

Gli effetti negativi della psoriasi non devono, chiaramente, essere considerati universali,  in quanto la variabilità delle conseguenze è enorme.
Basti pensare, per esempio, al momento della comparsa della malattia ed alla sua gravità: quando un bambino od un adolescente cresce con la psoriasi, più o meno diffusa, sviluppa la capacità di affrontare la malattia in relazione alla sua immagine corporea, all’autostima, al rapporto con gli altri ed alle aspirazioni future.
Anche le persone anziane sanno affrontare la dermopatia, con l’aumento della durata, provando minore vergogna, minore senso di colpa e minore riservatezza, e presentando un senso di Sé più solido.
Infine, l’autostima aumenta nel momento in cui la persona affetta da psoriasi vive in un ambiente sociale e lavorativo positivo e di conseguenza riceve l’accettazione ed il rinforzo dagli amici e dai colleghi di lavoro.

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