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OBESITA’, EPIDEMIA DEL TERZO MILLENNIO, INTERPRETAZIONE DELLA PSICOGENESI

di Mariantonietta Fabbricatore

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fronte a situazioni problematiche ed emotivamente coinvolgenti.(12, 13, 14). L’obesità, così come i disturbi del comportamento alimentare in genere, sono visti dunque come la manifestazione di un mancato o insoddisfacente superamento della fase orale dello sviluppo psicosessuale (15, 16). Tuttavia l’idea di un neonato passivo la cui psiche è come una “tabula rasa” non sembra corrispondere con quello più attuale che considera il lattante come un essere attivo e agente. Fin dal primo momento il nuovo nato è ben inserito nella realtà e instaura con la madre una comunicazione reciproca e, come l’adulto, vive in un mondo al quale adatta il suo comportamento (17, 18, 19). Per svilupparsi normalmente il lattante non ha bisogno solo di essere nutrito e tenuto pulito, ma anche di affetto e di tenerezze. E’ stato Winnicot (20) che ha sottolineato per primo la necessità dell’empatia materna per il corretto sviluppo del bambino. Secondo Winnicot la madre trasmetterebbe il suo affetto al lattante non solo nutrendolo e accompagnando l’allattamento con gesti e parole affettuose ma anche attraverso i contatti corporei che si stabiliscono fra madre e figlio. Sarebbero questi contatti che permetterebbero al lattante di formare una specie di “membrana di delimitazione” sovrapponibile all’epidermide ed è in questo modo che si formerebbe la percezione della propria identità ed il concetto di esterno e interno. Ma affinchè questo processo avvenga in modo corretto è necessario anche che l’offerta materna sia adeguata alle richieste del bambino. Una madre incapace di capire le necessità del bambino non è in empatia con lui e rispondendo immediatamente a ogni richiesta con il cibo, per l’ ansia di soddisfare ogni bisogno del suo, altera il processo di apprendimento.(20) Una interpretazione del tutto simile alla precedente si ritrova nel modello psicogenetico dell’obesità proposto dalla ricercatrice Hilde Bruch (21) che ha sottolineato l’importanza delle modalità di interazione madre-bambino ed ha evidenziato la frequente incapacità delle figure genitoriali a riconoscere adeguatamente i bisogni del bambino. Infatti il cibo a volte può rappresentare il principale strumento per rispondere alle diverse esigenze infantili ma il bambino, abituandosi a riceverlo in modo indipendente dai suoi bisogni, può diventare da un lato incapace di discriminare le sensazioni di fame e sazietà, dall’altro può sviluppare la tendenza ad usare passivamente il cibo ogniqualvolta si trovi a provare sensazioni sgradevoli. Da quanto esposto si deduce che la fame, da sempre considerata una pulsione o sensazione innata, nei pazienti con disturbi del comportamento alimentare, viene percepita in maniera anomala. L’indagine su questo problema ha portato quindi a riconoscere che l’esperienza della fame non è innata ma è condizionata dall’ apprendimento. Informazioni riguardanti le esperienze alimentari precoci e tardive confermano che la funzione della nutrizione deve essere appresa e che il processo di apprendimento può deviare se le risposte dell’ambiente e le comunicazioni verbali e concettuali che lo accompagnano sono tali da confondere le idee e da indurre in errore. Se il processo dello sviluppo procede bene il bambino impara ad identificare esattamente i suoi bisogni fisici e a soddisfarli in modi biologicamente appropriati e nello stesso tempo adeguati al suo ambiente sociale e culturale. Ma se le necessità innate del bambino sono fuori fase con le risposte dell’ambiente ne risulterà una confusione che renderà incerta la sua consapevolezza concettuale. In questo caso il soggetto non sà distinguere quando ha fame e quando è sazio, nè distingue il bisogno di nutrimento da altre sensazioni o sentimenti di disagio. Perciò occorrono segnali provenienti dall’esterno per sapere quando e quanto si deve mangiare. Hilde Bruch (21) ha formulato un modello di sviluppo evolutivo del bambino basato sull’integrazione di fattori innati e fattori derivanti dall’esperienza. Come già è stato detto, pur essendo immaturo il neonato non è del tutto impotente o completamente dipendente. La sua apparente impotenza è dovuta alla sua immaturità funzionale e soprattutto alla incapacità di spostarsi. Tuttavia il bambino fin dalla nascita è un essere dotato di notevoli facoltà: vede, sente, percepisce gli odori, è sensibile al dolore e al tatto ed è capace di succhiare qualcosa che gli venga messo a contatto con la bocca. Il pianto è il suo strumento più importante poichè con questo mezzo segnala i suoi malesseri, i desideri e le necessità. Il modo in cui si risponde al suo pianto sembra essere il fattore decisivo nel rendere consapevole il bambino dei propri bisogni. Pertanto Hilde Bruch (21) ha individuato due caratteristiche fondamentali per l’insorgenza di gravi disturbi del comportamento alimentare: la prima è rappresentata dall’incapacità di riconoscere la fame e

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